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Capitolo ottavo - 8

Sera a tutti. Ecco a voi un nuovo capitolo di Hoenn's Crysis, storia presentata da Pokémon Courage e Pokémon Adventures ITA, la pagina migliore di Facebook, che organizza la pubblicazione di immagini e del MANGA!
Avete ancora due giorni per partecipare al concorso di Pokémon Courage, scrivete una flash, una drabble o una one shot, e pubblicatela su EFP, dopodichè linkate il vostro operato sotto il post in evidenza!
Quindi affrettatevi! Giovedì 3 Luglio si chiuderanno le iscrizioni, e sabato 5 potreste vedere la vostra storia pubblicata proprio su questo blog!
In ogni caso beccatevi questa! Sto capitolo è na manata!







Il corpo tonico di Silver si immerse nell’acqua bollente. Aveva davvero bisogno di rilassarsi, e di levarsi da dosso cenere, polvere e sudore dopo quella mattinata di fuoco.
Seduto nella vasca del centro Pokémon, totalmente nudo, i capelli erano legati sulla testa con un codino. Un ciuffo, IL CIUFFO, quella dannata ciocca ribelle, gli ricadeva davanti agli occhi, già appannati dal vapore che si innalzava dall’acqua nella vasca. Dopo i primi tre tentativi di tenerlo fermo desistette.
Il calore dell’acqua massaggiava i muscoli intorpiditi, stanchi, e rilassavano il sistema nervoso del ragazzo, ultimamente troppo sovraccaricato. Come fosse un riflesso spontaneo, il suo dito disegnava cerchi delicati sulla superficie dell’acqua.
Forse fu proprio quel calore a fargli desiderare una vasca più stretta, ed un corpo da toccare, proprio di fronte a sé.
Voleva il corpo di Crystal lì di fronte, e non per soddisfare i bisogni carnali, quanto per godere di quella vista.
Gli piaceva, non poteva negarlo a se stesso e, sebbene avesse intimato a se stesso più volte di non distrarsi, di rimanere concentrato, trattenere i battiti di quel “coso” che aveva nel petto gli risultava difficile.
“…”
Stanco e stressato, doveva andare avanti, e limitare tutti i comportamenti ambigui che il suo cuore magnetico avrebbe avuto vedendo il ferro temperato della bellezza di Crystal.
Si sollevò con le braccia sui bordi della vasca, ed una piccola pioggia di gocce limpide scivolarono dal suo corpo. Uscì e prese ad asciugarsi.
“Silver! Hai fatto?” chiedeva proprio Chris, fuori alla porta, seduta a rigirarsi i pollici.
Fu questione di pochi secondi, il rosso uscì con l’accappatoio aperto, i boxer a coprirgli le nudità ed ancora i capelli alzati.
“Tutto tuo...” fece quello.
Crystal sorrise grata al ragazzo di poter levarsi da dosso la fatica con una bella doccia. Sarebbe stata più rapida di Silver, poco ma sicuro. Lui aveva fatto un bagno, probabilmente non riusciva a gestire bene quel genere di stress.
Una volta entrata nel bagno, chiuse a chiave la porta. Era da sola, quindi sfilò i vestiti da dosso e li pose in una busta: erano da lavare, e lo avrebbe fatto al primo specchio d’acqua dolce, a mano, come le avevano insegnato da piccola.
Si rese conto solo allora della grande quantità di vapore nell’aria. C’era solo una luce in quel piccolo bagno, ed era dovuta ad una lampadina a bulbo proprio sopra lo specchio. La fissò per un attimo, per poi rendersi conto di una cosa.
Si avvicinò proprio allo specchio, i suoi piedi calpestavano le mattonelle bianche chiazzate dall’acqua caduta probabilmente dal corpo di Silver, ma non ci pensò.
L’unica cosa che contava in quel momento, e che probabilmente era la causa del suo sorriso, era quel cuore disegnato sulla condensa del vetro.

Quando tutti e tre ebbero finito di lavarsi, si misero in marcia. Con l’aiuto di Pokémon molto potenti e l’intervento tempestivo di Walter e Rocco, la popolazione di Mentania riuscì ad arginare l’afflusso di lava dall’enorme cratere.
“Conviene andare avanti. L’eruzione di Groudon potrebbe aver portato dei danni anche al paese accanto” fece Fiammetta.
“Ciclamipoli? No, Walter ha detto che è stato tutto tranquillo” le rispose Crystal.
“No, intendo Ferrugipoli. Ci si arriva passando per il Tunnel Menferro, che è proprio lì” indicò la rossa.
Silver fu il primo a muovere i passi verso quel posto. Il bagno lo aveva decisamente rilassato, ed avrebbero dovuto far presto ad attraversare il tunnel, dato che il sole stava per timbrare il cartellino quel giorno.
Si sarebbero accampati all’esterno della grotta, sicuramente, se non ce l’avessero fatta, ma a quanto aveva spiegato poi Fiammetta, il tunnel non era molto lungo, indi per cui affondarono i piedi nel buio iniziale dell’antro per poi rendersi conto che varie lampade irroravano di luce debole e giallastra il circondario.
I terremoti probabilmente avevano dato qualche problema al sistema di illuminazione, dato che, contemporaneamente, tutte le lampadine davano segnali d’intermittenza.
Il tunnel Menferro era un posto particolare. La pietra di quella grotta era porosa, di uno strano colore tendente al grigio-verde e le pareti avevano dei piccoli cunicoli che fungevano da tana per i Whismur.
Fiammetta alzò il cappuccio del giubbino di jeans, dato che non voleva che qualche Zubat impazzito le si impigliasse tra i capelli. Il suo sguardo scrutava curioso ed intimorito il soffitto della grotta, dove stormi di pipistrelli a testa in giù stavano quieti e sonnecchianti.
“Proseguendo dritto arriveremo a Ferrugipoli”
Crystal annuì. Si era cambiata. Ora un vestito a fascia le adornava il busto, mettendone in risalto il seno. Il colore era il solito rosso che spesso portava nel suo vestiario. Caldo, ma non troppo vivace, quasi lievemente sbiadito. Sotto di quello, un paio di leggins grigio scuro le proteggeva le gambe da possibili graffi. Il tutto era completato da un paio di scarpe da trekking dello stesso grigio, dalla spessa suola resistente al calore. Nella borsa teneva anche un giacchetto bianco, per proteggere le braccia e le spalle dal contatto con rocce e simili.
Silver sembrava apprezzare molto il suo nuovo outfit, e la squadrava da capo a piedi, sorridendo quando lui non lo fissava.
La grotta, nonostante fosse malconcia e non messa proprio nel migliore dei modi a livello di infrastrutture come illuminazioni ed uscite di sicurezza era attraversata frequentemente da avventurieri e semplici pendolari che passavano per lì.
Fiammetta vedeva una coppia di fidanzati molto giovani. Fin da piccini erano fidanzati, si amavano e passavano i loro giorni insieme, tuttavia lui abitava a Ferrugipoli e lei a Mentania.
Ora si abbracciavano e si stavano salutando.
Lui non lo sapeva, dato che non si voltava mai, ma per tutta la durata del tragitto che gli consentiva di uscire dalla grotta, lei lo guardava sognante, braccia conserte al petto, sorridente.
Ed anche quel giorno non fece eccezioni.
“Ma... ma quelli chi sono?” domandò poi Crystal, più a se stessa che agli altri.
“Che dici?” chiese curioso Silver, distratto dai vari avventurieri che si scambiavano pareri sugli strumenti da scalata più efficace.
“Ci sono due persone proprio lì... lì in mezzo al percorso”
Fiammetta strinse le palpebre per mettere meglio a fuoco. Due persone, vestiti neri, ed un macchinario enorme tra di loro.
“Team Magma!” urlò, correndo verso di loro. L’impulsività della ragazza lasciò i due perplessi e bastò loro giusto il tempo di far sedimentare quelle due parole, e la seguirono. Silver la raggiunse per prima.
“Che volete adesso?! E cos’è questa macchina?!” urlava la rossa, agitando i pugni in aria.
I due si voltarono immediatamente, e sorrisero.
Il primo era sicuramente il tizio che aveva sfidato sulla cima del Monte Camino. Sorrideva, la dentatura ben disposta lungo le labbra dell’uomo. Le braccia incrociata sui pettorali ben turgidi ed i capelli nascosti dal cappuccio, eccezion fatta per il ciuffo biondo che fuoriusciva galeotto.
La seconda era una ragazza, magra, capelli scuri, con un braccio steso lungo il fianco ed uno che premeva contro l’anca, piegato.
“Questa?” chiese lui, carezzando l’aggeggio infernale che era stato messo lì. “Questa è una macchina ad ultrasuoni”
“Una macchina ad ultrasuoni?! Cosa credete di fare con quella?!”
“Sapete… Voi mi avete stufato. E tu, non dimenticare che sei mia” puntò lo sguardo sulla rossa.
L’altra girò il volto, sorridente, e lo spintonò leggermente.
“E così la Capopalestra è tua...”. La voce di quella era calda e suadente, ed in quel caso allusiva.
“Già. Ha perso contro di me, e adesso me la porterò via”
Silver pensò che quel teatrino fosse già abbastanza. Fece un passo avanti, spostando Fiammetta, ponendosi davanti a lei.
“Ora basta” digrignò i denti lui.
Il biondo sorrise. “Tu... tu sei quello con problemi nel controllare la rabbia”
“Appunto”
“Silenzioso”
“Andate via”
La ragazza sorrise, dopo una sorta di sbuffo, e guardò il compagno. “Dice che dovremmo andare via”
“Non hanno capito nulla” rispose di contro lui.
La mora fece un passo avanti. “L’eruzione causata al di sotto di Mentania ha fatto sprofondare Groudon in uno stato di quiete. E a noi questo non piace”
“Andate via, o saranno guai. Sarete arrestati”
“Arrestati?!” intervenne il ragazzo, ridendo di gusto, manifestando superiorità. “E a che pro? Rinchiudere un uomo in una gabbia è come ammazzare un leone. Orgoglio e libertà che vanno via. Chi si permette di fare una cosa del genere non conosce democrazia né uguaglianza. Meno ancora giustizia”
“Quindi sarebbe giusto far morire milioni di persone per i vostri scopi loschi, giusto?”
“Sarcasmo portami via... Tizio rosso” si pronunciò la bella nemica “Finchè fai parte di una giustizia imperfetta, umana, fallace, non conoscerai mai la verità universale. La giustizia vera e propria è quella che impone agli altri di esser tutti uguali. Non esiste ricco né povero al di fuori delle mura amiche”
Crystal pensò che non avesse tutti i torti. Fosse stata una politica avrebbe riscosso molto successo. Purtroppo era una terrorista.
“Esistono anche modi e modi. Se vuoi cambiare il mondo non puoi pensarlo di fare tutto in una volta”
“Io non posso perder tempo. Mentre io e te stiamo parlando, qui, adesso, un uomo sta catturando un Pokémon. Un altro lo sta rinchiudendo in una gabbia, lo sta vendendo. Qualcun altro ne sta uccidendo un sacco. Altri stanno distruggendo le loro case. Dimmi, tizio rosso, questa è giustizia?”
Silver deglutì.
“Non si tratta più di Pokémon, ora. Ora si tratta di milioni di vite umane. Voi siete degli assassini. E dovete andare via”
“Dannazione, smettila di volerci cacciare. Non ce ne andremo” alle parole della giovane mora, lei ed il suo collega risero. “Ben detto”
“Vi sfido” fece Silver, con sgomento da parte di Crystal. Sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo, ma sperava di rimediare con la diplomazia.
“Lascialo a me” sorrise il biondo.
“Ok Andy. Fai tu”

Feraligatr vide Zoroark apparire in campo. Non gli bastò molto per capire che avrebbe dovuto abbatterlo.
“Mi pareva di averti visto con un negatissimo Grovyle” sorrise quello.
“Feraligatr, Troppoforte”
L’alligatore, si gettò a capofitto sull’avversario, pronto a sottometterlo con colpi casuali, ma il repentino intervento di Andy lo costrinse a vedere quanto quello Zoroark fosse veloce.
“Salta, ed andiamo... Le paure di Feraligatr” sorrise quello.
All’improvviso tutti alzarono gli occhi al cielo. Erano in mezzo ad una foresta di fulmini. Uno cadde veloce vicino l’alligatore azzurro, tanto da farlo ruggire.
“Feraligatr, calmo” strinse i denti Silver. “È tutta un’illusione”
Tuttavia Zoroark ancora doveva presentarsi nel campo di battaglia.
I fulmini cadevano con cadenze irregolari, ma tutti molto vicini a Silver ed al suo Pokémon. Crystal rimase scioccata da quello che vedeva.
E ad un certo punto anche Silver fu costretto ad aprire la bocca.
Uno Zapdos ruggì all’improvviso, dall’alto del cielo.
Feraligatr allargò le braccia, urlando. Aveva davvero paura. “È Zoroark! È tutta un’illusione! Fermati!”
“Zapdos, perché non lo attacchiamo con Fulmine!”
“Feraligatr, cazzo...”
“Devi colpirlo!” urlò poi Crystal, dalle retrovie. “Quando lo fai l’illusione svanisce!”
“Sentito Feraligatr?!”
Ma intanto il suo sguardo timoroso volteggiava sulle ali di quello Zapdos che si stava preparando a colpire con Fulmine.
“Feraligatr!”
Fu il momento di vedere quella saetta biancastra lasciare quell’ammasso di nuvole e dirigersi proprio verso di lui, che quello rinsavì. Rotolò a sinistra, e si mise sulle quattro zampe, per ottenere maggiore rapidità.
“Usa Idropompa!”
Una possente colonna d’acqua partì dalla bocca del Pokémon Mascellone, trapassandolo letteralmente.
“Esageriamo! Tuono!” rise Andy notando l’agitazione di Feraligatr e riempiendo i padiglioni auricolari con le urla di Silver che cercava di calmarlo.

“L’ha totalmente attraversato. L’attacco di Silver non ha avuto alcun effetto” osservò sgomenta Fiammetta. Ormai non si rendeva più conto di cosa fosse apparenza e cosa realtà.
“Non è successo nulla...” ragionò Crystal. “E... e poi la macchina ad ultrasuoni è sparita. Ed anche la ragazza... dove sono loro?”
“È un’illusione, lo sai”
“Sì, so che è un’illusione. La questione è che voglio sapere dove sono”
“Perché?!”
E all’improvviso capì.
“Silver! Zoroark non è Zapdos! Quella è solo una proiezione mentale!”
Il rosso si girò. “Feraligatr, non preoccuparti di Zapdos, ma usa Idrondata!”
Feraligatr aveva appena evitato l’ennesimo attacco elettrico, e nonostante avesse dei seri dubbi sul fatto che il suo attacco fosse potuto andare a buon fine data l’altezza dell’obiettivo, eseguì in silenzio.
Un’onda dall’altezza e dalla potenza tremenda si espanse tutt’attorno a lui.
“No, Zoroark! Evitalo!” urlò Andy. Si sentì soltanto il verso del Pokémon Mutevolpe sofferente.
“L’attacco è andato a buon segno!” urlò Fiammetta, felice.
D’improvviso, proprio come un castello di carte da gioco con una forte folata di vento, l’impalcatura delle paure di Feraligatr si sgretolò, fino a mostrare nuovamente il Tunnel Menferro, con Andy e la sua avvenente collega.
I loro piedi affondavano in una fanghiglia verdognola. Zoroark vi era immerso, steso di spalle.
“Ottimo, approfittiamone, vai con Colpo!” urlò Silver, vedendo poi il suo Pokémon gettarsi a capofitto contro l’avversario.
Bastò poco, un paio di pugni ben assestati, per mandare fuori combattimento Zoroark.
“Bravissimo Feraligatr” fece asettico il rosso, facendolo rientrare nella sfera. “Ora che hai avuto la tua lezione vai via”
Gli occhi di tutti furono puntati su Andy. Prese la sfera del suo Pokémon e lo fece rientrare, quindi scoccò un bacio alla plastica rossa di quest’ultima. “Scusami amico...”
“Sparisci”
Gli occhi verdi di Andy si alzarono verso Silver. “Tu... tu forse non capisci”
“Probabilmente è così. Andate via”
“L’equilibrio del mondo come oggi lo conosciamo è stato dato da innumerevoli disastri. Terremoti, estinzioni di massa, glaciazioni, desertificazioni. Il clima mitiga le nostre anime, la natura ci mette a disposizione il fabbisogno per andare avanti ogni giorno... Tuttavia distruggiamo tutto, come un cattivo ospite”
“Andate via” ripetè di nuovo lui.
“Come vuoi” sorrise la moretta accanto a lui, dando un pugno sul pulsante d’accensione della macchina ad ultrasuoni, per poi cominciare a camminare verso di loro. Silver rimase sconcertato, quasi immobile, nel vedere la lucina rossa della macchina lampeggiare.
Andy si avvicinò a Fiammetta, impietrita, le mise una mano sul fianco destro e la strinse a sé, per poi assaporare il suo odore. Le diede un bacio sul collo, e quindi prese a correre assieme alla sua collega verso l’uscita della grotta, per Mentania.
Fiammetta tremava, le mani non riuscivano a stare ferme, le labbra neppure.
“Ha... ha attivato la macchina, vero?” chiese Crystal.
Silver annuì, guardandosi attorno. Tutte le persone attorno a loro erano ignare. Quando però un boato riempì le loro orecchie, tutti si guardarono attorno. La terra cominciò a tremare violentemente e la volta del Tunnel Menferro cominciò a precipitare gradualmente, da destra verso sinistra, quindi partendo dall’ingresso di Mentania.
“Cazzo!” urlò Fiammetta, prendendo Chris per mano e cominciando a correre. I tre correvano, mentre dietro di loro nuvole di polvere e grida si levavano verso l’alto. Pokémon ed esseri umani rimanevano schiacciati dal soffitto della grotta.
“Scappa via!” urlò Silver, guardando la stessa ragazza che aspettava che il fidanzato uscisse. Quella però rimase immobile.
È la sensazione più brutta che possa mai investire una persona: quella paura che ti rende una statua, che ti fa stare immobile, che ti consegna tra le braccia della morte.
Colpisce solo alcuni; difatti i ragazzi correvano, pieni d’adrenalina e d’istinto d’autoconservazione, e non furono in grado di vedere la cruenta scena che però rimase negli occhi del ragazzo alla fine della grotta, innamorato perso del suo amore, della sua donna.
L’aveva vista morire. Aveva visto morire se stesso.
“No! Mindy!” urlava.
Le enormi rocce cadevano davvero troppo vicine per far sì che i ragazzi potessero allentare la presa e correre con più rilassatezza. Erano costretti a premere sull’acceleratore al massimo, fino a quando l’uscita per Ferrugipoli fu qualcosa di tangibile.
“Mindy!” urlava quello. Silver lo tirò con tutte le sue forze e lo spinse fuori, per poi tuffarvisi come da una scogliera.

Atterrarono sull’erba morbida del percorso che divideva il Tunnel Menferro da Ferrugipoli. Il primo non esisteva più.
“Mindy!” urlava il ragazzo, sotto il corpo di Silver.
“Calmati” cercava di dire Crystal, rimettendosi all’in piedi.
Quello non sentiva ragioni. Si alzò all’in piedi di corsa, prendendo a scavare con le mani.
Fiammetta piangeva per l’adrenalina. Per la seconda volta in due giorni stava per morire.
“Andiamo avanti...”
“Dovremmo avvertire Alice” fece Fiammetta, prendendo il suo Holovox dalla borsa.
 
La chiamata fu breve.
Il tono funereo.
Il pianto dell’uomo, le mani sanguinanti e scorticate sui massi, le unghie spezzate, si diffondeva nell’aria. Era un suono soffocato, perché il dolore troppo grande non sempre trovale parole per esprimersi.
Alice ascoltò in silenzio il racconto di Fiammetta. Il bel volto, dai lineamenti gentili, era incupito, le labbra strette, mentre i denti mordevano il labbro inferiore.
“Faremo in modo di sgombrare il tunnel... e di recuperare i corpi. Mi dispiace che dobbiate assistere a tutto questo.” La sua voce usciva deformata dalle casse dello strumento, ma la sua figura sembrava richiudersi su se stessa “Ma non dovete mollare. Fatelo per impedire che altre tragedie come questa si ripetano”
I tre si guardarono, annuendo. Dopo la promessa che Alice avrebbe avvisato Petra del loro arrivo, la comunicazione fu chiusa.
Silver si avvinò all’uomo, ormai quasi in catalessi, scuotendolo timidamente per le spalle.
“Lei è lì sotto...” fu tutto quello che riuscì a dire quello.
Silver ingoiò saliva, ma si sentiva la bocca arida.
Non ci sono parole da usare in questi momenti, non ci sono consolazioni, scuse o incoraggiamenti. Ciò che è perso non può tornare e si porta dietro la speranza che le cose possano continuare anche senza. Perché in quel momento il mondo perde il suo centro gravitazionale, il sole brilla un po’ meno e tutto perde quel colore vivido che solo la presenza dell’altro sa darti.
Anche gli occhi di quello erano così. Un nocciola caldo che però si era spento, appariva quasi opacizzato, ma non era solo l’effetto delle lacrime, era come se la luce che venisse da dentro gli fosse stata strappata con forza, come fosse rimasta in quel tunnel con lei.
Il Dexholder lo alzò quasi di peso, ringraziando i lunghi allenamenti che gli avevano dato la forza d sostenere lo sforzo. Quell’uomo era un minatore, e manteneva alto il nome della categoria. Alto, muscoloso e massiccio. Occhi nocciola, capelli corvini. Non era l’uomo più bello che Silver avesse mai visto, ma aveva un suo fascino.
Crystal e Fiammetta accorsero ad aiutarlo, poco prima dell’arrivo dei soccorsi, ed una coppia di infermieri si sostituì ai tre, nel trasportarlo. Le mani  gli vennero bendate, alcune dita si erano rotte e dovettero essere steccate.
L’uomo rimase in stato catatonico per tutto il tempo, fino a quando le porte dell’ambulanza si chiusero dietro di lui. Senza accorgersene, in quel momento, Crys sospirò di sollievo.
Ciò che era successo l’aveva scossa, ma gli occhi di quell’uomo, così vuoti, quasi la spaventarono.
“Dobbiamo muoverci, Ferrugipoli è vicina” mormorò Fiammetta, prendendo la guida del gruppo.
Gli altri due ragazzi si limitarono ad annuire ed a seguirla.

La città era in fermento.
Il crollo del tunnel era stato notato in tutta la città e tutti si stavano mobilitando per andare a dare un’occhiata, più curiosi che volenterosi di dare una mano. I ragazzi s’incamminavano verso la palestra, dove avrebbero incontrato Petra.
E dove speravano di ricevere un’ulteriore medaglia.
Era tutto così strano. Tragedie capitavano tutt’attorno a loro, ma non gli era concesso fermarsi. Fermarsi, anche se solo per piangere i morti, per dispiacersi di ciò che stava accadendo, sarebbe stata la rovina di tutto.
Come quando cammini a lungo, ma molto a lungo, e dopo fai una pausa. Ti siedi, magari riprendi fiato, metti qualcosa sotto i denti per reintegrare le forze e poi, quando ti alzi, ti rendi conto che le gambe non si muovono. Che ti rialzi a fatica, più stanco di prima, ed ogni passo sembra sempre più incerto. E già dopo qualche metro hai bisogno di una nuova pausa. E dopo di nuovo rialzarsi è sempre più difficile, finché non decidi di lasciar perdere la camminata e farti venir a prendere.
Per loro non esisteva un lusso simile. Nessuno sarebbe venuto a tirarli su se si fossero abbandonati ai sentimenti. Ragionare di pancia non avrebbe aiutato in alcun modo, né loro, né il resto della regione.
Per questo Fiammetta camminava a testa alta, imprimendosi tutto nella mente. Ci sarebbe stato tempo per piangere, avrebbe pianto la sua Cuordilava, le persone che non ce l’avevano fatta e gli affetti che aveva perso.
Ed era lo stesso motivo per cui Crys ricacciava indietro le lacrime, stringendo nelle mani la Poké Ball di Marshee e quella di Meganee.
E anche di Silver, che si concentrava unicamente sulla meta successiva, cancellandosi dalla mente le urla ed il pianto dell’uomo schiacciato dalle rocce.
Intanto i mormorii crescevano, sembravano circondarli.
Alcuni avevano riconosciuto Fiammetta e la indicavano bisbigliando. I più sembravano sollevati di vederla, di sapere che un’altra Capopalestra, per quanto avesse rinunciato al titolo, fosse lì con loro. La città sembrava quasi più sicura.
“C’è un’aria parecchio pesante” mormorò Silver, quasi incapace di tenere per sé quel commento.
“Il Tunnel Menferro era importante. Ferrugipoli è una bella città, una città ricca, con la sede della Devon SpA... ma è in una posizione scomoda per i commerci. Nonostante sia sul mare non ha un gran porto, in più le mancano tutti i collegamenti con il centro della regione. Quando fu creato il tunnel tutti ne furono felici, era una ventata d’aria.” si fermò, guardando attorno la gente che percorreva le strade, o le innumerevoli case, rimaste inabitate dall’inizio dei terremoti “Ora sembra che stia per diventare una metropoli abbandonata...”
La sua voce calò di tono. Era spaventoso quello che stava accadendo, e come era successo a Ciclamipoli e Ferrugipoli era chiaro che sarebbe accaduto anche nel resto della regione. Sarebbe diventata una terra fantasma, la terra di nessuno. Ed il team Magma non avrebbe nemmeno dovuto lottare.
“Qui nessuno abbandona nulla”
La voce riscosse Fiammetta, che alzò lo sguardo, stupita. Petra si ergeva dinnanzi a lei. Le braccia sottili erano fasciate da una camicia bianca ed erano tenute conserte, quasi a proteggere il seno.
“Questa città non morirà, dovessi sopportarne il peso da sola sulle spalle.”
Il tono era deciso e non sembrava poter ammettere repliche, nemmeno fosse arrivato Arceus in persona a fargliele.
“Petra...”
“Alice mi ha chiamata. So quello che è successo e cosa vi serve. Seguitemi” Petra si guardava attorno, osservando chiunque camminasse per strada, quasi sospettasse che il nemico potesse averli seguiti fin lì.
Dopo alcuni istanti arrivarono in palestra. L’edificio, alto poco meno di quello della Devon, era stato ristrutturato abbastanza recentemente. Sede dell’università locale, l’atrio era in comune fra i due enti, e la palestra era separata dalla sede degli studi da un ampio corridoio centrale, che terminava in una massiccia porta di legno. Oltre quella, la palestra si apriva davanti ai ragazzi.
Il classico campo di battaglia era disseminato da rocce dalle varie forme dimensioni, i muri erano ricoperti da innumerevoli bassorilievi, che narravano su una parete la storia di Groudon, dall’altra quella di Kyogre, fino a congiungersi nel muro frontale nella loro lotta. Una piccola porta laterale portava poi allo studio privato della Capopalestra, dove teneva custodite le medaglie ed i documenti relativi ai vari incontri.
Crystal e Silver rimasero stupefatti.
L’ambiente era talmente augusto da sembrare quasi una profanazione l’idea di combattervi dentro.
Petra rimase in silenzio per un po’, lasciando che i due si meravigliassero più a lungo di quello che lei stessa considerava quasi un tempio personale. Dopodiché parlò.
“Come vi ho detto poco fa, sono stata contattata da Alice. Mi ha parlato del risveglio di Groudon, dicendomi che probabilmente dietro tutto questo c’è il Team Magma”
Petra ricordava il Team Magma. Era stata sconfitta da Rossella durante il recupero di Groudon e non l’aveva mai dimenticato. Non si riteneva una persona vendicativa, quanto amante della perfezione. E quella sua perfezione era stata brutalmente distrutta dagli inganni di quella donna.
Aveva combattuto tenendo degli innocenti in ostaggio, e Petra aveva osservato i suoi Pokémon venire sconfitti senza poter muovere un muscolo, ma con il sapore del sangue in bocca, per come si era morsa le labbra pur di non urlare.
“Non nascondo che tutto ciò mi preoccupa. Una parte di me vorrebbe seguirvi, ma il mio compito devo svolgerlo qui, nella mia città. Avete già visto il clima che si respira, è così da giorni ed il crollo del Tunnel non ha fatto che peggiorare il tutto. Purtroppo non posso minimamente muovermi da qui”
Il suo tono era calmo, ma si capiva che non era disposta a discutere.
“Non c’è bisogno che tu venga con noi, è la nostra missione dopotutto” iniziò Crystal “Ma... abbiamo comunque un favore da chiederti. Abbiamo bisogno della tua medaglia, Petra. I Pokémon che abbiamo ottenuto qui a Hoenn potrebbero non ubbidirci, ed in momenti critici questo può fare la differenza”
Petra abbassò un attimo lo sguardo, in riflessione. Fiammetta la fissava tanto intensamente da pensare che potesse trafiggerla con il solo sguardo.
Petra era intelligente, Petra era forte, Petra era famosa ed aveva fascino. In più Petra aveva una magnifica palestra. Ed era sua.
Dentro di sé si sentiva inferiore. Si chiedeva cosa avrebbe fatto Petra se una catastrofe si fosse abbattuta su Ferrugipoli. Avrebbe salvato tutti, di sicuro. Avrebbe portato tutti al sicuro e nessuno l’avrebbe odiata. Nessuno l’avrebbe ritenuta un’incapace. Avrebbe salvato la città, i suoi abitanti. E la sua carica.
Poi Petra alzò lo sguardo.
“Non posso” furono le sue uniche parole.
I tre impallidirono, quasi non erano sicuri di ciò che avevano sentito.
“Come sarebbe a dire non puoi?” le fece Silver, trattenendo la rabbia. “Ne abbiamo bisogno per proteggere la regione, i suoi abitanti, sconfiggere il Team Magma e catturare Groudon!”
La donna sostenne il suo sguardo senza batter ciglio.
“Non posso. Noi capipalestra abbiamo il dovere di consegnare le medaglie solo a chi riteniamo degno di possederle. Non vi ho mai visti, non vi ho mai affrontati e non ho la più pallida garanzia delle vostre abilità. L’unica campana che ho sentito è stata Alice, ma non mi basta.” fece.
Silver digrignò i denti, a poi lasciò partire le braccia verso l’aria, come se stesse prendendosela con il cielo.
“Volete la mia medaglia? Dovrete conquistarla sul campo. Sconfiggetemi e dimostratemi di esserne degni.” nessuna inflessione, nessuna emozione.
Forse, dentro di sé, Petra avrebbe voluto aiutarli, pensò Fiammetta, ma Petra era una Capopalestra e tutti sapevano che la sua fedeltà alle regole era pari solo a quella per i libri.
“Non possiamo, sarebbe solo un’inutile perdita di tempo!”
Silver continuava a protestare, ma si era già tolto la felpa e stava seguendo Petra, diretta agli estremi del campo di battaglia.
“Allora iniziamo subito, manda in campo il tuo Pokémon e iniziamo”
Silver strinse i denti. Non aveva mai lottato in palestra prima d’ora. Non si sentiva a suo agio. Il campo delimitato, e, per la prima volta, il desiderio del premio della vittoria. Aveva bisogno di quella medaglia. Lui più di tutti.
Grovyle non gli ubbidiva, non sempre e precisamente nei momenti meno opportuni. Non poteva rischiare. Lui aveva sempre creato un legame stabile con i suoi Pokémon, li aveva sempre allenati. Alla perfezione. Ma Grovyle era un caso disperato. Non lo ascoltava e ignorava i suoi sforzi.
Perciò la medaglia era essenziale.
Ma chi mandare in campo? Honchkrow era debole agli attacchi roccia, così come Weavile. Le uniche due scelte logiche erano Feraligatr, stanco per lo scontro precedente, e il Grovyle che non gli ubbidiva.
“La lotta sarà uno contro uno. Si andrà avanti finché uno dei due Pokémon non cade a terra esausto. Visto che Fiammetta, nonostante non sia più una Capopalestra, è ancora membro della Lega Pokémon, arbitrerà l’incontro. Non sono ovviamente permesse sostituzioni ed è vietato l’uso di strumenti oltre quelli che il Pokémon stesso possiede. Tutto chiaro?”
Silver strinse il pugno.
“Chiarissimo”
Mandare in campo Grovyle era un azzardo troppo grande, perciò prese la sfera di Feraligatr.
“So che sei stanco” sussurrò alla sfera “ma ho davvero bisogno che tu vinca questa partita”
Una volta sceso in campo, il Pokémon Mascellone prese nuovamente la posizione di combattimento, per l’ennesima volta in quella giornata.
“Bene, il mio Pokémon sarà Probopass!”
Il Pokémon Bussola fece il suo ingresso. I tre mini-nasi roteavano velocemente attorno al suo corpo, fungendo contemporaneamente da strumento offensivo e difensivo.
Fiammetta prese posto a metà del campo, osservando i due Pokémon e dando inizio allo scontro.
“Muoviamoci, iniziamo con Idropompa!” urlò il rosso.
Il coccodrillo azzurro allargò le mascelle, sparando un getto d’acqua dalla potenza immane addosso all’avversario, immobile.
“Difenditi con Protezione, Probopass, poi attacca con Scarica!”
Il getto d’acqua si abbatté sulle difese impenetrabili del Pokémon, e appena si estinse arrivò la scarica elettrica. Sembrava espandersi in modo omogeneo per tutto il campo, senza dare chance di fuga all’avversario.
“Non così facilmente, Fossa, Feraligatr!”
L’ordine perentorio del ragazzo fu perfetto. Nascosto sotto il terreno del campo Feraligatr era protetto dagli attacchi, ed allo stesso tempo, un attacco di terra sarebbe stato devastante per il nemico.
“Pensi che non fossi pronta ad una mossa simile? Vai con Magnetascesa”
La voce calma di Petra diede istruzioni al suo Pokémon che, sfruttando il magnetismo prodotto dal suo corpo, si sollevò in aria.
“Silver si stava spazientendo. Probopass, nonostante il peso, fluttuava leggero a pochi metri da terra, vanificando la sua strategia.
“Esci fuori, Feraligatr, ora!”
Il Pokémon scavò fuori dalla terra, osservando la situazione con astio.
Quello fu probabilmente il suo più grande colpo di fortuna.
Fu in quell’istante che la terra tremò di nuovo.

Tremori, prima bassi, poi sempre più insistenti, continui e ritmici. Come passi.
Ma era il ruggito a far tremare la terra.
Groudon era stato risvegliato, e con una pigrizia altamente distruttiva stava vagando per la zona sotto Ferrugipoli.
C’era paura, c’erano le grida, c’era il pianto di chi non sapeva cosa fare.
Nella palestra la situazione era diversa. I due sfidanti avevano messo mano alle Poké Ball e fatto rientrare i due dal campo di battaglia.
“Usciamo, immediatamente!”. La voce di Petra sovrastò il boato della terra, mentre lei si dirigeva nell’ufficio.
“Dove stai andando?” Fiammetta voleva correrle incontro e contemporaneamente voleva scappare, ma non sapendo cosa fare restò ferma.
“Dobbiamo muoverci!” le urlò poi.
“Devo prendere le medaglie e altri documenti, voi muovetevi!”
Silver non se lo fece ripetere una seconda volta, afferrò l’ex Capopalestra per il braccio, trascinandola con sé. Crys li aspettava sotto lo stipite della porta, di nuovo spaventata.
L’ingresso fu percorso in un soffio mentre Petra, fogli e scatola delle medaglie in mano, li distanziava di una decina di metri.
Passo dopo passo quella seguiva le loro orme, i neri pantaloni a sigaretta che completavano il suo abbigliamento già impolverati per la terra che si era alzata dal campo di battaglia, frusciavano ad ogni passo. Petra si ritrovò per un istante ad odiare quel rumore, così sottile, così delicato. Si chiedeva come facesse a sentirlo in quel frastuono. C’erano urla in giro. L’università era deserta per la pausa natalizia e per i terremoti, ma sentiva urla, pianti ovunque. Doveva uscire, doveva vedere cosa stava accadendo, proteggere la sua gente.
Poi dal soffitto cominciò a cadere polvere, si crearono delle crepe, e Petra continuò a percorrere quei metri, così incredibilmente dilatatisi in chilometri, che la separavano dal cielo azzurro al di fuori dell’edificio.
Voleva veramente rivederlo, il cielo.
E anche Rudy. Oh, quando improvvisamente si ritrovò a pensare che Rudy le mancasse, pensò che con i suoi Pokémon di tipo Lotta avrebbe potuto sistemare tutto.
Poi il soffittò crollò.
Petra sentiva un grande peso addosso, e c’era così tanta polvere nell’aria. Così tanta che non vedeva nemmeno più le schiene degli altri ragazzi. Ma loro erano sicuramente fuori, le correvano tanto davanti e non avevano nulla che li intralciasse nella corsa.
Però, per Arceus, perché sentiva tutto quel peso addosso? Perché sentiva gli occhi inumidirsi? Era solo qualche sasso, qualche pezzo di pietra che le stava addosso, anche se non sentiva più le gambe e sentiva la schiena bruciarle. E cos’era, sentiva quasi un qualcosa di viscido vicino lo stomaco. Ma c’erano i sassi, non riusciva a vedere nulla.
E le lacrime aumentavano, e lei continuava a pensare che sarebbe andato tutto bene, perché effettivamente il cielo voleva davvero rivederlo, ma più di tutto voleva rivedere Rudy. Perché voleva poterlo passare con lui il resto della sua vita, voleva vederlo invecchiare accanto a sé. Mentre faceva surf e mentre le diceva che avrebbe dovuto essere più elastica, a volte, ma che lui l’amava proprio perché era fatta così.
Poi però venne il buio e Petra, alla fine, smise di pensare a Rudy.

Fuori, correre, palazzi e macerie.
Crys catalogava nella sua mente tutto ciò che attraversavano durante la loro corsa. C’era Groudon lì, era vicino, e lei doveva catturarlo. Ma si trovava sempre a diversi metri sottoterra, sempre troppo lontano. Quindi doveva concentrarsi, correre e guardare ciò che aveva attorno, perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta a scappare. C’erano detriti in terra, e più di una volta Silver l’aveva presa al volo mentre cadeva.
Erano vicini ad una fontana. L’acqua zampillava incontrollata mentre loro si guardavano attorno.
Petra non li aveva seguiti, c’era stato un rumore forte poco dopo essere usciti dall’università, e Petra era tanto, troppo dietro di loro.
Fiammetta respirava a fatica. Aveva inalato troppa polvere durante la fuga, e adesso si sciacquava il viso nel getto della fontana.
Petra non poteva essere morta. Petra era più brava, più forte di lei.
Petra avrebbe sostenuto la sua città fino alla fine. Ma la città crollava e solo il palazzo della Devon, forte dei migliori sistemi di sicurezza, sembrava resistere.
Era caduta in ginocchio, e si sentiva gli occhi umidi. Non le è successo nulla. Se l’avessi trascinata via ce l’avrebbe fatta? Oppure sarei morta anch’io? Pensava a tutto, pensava a niente. La sua mente era piena e vuota contemporaneamente.
Respirava incontrollatamente, presa dal panico.
Si rese conto solo dopo alcuni istanti dell’abbraccio di Crystal.
“Va tutto bene, va tutto bene. Non fermarti, per favore rimettiti in piedi” piangeva anche lei, e che strano suono facevano le sue parole. Non si era resa conto di essere caduta in ginocchio.
Silver era in piedi vicino a loro. Gli occhi scrutavano la città distrutta.
“Non c’è tempo per i pianti, non è ancora tramontato il sole, e sotto quelle macerie c’è gente che ha bisogno di noi”. Parlava in modo atono, e camminava fin troppo lentamente per i suoi standard, ma doveva muoversi, dovevano tutti muoversi.
Fermarsi non era concesso e dovevano tirare la gente fuori dalle macerie.
Continuarono per alcune ore, aiutando i supertsiti, finché non arrivarono i soccorsi, dopodiché, stanchi e psicologicamente distrutti, si avviarono verso la loro meta successiva, il Bosco Petalo sulla strada per Petalipoli.

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