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Visualizzazione dei post da aprile, 2019

John Hancock - Bloodborne - 16 - Il Mio Nome

Il Mio Nome Nevepoli, pomeriggio. La puzza era intollerabile lì ma Bellocchio sapeva di doverci tornare. Solo poche ore prima avevano sconfitto Regigigas, grazie al sacrificio di Augusto, e ora lui si trovava lì, solo, nella neve che s’era colorata di rosso. Bianca aveva riunito tutti i cittadini di Nevepoli, dopo aver disattivato l’allarme, nella piazza centrale, dove stava ora parlando con loro per informarli della situazione e su ciò che stava accadendo. Valerio era con lei, Bellocchio aveva preferito lasciarlo al suo fianco per aiutarla, vedendola destabilizzata da ciò che era accaduto ad Augusto. Il corpo di Regigigas s’era deteriorato molto più velocemente di quanto Bellocchio credesse; non ne restavano che le imponenti ossa, anch’esse intaccate dalla sostanza acida. Un sibilo perenne impregnava l’aria che circondava il cadavere, frutto della corrosione in atto. C’era anche del fumo che s’innalzava dalla carcassa, che s’andava poi a mischiarsi con la

Levyan - ILCC: VII - Facili prede

VII Facili prede Percorrere la quattordicesima avenue era diventata un’attività compatibile con la vita: la rivolta civile si era calmata, dopo ben 13 ore di molotov e sprangate sulla schiena, molti dei teppisti più guerrafondai e pericolosi si erano rintanati da qualche parte a progettare il prossimo attacco. I borghesi di Riverside Street erano stati tutti messi al sicuro, banche e hotel erano già stati saccheggiati. Tuttavia, ogni tanto era possibile scorgere qualche ragazzino che cercava di forzare la portiera di un auto parcheggiata o che usciva da un negozio con un carrello pieno di merce trafugata. In così poco tempo, la città si era già completamente riconfigurata. Le botteghe che avevano avuto la sfortuna di occupare i piani terra erano diventati luoghi di proprietà pubblica ai quali si poteva attingere senza alcun permesso, solo sperando di non morire nel tentativo, trovando qualcuno con interessi simili ma armi migliori. Il processo di colonizzazione di piazza

Levyan - ILCC: VI - Un attimo di calma

VI Un attimo di calma Celia riaprì lentamente le palpebre. Vide una luce artificiale e alcune sagome che piegate su di lei. Aveva un tremendo mal di testa, percepiva il mondo circostante come fosse completamente ovattato: gli analgesici ottundevano ogni suo senso. Era circondata da pareti bianche, ma riusciva a sentire la presenza di un numero indefinibile di estranei. Sentiva un brusio: forse solamente delle voci che non riusciva a decifrare. Sentiva la bocca impastata e gli arti deboli e privi di forza. «Meno male, chissà che abito del cavolo mi avrebbe fatto mettere Platinum al tuo funerale...» disse Gold a pochi centimetri da lei. Le uniche parole che riuscì a distinguere, l’unico volto che fu in grado di mettere a fuoco. Sorrise, gli mostrò il dito medio facendo uno sforzo incredibile e chiuse di nuovo gli occhi, piegandosi al sonno. Gold alzò gli occhi dal corpo addormentato della sua amica. Si trovavano in una corsia di ospedale, il suo giaciglio erano dei cusc