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Capitolo Ventiduesimo - 22

Cani Sciolti



Il sole quel mattino batteva prepotente su Ciclamipoli. Martino si guardava attorno, mentre quella città fantasma stentava a dare segni di vita.
“È ora di pranzo... eppure qui non c’è nessuno”.
Silver lo raggiunse poco dopo. “Sono scappati tutti verso Forestopoli. Credono di essere al sicuro lì”.
“Secondo quale fondamento scientifico?”.
“Non ne ho la più pallida idea e non mi interessa”.
“Solare come un fiore di campo, tu...”.
Fiammetta e Crystal si avvicinarono ai due, proprio davanti al tendone del Centro Pokémon, e si guardarono attorno. Ciclamipoli era ancora in piedi, seppure totalmente svuotata dalla vita dei suoi cittadini, più che giustamente impauriti da una possibile catastrofe.
Avevano camminato parecchio quel mattino, ma dovevano assolutamente raggiungere quanto prima Forestopoli.
“Perché siamo di nuovo a Ciclamipoli?” chiese Fiammetta, con le mani ai fianchi.
“Beh, ci si passa per andare a Forestopoli. Lì dobbiamo incontrare Gold e Marina. Inoltre così ho l’occasione per vedere come sta quel Seviper che ho salvato vicino Brunifoglia”.
“Hai salvato un Seviper?” domandò Martino.
“Sì. Era sotto un grande cumulo di rocce”.
“Bravissima” sorrise il Ranger, guardandosi ancora attorno. Il sole era nascosto dietro alle nuvole, ma faceva ancora parecchio caldo per quel periodo dell’anno. La via era letteralmente sgombra, qualche automobile era parcheggiata qui e lì, molte avevano i vetri sfondati.
Lo sciacallaggio era diventato un problema in quella città. Dopo la loro ultima visita s’era completato lo svuotamento della metropoli, in cui erano rimasti soltanto barboni e persone troppo povere per andare via. Subito dopo erano andate convergere in città particolari tipologie di persone che avevano vandalizzato il tutto, derubato gli scheletri delle case e cominciato a terrorizzare i pochi abitanti autoctoni rimasti.
Molti di questi, arrivati per lo più sulle loro motociclette, erano andati ad abitare abusivamente le palazzine della zona residenziale ad ovest della città.
I ragazzi camminavano lungo il viale che immetteva dalla Pista Ciclabile fino al centro di Ciclamipoli, naturalmente deserto.
O forse no.
Una forte folata di vento preannunciò quello che sembrava essere un gran temporale; esso si stava avvicinando da est, dalle zone del Monte Pira, ombra indefinita in lontananza. Per via del vento alcune ante sbatterono, facendo voltare repentinamente Fiammetta.
“Stai tranquilla” disse calmo Martino. “Avviamoci al Centro Pokémon. È proprio in fondo a questa strada”.
I due si avviarono avanti, parlando del rispettivo passato, mentre Crystal e Silver rimasero soli, quattro o cinque passi indietro.
La ragazza guardò brevemente il viso di Silver: impassibile, gli occhi erano ben aperti, a fissare ogni possibile movimento. I capelli erano smossi ad ogni singolo soffio di vento, portandosi verso il volto, all’altezza delle labbra.
La ragazza sospirò, quindi infilò il braccio sotto al suo e poggiò la testa sulla sua spalla.
“Oi...” gli fece poi.
“Che c’è?”.
“Perché sei ancora arrabbiato con me?”.
“Non sono arrabbiato con te...” sbuffò il ragazzo. “È che stavamo per catturare Groudon e poi è venuta quella ragazza”.
“Non dire bugie, ti conosco e so anche che è per quella situazione...”.
“Se lo sai allora è inutile che domandi”.
“Allora è vero”. Crystal storse le labbra.
“Cosa?”.
“Che sei arrabbiato con me”.
“Che vuoi che ti dica? Che sono felice per il fatto che tu mi abbia lasciato appeso in quel modo?”.
“Non ti ho lasciato appeso! Io...”.
“Come ti pare...”.
“Ti ho chiesto di aspettare, tutto qua”.
Silver non riuscì a celare il sorriso. “Non ha senso...”.
“Cosa non ha senso?!” si crucciò lei.
Lui si girò e la guardò, nei suoi occhi limpidi. “Non ha senso aspettare se entrambi... insomma...”.
“Hai ragione... Ma non voglio che sia soltanto una cosa fisica...”.
“Beh... Nemmeno io...”.
“Perciò vorrei aspettare...”.
“Hai ragione”.
Crystal sorrise e si allungò sulle punte, baciandogli una guancia. Lui seguì il suo sorriso e si girò, dandole un bacio sulle labbra.
Martino si voltò per un attimo, quindi si girò davanti repentino.
“... Si stanno baciando...”.
Fiammetta sorrise, continuando a macinare metri su metri, aggiungendo vari passi a quelli che già aveva poggiato sul suolo. “Lasciali stare”.
“Dovremmo adeguarci a loro, di questo passo” fece annuendo il Ranger. Repentina fu la risata di Fiammetta, che spintonò Martino.
“Sono anticonformista”.

Marina in quel momento aveva mille pensieri.
Primo tra tutti era quello di preservare la sua vita, dato che era in picchiata verso lo scrigno blu, attorno al Monte Pira. La cima stava crollando alle sue spalle, si stava lasciando andare anch’essa verso il mare, seguendo i ragazzi. Se Gold e Marina non avessero preso gli scogli al di sotto della montagna probabilmente sarebbero stati schiacciati dai massi e dai grossi faldoni di roccia che crollavano a causa del terremoto.
Il secondo pensiero andava a Gold, quel maledetto bamboccione oppure quel bamboccione maledetto, non faceva differenza. Se ne stava esanime e sofferente mentre precipitava dalla scogliera. Non avrebbe dovuto perdere di nuovo il sacchetto che lo proteggeva dalla macumba, altrimenti sarebbero stati guai davvero. Inoltre doveva preservare anche la sua di vita, e questa le sembrava la cosa più complicata.
Terza cosa, c’era il piccolo Vulpix. Probabilmente sarebbe andato fuori combattimento una volta immerso in quel grande quantitativo d’acqua a quella velocità, ma era il problema minore, protetto nello zaino di Gold.
Il vento attraversava i loro capelli, Gold aveva perso il berretto durante la picchiata e presentava la solita capigliatura spettinata.
“Dannata mammoletta! Svegliati!” urlava Marina, stringendo la mano del ragazzo dagli occhi d’oro.
L’impatto con l’acqua sarebbe stato tremendo se non avessero attuato la giusta posizione. Tirò il corpo di Gold a sé e gli si avvinghiò addosso. Gli dispose le mani in alto, sulla testa e pregò Arceus che tutto andasse per il verso giusto, quindi, a pochi metri dall’acqua, si dispose nello stesso modo.
E poi successe.
I loro corpi infransero la superficie dell’acqua, normalmente trasparente, quel giorno nera per via del cielo riflesso, dello stesso colore. Un altro tuono ricadde da qualche parte, ma Marina in quel momento era intenta a riprendere coscienza dopo il piccolo shock del contatto con l’acqua gelata.
Gold... Dov’è Gold?
Spalancò gli occhi e mosse le braccia. Niente le doleva, era tutto a posto.
Nel buio più che totale, in quel silenzio disturbato soltanto dalla pioggia che si abbatteva come una sassaiola sull’acqua, Marina scorgeva figure scure che si muovevano rapidamente.
Doveva trovare Gold.
Poi un luccichio dorato attirò la sua attenzione. Un debole raggio di luce si riflesse negli occhi del ragazzo, incosciente.
Gold. Devo salvare Gold.
Poi si voltò. La borsa affondava e con essa il piccolo Vulpix. Ora era in seria difficoltà.
Che fare? Chi salvare?
Gold. Devo salvare Gold. Era questo che continuava a ripeterle il suo subconscio, mentre la sua volontà era quella di non lasciarsi morti sulla coscienza.
L’ossigeno stava finendo, i polmoni bruciavano e intanto la pioggia colpiva la superficie sulla sua testa come proiettili.
Ma un altro rumore stava riempiendo lentamente la massa densa d’acqua che li circondava: il canto di una sirena.
La sua coda brillava di mille colori ed il corpo lungo e affusolato attraversava l’acqua marina con estrema facilità.
Milotic...
Marina controllò lo stato dello Styler, distrutto dall’impatto con l’acqua, con il risultato che non poteva catturarlo.
Tu ci devi salvare la vita.
Lo sguardo rapidamente ballava da un punto all’altro, da Milotic alla superficie, venti metri più in alto.
Aveva bisogno di respirare, necessitava di ossigeno, Marina, ma doveva salvare Gold e Vulpix. Poi
Milotic si voltò immediatamente verso il Ranger, nuotando veloce verso di lei. Sembrava aver capito le intenzioni della ragazza e le passò accanto, permettendole di afferrare il collo lungo ed affusolato.
Lo zaino scendeva sempre più a picco, verso le acque nere; piccole bollicine lo abbandonavano, salendo verso l’alto.
Se nel mare non ci fosse stata acqua ma vento, le sue lacrime sarebbero state strappate dalle lunghe ciglia davanti quegli occhi color nocciola. Era contro la sua natura lasciar qualcuno a morire.
Non poteva.
Strinse il collo di Milotic, a pochi metri dalla superficie ed indicò la lontana figura dello zaino che sprofondava negli abissi. Milotic sembrò non curarsene, si avvicinò a Gold e vide Marina lasciare la presa. Afferrò Gold per la felpa e prese a nuotare verso l’alto, molto ma molto lentamente, rallentata dal peso del ragazzo e dai vestiti bagnati che sembravano opporsi alla risalita.
I polmoni bruciavano, gli occhi anche ma doveva arrivare in alto, dove la pioggia avrebbe colpito le loro teste.
Gold pesava; era zavorra che riusciva lentamente a portare verso la superficie, ma non abbastanza quanto le bastava.
Restavano ancora una decina di metri, forse meno, le forze continuavano a disperdersi ed i polmoni sembravano esplodere. Davanti agli occhi solo quel blu scuro, così sfumato nel nero, e le bollicine che provenivano dalle bocche dei due.
Sentiva il canto di Milotic, secondo solo al battito incessante del suo cuore, le rimbombava nei padiglioni auricolari e nelle tempie e ad un certo punto gli occhi si chiusero e la bocca si aprì.
Solo il canto di Milotic e poi più niente, lo scrigno blu era sparito quando i suoi occhi si erano chiusi.

“Infermiera...”.
“Crystal, giusto?”.
I ragazzi erano entrati nella tenda medica al di fuori del centro medico. Lì due Fantallenatori sostavano in silenzio, guardando con attenzione tutto ciò che accadeva.
Martino li guardava fisso, l’infermiera aveva notato la cosa.
“Sono due allenatori professionisti. Sono dei volontari che vogliono preservare la sicurezza della zona est della città. Da quando c’è stato l’esodo, qui a Ciclamipoli lo sciacallaggio ed il vandalismo sono cresciuti a dismisura...”.
“Sono allenatori?” chiese Silver.
L’infermiera annuì. “In ogni caso siete passati qui per il Seviper, giusto?”.
Crystal sorrise e fece cenno di sì, alché la donna in camice si voltò, prese una sfera e la poggiò con delicatezza sul bancone di legno che la divideva dai ragazzi.
“Ecco qui. Era conciato parecchio male ma ora sta benone. Ha bisogno di strisciare e di fare esercizio, quindi fatelo stare il più tempo possibile fuori dalla sfera”.
“Quindi dovremo girare con questo pitone attorno?!” esclamò Fiammetta.
“Ah, ok, grazie!” sorrise Crystal, brandendo la sfera dal banco. Fece per voltarsi e vide Fiammetta parlare con i due Fantallenatori.
“Dei vandali stanno dando problemi?” chiese.
“Sì... La notte scorsa sono entrati nell’edificio vuoto dell’infermeria ed hanno strappato persino i cavi dal muro...”.
“Santo cielo... Devono essere fermati!” s’allarmò la rossa.
“Beh, sono giorni che ci stiamo provando, ma...”.
“Ci riusciremo! Andiamo Martino!” fece, prendendo per mano il Ranger e trascinandolo fuori.
“Che temperamento!” sorrise leggermente l’infermiera.
“Beh... Noi andiamo”. Crystal ringraziò ed uscì fuori.
Una volta che Silver ebbe attraversato la soglia vide Crystal far uscire Seviper dalla sfera ed avvicinarvisi.
“Ciao...” fece. Carezzò la pelle squamosa dell’enorme Pokémon. Questo guardava attentamente la sua allenatrice, con la lingua che pendeva dalle fauci.
Silver sorrise e guardò Martino e Fiammetta allontanarsi. Infilò le mani in tasca e si poggiò al muro di un palazzo pericolante a qualche passo dalla ragazza. La vedeva carezzare il Pokémon con amore, sorridere, le labbra rosee e tese a mostrare quel sorriso candido. Gli occhi celesti erano illuminati dalla vista del Pokémon mentre qualche capello le cadeva davanti allo sguardo e lei lo spostava con quelle mani piccole e sottili.
“Sei bella...”
Lei si voltò sorridente, quindi arrossì ed abbassò lo sguardo.

Martino era fin troppo rilassato: fischiettava tranquillo con le mani in tasca mentre calciava un ciottolo in avanti.
Fiammetta era irritata.
“La finisci?!”.
“Che c’è?!”.
“Basta fischiare”.
“Uff... A te non va mai bene niente! Piuttosto, i tuoi Pokémon sono pronti?”.
“Certo che sono pronti!” esclamò energica Fiammetta.
Il cielo era ormai di un grigio uniforme. Le nuvole non erano nemmeno definite, sembrava che quell’ammasso d’ovatta sporca potesse crollare di lì a poco.
“Come sei diventata Capopalestra?” chiese poi il Ranger.
Fiammetta lo guardò sorpresa, non aspettandosi questa domanda.
“Nonno... Lui era Capopalestra di Cuordilava prima di me. Poi è diventato vecchio e stanco. Mi guardò negli occhi e, prendendomi per mano mi disse che rivedeva in me la scintilla che aveva cominciato a bruciargli nel cuore. Fu una cosa bellissima per me”.
“Wow...”.
“Già, wow, Martino. Mi sono sentita al settimo cielo. Ma ero troppo giovane e l’inesperienza portò le persone di Cuordilava a non impazzire di gioia per me; questo naturalmente non mi aiutò. Poi successe quel fattaccio con il Team Idro, anni fa, e la cosa mi aiutò un po’, a livello d’autostima. Da lì ho cominciato a costruire ciò che sono oggi, ma spesso ricado in quella bara di depressione che... Bah, meglio non pensarci!” terminò facendo un gesto con la mano, come se spingesse lontano i cattivi pensieri.
Le prima gocce di pioggia presero a cadere sulle loro teste. Ciclamipoli era praticamente diventata grigia.
Accumularono pochi passi, l’uno dietro l’altro, quindi uno scricchiolio sinistro li fece voltare. Un vociare sommesso si sentiva in lontananza ed aumentava gradualmente.
Quando i due si girarono di nuovo si trovarono davanti, con estrema sorpresa, un branco di teppisti.
Tra uomini e donne, erano più di quindici gli aggressori.
Martino si guardò attorno. Nessun movimento, guardò il volto di Fiammetta, più stupito che altro. Mosse un passo avanti, poi si voltò indietro, cercando di scrutare, inutilmente Silver e Crystal.
Erano soli e tra i due solo la rossa possedeva dei Pokémon.
Un giovane avanzò smargiasso verso i due, con un ghigno sul volto.
Indossava pantaloni e giubbino di pelle, grossi stivaloni neri ed una maglietta bianca con su disegnato il logo dei Van Halen. Il volto era magro, gli occhi scavati con grosse occhiaie e portava una strana capigliatura: una cresta in stile moicano, color verde acqua.
Ghignava. “Cielo... Sei un Ranger?” disse sorridente, in maniera derisoria.
Fiammetta guardò Martino per un momento ed inarcò un sopracciglio, vogliosa di vedere come avrebbe reagito. Piazzò intanto una mano su di una Pokéball.
“Già. E voi siete i vandali che stanno distruggendo tutto?”.
“Non stiamo distruggendo nulla. Noi stiamo conquistando Ciclamipoli”.
Martino sorrise. “E così saresti un conquistatore?!”.
“Esatto, mettiamola così. E a me piace l’aggeggino che hai al polso, il tuo Styler. Me lo fai provare?”.
 “Sì, e dopo ti do anche tutti i soldi che ho, che ne pensi?” fece sorridendo, guardando Fiammetta. Ritornò a fissare la schiera che aveva di fronte e sospirò. “Hai un po’ di sale in zucca?”.
“Io sì, ma ho dubbi su di te. Perché non mi fai vedere?” chiese quello in nero.
“E me lo chiedi senza nemmeno avermi portato fuori una volta? Gli uomini di oggi hanno perso lo spirito d’iniziativa con le donne, è proprio vero: non sanno più corteggiare”. Sorrise e si voltò verso Fiammetta. “Tutta colpa vostra e di questa fame che avete! Saltate addosso agli uomini e nessuno sa più come fare quando si trovano davanti una signora per bene come me!”. Urlò stizzito e diede una spinta ad una Fiammetta divertita e sorridente.
“Hai voglia di scherzare, contanelli?!” urlò quello.
“Hai ragione, ciccio, perdonami... Come ti chiami?”.
“Io sono Mohawk, generale dei Sevii Bikers!”.
“Siete militarizzati?!”.
Mohawk sorrise, guardando una ragazza vestita in maniera fin troppo succinta per quei periodi. Aveva i capelli fucsia, i piercing alle orecchie ed al naso e masticava una gomma con il volto indifferente. “Sentito, Sonrisa, crede di prenderci per il culo... Beh. Vediamo un po’ cosa ne pensi se ti faccio conoscere il mio amico Exploud!”.
Davanti a lui si presentò quest’enorme esemplare: la bocca era spalancata, l’alito pestilenziale. Gli occhi erano enormi, rossi, mentre dalla sua testa spuntavano enormi escrescenze tubolari.
“Sentiamo se la musica adesso cambia!” rimbeccò di nuovo.
Martino si voltò per un attimo, cercando disperatamente qualche Pokémon da catturare con lo Styler, ma invano. Fiammetta lo vide e gli mise una mano sulla spalla.
“Lascia fare a me”.
Fece un passo avanti, lentamente. Gli occhi di tutti quei metallari le si erano puntati addosso.
“È Fiammetta!” urlò qualcuno dalle retrovie.
Mohawk sorrise, voltandosi per un momento, poi tornò a squadrare la donna che aveva davanti.
“Bene, allora vincerò la mia prima medaglia in palestra!” urlò, partendo a ridere in modo sguaiato, seguito a ruota dai suoi scagnozzi.
Fiammetta abbassò per un momento lo sguardo. Doveva riuscire a vincere quella sfida, non avrebbe potuto permettersi uno sconfitta.
“Ce la farai...” disse Martino.
“Sì! Vai Camerupt!”.

 

Angolo di un autore ubriaco la maggior parte delle volte:
Neanche oggi sono ciucco. Ma stasera birretta in compagnia (perché non sono né uno sbirro né una spia) e cerchiamo di dimenticare questo brutto freddo.
Niente, volevo semplicemente ringraziare tutte le persone che hanno letto e recensito questa storia fino ad ora e volevo comunicare che è su EFP il primo progetto dei Soulwriters, The Artist: Painted Pictures, una long abbastanza corta (sette, otto capitoli), scritta da me e Vespus.
Già è stato pubblicato il prologo (che vede per altro la presenza di alcuni personaggi che chi ha letto questa storia conosce bene) mentre il 7 dicembre uscirà il primo effettivo (e mielosissimo) primo capitolo, quindi fatemi sapere cosa ne pensate.
Ringrazio per l'attenzione, continuate a seguirci su questi canali!
Andy

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