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Quinto Capitolo - 5



Buongiorno, i miei omaggi e soprattutto le mie più sentite scuse riguardo i ritardi nella pubblicazione. Purtroppo sono schiavo della tecnologia, e se il pc decide di non partire mi devo adeguare. Ora però è tutto a posto, ed il capitolo della nostra long, scritta a quattro mani assieme a Rachel Aori di Pokémon Adventures ITA, è finalmente fuori. Capitolo 5, molto molto bello. Scopriremo qualcosa di più riguardo la nostra avventura!
Comunicazioni sparse: Su EFP potete trovare già da adesso il piccolo pezzo sulla AlexandrianShipping che sarebbe dovuto uscire sabato. Lì è stato già caricato, mentre sul blog verrà uppato questo sabato.
Inoltre mi scuso anche per la pubblicazione di sabato, ma è da venerdì sera che il pc da problemi.
In più vi lascio il link del download per il nuovo capitolo disegnato da Laila di Back to the Origins. (http://www.mediafire.com/download/wbz3oa9z6o9kw1l/Cap+9%29%29.rar). Concludo dicendo che il sondaggio a sinistra è completato. Il vincitore, anzi, la vincitrice, è stata Serena. La prossima One Shot sarà scritta proprio su di lei, e la vedrete la prossima settimana.
Ora vi lascio alla lettura. A presto.  

Fu la pioggia, unita a quel calore umido e fastidioso, a mimetizzare sul volto di Fiammetta le lacrime. Gocce fredde impattavano sul viso candido e morbido della ragazza, esplodendo in mille frammenti incandescenti, trasformandole il trucco attorno agli occhi in cascate di lava nera.
“Andiamo via da qui” propose Silver, aiutando Fiammetta ad alzarsi dal suolo, immersa nella cenere com’era.
Usarono la funivia. Crystal sospirò, mentre vedeva la folla diventare poco a poco sempre più grande in base ai metri che percorrevano su quel trabiccolo ricoperto di polvere nera. Guardò Fiammetta, immobile, silenziosa, solo il torace che si ampliava ad ogni profondo respiro che le ricordava malignamente che era viva e che forse non era tanto meglio fosse così.
Lei guardò i suoi piedi. Non ci sarebbe voluto mica un genio a sbilanciarsi e a lanciarsi da lì.
Una ventina di metri d’altezza, si sarebbe rotta il collo, sarebbe morta.
Oppure sarebbe rimasta paralizzata, su di una sedia a rotelle, e tutti l’avrebbero guardata come “Fiammetta, quella bellissima ragazza, Capopalestra sbadata di Cuordilava, che aveva deciso di farla finita con la vita e che sbadata com’era non c’era neanche riuscita”.
Codarda. Una codarda, quello era.
Il volto impietrito, immobile, dal cui mento delicato cadeva ritmicamente una goccia nera di lacrime miste a rimmel.
Si voltò per un attimo, giusto il tempo di guardare Silver. Stava guardando Crystal, con quegli occhi argentei in grado di riflettere la luce della luna. Lo vide leccarsi un labbro e poi sospirare, prima di poggiare una mano sul ginocchio della ragazza.
Alla fine scesero. I loro piedi entrarono in una pozzanghera nata da una depressione del terreno, abbastanza grande a dire il vero, quindi un gruppo massiccio di persone si avvicinò.
“Che è successo?” chiese un uomo sui trent’anni, barba rada, capelli lunghi alle spalle.
“Niente, Chaz. Niente di che…” disse Fiammetta trattenendo le lacrime ed il dolore, come se una mano piena di spine le stesse strizzando il cuore.
Dopodiché si dileguò dagli sguardi delle persone, lasciando che Silver interloquisse con loro, tuttavia Crys la seguì.
“Hey… la finisci? Che hai?” le chiese quest’ultima poggiandole una mano sulla spalla.
“Che dovrei avere?! Non dovevo perdere, Crystal...”
“Lo so che non dovevi perdere, ma purtroppo è andata così”
“Avrei dovuto lasciar combattere uno di voi... doveva lottare Silver...” piangeva lei.
“Non dire così. Probabilmente avrei perso anche io contro quel Pokémon. Quello era un ottimo allenatore ed il suo Pokémon era ben allenato”
“Mi sono ostinata a voler difendere Cuordilava! A mantenere lo scudo e la spada contemporaneamente! Con la conseguenza che lo scudo mi è caduto su di un piede e la spada si è spezzata...” strinse i denti, con il volto contrito. Il sapore del sangue in bocca si faceva sempre più forte.
“Non dire così...” Crystal la strinse in un abbraccio, quindi poggiò la testa sulla sua. “Pensa a loro… poveri...”
Fiammetta alzò lo sguardo e vide tantissime persone, ormai tutte senza una casa. Molti di loro avevano perso un parente, qualcuno tutti, altri avevano smarrito la speranza. C’era chi non aveva più la voglia di vivere, e che veniva bagnato da quella pioggia che sembrava pesare un quintale sulle loro teste, costringendoli a piegarle verso il basso.
Silver si avvicinò e le vide abbracciate, mentre la sua amica rincuorava l’altra. Inarcò leggermente l’angolo destro della bocca, a mo’ di sorriso, perché gli piaceva il fatto che la ragazza avesse un buon cuore. E nel suo sguardo preoccupato vedeva gli occhi di una brava persona, e di una buona madre.
Il loro sguardo si toccò per un attimo, si carezzò, come fanno il sole e la luna prima di lasciarsi il cielo, quindi Fiammetta tossì, e loro si svegliarono da quel momento idilliaco, nelle loro teste.
Jarica piangeva e quando vide la sorella maggiore si dimenò dalle braccia della tata che pazientemente cercava di calmarla. Non appena quella li mise a terra corse verso di lei.
"Piccola..." sorrise amaramente la Capopalestra, stringendola al petto dopo essersi accovacciata verso di lei.
Leslie, la tata, le raggiunse con passo spedito. "Che è successo?! Perché sei scura in viso?" chiese.
"Niente... Niente di che... Ma vorrei dire una cosa, a tutta la gente di Cuordilava che c'è qui..."
Il silenzio si stese su quelli e li coprì.
"Io spero che questa situazione per la nostra città possa migliorare. Perché viviamo da sempre sotto il Monte Camino, radicati nelle tradizioni. Tuttavia io adesso mi vedo costretta a dover abbandonare il mio ruolo di Capopalestra di Cuordilava"
Il crepitio della pioggia fu coperto dal velo di stupore che la gente aveva manifestato. Fiammetta si alzò, carezzando i capelli di Jarica, che spingeva la testa contro la sua coscia. Vedeva quella gente, la sua gente, in preda a sentimenti contrastanti.
Alcuni erano dispiaciuti dal fatto che la ragazza avesse preso la decisione di allontanarsi dalla carica che la sua famiglia ricopriva da generazioni. La famiglia Moore consegnava la medaglia Fiamma da almeno sei generazioni. E con Fiammetta si era interrotto quel ciclo enorme che sarebbe dovuto terminare tra le mani di Jarica, una volta cresciuta.
Tuttavia qualcuno non rivedeva nelle capacità di Fiammetta quelle di suo nonno, predecessore che aveva garantito tranquillità e soprattutto stabilità alla piccola cittadina, ed in un certo senso si sentivano sollevati. Poi pensavano che la palestra e l’intera città non esistessero più, e quindi non aveva molto senso gioire del fatto che quella avesse abdicato.
"Ora come ora tutta Hoenn ha bisogno di trovare la pace. Questi terremoti sono causati da cause del tutto naturali. Prima o poi finiranno. Però bisogna saper aspettare, e sopra ogni cosa, rimanere vivi".
E mentì, sapendo di mentire. Era inutile allarmare quelle persone, già avevano avuto un brusco risveglio. Silver annuì impercettibilmente allo sguardo incredulo di Crystal. Era perfettamente d’accordo con la linea guida che stava seguendo la bella ragazza di Cuordilava.
La pioggia ormai batteva radente e raffreddava le bollenti carni della donna, che in quel preciso momento levò il giubbino di jeans e lo piazzò sulla testa dai capelli color magenta della piccola Jarica.
Quelle persone sostavano imbambolate, come se qualcuno avesse messo in pausa le loro vite, ed attendevano che qualcosa accadesse. La pioggia trasformava in fango quello strano miscuglio di terreno bordeaux e cenere ed i piedi della gente lasciavano orme disperate di resistenza, aggrappati ad una boa non ancorata nell’oceano degli eventi.
Avevano solo quella pioggia sulle loro teste, che diventava nera per via della cenere che ancora cadeva, ed i ricordi di una vita felice. Il vento veniva incanalato sul fianco della montagna e spostava le fronde d'erba alta, che si inclinava verso destra.

"Fiammetta!" si sentì urlare, poi. La voce veniva dall'alto, ed un grido, un verso di un Pokémon, spinse tutti quanti ad alzare la testa verso il cielo, a pulire il viso dalle lacrime.
"Alice..." sospirò Crystal, che ancora non si era resa conto dei minuti che passavano in cui la sua piccola mano era chiusa in quella di Silver.
La Capopalestra scese dal suo Altaria, le cui ali candide si stavano sporcando di nero e si avvicinò a Fiammetta.
"Ragazzi..." fece. "Come state?"
Silver si guardò attorno, facendo attenzione che nessuno lo sentisse, quindi parlò. “Fiammetta ha lottato contro un membro del Team Magma... ed ha perso malamente. Per questo motivo è un po’ scossa”
Alice spalancò gli occhi, cercando il modo di capire cosa stava per succedere di lì a poco nella sua vita.
“Team Magma” ripeté, con lo sguardo perso.
Crystal annuì.
La Capopalestra di Forestopoli girò lo sguardo verso il volto smorto di Fiammetta, che continuava a proteggere Jarica da parole e pioggia sporca, quindi sospirò. L’insicurezza che aveva addosso in quel momento era pesante.
“Fiammetta...” la chiamò.
Quella si girò lentamente, e poi si avvicinò. “Come va?”
Non rispose.
“Credo che tu debba accompagnare Crystal e Silver durante quest’operazione. C’è bisogno di qualche componente della Lega di Hoenn che ci informi immediatamente di tutta la situazione in tempo reale. Avevamo pensato a te. Ormai a Cuordilava non hai molto altro da fare”
Lo sguardo di Fiammetta non ardeva più. Sembrava il guscio abbandonato di una crisalide.
“Non credo sia una buona idea. Intralcerei soltanto il loro cammino”. La voce della ragazza era spenta, quasi qualcuno le avesse abbassato manualmente il volume della voce.
“Non intralcerai nulla. A loro serve una guida per il territorio e a te... Beh, a te serve un modo per andare avanti”
“E poi ho Jarica... Come dovrei fare?”
“Jarica potrà stare tranquillamente con Leslie. Verrà con noi a Porto Alghepoli... come tutte queste persone del resto. L’ovest della regione è diventato pericoloso”
“Verrà con te Jarica?”
“Si. Se servirà starà nel mio appartamento con Leslie”
“Sarei molto più sicura”
“Hoenn ha bisogno di te. Non abbatterti se perdi un incontro!” la scosse quella, con un sorriso, mal celando la sua preoccupazione. Fiammetta parve aver recepito il messaggio ed annuì, quindi Alice si voltò verso le persone che, sorprese dalla sua presenza, emettevano chiacchiericci fastidiosi.
“Il mio consiglio è di dirigerci verso Porto Alghepoli, e successivamente prendere una nave per Verdeazzupoli. Lì, le scosse non si sono proprio fatte sentire”
La folla era divisa. C’era chi non voleva abbandonare il luogo dove era nata, cresciuta e per poco morta, e poi c’era chi non guardava in faccia a nulla se non al fatto che fosse già un miracolo che fossero ancora vivi.
“Andiamo!” si sentì urlare.
“Non posso...”
“Dobbiamo andare!”
Il vociare confuso della gente alimentava l’enorme mal di testa che Fiammetta stava maturando in quei minuti.
Troppe emozioni, troppa paura, troppa delusione.
Alice si voltò di nuovo verso i ragazzi, con la sua solita grazia, e sorrise all’ormai Ex Capopalestra.
“Mi raccomando...”
Fiammetta annuì, meno convinta di quanto pensasse, cercando un modo per scampare dalla pioggia e dagli sguardi, e dal fastidio che entrambi le provocavano.
Poi, la Capopalestra di Forestopoli si voltò verso Crystal e Silver.
“Ragazzi... vi auguro che tutto vada per il meglio...”
“Ce lo auguriamo anche noi” sospirò Silver.
“Bene. Ora andate”

E fu così che una folla enorme cominciò l’esodo verso Alghepoli, la città dove i due di Johto erano sbarcati. Tuttavia Crystal, Silver e Fiammetta si fermarono un attimo prima di partire. Gli elicotteri dei soccorsi stavano cercando di liberare le persone intrappolate nella palestra e di recuperare il recuperabile.
“Dove andiamo ora?” chiese la castana, mentre si sistemava sotto ad un ombrello, stretta a Silver.
“Credo sia meglio recuperare un po’ di sonno” fece il ragazzo. Fiammetta li seguiva silenziosa, quindi si affacciò verso i due. “Forse potremmo entrare in casa Vinci”
“Cosa?” domandò Crystal.
“Sì. È una grossa villa situata proprio a nord di Ciclamipoli. È disabitata da diversi anni”
“Una grossa villa disabitata? Come mai non ci vive nessuno?”
“Beh... è una lunga storia. Da quando ho memoria, la famiglia Vinci ha sfornato sempre Allenatori di classe e forza difficile da comparare. E poi il loro primogenito è diventato il Campione in una regione lontana, quindi si sono trasferiti lì tutti assieme, lasciando abbandonata la loro villa”
Ancora pochi passi e la videro. Immersa nella natura c’era una villa con particolari in legno, porticato con colonnine senza entasi e infissi molto vecchi. Le napoletane erano aperte, e la vernice su molte di esse era andata via.
Fiammetta fece strada, salendo le scale del porticato, e trovandosi davanti a quella porta. Sembrava più serena, tant’è vero che sorrise. Con l’indice puntuto e smaltato spinse la porta, che si aprì con un cigolio sinistro.
“È aperta”
Crystal guardò Silver e sospirò. Non era propriamente entusiasta di entrare in quella casa abbandonata, e non per via dei Pokémon spettro o dei fantasmi, quanto per le persone che potevano abitarla senza che nessuno lo sapesse. Poteva esserci qualche malintenzionato, ecco perché prese la sfera di Marshtomp in mano.
“Vado prima io” disse il rosso, fermando le due ragazze tenendole per le spalle, quindi avanzò. La luce filtrava qua e là da finestre mezze aperte e buchi nel pavimento. Qualche oggetto, o almeno sperava che lo fosse, emetteva luce dalla cantina.
Silver gettò un passo sul pavimento consunto fatto di assi di legno, quindi sentì lo stesso scricchiolare in maniera preoccupante.
“Non mi piace la situazione, qui...”
Fiammetta non sembrava tanto spaventata. Si guardò attorno, studiando bene il tutto. Era una casa molto vecchia, costruita con lo stile delle case dei primi anni settanta. Solida strutturalmente, e questo spiegava il motivo per cui non era crollata sotto gli effetti del terremoto, necessitava tuttavia di un po’ di manutenzione.
L’ingresso si stendeva in un ampio salone. Un divano ed un paio di poltroncine erano stati coperti da un lenzuolo polveroso, proprio sulla loro destra, dove probabilmente prima c’era un area adibita per la visione di film ed altro. Sala tv insomma.
Un tappeto circolare verde, con barocchismi gialli, era piazzato proprio davanti ai ragazzi, e precedeva, proprio di fronte a loro, la scala che portava al piano di sopra, in cui la metà degli scalini, sempre in legno, erano spezzati al centro, ed accanto una porta socchiusa.
Sulla sinistra invece c’erano vari oggetti, piccoli e grandi, sotto diversi lenzuoli. Era da lì che si raggiungeva la cucina e la zona adibita a sala pranzo.
“Totalmente abbandonata...” osservò Crystal, grattandosi il mento.
Silver annuì e mise il piede sul tappeto, e tutto d’un tratto la porta d’ingresso si chiuse, provocando un gran rumore.
“Dannazione!” urlò Crys, preoccupata, mentre cercava, invano, di aprire la porta con il pomello rotondo. “Non ce la faccio!”
“Sì... avevo sentito del fatto che un fantasma abitasse questa casa, ma io sinceramente non ho mai creduto a queste cose” osservò Fiammetta.
Crystal sospirò, tornando seria. “Dobbiamo trovare un’altra uscita...”
“Ragazzi, potremmo anche riposarci qui e poi andare via...” sorrise Fiammetta.
Silver e Crystal la fissarono accigliati.
“Scherzavo! Ma sono stanca!”
L’espressione dei due rimase pressoché identica.
“Ok, andiamo...”
Si avvicinarono al divano guardandosi attorno. Silver lo guardò per bene, poi fece uscire dalla sfera Grovyle. “Qui c’è qualcuno”
“Cosa te lo fa pensare?” chiese Fiammetta.
“Il lenzuolo. Quello sul divano, guardalo. Non ha polvere come gli altri sulle poltrone. È stato alzato poco tempo fa...”
Crystal tirò quanta più aria possibile prima di poggiare la mano sul tessuto candido. Sentiva dentro di sé l’ansia di ciò che stava per fare. Sapeva che c’era qualcosa lì sotto, lo sentiva a pelle. I tre rimasero in silenzio, e Crys fu in grado di contare quattro respiri. Qualcosa stava lì sotto.
Ora lo vedeva... il telo si muoveva.
Fiammetta sembrava avvezza a quelle scene, e guardava curiosa la scena come se fosse al cinema.
“C’è qualcosa lì...” Silver respirava con la bocca, pareva che il cuore gli scoppiasse dal petto.
Poi incrociò lo sguardo con Crystal, ed annuì impercettibilmente, quindi la ragazza tirò via il telo.
Fu tutta questione d’un attimo, prima ancora che il lenzuolo cadesse a terra, una macchia bianca e rossa si avventò su di loro.
“Cazzo!” urlò Fiammetta abbassandosi velocemente. Crystal fu l’obiettivo dell’attacco di quell’essere.
“Grovyle!” urlò però Silver, e quello colpì reattivamente l’oggetto non identificato facendolo sbandare, mancando Crystal per pochi centimetri.
Quella rimase immobile, con gli occhi sbarrati e la bocca schiusa. “Che...”
Poi voltarono tutti lo sguardo verso quella “cosa”.
“È uno... uno Zangoose” fece sorpresa Fiammetta.
“E che cos’è?” la voce di Silver rimbombò sulle mura consunte della villa.
Crystal lo guardò, ricollegando l’immagine che aveva davanti con l’oggetto di studio di qualche mese prima. Aveva già osservato uno Zangoose prima di quel momento. Erano dei Pokémon di media corporatura, nemici giurati dei Seviper. Forse aveva sentito l’odore dell’enorme Zannaserpe che aveva salvato dalla frane alle Cascate Meteora il giorno prima.
Lo osservò meglio, mentre stringeva i denti e cercava di recuperare dopo la botta. Il pelo era bianco, candido, con alcune parti di un rosso vivo. Gli occhi erano enormi, spalancati, i denti aguzzi. Dalle mani fuoriuscivano enormi artigli, all’apparenza taglienti come poco altro.
Tuttavia non aveva voglia di provare su se stessa se l’apparenza ingannasse davvero.
“È il Pokémon Mangusta. È molto pericoloso se si entra nel suo territorio. Dobbiamo stare attenti soprattutto agli artigli” disse.
“Stai bene?” chiese Fiammetta, alzandosi.
“Sì, tutto a posto”
Zangoose si alzò in piedi, malconcio e pieno di rabbia.
“Probabilmente aveva scelto questa casa come suo rifugio... Grovyle, dobbiamo sconfiggerlo. Vai con Fendifoglia”
Grovyle attaccò velocemente con i lunghe fendenti che aveva sugli avambracci, mancando nettamente l’avversario che, veloce, si spostò sul lato, per poi colpirlo con l’attacco Lacerazione sul volto. Grovyle diede un urlo immane, mentre una lunga linea rossa si formava sul suo viso.
“Grovyle, non arrenderti, vai con Sonnifero, ed addormentiamolo”
Grovyle a invece attaccò con Riduttore, in preda alla rabbia per il graffio sulla guancia.
“Hey! Ti ho detto di addormentarlo! Che diamine...”
Grovyle gettò per terra Zangoose, e lo sovrastò con il fisico, per poi cominciare a colpirlo in volto con ripetuti attacchi Fendifoglia.
“Fermati, Grovyle!”
Quello ruggiva iracondo, mentre Zangoose cercava il modo di pararsi dai colpi, incrociando, invano, gli artigli davanti al volto. Le sue urla di dolore toccavano gli animi dei presenti e mosse qualcosa intorno a loro. Era l’angoscia probabilmente.
“Fermati, dannazione! Torna nella sfera!” urlò Silver, nervoso. Guardò la sfera.
“Che temperamento…” osservò invece Crystal.
Poi fu il turno di Fiammetta. “È possibile che non ti rispetti perché è un Pokémon scambiato, e non hai alcuna medaglia di Hoenn. Forse…” cercò nella tasca del suo giubbino di jeans. “… Ho nella tasca del giubbino i duplicati delle medaglie che avrei dovuto consegnare nelle sfide di oggi. Li avevo già preparati. Prendeteli voi… Soprattutto tu, Silver. Il tuo Grovyle ha un bel caratterino, non puoi permetterti di non controllarlo, potrebbe fare danni come questo…”
Fiammetta puntò il dito contro lo Zangoose dolorante e sanguinolento che avevano davanti.
I ragazzi annuirono e ringraziarono, posando le medaglie nello zaino.
Fu in quell’esatto momento che a Fiammetta venne lo strano istinto di aggiustarsi i capelli.
Sì, perché sembrava che qualcuno glieli stesse spostando. La sua acconciatura classica, con i capelli a raggiera alti sulla testa, le sembrava si stesse spettinando.
“Ma che diamine…”
E poi spalancò la bocca non appena toccò del tessuto. C’era qualcosa sulla sua testa.
Alzò gli occhi verso Crystal, lei era immobile a guardare in alto, con la bocca spalancata. Teneva in mano la Pokéball di Marshtomp, ma le cadde con un tonfo sordo, senza aprirsi e far uscire il Pokémon.
“Santo…”
“Scappa!” urlò Silver, tirando Crystal per la mano. La Pokéball per terra, i due fuggivano e Fiammetta si vide costretta ad alzare la testa e girarsi, per vedere il motivo della paura sul volto della ragazza.
Un drappo volava. Un drappo scuro, con due buchi luminosi sulla sommità. Erano occhi.
“Cielo!” lei si gettò velocemente per terra, mentre vedeva gli occhi dell’oggetto illuminarsi d’azzurro. I quadri sulle pareti presero a dondolare a destra e a sinistra, e la porta che conduceva al piano di sotto a sbattere.
“È uno Shuppet!”
“Cazzo, scappa!” urlava Silver, mentre stringeva Crys tra le braccia.
Fu il tempo di rendersi conto che attorno a quello Shuppet si erano alzati almeno altri trenta esemplari dello stesso Pokémon, tutti che si muovevano lentamente verso di lei con gli occhi illuminati.
In quei momenti non riusciva a muoversi. La paura la bloccava, non le permetteva di restare tranquilla e la metteva in condizione di pericolo.
“Forza!” urlava Silver, ed intanto tutto prendeva a muoversi e a tremare attorno a lei. La cosa non migliorava affatto la situazione, e costrinse Silver a lasciare per un momento la presa da Crystal, e ad avvicinarsi a Fiammetta.
“Avanti!” urlò, afferrandola per i fianchi e sollevandola di peso.
Quel gesto bastò per farla tornare alla realtà. Diede un urlo sovraumano, e prese a ridere nervosamente, mentre Silver la tirava fino a raggiungere velocemente Crystal davanti alla scalinata che portava al piano superiore.
“Andiamo sopra!” fece il ragazzo.
“Gli scalini sono rotti! Non facciamoci male!” rispose invece la ragazza di Johto.
“Ce ne faremo una ragione!”
In effetti su 15 scalini, che poi portavano alla base di un’altra scalinata, 8 erano spezzati in mezzo. Si fermarono per un momento, ragionare non avrebbe fatto male.
Non avrebbe fatto male se gli Shuppet non avessero cominciato ad attaccare con Palla Ombra, e allora i tre non poterono più tergiversare, saltando gli enormi buchi all’interno dei gradini di legno marcio. Gli Shuppet li inseguivano su per la scalinata, e quando i tre videro il piano superiore dietro una porta chiusa, Silver non esitò a sfondarla con una spallata.
Atterrò su morbida moquette rossa, un po’ polverosa forse. Non ebbe tuttavia modo di apprezzarne la qualità poiché, non appena le due ragazze varcarono la soglia, si prese la responsabilità di sprangare la porta con una sedia sotto la maniglia.
Sudava, lui, il caldo umido di quella regione lo stava costringendo a levare il cappotto e riporlo piegato nello zaino. Gli occhi delle ragazze erano spalancati. In particolare Fiammetta, sembrava la più scossa tra le due, con le labbra che tremavano dal nervoso.
“Ho… ho… ho lasciato…” Crystal cercava di dire qualcosa al ragazzo, ma Silver in quel momento stava pensando a recuperare l’ossigeno necessario per evitare la morte cerebrale. Anche la ragazza era piegata sulle ginocchia, cercando di recuperare il fiato.
“Cosa…?” domandò Fiammetta.
“Ho… ho lasciato cadere… cadere per sbaglio… la ball… la ball di Marshee…”
“Cioè?! Cioè la sfera di Marshtomp è giù ora?!” esclamò Silver.
Quella annuì, con lo sguardo preoccupato.
“Beh… Da lì dovremmo uscire… Aspettiamo che la situazione si calmi, e poi userò Blaziken per uscire da lì” osservò Fiammetta.

Non appena ripresero fiato scrutarono attorno. Sulle loro teste c’era il tetto. I lampadari erano normali pezzi di ferro, e non Pokémon, non c’erano lenzuoli né altro. Solo tre ampie stanze ed un bagno.
La curiosità li spinse a guardarsi attorno.
La prima stanza era sulla destra, subito accanto alla porta sprangata da Silver.
Fiammetta vi entrò curiosa. Era una stanza piena di polvere, dove sicuramente un anziano aveva vissuto.
Il letto era ben fatto, il copriletto su di esso vedeva disegnate fantasie orientali blu e dorate. Una vecchia scrivania sostava accanto alla porta.
La ragazza si avvicinò a quella ed esaminò tutto. Ritagli di giornale in cui veniva acclamato Campione un ragazzo dal volto smagrito ed i capelli lunghi e rossicci, di qualche anno prima.
“Adamanta…” lesse lei. C’erano anche altri ritagli, che parlavano della catastrofe di Hoenn, sventata da Ruby e Sapphire, alcuni anni prima.
Fiammetta si sedette per analizzare meglio quei ritagli. In uno c’era chiara una foto di Groudon, che lottava contro Kyogre.
Un quarto ritaglio ritraeva la foto frontale di una ragazza molto carina e giovane, con su scritto scomparsa. Aveva i capelli castani, ondulati, e gli occhi verdi. Belle labbra, naso femmineo e sorriso pulito. Nell’articolo di spalla, tagliato, c’era scritto che la ragazza era scomparsa il giorno di Ferragosto di otto anni prima.
In un altro ritaglio c’era la Devon Spa il cui tetto era crollato. Un altro vedeva l’inondazione a Porto Alghepoli, e sotto i ritagli c’era una foto.
Era quella ragazza. Ed era davvero, ma davvero davvero bella. Occhi verdi, sorriso sincero, pulito, e capelli raccolti in una coda di cavallo. Era una Kombat-girl, difatti indossava delle striminzite tute da allenamento. L’occhio della ragazza si poggiò sul corpo di quello, tonico, e sul tatuaggio che fuoriusciva dal bordo dei pantaloncini aderenti.
Una Z stilizzata, tatuata tra l’inguine e la base della coscia. Ammise a se stessa, nonostante la sua eterosessualità, il profonda potenziale erotico di quella, nonostante si assicurasse già dal suo volto una radice di acerbità, data dall’estrema giovinezza di quella. Girò la fotografia per leggerne la data di stampa, attestando che era stata sviluppata proprio otto anni prima.
Era la stessa ragazza del ritaglio del giornale.
Alzò gli occhi, c’era un’agenda in pelle molto vecchia. Fiammetta la sfogliò, c’erano numeri di telefono in quantità. Scorse rapidamente i nomi, non conosceva nessuno di quei cognomi.
E poi vide delle fotografie consunte in cornici d’epoca.
Una bella donna, del tutto somigliante alla Kombat-girl, era vestita con un boa di piume, e sorrideva tranquilla mentre alle sue spalle s’illuminava la scritta “P O K E W O O D”.
Sembrava che la stessa persona avesse viaggiato nel tempo per scattare la stessa fotografia.
Accanto altre foto. La stessa donna accanto ad un uomo bellissimo, entrambi a cavallo di un Rapidash dalle fiamme bianche, e poi ancora lei, con in grembo un neonato. La donna indossava un pigiama, e dal contesto Fiammetta fu in grado di capire che era stata scattata al momento del parto.
L’ultima fotografia era di qualità migliore. La donna, era in grado di riconoscerla, era anziana, mentre attorno a lei c’era una famiglia intera. Ai suoi piedi una piccola bambina, non avrà avuto più di sei anni, con gli occhi verdi spalancati, davvero molto somigliante a lei, e alla donna più giovane che le teneva la mano.
Fiammetta capì che quella con il tatuaggio con la Z e la bambina dovessero essere la stessa persona, mentre la neonata nella foto post parto era la madre. Infine la donna del Pokéwood, che altro non era che la nonna di quella Kombat-girl. Riguardò ancora la foto risalente ad otto anni prima poi, assieme ai ritagli, la mise all’interno di un borsello che aveva trovato lì, totalmente vuoto.

Crystal invece entrò nella stanza successiva. Sicuramente era appartenuta a dei giovani, a testimonianza di ciò due letti a castello ed una mensola piena di manga e peluche. Un Rattata scappò a nascondersi sotto una cassettiera, che la ragazza aprì.
Il primo cassetto era vuoto.
Il secondo conteneva delle magliette, tutte bianche. Cercando tra di esse, Crystal, scorse una lettera.

E ok, questo è uno sfogo bello e buono. Qualcosa che niente e nessuno mi costringerà mai a rivelare ai componenti della mia famiglia. Alla mia famiglia perfetta, alla mia famiglia irriducibile. Vinci. Tutto porta a pensare che Vinci sia un cognome importante, qui ad Hoenn, ed in parte è così. Sono nata con il peso delle aspettative addosso. I nonni erano degli attori, mia madre una dottoressa famosa, il mio papà un uomo d’affari. E adesso Hugh è partito per conquistare la Lega di Hoenn, con i suoi Pokémon. E sicuramente ci riuscirà, perché mio fratello maggiore riesce a fare tutto. Qui tutti riescono a fare tutto con una tale semplicità che quasi mi sembra impossibile tenere il loro passo. Sto studiando ardentemente tutte le discipline che mi serviranno a farmi diventare un’ottima coordinatrice Pokémon, ed oltre che su Maite sto lavorando duramente anche su me stessa, come mi ha suggerito la nonna Harriett: non sto mangiando, sto correndo e facendo tanta, forse troppa attività fisica. Proprio ora che scrivo mi fanno male le spalle e gli addominali. Forse sarebbe meglio sparire, andare via. Non voglio essere perfetta, non voglio che gli altri si aspettino qualcosa di impossibile da me, perché sono sicura che non sarei in grado di far felice nessuno…”

Crystal sospirò, e poggiò la lettera al suo posto. Aprì l’ultimo cassetto, ed accanto a qualche moneta ci trovò un’altra lettera.

Sono un po’ felice, e di questa cosa mi sento in colpa. Sì, perché Hugh è stato sonoramente sconfitto dal Campione, Rocco. Non ha visto nemmeno due dei suoi sei Pokémon, è bastato il suo Metagross a sconfiggerlo. La cosa un po’ mi fa piacere, perché vuol dire che da adesso ci si aspetterà più cose da Hugh e la pressione sarà divisa in parti uguali sulle nostre teste. Il papà si è molto arrabbiato, dicendo che lui fosse la vergogna della famiglia, composta tutta da grandi allenatori, ed ha preso me come esempio per mostrargli l’impegno necessario. Mi sono sentita fiera e soddisfatta…

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Scrivo qui, la carta è finita, ma avevo ancora bisogno di sfogarmi. La mamma ha scoperto che il papà la tradiva da anni con un’altra donna. Ieri sera si sono chiusi in stanza ed hanno preso ad urlare. Lei diceva che lui aveva dei figli, delle responsabilità, e che non sarebbe dovuto andare con nessuna puttana che voleva prosciugargli il conto in banca. Papà parlava poco, d’altronde aveva torto. Tuttavia le diceva di non urlare, e la cosa faceva infuriare ancor di più.
Alla fine l’unica cosa che ho capito è che la perfezione che la mia famiglia cerca di dare a vedere è tutta una facciata.
È così importante per noi l’opinione altrui che vogliamo unicamente che tutti ci guardino ammirati, spaventati, come se fossimo irraggiungibili.
Proprio per questo, la settimana prossima andremo via da Hoenn, e ci trasferiremo ad Adamanta, un’isola abbastanza distante da queste zone... lì Hugh potrà ricominciare gli allenamenti e la mamma ed il papà mantenere una situazione finta e felice, in modo che tutti possano tornare a sbavare dietro la falsa distanza che il mio cognome crea con gli altri.
Vinci. Un nome, un’attitudine. Resta il fatto che forse un Vinci che perde rimanga comunque un Vinci. La cosa è strana.
Il punto è che non voglio partire. Io voglio stare qui, non conosco Adamanta, non voglio allontanarmi. Qui ho le mie amiche, le mie conoscenze. Qui c’è anche il ragazzo che amo... So che ho solo sedici anni, ma vorrei tanto poter fare qualcosa per far sì che la mia vita non sia condizionata dalle scelte altrui...”

Chris sospirò, e guardò la scrivania. Un enorme tomo sulla cura dei Pokémon tramite bacche era aperto sulla pagina riguardante la Baccaloquat. Si sedette, sfogliando alcune pagine.
Il libro era consunto, mangiato dal tempo e dall’usura.
Di tanto in tanto vi erano dei cuori, con dentro delle iniziali. Z + R.
E poi, sotto il pesante tomo c’era un altro foglio, scritto a mano.

Ciao nonna.
Immagino che questa mia lettera adesso ti addolori tantissimo, e lo capirei se un giorno, vedendomi, tu non volessi più parlarmi per quello che sto per fare, ma purtroppo è così... Sono andata via. Non ho la costanza per essere una Vinci, non ho la voglia di essere perfetta, e soprattutto ho la necessità di stare tranquilla. Voi tra un po’ partirete per Adamanta, e tu sarai sempre con me, nel mio cuore. Tuttavia rimarrò qui, a seguire quello che la vita ha deciso per me.
Sempre con te, tua nipote.”

Crystal stava quasi per scoppiare in lacrime. Quella era la stanza di una ragazza frustrata, che voleva semplicemente riuscire a levarsi da dosso il peso di un cognome scomodo, davvero molto scomodo.
Non si era mai trovata in quella situazione, ma non doveva essere bello sentirsi sempre sotto pressione.
Sospirò e conservò le tre lettere nella sua borsa, per poi curiosare e guardare a zonzo nei cassetti della scrivania.
Silver fu invece attirato dalla luce che entrava dalla finestra spalancata della stanza da letto in fondo, di fronte al bagno.
Ebbe giusto il tempo di guardare il comò nero, pieno di foto di una giovane donna con un abito da sposa, col neomarito a stringerla. Due esemplari perfetti di razza umana. Lei in particolare, era molto bella, con i capelli neri arricciati e nascosti dal velo di chiffon. Il vestito di raso, bianco naturalmente, le metteva in risalto il fisico snello ma tonico nei punti giusti. Il seno elegante era impreziosito da una scollatura carezzata di pizzo, e da una collana formata da una catena e due anelli d’oro. Parevano fedi nuziali.
Fu il tempo di vedere un leggero movimento, provocato da uno Spinarak impaurito che si era nascosto dietro un armadio spalancato e vuoto, che Silver se ne accorse.
“Porca puttana!”
Un enorme Exploud stava dormendo, proprio lì. Era davvero grosso. La bocca spalancata, stranamente, non emetteva alcun rumore. Il problema fu l’esclamazione che si accorse di aver espulso in maniera involontaria. Poiché fu quella a svegliare l’Exploud, che appena sveglio pareva assai iracondo.
Fu giusto il tempo che i loro sguardi s’incrociassero, che quello aprì la mastodontica bocca e produsse un frastuono tale da far cadere Silver per terra.

Fiammetta e Crystal sentirono prima l’imprecazione, quindi l’enorme frastuono, e si convinsero ad andare in corridoio.
Poi Silver che usciva, claudicando sui quattro arti, dapprima in ginocchio, poi in piedi ma solo per ricadere qualche metro dopo. Respirò in fretta e si rimise in piedi.
“Corri!” fece, dando un calcio alla sedia, che si spezzò, lasciando aperta la porta.
“Ma che dici?! Silver, perché fuggi?!”
E poi l’enorme Exploud uscì rabbioso dalla stanza da letto, urlando la sua furia verso i tre avventori.
“Un Exploud, dannazione!” fece Fiammetta, mettendo le dita nelle orecchie.
Silver poi le tirò ancora per i polsi, a scendere la ripida scalinata. Exploud si precipitò a rincorrerli, entrando di misura nel corridoio della scalinata, ma andando a sfondare gli scalini al suo passaggio, dato l’evidente peso.
Rimaneva intrappolato lì, urlando ancor di più, utilizzando l’attacco Baraonda.
Crystal ed i ragazzi fuggivano scendendo le scale a quattro alla volta, evitando i fossi nei gradini provocati sicuramente dalla causa della loro fuga, e quando si ritrovarono di nuovo nel salotto, Chris fu in grado di vedere la sfera di Marshee giusto al centro della stanza.
“Devo prenderla” tirò il polso dalla stretta di Silver, e si accasciò velocemente per raccoglierla, quando gli Shuppet si gettarono nuovamente su di lei.
“Dannazione! Quando riusciremo ad andare via?!”
Fiammetta sospirò, e vide Silver prendere una sfera. “Weavile! Nottesferza!”
Fu il Pokémon Lamartigli, con incredibile perizia, a sconfiggere con un solo colpo più di trenta avversari.
E poi si sentì un ruggito stridulo. Lo Zangoose sconfitto ora era abbastanza in forze per attaccare l’allenatore che l’aveva messo fuori combattimento prima.
La questione era che Silver era troppo presa dagli Shuppet per rendersene conto e Zangoose aveva già tirato fuori gli artigli, pronto a colpire al volto con un balzo.
Crystal spalancò gli occhi. “No! Marshee, vai con Riduttore!”
Riuscì a far uscire tempestivamente il Pokémon Fango Pesce, che caricò nel fianco l’avversario, spedendolo parecchi metri indietro.
Fiammetta li guardava, mentre entrambi, col fiatone, facevano rientrare i propri Pokémon nelle rispettive sfere. Erano incredibili, e la cosa la sconvolse. Entrambi lavoravano per l’altro, entrambi volevano che l’altro non avesse problemi, che non si facesse male, ed ognuno si fidava così tanto dell’altro che quasi parevano sapere a memoria tutto ciò che quello avrebbe fatto.
“Credo che adesso tocchi a me” fece poi la rossa, e tirò fuori Blaziken, che con uno Stramontante sfondò la porta, inondando di luce l’ingresso di casa Vinci.
“Possiamo andare” sorrise.
“Altro che riposarci un po’…” fece lascivo Silver, prendendo per mano Crystal ed uscendo fuori, all’aria aperta.

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