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Sedicesimo Capitolo - 16

Avete messo mi piace alla pagina Facebook migliore di sempre? Come "quale"? Ma Pokémon Adventures ITA naturalmente!
Ricordo che Sabato è uscito il pezzo della rubrica consigli utili, mentre il prossimo uscirà tra due sabati. È tutto.
Stay Ready.
Go!

Andy $







Il sole venne a bussare alle loro porte quando ormai era su in cielo già da un paio d’ore.
“Hey…” la voce di Rachel accarezzò le sue palpebre, tanto da aprirgliele.
Zack la guardò, stanco più di quando era andato a dormire, ma felice.
Quella notte fu leggermente movimentata. Guardò Zorua in malo modo, lo scherzo, “l’allenamento” così come lo chiamava Rachel, non gli era andato a genio. Aveva davvero avuto Emily davanti agli occhi, e questa cosa aveva scioccato sia Zack che Rachel.
“Buongiorno, Rachel” disse lui, stiracchiandosi, e sorridendo. Non dormiva in un letto così comodo da quando aveva lasciato casa di Alma.
“Ciao, Zack”
C’era un po’ di timidezza. Insomma, i due avevano fatto davvero quello che avevano fatto quella notte, ma era come se ciò non fosse avvenuto, e si trovassero ugualmente nudi l’uno accanto all’altra.
Come se Zack non avesse dormito tra i seni di Rachel.
Come se Rachel non avesse poggiato le mani sul sedere di Zack. Le piaceva.
Le piaceva tutto. La sensazione di libertà e pienezza che provava in quel momento, quel torpore, il calore dei loro corpi, e poi il piacere che derivava dalla loro unione.
“Era la tua prima volta?” domandò lui, voltandosi verso di lei, e stringendola al petto. Lei portò le mani alla schiena del ragazzo, saggiandone tutte le irregolarità.
Rachel si limitò ad annuire, arrossendo violentemente. Come se fosse una cosa di cui vergognarsi.
“Mi spiace dire che non sia altrettanto... avrei voluto condividere con te questa novità. Di sicuro è la prima volta che faccio una cosa del genere con la voglia di svegliarmi accanto a lei”
“Cioè?”
“Non lo so. Forse è stata la mancanza che ho sentito di te. Insomma, sei entrata nella mia vita come un fulmine a ciel sereno...”
“Semmai è il contrario...”
“Non vorrai davvero continuare con la storia della commissione per gli zii?”
Rachel sorrise. “Continua”
“No, niente. Volevo solo dirti che c’era del sentimento in quello che ho fatto”
E seppur ne avesse sentito parlare, Rachel non credeva che una cosa così potesse essere fatta senza sentimento. Cioè, aprirsi ad una persona a tal punto da farla entrare in sé.
Tanto doveva bastare alle persone per inciampare in un letto.
Purtroppo, invece, era solo la parte veniale a farlo; i cinque secondi di paradiso, seguiti da un purgatorio senza precedenti.
Si immaginava la situazione. Si sarebbe sentita davvero a disagio, se si fosse mai trovata in quel contesto.
Respirò a fondo, riuscendo a realizzare che non era il suo caso. Zack era lì con lei, non era scappato via, ed anche lui stava parlando di quel fantastico e misterioso “sentimento”.
Che fosse amore?
Zack si alzò, andando alla finestra, e spalancandola. Era nudo. Rachel ebbe una visione frontale della sua schiena, e di ciò che stava sopra e sotto. Capelli spettinati e fondoschiena di marmo.
Senza pudore, lui. Senza vergogna. Mostrava alla natura, ed anche al vicinato, ciò che sua madre gli aveva fornito con nove mesi di gestazione.
“Fa davvero freddo...” sorrise lui, girandosi poi. Rachel arrossì quando poté vederlo anche davanti.
Tralasciando i dettagli, si rivestirono. Lei aspettò che lui fosse girato di spalle per alzarsi e scappare nel bagno dopo aver preso un completo intimo, per poi uscirne coperta, sicura e felice.

Quella notte travagliata le aveva donato solo un paio d’ore di tranquillità, nonostante pareva stesse dormendo da anni.
A Mia scoppiava la testa.
Aprì gli occhi lentamente, anche se avrebbe preferito farlo in modo molto più rapido. Si guardò attorno, e si rese conto subito di essere imbavagliata.
Poi la sua prima preoccupazione la portò ad abbassare lo sguardo.
Tra i due seni, il cristallo di Arceus non c’era più.
Avrebbe urlato un bel “No! Ridatemi il cristallo e lasciatemi uscire!” se fosse servito a qualcosa.
Ma sapeva come quelle cose andavano a finire. E se non sarebbe morta dopo quella situazione sarebbe già stato un grande miracolo.
Le mani erano legate dietro quella scricchiolante sedia di legno su cui l’avevano piazzata. La stanza dove l’avevano messa era vuota, deserta. Solo dei vetri neri, dove, pensò, ci sarebbe di sicuro stato qualcuno, e delle lampade al neon sul soffitto bianco.
Non avrebbe potuto fare niente. Si guardò le gambe, e si rese conto di essere ancora vestita, per sua fortuna. Non era stata violentata.
Quello che volevano era il cristallo.
Alla cintura c’erano ancora i suoi Pokémon, ma non avrebbe mai trovato il modo di far uscire Chikorita o Magmortar per liberarla.
O Metang.
“Un momento...” pensò. Lì mancava una sfera. Lì mancava il suo Metang.
Le avevano preso anche Metang, oltre che al cristallo.
Pensava, Mia. Lei era in grado di evocare Arceus, lo aveva detto la stele di Hermann.
Ma non sapeva farlo, e non sapeva cosa dovesse fare per saperlo.
In effetti, riconobbe, lei ed i ragazzi brancolavano nel buio, a tentoni, cercando di carpire informazioni alla bene e meglio. Nonostante questo, però, si vedeva che questa responsabilità non era da attribuire ad un gruppo di persone la cui più grande aveva meno di venticinque anni.
Non era il caso.
Forse Zack ci stava... insomma, lui era il campione. Ma Rachel... ed anche lei.
Erano impreparate, e troppo emotive per affrontare una missione del genere.
Missione che vedeva invischiato anche quel Team Omega, e quel Ryan.
Fratello di Rachel, o quello che era, stava combattendo contro di lei, nel cortile di casa sua, ed aveva distrutto tutto con quell’orribile Tyranitar nero.
Un Tyranitar nero, poi... chissà come avevano fatto ad ottenerlo.
I suoi pensieri si susseguivano, ma tornava sempre ad un quesito, che si stava ponendo continuamente, e con venti secondi di regolarità.
“Perché ho accettato di seguire quei due sconosciuti? Perché mi sono messa nei guai?”
Magari era la prospettiva di salvare delle vite... forse sì.
Ma mentre prima aveva il sospetto che la faccenda del cristallo fosse una stupidaggine, ora aveva la certezza che stesse sbagliando opinione. Insomma, qualcuno era arrivato persino a rapire una persona per quel pezzo di pietra strana.
Quel pezzo di pietra verde.
Il cristallo di Arceus.
Con quello si evocava Arceus.
Arceus. Arceus distruggeva tutto. E tra terremoti e maremoti, il mondo si stava riducendo sempre di più ad un ammasso di macerie e calcinacci, sempre più distante dalla visione utopica di natura mischiata con la tecnologia.
Alla fine tutti sarebbero morti, e nessuno avrebbe ricostruito nulla. Solo qualche Pokémon avrebbe rivendicato la sovranità di quella terra.
Di quella terra di nessuno.
D’improvviso sentì un cigolio alle sue spalle. Era una porta. Qualcuno entrò nella stanza, erano tre persone. I cigolii si ripresentarono, e quindi la porta si chiuse.
Mia riuscì a sentire chiaramente lo scatto della serratura.
Poi alcuni passi, fino a che fu in grado di vedere chi avesse alle spalle grazie al riflesso dei vetri oscurati.
“Ciao, Mia”. A parlare era Linda, ma Mia non conosceva il suo nome. Era solo una bella ragazza, con gli occhi vispi. Ed una scollatura forse troppo esagerata per quel contesto. L’altra ragazza, quella con i capelli ricci, di colore, aveva una divisa. E poi c’era anche Ryan, il fratello di Rachel.
No, non era il fratello, si ripeteva nella testa.
Ryan le levò l’impedimento alla bocca, e la guardò. Gli occhi rossi di quello erano davvero troppo penetranti per non lasciare la prigioniera perplessa, almeno per un attimo.
“Chi siete... perché mi avete rapito?”
“Mia...” Linda ripeté il suo nome.
“Cercate soldi? Mio padre è un ricco uomo d’affari! Parlate con lui, ma per favore non fatemi del male e lasciatemi andare!”
Marianne aprì la mano, lasciando pendere dal suo dito il cristallo. Il cristallo verde, quello che le aveva dato Zack.
“Volevate quello?” chiese poi, Mia, con le lacrime agli occhi. Si chiedeva per quale motivo quelle persone volessero che il mondo scomparisse. Insomma... tutti ne avrebbero guadagnato, se non fossero morti.
“In realtà volevamo solo vedere cosa vi ha tratti in inganno per tutto questo tempo...” fece Linda.
“Eh?!”
“Si, Mia. Tu non sei l’oracolo, e questo non è il cristallo. Sei una normalissima ragazza, bionda, ricca e neanche molto intelligente...”
“Vaffanculo!” urlò Mia.
Linda sorrideva. Poi si avvicinò al viso della ragazza. “Sei stata tratta in inganno dalle parole di quei ragazzi. Erano totalmente fuori strada”
“Che cosa stai dicendo?!”
“Ryan... spiegaglielo tu”
La parola passò al ragazzo dagli occhi rossi.
“Beh...”
Qualcosa vibrò all’interno della giovane donna, legata alla sua sedia, rapita da quella sguardo e volenterosa di sapere in che guaio era capitata.
“Si?”
“Mio padre ha studiato per anni questa profezia. E nonostante molti credono che sia leggenda, morendo, mio padre si è portato nella tomba la testimonianza del fatto che Prima, l’oracolo di Arceus, abbia inglobato il cristallo, in modo da diventare sia lo strumento che l’utilizzatore stesso...”
“Capito?” domandò Linda.
Il silenzio forzato di Mia, scioccata e spaesata, rendeva ancor più rumoroso il ronzio dei neon sulle loro teste.
“In pratica... Prima era il cristallo...” fece la bionda, davvero stralunata.
“Ed anche l’oracolo” concluse Marianne.
“Ma io sono l’oracolo!”
“Tu non puoi essere l’oracolo. Altrimenti saresti anche il cristallo” spiegò Ryan.
“Ma la tavola di Hermann si è illuminata quando l’ho toccata. Io sono l’oracolo!”
“Chi ti ha sottoposto all’esame della tavola di Hermann?” chiese poi il biondo.
“...Rachel”
Lui sorrise. “Questo è il più grande equivoco di sempre. Mia, la tavola si è illuminata perché, mentre la toccavi tu, l’ha toccata anche Rachel. È lei l’oracolo. È lei il cristallo”
Mia spalancò gli occhi, e rivisse nella sua testa tutti gli attimi che avevano caratterizzato quei racconti.
C’era tutto. Il tendone medico, l’infermiera, Zack e Rachel. Poi lui uscì fuori, perché lei doveva levarsi la maglietta, ed intanto Rachel le aveva chiesto di prendere dalla sua borsa, accanto al letto, la tavola di Hermann. Processi mentali assurdi le suggerirono che lei stessa fosse davvero stata l’oracolo, la tavola si sarebbe dovuta illuminare già allora, quando la passò a Rachel. Ed invece si illuminò giusto quando Rachel e lei posero le loro mani sulla tavola, contemporaneamente.
Sbiancò. Lei non c’entrava niente in questa storia.
E per quanto sollievo questa conclusione le avrebbe dovuto creare, si sentiva ancora più angosciata.
Voleva dire che i ragazzi erano totalmente fuori strada. Stavano cercando qualcosa che non esisteva.
“E... e quel cristallo cos’è?” chiese poi Mia, confusa.
“È un affascinante materiale, poco diffuso sulla terra. Ma fidati. Non è il cristallo di Arceus” disse Marianne, sorridendo.
“Quindi è inutile”
“È un bel ciondolo... ma oltre che tenerlo appeso al collo, non puoi farci nulla”
“Qualcuno deve avvertire Zack e Rachel allora!”
Ryan s’incuriosì.
“Qualcuno deve dirgli che non sono io l’oracolo! Loro stanno provando a salvarci! E voi ancora lo dovete capire!”
“I tuoi amici stanno cercando inutilmente di parlare con Arceus, che non vedo perché debba accettare di scendere a compromessi con due perfetti sconosciuti. Noi invece faremo in modo che questa punizione non ci colga. Ci salveremo. Anche noi facciamo parte dei buoni”
“Non vedo perché rapirmi allora!”
“Ci avresti dato la pietra, se te l’avessimo chiesta?”
“Certo che no! Ma se sapevate che il cristallo era Rachel avreste dovuto prendervela con lei, non credi?”
“Beh. Si. Ma c’è un piccolo particolare. Noi sappiamo che Rachel è l’oracolo... ma loro non lo sanno. Loro credono che sia tu la prescelta”
Mia si perse in quelle parole, sempre più confusa, prima che i tre la nutrissero, la bendassero ed imbavagliassero di nuovo e spegnessero le luci, andando via.

Rachel e Zack arrivarono alle porte di Timea. Era la città più grande della regione. Alti palazzi si alternavano a zone verdi ed ancora a parti residenziali, dove si trascorreva una vita tranquilla e morigerata.
Il nome Timea, derivava dal nome del grande eroe di Adamanta, Timoteo il templare.
Le grandi lotte che aveva tenuto, e che l’avevano visto soccombere tra le fiamme della grande Battaglia del Plenilunio, così denominata perché si tramandò che quella notte il ciclo lunare indicasse proprio tale stato della Luna, lo portarono a diventare vera e propria leggenda, ancora oggetto di studi e protagonista di storie e racconti. Nella piazza principale vi erano varie statue, e la più grande era la sua. Lui, con il suo Haxorus, il suo Scyther ed il suo Absol.
“Anche Timoteo aveva un Absol...” sorrise Zack, passando davanti alla statua.
“Beh... il suo è un eroe” Rachel punzecchiò, come solo una donna sa fare in certi casi.
“Il mio è Campione, però”
“Meglio essere eroe”
Zack la mandò a gesti a raccogliere le albicocche, quindi la strinse, la baciò e poi la lasciò andare.
“Zack... siamo troppo deconcentrati. Dobbiamo focalizzarci sull’Omega Group. Dobbiamo recuperare Mia ed il cristallo”
“Già. Dovremmo trovare la base del gruppo”
“Dove potrebbe stare?”
“Secondo me non dovremmo pensare all’Omega Group come ad un gruppo criminale. Dovremmo più che altro vedere il tutto sotto un’ottica diversa”
“Del tipo, io ho una società di vigilanza ma di nascosto siamo dei criminali”
“Esatto” sorrise Rachel.
“Quindi dovrebbe essere facile trovare il loro indirizzo”
“Chiediamo... a qualcuno”
Poi a Zack venne un’illuminazione. Guardò Timoteo, e ben nascosta, riuscì ad individuare una piccola telecamera.
Pensò, Zack. “Riuscivano sempre a trovarci. Sapevano sempre dov’eravamo. Che avessero sparso telecamere per la regione? Non ci resta che provare...”
“Andiamo” disse poi, il ragazzo, prendendo per mano Rachel e camminando il più lontano possibile, uscendo dall’ottica della videocamera.
“Dove stiamo andando?” chiese Rachel, ad un certo punto.
“Aspetta...”
Cacciò il Pokégear e fece una telefonata.
“Stella... dimmi che sei a Timea... che fortuna sfacciata che ho... sì, so che ieri eri ad Hoenn, ho sentito in serata Milla... non importa adesso di Milla, piuttosto ho bisogno che tu faccia una comparsata in piazza... dopo ti spiegherò il perché, puoi farlo adesso?”
Alcuni secondi, e Zack spalancò gli occhi. “Quanto tempo?! Mi serve un escamotage di pochi secondi per manomettere una telecamera!”
Poi sorrise. “Ma che ne so... meno vestita sei e più attenzione avrai, sai com’è... grazie, ti devo un favore. Ti voglio bene” e poi attaccò.
“Chi è che vuoi bene?!” chiese con una punta di gelosia la compagna.
“Stella. La sorella gemella di Milla”
“Meno vestita sei e più attenzione avrai... non mi piacciono queste cose” si offese quella.
“È per una buona causa”
“Se Stella assomiglia a Milla credo che non avrà problemi a catturare l’attenzione...”
“Lasciamo perdere questo dettaglio, Rachel... ora stiamo pronti”
Stella aprì il portone del palazzo in cui viveva, in pieno centro. Una ragazza dalla bellezza magniloquente, con un fisico scolpito nell’alabastro. Occhi marroni, vividi e lucenti, dello stesso colore dei lunghi capelli. Indosso un grazioso top primaverile, decisamente scollato, ed una gonna rosa con un ampio spacco. Zack doveva concentrarsi e non guardare la coscia di quella. E poi una sciarpa, legata al collo e lasciata pendere libera, dietro la schiena nuda. Nonostante fosse Dicembre a pochi interessò del freddo, vedendo la bella donna seminuda passeggiare in piazza, lontana dalla statua.
Zack le fece segno di continuare
Credeva di aver trovato un punto cieco alle telecamere. Lentamente si avvicinò alla statua, e senza dare nell’occhio, salì sull’Absol di pietra, quindi ruppe i fili della videocamera per poi scappare velocemente.
Arrivò da Rachel, la prese per mano e lentamente entrarono in un vicolo, appoggiandosi al muro accanto ad una porta sul retro di un qualche bar o ristorante.
“Avete davvero un bel tipo di rapporto, tu e Stella...“ incrociò le braccia Rachel, infastidita da quell’atteggiamento. “Lei, poi... non si fa alcun problema nello scendere seminuda da casa...”
“Dobbiamo ringraziarla, finiscila di fare la cretinotta...”
“Si, vabbè...”
Zack sorrise e la strinse tra le braccia.
C’era da ammetterlo. Lì, Rachel stava davvero alla grande. Sembrava che quell’incavo, quello tra il collo ed il petto del ragazzo, fosse stato fatto apposta per lei.
Poi la porta si aprì. Ne uscì Stella.
Rachel vide il volto di Zack illuminarsi ulteriormente. Quello sorrise.
“Stella! Ciao!”
Lasciò la stretta con Rachel per abbracciare Stella.
Rachel ribolliva dalla rabbia, a maggior ragione perché non riusciva a smontare quel mito. Non possedeva alcun difetto fisico, quella donna.
“Zack! Non ti vedo da un secolo!”
Rachel pensò che avesse la voce da oca, mentre sperava che quell’abbraccio tra i due cessasse, e quando il suo desiderio si avverò, si vestì del suo sorriso più finto quando il ragazzo le presentò.
“Stella, lei è Rachel, una mia... amica... Rachel, lei è Stella, la capopalestra di Timea”
Ed intanto nella testa di Rachel risuonava quella parola. Amica. E mentre gli voleva urlare che lui, con quell’amica, quella notte ci aveva fatto l’amore, si limitò ad annuire, ed a cercare di friggere con lo sguardo le persone.
Non ci riuscì.
“Sono felice di conoscerti” sorrise lei. Non sembrava molto intelligente.
“A chi lo dici... sei identica a tua sorella”
“Non per niente siamo gemelle”
“Forse lei è un po’ più vestita, ma vabbè, lasciamo perdere”
Stella guardò Zack, chiedendosi quali problemi avesse la sua amica, e poi ritornò a sorridere. “Spero di essere stata utile” aggiunse.
“Utilissima!” Rachel anticipò Zack, che le diede un pizzico sul braccio.
“Ti ringrazio, Stella. Poi ci rincontreremo. Ora ho un affare da sbrigare da queste parti”
“Dovere mio aiutare il campione” lei sorrise, facendo l’occhiolino al ragazzo. Rachel eruttò come il Fukushima, ma fu costretta a suicidare la sua rabbia, e ad inghiottire tutte le maledizioni che stava lanciando, convincendosi per un attimo di essere affetta dalla sindrome di Tourette, per poi ritrattare.
Stella sparì oltre la porta dalla quale era entrata e nel vicolo rimasero solo uno Zack più determinato che mai ed una donna indiavolata. Prese Zack per dietro il collo, stringendo e costringendolo ad abbassarsi.
“E così sarei un’amica?!”
“Ra-Rachel! Posso spiegarti!”
“Che vuoi spiegare?! Stanotte ti ho dato tutto quello che avevo!”
“E te ne sono davvero grato! Ma lasciami il collo!”
Rachel fu mossa a pietà da quello, ed eseguì. Zack si massaggiò la parte interessata, quindi si alzò all’in piedi.
“Il fatto è che non so come dovrei rapportarmi a te. Non voglio correre troppo, e non voglio che tu possa pensare che io snobbi la tua persona o altro... quello che c’è stato stanotte per me è eccezionale. Non voglio che tu possa pensare che io non lo abbia apprezzato. Ma vuoi davvero che ti definisca la mia ragazza? La mia donna?”
Rachel inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia, quindi dopo pochi secondi annuì.
“Davvero? Non sei spaventata da quello che può succedere?”
“Che dovrebbe succedere, scusa?”
Zack sorrise bonariamente. Dopotutto era la prima esperienza di Rachel, e detta tutta, sinceramente, non aveva mai incontrato ragazze serie. Per quelle una notte o poco più era troppo. E quando si trovò ad essersene innamorato ed a volerle dare un appellativo più vicino a FIDANZATA che ad AMICA, quelle risposero con un bel duedipicche.
Ecco spiegato l’arcano.
Zack non sapeva come comportarsi.
Agli occhi di Rachel, però, quella mossa era sembrata come un volersi rabbonire la bella capopalestra, in modo da farle capire che la strada era libera, e che non ci fosse alcuna FIDANZATA.
“Perdonami... sarai la mia donna, da ora in poi. Per tutti quanti”
E la cosa non poté far altro che far sorridere la ragazza e rinsaldare sempre di più il loro rapporto.
“Ora controlliamo la piazza... qualcosa sta per accadere”

Venne alla fine il momento.
Un omino tarchiato, con una tuta nera da lavoro ed un cappello, seguito da uno Smeargle, si avvicinava lemme alla statua di Timoteo, in piazza.
“Eccolo” fece Zack, seduto ai tavolini di un bar, con in mano il giornale sportivo. Rachel guardava con finta distrazione il tanto agognato tecnico dell’Omega Group.
O quantomeno quello che Zack credeva fosse il tecnico di tale azienda.
“Se è veramente dell’Omega Group, effettuerà la riparazione e tornerà alla base. Noi intanto lo seguiremo da lontano” Zack ripeteva con cura il suo piano.
“E se lo perdiamo?”
“Braviary vola su di noi, e lo seguirà. Sapremo di per certo dove andrà questo tizio.”

La riparazione avvenne, ed assieme al suo Smeargle, il tecnico lasciò la piazza di Timea.
Braviary lo seguì dall’alto, mentre da dietro Zack e Rachel si tenevano per mano, facendo i romantici.
Quello salì su di un piccolo furgoncino, e partì.
“È andato...” osservò la ragazza, costernata.
“Saliamo su Zebstrika e seguiamolo. Tanto c’è Braviary che ci dirà dove si dirige”
“Si chiama Wizard...”
“Il tuo Wizard non è un Zebstrika?”
“Non c’entra. È come se ti chiamassi Essere umano. Non pensi sia riduttivo?”
“E perché Pupitar non si chiama Amilcare?”
“Ottima idea!”
Zack si bloccò sul posto, resettò il sistema e ripartì. “Dai... fammi salire sul tuo quadrupede e facciamo in fretta”
“Suona male anche detto così”
“Rachel!”
Quella sorrise, e tirò fuori dalla sfera Wizard. Dopodiché salirono sulla sua groppa e presero a trottare a distanza, seguendo Braviary, alto nel cielo.
Uscirono dalla zona centrale, passando anche per la zona industriale. Il furgoncino prese una strada sterrata, passando per un piccola boschetto. Gli zoccoli di Wizard non aderivano molto bene al sottobosco, donando ai ragazzi oscillazioni e per Zack anche qualche caduta.
“Non riesci a stare sul mio quadrupede?” chiese Rachel con aria di sfida.
“Mi sta disarcionando di propria volontà...”
“Vuol dire che sarai pesante...”
“Semmai tu... sei diventata un po’ più rotondetta da quando sei scappata”
“Smettila di dire stupidaggini. O alla base dell’Omega Group ci arrivi a piedi”
Zack sorrise e strinse da dietro la ragazza, affondando la faccia nei suoi capelli profumati.
Alcuni minuti dopo, in cui Zack cadde da Zebstrika altre tre volte, il furgoncino si fermò davanti ad un cancello.
“Ecco, Rachel... siamo arrivati”. Quei due si nascosero dietro ad un albero, intanto Zack guardava Braviary. Come gli avvoltoi, volava in cerchio sulla base.
Il furgoncino suonò il clacson, e dal cancello uscì un uomo, che andò a parlare con il tecnico.
“Abbiamo fatto centro, Rachel... quel tipo ha la stessa divisa che aveva Ryan”

Si misero a girare intorno alla struttura, cercando una falla, un buco nel muro, un posto dove scavalcare o una porta di servizio. Ma nulla di nulla.
“È inespugnabile!” esclamò Rachel.
“Lo so, ma dobbiamo trovare il modo di entrare! Mia è lì dentro da troppo tempo per i miei gusti”
“Smettila di fare il premuroso con Mia”
“No! Sto facendo il premuroso con il cristallo di Arceus! E dovresti fare altrettanto”
“...ok. Scusa”
“Quanto sei gelosa, mamma mia...”
Rachel aspettò che quello si girassi per fargli una smorfia, quando poi quello si bloccò.
“Hai Carracosta, giusto?”
“Si... perché?”
Zack sospirò e portò le mani ai fianchi, quasi come se avesse fatto venti chilometri di corsa.
“Hey...” Rachel si affiancò a lui, senza capire. Davanti aveva il condotto d’areazione. “Carracosta è qui...”
“Bene... fallo uscire”
“Vai, Carracosta!”
L’enorme tartarugone si materializzò davanti ai loro occhi. Guardò Rachel e Zack, con calma quasi impressionante. Sembrava una statua.
“Bene, Rachel. Ora vai, Growlithe”
Dalla sfera uscì anche lui. Ed una volta che Zack gli ordinò di usare il Lanciafiamme sul condotto dell’areazione, quello lasciò partire una bomba di calore, che rese incandescente la mascherina di metallo del condotto.
“Ottimo! Ora ordina a Carracosta di usare Idropompa, presto!”
“Carracosta! Idropompa sul condotto!”
La potenza di quel Carracosta era davvero assurda. I suoi attacchi erano pura forza. Rupert lo aveva allenato con molta cura.
L’acqua fece lo stesso effetto a quella grata che gli fece l’attacco del Marshtomp di Emily, e questo fu l’unico pensiero di Zack.
Stava entrando nella base di un team malvagio, come fece con Emily, con la donna che amava, come fece con Emily, e stava cercando di salvare il mondo, come fece con Emily.
Ma quella storia non doveva avere lo stesso epilogo.
Una volta che la grata si consolidò, Zack la staccò facilmente dal muro, e poté entrarvi, seguito dalla ragazza.

“Sono appena entrati, signore” Marianne informò Lionell dell’accaduto. Una telecamera, presente su ogni angolo dello stabilimento Omega teneva informati i vari operatori di tutto ciò che accadeva lì nei pressi.
Lionell guardava dal suo monitor le immagini di Zack e Rachel che entravano nell’impianto di areazione.
“Bene. Vuol dire che oggi stesso attueremo il piano. Chiama Linda e Ryan, e falli venire qui”

Gattonavano lentamente nel condotto dell’areazione, Rachel dietro a Zack.
“Non fare rumore” ripeteva come un metronomo ogni cinque secondi.
“Hai fatto più rumore tu, per dirmi queste cose, che io durante tutta questa settimana”
“La solita esagerata...”
Camminavano, cercando di essere più silenziosi ed invisibili possibile in corrispondenza di ogni apertura del condotto.
Sgusciarono via, fino ad arrivare a vedere qualcosa.
“È Ryan...” la voce di Zack pareva un piccolo soffio.
Rachel spalancò gli occhi, guardinga ed impaurita. L’ultima volta aveva visto qualcosa di strano nei suoi occhi. Pareva quasi fosse uno psicopatico maniaco.
“Si... lo vedo”
Ryan parlava con una ragazza bionda, molto procace. Zack ricevette uno schiaffo dietro la testa.
“Non guardarla troppo...”
“Rachel... appena finisce questa storia ti squaglio nell’acido”
“Proprio come un mafioso”
“Esatto, proprio come un mafioso, capisti?”
Rachel lasciò scappare una risatina, quando poi un piccolo clac li zittì.
“Cosa è stato?” chiese Zack.
“Boh... penso che sia...”
E neanche il tempo di finire la frase che la conduttura crollò, e Rachel ricadde sopra Zack, dopo un breve volo di tre metri dal soffitto al pavimento.
Ryan e Linda sembravano essere in posa per una foto. Entrambi a braccia conserte, mentre aspettavano di capire se quel volo fosse stato fatale per i due.
“Respirano...” osservò la bionda.
“Già... purtroppo...” Ryan mostrò loro un cacciavite, e Zack arguì che il biondo avesse manomesso la conduttura.
“Ryan...” Zack digrignò i denti, toccandosi la testa. Sentiva il sangue scorrere da qualche parte, ma in quel momento gli interessava altro.
“Zackary Recket... ci incontriamo di nuovo”
“Basta con queste frasi di circostanza. Dov’è Mia?”
“Mia è proprio dietro la porta alle nostre spalle. Ciao Rachel” fece il ragazzo, sorridendo poi alla sorella. O quello che era.
“Ti aspetti anche che ricambi il tuo saluto? Ma vedi cosa sei diventato?”
“Che intendi?”
“Un tempo aiutavi nostro pa... tuo padre nelle ricerche... lavoravi per il bene del mondo. Ed ora...” una lacrima le sovvenne.
“Ed ora state condannando il mondo all’oblio” concluse Zack.
“Invece no. Stiamo cercando solamente di impedirvi di ammazzarci tutti e di perdere la nostra unica occasione” rispose Linda.
“Cosa stai dicendo?”
“Il vostro piano è quello di parlare con Arceus, pregarlo che le disgrazie finiscano...”
“Invece il vostro qual è?”
“Non così in fretta!” esclamò Ryan. “Mi devi una rivincita”
“Un’altra?!”
“Ora gioco in casa”
Zack sorrise, mosso dalla battuta del ragazzo. “Bene! Ma se vinco io voi mi ridate Mia ed il cristallo”
“Perfetto! E se vinciamo noi voi rimarrete qui dentro”
“Bene!”
“Cosa stai dicendo, Zack?!” Rachel sobbalzò. “Non sia mai vinca questo squilibrato, non potremmo più fare nulla”
“Hey... ogni volta che questo tizio ha provato a sfidarmi se n’è sempre tornato con la coda tra le gambe...”
“Stavolta non andrà così” chiuse Ryan. “Combattiamo! Un match uno contro uno!”
“Ok! Vai Lucario!”
“È il tuo turno, Manectric!”
Un esemplare splendido di Manectric camminò elegante per la stanza, creando subito tensione nell’aria. Dal capo fuoriuscivano scintille. Gli occhi spiritati, rossi, fissavano Lucario, che dal canto suo era impassibile.
Concentrazione massima, Zack respirò profondamente e analizzò il suo avversario.
Un Manectric. Pokémon in grado di attaccare da ampie distanze, veloce e, siccome era di Ryan, pericoloso ai limiti dell’impossibile.
Manectric prese a ringhiare.
“Cominciamo, Manectric, e facciamolo col botto... Usa Fulmine”
Ryan pareva calmo. In realtà cercava di trattenersi, e di mostrarsi forte agli occhi di quella ragazza bionda che gli altri non sapevano chiamarsi Linda.
Il fulmine partì dall’ampia struttura a forma di casco di Manectric, e si abbatté violentemente su Lucario, che dal canto suo non fece una piega.
Non si mosse, e fu colpito. Nonostante questo sembrava non essere assolutamente colto da quell’attacco. Era inerme.
“Ma che...” Ryan pareva perplesso.
Lucario guardò Zack con un’espressione del tipo “quando cominciamo a divertirci?”, e quello sorrise.
“Mostriamogli la vera potenza, Lucario! Forzasfera!”
Lucario canalizzò tra le mani la sua energia, che formava un’aura blu, mentre la polvere cominciò ad alzarsi.
“Vai!” urlò da bravo mitomane Zack, senza interessarsi di distruggere parte dell’edificio con quell’attacco.
“Schivalo!” urlò Ryan.
La sfera d’energia partì dalle mani di Lucario, che la lanciò verso Manectric. Poco prima che si schiantasse sul pavimento, formando un’enorme quantità di detriti, il Pokémon elettrico saltò agilmente via.
Ryan e Linda si coprirono il volto, Rachel invece si nascose dietro le spalle larghe di Zack.
“Manectric! Vai con Flash!”
Urlò Manectric, abbaiò poi, ed emise una forte luce, che accecò per poco i presenti.
Naturalmente Linda e Ryan chiusero gli occhi.
Ma Lucario pareva spaesato, una macchia bianca non abbandonava il suo sguardo.
“Lucario!” urlò Zack, strofinandosi gli occhi.
“Manectric, vai con Morso!”
“Lucario, l’aura! Leggi l’aura!”
Lucario era in grado di vedere l’aura delle persone, come se avesse una telecamera termica che indicava con vaste macchie blu l’aura degli altri individui, persone o Pokémon che essi siano.
L’aura di Zack era grande. Ed anche quella di Ryan. Quella di Linda sembrava minuscola, mentre Manectric pareva non avere aura, se non una piccola scia che lasciava muovendosi.
Rachel invece invadeva di luce azzurra tutto ciò che aveva attorno.
Ad ogni modo, Lucario fu in grado di vedere Manectric avvicinarsi. Non fu in grado di capire che stava per azzannargli una gamba, ma fu abbastanza per lui per crearsi una difesa adeguata.
E per Lucario, come anche per Zack, la migliore difesa era l’attacco.
Cominciò a sventolare l’osso che aveva in mano, in corrispondenza dei movimenti della piccola scia di aura che Manectric lasciava.
“È Ossoraffica” fece Linda.
L’osso veniva usato come mazza, ma l’enorme agilità di Manectric gli consentì di svincolarsi da ogni pericolo.
“Manectric, punta alle zampe inferiori!”
Quello ascoltò il consiglio del proprio allenatore, e morse la zampa destra, rapido.
Lucario urlò per il dolore, e prima di fracassargli l’osso sul capo, Zack sentì Ryan urlare al suo Pokémon di elettrificare il tutto.
Fulmindenti.
Certo, il colpo sul capo, dopo che tutto avvenne, Manectric lo ebbe, ma riuscì lo stesso a paralizzare Lucario, semiceco e quasi immobile, mentre cercava l’osso che usava utilizzato.
“Manectric, tutto bene?”
Quello si rialzò dopo il colpo ricevuto.
“Bene. Concludiamo! Usa Gigaimpatto!”
Manectric saltò forte, arrivando a toccare il soffitto, e fu su di quello che fece forza con le zampe. Si diede la spinta con le zampe inferiori al soffitto, quindi il suo corpo sembrava avere le parvenza di un meteorite.
Che impattò su Lucario, facendo il massimo dei danni possibili.
Già. Lucario era fuori combattimento.

“Ho... ho perso...” Zack, che intanto aveva recuperato la vista aveva gli occhi spalancati, mentre, allibito, si rendeva conto di ciò che succedeva.
“Zack...” Rachel guardò con lo sguardo ricco d’ansia il suo ragazzo, con la testa alta e la bocca schiusa.
E poi l’altra faccia della medaglia. Ryan rideva sornione, compiacendosi di esser riuscito a sconfiggere il campione di Adamanta davanti a quella ragazza che voleva impressionare a tutti i costi. “Ce l’abbiamo fatta. Bravo, Manectric”
“Bene!” Linda schioccò le dita, e venti reclute comparvero all’improvviso dalle porte attorno.
Non appena Zack si sentì toccare il braccio, si girò velocemente, e diede un forte pugno sul volto di una recluta Omega.
“Non osate toccarmi!”
“Zack! Dobbiamo pensare a Mia!” lo rimbeccava Rachel.
E mentre lentamente i cattivi sopraffacevano i ragazzi, sotto gli occhi compiaciuti di Linda e Ryan, Rachel urlò. Di rabbia.
“Fermatevi! Ti prego! Ti prego, Ryan! Devi lasciar andare Mia e Zack! Volevi me, e mi avrai! Ma lascia Mia e Zack liberi di andare! Ti prego!” le lacrime agli occhi ed un vasto senso di impotenza mentre le forti mani di un uomo la tenevano stretta ai polsi.
Ryan sorrise, con lo stomaco corroso dal rimorso per aver messo sua sorella, la sua adorata sorella, nelle condizioni di poter dire quelle parole, poi guardò Linda.
Erano arrivati proprio dove Lionell aveva previsto.
“E sia... Rachel, vieni con me”
“No! Rachel!” le urla di Zack rimbombarono in quel corridoio come se avesse lanciato degli ultrasuoni, ed intanto Rachel piangeva, lasciando lacrime ad ogni passo come briciole di pane.
Lacrime che sembravano sciogliere tutto.
Lacrime che bruciavano come fuoco.




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