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Capitolo Ventunesimo - 21

Salve a tutti. Pc non funziona ed Andy aggiusta, quindi eccomi qui con un giorno di ritardo. Meglio di niente, no?
Allora, inutile dirvi che la saga di Diamond, Pearl e Platina è cominciata nel migliore dei modi su Pokémon Adventures ITA, quindi correte a leggere questa nuovissima, straordinaria avventura.
Poi.
Io e il mio fratellino Vespus abbiamo cominciato a scrivere una breve che pubblicheremo sul profilo dei Soulwriters, oltre che su questo blog, probabilmente uscirà a fine mese o giù di lì.
Cerchiamo di rendere le uscite un po' più omogenee, anche perché mettere d'accordo tante teste (non dico di cosa) non è per nulla semplice.
Quindi Pokémon Courage cerca di stare sul pezzo, di dare ai lettori sempre una cosa nuova da leggere.
Tipo Hoenn's Crysis. Siamo arrivati finalmente ad un capitolo molto forte! Vediamo cosa succederà sulla vetta del Monte Pira!
Per il resto... Beh...

Stay Ready!

Go!

Andy Black



Pulse



Marina era seriamente provata. Necessitava di riposo, di quello buono, di quello di qualità. Anche perché era lì solamente da poche ore ed Hoenn l’aveva già sopraffatta con i suoi problemi. La pioggia e la nebbia, anche la natura le si era messa contro.
Naturalmente oltre che quella manica di pirati di basso rango, violenti e potenzialmente psicopatici.
La vetta del Monte Pira era a praticamente una scalinata di distanza. Christine giaceva per terra, ad un paio di metri dal gruppo dei “buoni”, formato dai due vestiti di scuro, quelli con la M rossa per intenderci, e da Gold e Marina. Guardava Gold con occhi sbarrati, come se avesse visto un fantasma.
“Tu dovresti essere morto...” fece. Forse si mise anche il freddo, ma era chiaro che il suo labbro tremasse involontariamente.
Il ragazzo dagli occhi dorati, che aveva spostato la sua attenzione verso gli avvenimenti della cima del cimitero, girò di nuovo la faccia, in direzione della bionda.
“Se solo fossi una donna... adesso ti avrei ucciso...”.
Marina prese il polso del ragazzo, tirandolo indietro. Videro poi Christine mettersi in piedi, molto lentamente.
“I-io... Come hai fatto?”.
“Ester, te lo ripeto. Lei mi ha dato questo sacchetto...”.
“Non ti servirà a nulla chiedere i motivi e le cause, brutta battona” fece poi tranquilla Zoe, avvicinandosi minacciosa.
“Stai lontana!” urlò furibonda Christine, impaurita e disarmata. Le sue Pokéball erano nel cinturone, perso chissà dove nell’erba alta dopo il trattamento speciale di Gold.
“Non aver paura” ghignò la mora.
“Stai lontana!” le lacrime continuavano a sgorgare dagli occhi della bionda, quasi mostrava i canini durante le sue urla.
A nulla valsero però quelle urla. La forte Zoe le si avventò addosso, tirandole un calcio basso che la fece cadere di nuovo per terra. Subito dopo le si gettò addosso, bloccandole un braccio dietro la schiena e spingendole in volto nell’erba bagnata.
“Ti sei messa di nuovo davanti ai nostri piedi, carina... grave errore!”. Zoe colpì con un pugno il capo della ragazza, con il risultato che perse conoscenza quasi subito.
“Un problema in meno” sentenziò poi, sotto gli occhi sconvolti di Gold e Marina. “Frank, prendila sulle spalle e portala su. Ora tocca a Xander!” ringhiò alla fine.
“Esattamente!” la seguì Gold cominciando a correre verso la grande scalinata che divideva la Vetta dal resto della montagna.
“Mi piace lo spirito di questo ragazzo! Andiamo!”.
Marina era preoccupata. Stringeva il piccolo Vulpix con il braccio mentre cercava di donargli un po’ del suo calore corporeo. Non voleva assolutamente catturarlo, lo avrebbe rilasciato in libertà, come avrebbe fatto sicuramente con tutti i Pokémon Spettro che la seguivano, acciuffati con lo Styler in precedenza.
Gli scalini erano di pietra opaca grigia che con il tempo aveva finito per ingiallirsi. Rivoli d’acqua scendevano lemmi verso il basso, perdendosi ai lati, negli spiazzi erbosi.
Zoe raggiunse velocemente Gold, adeguando il passo. “Come ti chiami e che rango sei? Non ti ho mai visto prima”.
“Sono qui per distruggere Xander e Christine. E poi di che rango stai parlando?”.
“Uhm... Sai chi è Ivan?”.
“Ho detto di no” chiuse lui, determinato.
“Stai calmo, altrimenti fai la fine della biondina”.
Gold non rispose, continuando a salire con velocità gli scalini, mosso dalla voglia di conoscere cosa celassero tutte le urla e le esplosioni.
Zoe lo guardava curiosa, annotando mentalmente tutti i dettagli di quel viso duro e spigoloso.
Per prima cosa segnò quegli occhi dorati, due vere lanterne nel buio stralunato di quella mattina.
E poi le labbra carnose. Aveva i capelli neri e bagnati, al di sotto del cappuccio e del new era ed era alto e magro.
Aveva il fisico adatto per diventare una recluta, senza contare la determinazione che stava dimostrando di avere.
“Che ti hanno fatto, Xander e Christine?”.
Lui si voltò per un momento e la guardò, fermandosi. Abbassò la zip di qualche centimetro e tirò giù il collo della maglietta, mostrando parte del petto: venature nere si muovevano come dita lunghe e sottili di una grande mano sul suo petto.
“Christine mi ha fatto questo... E mi fa male. Xander invece vuole ammazzare e fare del male, e queste cose non mi piacciono”.
“Sei un... eroe?” chiese allora, curiosa, la ragazza dai capelli neri.
Gold la squadrò ancora meglio, sorridendole. “Eroe? Se vuoi chiamarmi così fallo pure. In fondo voglio solo che la gente stia bene e combatto per loro”.
“Quindi loro che vogliono sommergere la terra sono...”.
“Sono il male, figlia di Bruce Lee”.
“Come, prego?”.
“Hai fatto dei watatà yoooo tàààà incredibili contro quella battona blu, devi per forza essere la figlia di Bruce Lee”.
Zoe sorrise, quindi aumentò il passo. L’orizzonte era scuro, proprio come il cielo sulle loro teste, quel cielo che piangeva.
Delle voci cominciavano a raggiungerli, attirando la loro attenzione.
“Eccoli” si limitò a dire Zoe. Fu questione di due secondi, si fermò, si voltò indietro per attestare a quanta distanza fosse Frank assieme alla ragazza che non conosceva, quella che manteneva quel piccolo esemplare di Vulpix.
Gold salì gli ultimi due scalini, abbeverandosi della vista della vetta.

Il pavimento della vetta era rivestito con delle mattonelle di marmo, in cui piccole pozze d’acqua si erano formate a causa della pioggia battente. Macchie d’erba crescevano lungo la superficie di rivestimento, spaccando la pietra, in quel momento calpestata da due persone.
Uno dei due era Xander, il pirata. In mano una Ultraball da cui ritmicamente cadeva qualche goccia di pioggia che gli si poggiava sulle mani e scivolava verso il basso, per poi tuffarsi in una delle tante pozzanghere.
Manteneva quello sguardo da folle, gli occhi spalancati ed il ghigno malefico. Davanti a lui un esemplare stupendo di Crawdaunt apriva e chiudeva le pinze freneticamente, cercando di intimorire il suo avversario, un Houndoom dalle lunghe corna e dai canini in vista.
Ringhiava quest’ultimo, pronto a recepire repentinamente il primo ordine che passasse nella testa del suo allenatore; questo, vestito nello stesso modo di Zoe e di Frank, sostava lì, a braccia conserte. Il volto delicato era tranquillo, quasi sorridente. Dal cappuccio fuoriusciva qualche ciuffo biondo.
Gold lo vide voltarsi in direzione degli avventori. Sorrise a Zoe.
Lei lo raggiunse e lo strinse alla vita, dandogli un bacio sulle labbra, dolce e leggero, ad occhi chiusi.
“Come siete carini tu e la tua stupida puttanella! Ma vi farò ingoiare le ossa dei vostri Pokémon! È una promessa!” urlò Xander.
“Andy...” sospirò Zoe, guardando poi l’avversario.
“Con Christine?”.
Frank poggiò in quel momento il corpo della bionda svenuta su di un morbido cumulo d’erba bagnata, sotto gli occhi dei Magmatenenti. Il biondo guardò Xander, e sorrise delicatamente, limitandosi a piegare un lembo delle labbra.
“Il prossimo sarai tu...”.
“Che cazzo dici?! Sarai tu ad essere annientato! Crawdaunt, voglio che tu lo distrugga con Martellata!”.
“Houndoom, sul lato!”.
L’attacco dell’enorme crostaceo si schiantò per terra, alzando acqua e terreno, mentre il canide rotolò verso destra.
Gold osservò per un attimo la battaglia prima che un altro dettaglio rapisse la sua attenzione: tre metri oltre i contendenti c’era un altare in pietra, che malcelava una coppia di anziani.
Lui manteneva una sfera blu, lei una sfera rossa. Il vecchietto non era più alto di un metro e settanta, i capelli radi, bianchi come la barba che, al contrario, era rigogliosa e lunga. La pelle del viso cadeva pesante verso il basso, gli occhi erano piccoli, nascosti dietro un paio di spesse lenti da vista. La signora, invece, aveva una lunga treccia candida, il naso piccolo e schiacciato e gli occhi azzurri. Entrambi erano nascosti a meno di un metro dal precipizio.
Gold però non capiva bene cosa stesse succedendo.
“Houndoom, usa Ripicca!” esclamò fiero Andy. Il Pokémon Buio - Fuoco lanciò un’aura nera verso l’avversario, che l’assorbì come una spugna per poi subirne i danni emettendo uno strano verso, accovacciandosi sul prato.
“Crawdaunt, rialzati! Dobbiamo massacrarli! Forza con Idropompa!”
Il crostaceo eseguì l’ordine, rimettendosi subito in piedi utilizzando la coda ossuta per mantenere l’equilibrio; successivamente dalla sua bocca partì forte e veloce una colonna d’acqua che colpì in pieno l’avversario.
“Houndoom!”.
“Proviamo ancora ad utilizzare Martellata!”.
Crawdaunt si gettò veloce sulla preda, ma Andy fu più rapido a dare il suo ordine. “Schiva ancora! A destra!”.
Eseguito alla perfezione: ancora Houndoom che rotola verso destra, ancora Crawdaunt che infrange l’acqua delle pozzanghere, colpendo con violenza il terreno.
“Con l’altra chela spazza!”.
“Salta ancora!”.
Gold rimase sbalordito dalla reattività del Pokémon di Andy: saltò velocemente, portandosi alle spalle dell’avversario.
“Ora vai con Fulmindenti!”.
In quel momento la coda di Crawdaunt sbatteva per terra, proprio davanti al muso di Houndoom, e non gli ci volle molto per attaccarlo proprio lì. Crawdaunt si voltò poi, velocemente, ma fu quando Xander afferrò un grosso sasso e lo lanciò contro la testa del Pokémon avversario che gli venne automatico aprire la grossa chela ed infilare la testa di Houndoom dentro.
“Proprio ciò che volevo! Ghigliottina!”.
La chela si chiuse con forza, accompagnata da un rumore di ossa rotte. Il sangue che uscì dal collo di Houndoom, rosso vermiglio, andò a diluirsi nell’acqua sporca della pioggia stagnante sul marmo, riducendosi in piccoli rivoletti che scendevano lungo il pendio ad ovest della montagna. La testa del Pokémon giaceva pochi centimetri accanto al corpo morto.
“Houndoom!” urlò sbalordito Andy, correndo verso i resti del suo Pokémon. “No! Xander, grande figlio di puttana! La pagherai con la vita!”. S’accasciò verso ciò che rimaneva del Pokémon
Gold assistette basito alla scena, un po’ come tutti. Nessuno si aspettava che un allenatore, malvagio o meno che fosse, potesse ordinare la morte di un Pokémon avversario per semplice fame di potere.
“Tu sei uno psicopatico! Hai ammazzato un Pokémon, Xander!” esclamò Gold
Marina osservava il tutto silenziosamente. La cosa l’aveva letteralmente scioccata, ogni volta che si ritrovava davanti a quell’uomo doveva somministrarsi dosi di violenza senza senso in quel contesto, in maniera esagerata. Aveva già visto Pokémon morire, ma quell’esecuzione era la prima volta che gli si parava davanti agli occhi. Le venne automatico stringere Vulpix ancora più forte, per proteggerla.
Xander si voltò verso Gold, come se non lo avesse mai visto. Poi inarcò leggermente un sopracciglio e sospirò. “Sei ancora vivo, stupido sacco di merda?! Christine avrebbe dovuto farti fuori stamattina!”.
“Duro a morire, la mia vita vale più di quella degli altri e difficilmente la perdo”.
“Ora non mi interessa ammazzare te! Ora mi interessano loro...” disse, voltando la testa verso i due anziani.
Immediatamente dalla scalinata apparvero decine di uomini, tutti vestiti come Xander e Christine, che ancora giaceva per terra. Accerchiarono chiunque non avesse la divisa del Team Idro, pronti a riempirli di manganellate.
“Appena in tempo” ghignò Xander.
“Dobbiamo andare via!” urlò Zoe, tirando Andy per il braccio. Il biondo continuava a guardare impotente il corpo del suo Pokémon, mentre decine di guardie stavano per avvicinarsi con il lecito intento di spaccargli le ossa del cranio. Fu un attimo, guardò Zoe ed interpretò le sue parole, quindi guardò Xander. “Ti ucciderò”.
Poi assieme a Zoe e Frank saltarono nel vuoto, per vederli infine volare lontani verso l’orizzonte buio sui loro Swellow.
“Voglio che dieci di voi inseguano quelle persone e tornino solo quando i loro colli e le loro teste non saranno più uniti. Altri cinque di voi si devono occupare di trasportare Christine alla base... Zoe, quella lurida stronza, l’ha conciata per le feste poverina. E gli altri mantengano quei due fermi e...”.
Marina s’attivò prima ancora di Gold.
“Il primo che osa avvicinarsi se la vedrà con tutti questi Pokémon Spettro”.
“E con le suole delle mie L.A. Trainer!” aggiunse il corvino.
Tuttavia un manico di coraggiosi si avvicinò lentamente verso il Dexholder ed il Ranger, titubando. Xander ghignò soddisfatto. Mosse pochi passi verso il centro, calciando con forza i resti del corpo di Houndoom, sporcando di sangue gli stivali.
Non sembrava interessargli. Salì poi gli ultimi scalini che lo divideva dai due anziani, fermandosi davanti all’altare.
I due anziani si nascondevano dietro il suo marmo ingiallito, nel vano tentativo di proteggere le sfere.
Xander prese una mazza di ferro che aveva legata alla schiena e con forza colpì l’ara quattro volte, sufficienti per distruggerlo. I suoi occhi erano spiritati, mostrava i canini ed una rabbia senza eguali mentre s’accaniva. Acqua e sudore si univano sulla sua fronte e scivolavano giù, tuffandosi infine dal mento.
Quando concluse l’ennesimo scempio della giornata si rese conto di non avere più barriere tra sé ed i vecchietti.
“Ora, datemi le sfere” fece calmo.
La donna era ormai in preda ad una crisi di pianto, mentre l’uomo cercava di mantenere invano la calma.
“N-no...” fece quello. La voce graffiata ed incerta per via della paura e della stanchezza ebbero soltanto l’effetto di far sorridere Xander.
“Voi dovete consegnarmi le sfere, oppure Kyogre distruggerà tutto fino a quando non incontrerà Groudon. E voi sapete cosa succederà quando Kyogre e Groudon si incontreranno di nuovo, vero?”.
“Preferisco che quei due s’incontrino piuttosto che consegnarti le sfere per il controllo dei leggendari”.
“Ma perché è così difficile questo lavoro?! Noi amiamo il mare, l’umanità deve essere cancellata! E per fare questo è Kyogre ciò di cui abbiamo bisogno!”.
Una lacrima scese sulla guancia rugosa del vetusto anziano.
Xander alzò con la mano destra la pesante mazza di ferro, quindi inarcò il sopracciglio.
“Preferisci davvero che ti spacchi le ossa piuttosto che consegnarmi la sfera che custodisci gelosamente?”.
Il vecchio titubò. “Dimmi un solo motivo per cui dovrei darti la sfera senza poi pentirmene”.
“In effetti moriresti lo stesso”.
Detto ciò abbassò con violenza la mazza, spaccando il cranio del vecchio come se fosse legno marcio. La moglie, pochi centimetri dietro le sue spalle, emise l’ennesimo urlo. Gold lo riconobbe, stringendo i denti per limitare le parole; quell’urlo era fratello agli altri che aveva sentito.
Il corpo del vecchio ora giaceva ai piedi di Xander. La Sfera Rossa, precedentemente stretta nelle mani di quello, adesso rotolava lentamente in direzione degli stivaloni di Xander. Lui, sempre col sorriso largo, si piegò un attimo per raccoglierla e la mise in un sacchetto di velluto che legò alla cintura.
Il suo sguardo poi si alzò verso la donna anziana. Stessa luce sanguinaria nelle pupille, stesso sorriso ampio.
“Non è possibile...” sussurrò Marina, guardando tutta la scena, attenta che gli scagnozzi in blu non si avvicinassero troppo. A quelle parole, l’istinto d’autoconservazione di Gold svanì. Si svincolò dal gruppone con uno scatto repentino, saltò i due gradini che immettevano nella zona dell’altare e, pronto a colpire, effettuò un gran balzo, quando venne letteralmente placcato da un armadio con le gambe. Questo intercettò Gold tuffandosi su di lui e sbattendolo, nell’atterraggio, contro le mattonelle di marmo. Prese quindi a colpirlo con pugni sul volto e sul petto.
“No! Gold!” Marina fece per muoversi e subito tre scagnozzi gli si gettarono addosso. “Duskull, Shuppet! Usato Malosguardo!”.
I due Pokémon illuminarono i loro occhi, ipnotizzando i tirapiedi. Altri due Shuppet e tre Duskull la seguivano, ma un’altra manica di cattivi le si parò davanti.
“Staraptor! Aiutaci!”.
Dal nulla apparve il Pokémon Uccello, che si gettò veloce sugli avversari, mettendone a terra un paio.
“Che diamine...” Xander fu per un attimo distratto dal baccano e si girò, sorpreso. Il suo pupillo, Boner, stava prendendo a pugni il ragazzo fastidioso mentre una ragazza magrissima stava tenendo testa a più di quindici scagnozzi. Guardò per un attimo il volto contrito di Boner che, prima di dare un pugno sul volto all’avversario ne riceveva uno altrettanto forte. Aveva il volto squadrato, i capelli neri corti, tenuti su con un codino alto.
“Lui è a terra, Boner! La minaccia è lei! La minaccia è la donna!” urlò furibondo. Poi si voltò, sospirando. “Le donne sono sempre la minaccia... Ma andiamo avanti. Signora...” Xander porse semplicemente il palmo alla signora. Lei lo guardò titubante, con il volto pesante distrutto dal pianto. Il singhiozzo s’alternava ai suoi ansimi.
“Perché?” chiese, con un filo di voce.
“Perché? Signora, al giorno d’oggi non si può sempre stare fermi e restare neutrali. Oggi bisogna schierarsi. Già, perché è in corso una guerra, la terra contro il mare. Le moderne tecnologie sono in grado di sfruttare la potenza di Pokémon come Kyogre e Groudon per aumentare la superficie terrestre. O per diminuirla... Innalzando il livello del mare possiamo garantire un habitat maggiore e più sicuro per tutti i Pokémon acquatici. Lei sa che noi tutti deriviamo dal mare?”
La signora schiuse le labbra, sottili e macchiate dal tempo, mentre pioggia e lacrime s’incanalavano nei solchi rugosi intagliati sul suo viso.
“Da organismi pluricellulari ad esseri umani. Noi siamo nati nell’acqua ed è lì che dovremo tornare! Dobbiamo riunirci al nostro elemento. Maggiore sarà il mare e maggiore dovrà essere il nostro spirito d’adattamento, atto a creare una nuova forma di vita! Saremo gli uomini del domani, se mi consegna la Sfera Blu!” esclamò Xander, con l’ambizione ed il desiderio a muovere la sua voce, a spalancargli gli occhi, proiettori azzurri di una realtà che avrebbe voluto realizzare.
“Ma c’è anche chi non è pronto al cambiamento e cerca di ostacolare il progredire della razza umana. Immagini che bello a creare città sottomarine, ad esplorare fondali bui e celati ancora dal mistero... Immagini quanti tesori potremmo trovare. Chi qui, sulla terraferma, era considerato uno straccione, un poveraccio, potrà provare a rivalutare la propria esistenza, potrebbe arricchirsi. Lo scenario è idilliaco, la prego, ne convenga, ma c’è qualcuno che vi attenta. E lei deve decidere se stare dalla nostra parte o da quella dei cattivi...”
La donna stringeva al petto la Sfera Blu con entrambe le mani, aprendo e chiudendo compulsivamente le palpebre. Il respiro era irregolare, il debole cuore pareva scoppiarle nel petto.
“È con me? O...” Xander si voltò verso Gold, puntando la mazza contro di lui. “...o con loro?”
Le labbra della donna tremavano ma sembrava che il discorso del ragazzo avesse attutito il pianto.
“Non gliela consegni!” urlò Marina. “Non gli dia la sfera!”
“Non le dia ascolto! Mi dia la sfera!”
La signora si vide convinta dalle minacce dell’uomo, alto e forte, e gli poggiò delicatamente la sfera tra le mani.
“No!” esclamò Marina. “Gold! Fa qualcosa!”. Marina poggiò delicatamente Vulpix sull’erba, quindi si guardò attorno, valutando le opzioni.
“Marina...” sussurrò quello, alzandosi lentamente, confuso ed ammaccato per la scazzottata. “Non... non...”
“Gold!”
“... È lì...” disse il giovane, prima di svenire nuovamente. Puntò il dito verso sud. Lo sguardo di Marina fu trascinato dal ragazzo al suo dito, infine al sacchetto che avrebbe dovuto portare al collo a pochi metri di distanza, poggiato sull’erba morbida.
“Gold! Pokémon, aiutatemi!” fece, riferendosi ai tipi Spettro che aveva attorno. Quelli s’avventarono sui manigoldi restanti che, vedendosi assaliti, presero ad urlare terrorizzati. Gli scagnozzi che erano un po’ più indietro fecero scendere in campo i propri Pokémon. Marina vide un paio di Crawdaunt, degli Zigzagoon ed un Linoone.
Marina s’avventò sul sacchetto; era in grado di vedere scie nere attorno ad esse, alcune provenivano dal corpo morto di Houndoom. Corse velocemente verso Gold e glielo poggiò sul petto. Intanto Xander rideva.
“Sì! La Sfera Blu è nelle mie mani!”. Sghignazzava proprio come un ossesso, tanto che la vecchietta si stupì di quanto potesse esser bipolare quel ragazzo. I suoi occhi, che per un momento erano stati vestiti di una calma convinzione, data dall’obbligo di convincimento che stava tessendo in quel momento all’interno della coscienza della signora anziana.
C’era riuscito, poteva tornare ad essere la piaga che era stata nell’ultima ora.
“Grazie Signora” fece, spingendo lo sguardo dalla sfera alla donna. “Ora non mi serve più”.
Bastò una spinta, debole peraltro, e la signora perse l’equilibrio, inciampando e cadendo giù dal pendio.
Marina strinse i denti, li digrignò, mancava poco che ringhiasse, intanto l’urlo della donna si protrasse per qualche secondo, prima di spegnersi in mare.
“Ed ora... ora che la Sfera Blu è nelle mie mani...” la alzò verso il cielo, la pioggia batteva forte ed i fulmini completavano quel concerto d’armonia naturale. “Ora il piano del Team Idro potrà compiersi! Forza Kyogre!” urlò. La Sfera Blu s’illuminò inondando di luce la vetta. Le grida di Xander erano a metà tra il dolore e la gioia, con quella stranissima sfumatura di pazzia.
La sfera era entrata nel suo corpo, assorbita inizialmente dalla sua mano. Xander sentiva quello strano potere attraversargli il corpo, come se scariche d’energia lo colpissero dall’interno più e più volte.
Le sue mani, poi, le sue braccia, tutto il suo corpo fu rivestito da simboli tribali blu. I suoi occhi si riempirono dello stesso colore.
“Dannazione...” faceva in lacrime Marina, spingendo il sacchetto sul petto di Gold, cercando di imitare i gesti fatti da Ester. Il corpo del ragazzo era colpito da saltuarie fitte che lo facevano tremare; i nervi sul collo e sulle braccia erano in bella vista, le tempie pulsavano.
“ORA, KYOGRE, CERCHIAMO GROUDON ED AMMAZZIAMOLO!”
Un tuono si abbattè a pochi metri dagli scagnozzi, ancora alle prese con i Pokémon Spettro.
“Ora andiamo” concluse Xander, tirando fuori la Pokéball di quello che si rivelò essere un Braviary.
Tutti quanti lo imitarono, chi con dei Golbat, chi con dei Pelipper, ed in breve la cima del Monte Pira ospitava solamente Gold, Marina ed il piccolo e lamentoso Vulpix.
“Gold... Forza! Lo so che mi senti! Dobbiamo andare ad acciuffare Xander! Ha la Sfera Blu!”  
“... Mar... Marina...” sussurrò lui, con i denti stretti.
“Cavolo!”.
La ragazza prese lo zaino di Gold e lo aprì. Dapprima cercò qualcosa che avesse potuto stabilizzare le sue condizioni, ma dopo aver trovato soltanto strumenti per Pokémon ed una rivista hot con ragazze nude capì che non avrebbe potuto fare più nulla lì; avrebbe dovuto raggiungere un centro medico, ed il più vicino era quello di Forestopoli, se non si contava quello di Porto Alghepoli che era stata distrutta dalla follia omicida dei pazzi in blu. Infilò Vulpix lì dentro e chiuse la zip.
E poi la terrà cominciò a tremare, e la pioggia riempì le crepe che si andavano a creare nel pavimento. Lastroni di roccia si staccavano dalla parete scoscesa della montagna, tuffandosi nel ripido pendio. Il mare accoglieva ciò che la montagna gettava, lo accarezzava nel suo abbraccio voluttuoso, lo raffreddava con le sue gelide acque e lo celava al mondo non appena esso toccava il fondale.
“La montagna crolla! Gold!”. Marina s’avventò sul ragazzo, alzandolo con forza. Il ragazzo a stento si teneva sulle gambe.
“...rina...” faceva, con la testa che gli ballonzolava in avanti, oscillando a destra e a sinistra.
“Non c’è tempo!”.
Una grande crepa nel terreno si muoveva: la cima si era spaccata a metà ed una gran parte della parete stava ora crollando.
Con i due sopra.
“Gold! Salta!”
Marina prese lo slancio, tirò quindi per mano Gold, ed insieme si tuffarono.
Mancava poco, il mare non era poi così lontano, quattro secondi, forse anche di meno, ed avrebbero toccato la superficie dell’acqua.
Ma sarebbero sopravvissuti?
 

 

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