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Capitolo Trentesimo - 30

Salve a tutti!
Problemi su problemi ed un piccolissimo errore di valutazione, l'uscita del fumetto di Black Lady è spostato a sabato! Scusate per il disagio! Intanto l'autrice mi ha "regalato" qualcosina per voi:



Fuori il trentesimo capitolo di HC.

- Andy, sempre e solo Andy

Algoritmi



Gold e Silver erano rimasti soli all’interno del corridoio del Centro Meteo alla periferia di Forestopoli. Che chiamarla periferia era quasi un’esagerazione dato che si trovava nel pieno della foresta.
I due si guardarono per un attimo e sospirarono. Silver abbassò il capo e portò le mani ai fianchi, maledicendo tutta quella situazione.
“Avremmo dovuto gestirla meglio...” sospirò il fulvo, con una strana smorfia in volto.
Gold batteva i pugni contro il muro urlando frasi blasfeme con naturalezza quasi eccessiva, dopodiché tossì ed imbrattò di sangue la parete.
“Gold...”. Silver rimase interdetto, avvicinandosi al ragazzo. Quello lo allontanava allungando la mano.
“Sto bene, stai tranquillo...”.
“Che ti prende?”.
Gold lo guardò dritto negli occhi per poi abbassare lo sguardo. “La croce viola sul mio petto si sta allargando... Sento le mie cellule morire, e poi sento qualcos’altro al loro posto; è strano da spiegare”.
“Immagino”.
“Devo andare a Porto Alghepoli. Devo mostrare ad Ester quello che mi sta succedendo”.
I due si guardarono nuovamente.
“Tu vai da Crystal, che ne hai bisogno... Io vado a casa della Superquattro e vedo se può fare qualcosa con questa roba...”.
Silver storse il labbro, ed insieme s’avviarono all’esterno dell’edificio.
“Hai paura?” domandò il fulvo, alzando gli occhi verso il cielo. Aveva ripreso a piovere, lì, e l’acqua filtrava attraverso i rami e le lunghe foglie di banano.
“Dannazione. Quanta acqua...” sospirò Gold, alzando il cappuccio sulla testa.
“Non hai risposto, Gold”.
L’altro si voltò immediatamente a fissarlo, spazientito. “Secondo te non ho paura?! Diamine, di questo passo assomiglierò a Marilyn Manson tra un paio di settimane!”.
Silver sorrise, poi si voltò immediatamente, sentendo una presenza nella foresta, oltre la loro.
Non erano Pokémon, quelli in genere erano spaventati dagli uomini.
No, quello era un fruscio persistente, e poco dopo si era trasformato in rumore d’acqua.
In sottofondo c’era lo scroscio di una cascata e nonostante questo era in grado di distinguere i diversi rumori.
Si voltò immediatamente e tirò a sé Gold, nascondendosi dietro un grosso pilastro di cemento del Centro Meteo.
“Zitto” fece lui, mettendo Gold spalle alla colonna. Lui aderì al suo corpo e si sporse leggermente verso l’esterno, per guardare.
Gold spalancò gli occhi, tirando quanto più possibile il capo indietro e fissandolo negli occhi.
“Silver... sono eterosessuale e non mi piaci. E poi sei troppo vicino a me con il tuo... coso... non osare pensare a Crystal in questo momento”.
Silver sbuffò e tornò a nascondersi.
“Allora, la situazione è questa: lì c’è un tizio vestito di blu che cammina nel fiume come nulla fosse”.
“Sotto la pioggia?! Che sta facendo, singin in the rain?!”.
“Non lo so, zuccone, ma è la nostra occasione per ottenere informazioni e...”.
E poi sentirono la sua voce.

“Fatevi avanti” disse.

Gold e Silver spalancarono entrambi gli occhi, fissandosi stupiti.
“Ci ha sentiti!” esclamò Gold, a bassa voce.

“Forza. Uscite allo scoperto, non vi farò nulla di male...” aggiunse l’uomo.

Altro sguardo, Silver poi annuì ed uscì fuori dal suo nascondiglio. Gold sbuffò, si stirò i vestiti addosso con la mano ed avanzò fino a raggiungere il fulvo, che si era fermato a circa venti metri dall’uomo.
Nonostante la luce penetrasse a sprazzi, l’uomo, di spalle, era ben visibile nelle acque limpide del fiume; qualche metro davanti a lui scrosciava una fragorosa cascata, sotto la quale goccioline sottili si alzavano in una nuvola fumosa. L’uomo aveva larghe spalle chiuse in un lungo cappotto di pelle nera. L’acqua gli arrivava all’altezza dei polpacci e passava oltre.
Pioveva ma sembrava non essere turbato minimamente dalla cosa, anzi. Gli piaceva.
I ragazzi si avvicinarono lentamente all’uomo, che aveva la testa coperta con una bandana blu, e rimasero per qualche secondo in silenzio.
Silenzio che fu rispettato solo da Silver, ad un certo punto. Gold non riuscì a starsene zitto.
“Hey! Sono qui adesso! Girati, no?!”.
Silver lo impietrì con lo sguardo e sospirò, poi si mise in guardia non appena vide che le richieste di Gold furono esaudite: il volto dell’uomo pareva tranquillo, felice.
Sorrideva, lui, mentre con la mano lenta andava a levare la bandana, gettandola nel fiume; quello, avaro, la trascinò con sé fino a che non riuscirono più a vederla.
“Ora l’acqua tocca la mia testa. Non c’è niente di più bello, ragazzi...” sorrise quello.
Aveva il volto spigoloso, con mento possente e zigomi ben definiti. Il naso era largo, le labbra pure. L’acqua stava spingendo i capelli neri e lucidi verso il volto olivastro, fino a coprire la vista dei due occhi scuri.
Gold guardò Silver e richiamò la sua attenzione con un hey. “Ma lo sa quel tizio che ha i piedi nell’acqua?” disse.
“Mi sa di sì, Gold”.
“Ora glielo dico. Hey tizio! Hai i piedi nell’acqua!” urlò il moro, facendo alzare in volo stormi di Swellow.
Lo videro entrambi sorridere e muovere passi decisi nell’acqua. Questa pareva che si aprisse durante il suo passaggio, sembrava proprio che fosse controllata dall’uomo.
“Chi sei?” gli domandò Silver, fissandolo dritto negli occhi.
“Igor, per servirvi. Sono il Generale del Team Idro... Il capo, se vogliamo metterla così”.
“Allora tu comandi i manigoldi!” urlò Gold, puntandogli il dito contro. Sentiva la rabbia ribollirgli in petto ed un forte desiderio di avere a portata di mano la mazza ferrata di Xander.
“Manigoldi, che brutta parola...” sorrise quello, mostrando una dentatura perfetta.
“Non ha torto” interruppe Silver. “Siete dei terroristi ambientali e state minando alle vite della gente di Hoenn. Non c’è nulla che lei possa dire per discolparsi”.
Gold squadrò duro Silver e gli urlò contro. “Che fai?! Gli dai anche del lei?! Questa è feccia umana!”.
Silver alzò gli occhi al cielo e mise la mano sulla sfera di Weavile.
“Ragazzi. È solo questione di numeri... numeri e nient’altro”.
La voce dell’uomo era profonda, di quelle che si sedimentano lentamente nella mente, continuando a rimbombare nei timpani senza fermarsi.
“Eh?! Numeri?”.
“Numeri. In fondo è semplice: questa società verrà privata di quello che ha preso e non è riuscita a restituire. L’uomo ha sempre afferrato e messo in tasca, ha sfruttato la natura ed i Pokémon in maniera poco arbitraria, impropria e disomogenea, ha razziato e saccheggiato. Ha rovinato il mare e se noi siamo qui, a parlare, è solo grazie al mare. Quindi è semplice matematica: se dai niente per niente avrai sempre e solo niente”.
“Ma è la natura ad essere arbitraria; voi, invece, vi appropriate di un diritto che non dovrebbe per niente appartenervi” scagliò la freccia Silver, guardando il volto sorridente di Igor.
“Siete voi che siete dalla parte sbagliata. I Porti di Hoenn sono stati costruiti abbattendo gran parte delle zone costiere, spingendo il mare più indietro. Agli uomini non bastava tutta la terra a messa a disposizione, no. Hanno dovuto scacciare il mare più lontano, come se fosse una minaccia. Ma facendo così si sono comportati come iene, ammazzando Pokémon e distruggendo le loro case. Alla fine è così, non siete uomini ma animali, con i vostri punti deboli ed i vostri stupidi bisogni. Se c’è davvero una cosa importante nelle vostre insulse vite è non perdere la partita del mercoledì sera oppure il cinema il sabato; di certo non pensiamo al fatto che con i nostri comportamenti stiamo distruggendo il mare. Vi rendete conto di quanto sia bella l’acqua?”.
“Non farmi questo discorso! Non so come me lo abbiano risparmiato i due fetenti che hanno provato ad uccidermi in tutti i modi” fece Gold sbuffando.
“L’acqua è vita. L’acqua è ovunque. Anche dentro di te”.
“Sono andato in bagno prima di uscire” ribatté scontroso il moro, facendo ridere l’uomo che aveva di fronte.
“Sei simpatico e spigliato. Come ti chiami, ragazzo?”.
“Non t’interessa. Ora dicci dove sono diretti i tuoi uomini oppure...”.
“Non essere ridicolo con le tue minacce. Tu sei esattamente come tutti gli altri: guardi e passi, il problema non è tuo, lo scarichi a qualcun altro. Tu vuoi solo battere cassa, lasciando le persone come noi a preoccuparsi dei problemi di tutti quanti”.
Silenzio.
“Voi ci costringete ad abbassare la testa!” urlò d’improvviso poi, dopo un discorso prolisso e lineare. “Ormai è tutta scena” continuava. “Io sono in grado di vedere la realtà. Anche la Lega, con la sua sensibilizzazione e le belle chiacchiere allegate, non sono null’altro che aria fritta. Qui è tutta una fregatura. Ma perché non analizziamo un po’ la situazione?! Conta un po’, Occhidorati” fece l’affascinantissimo uomo stretto nel suo elegante soprabito.
“Conta quanta gente punta tutto su questa storia; gente come me, come quelli che sono convinti che l’equilibrio della natura debba essere rispettato e che, anzi, debba essere riportato ai grandi fasti dell’antichità, quando l’uomo non aveva nessun’abilità se non quella esprimersi in fonemi strazianti. In più conta quanta gente era arrivata a tanto così dal risolvere la questione ed è stata spinta fuori traiettoria, fuorviata da qualcuno di più potente. Conta invece quelli che sperano che la situazione non degeneri e che giunga la soluzione come un miraggio a riportare tutto a posto. Occhidorati, conta quanta gente vuole effettivamente che tutto ciò accada”.
Gold sbatteva gli occhi confuso mentre l’uomo davanti a lui rimaneva calmo e tranquillo e continuava ad esprimersi.
“Capirai quindi che è tutto organizzato. Capirai che tutto debba essere così. Quindi tutto ciò che i grandi capi della Lega dicono non serve a nulla se non a fuorviare la gente: recitano. Quindi puoi contare anche le battute sul copione e, se vuoi passare dall’altra parte della staccionata, impararle a memoria. Ma sappi che nella tua società contano solo due cose: nome e reputazione. Qua conta solo nome e reputazione”.
“Non vedo cosa c’entri” ribatté ancora Silver.
“Puoi dire quello che ti pare, ma la natura non scherza con noi. Groudon, Kyogre... Loro non sanno nemmeno che tu esista, Capellirossi, quindi non crucciarti più di tanto. Loro sono l’unico modo per restituire alla natura ciò che ci ha prestato. Abbiamo perso il controllo di questa cosa, e fosse la prima volta... No, non lo è. Noi siamo clandestini, un effetto collaterale di questo mondo”.
Spostò poi lo sguardo.
“Quest’ammasso di cemento, il Centro Meteo” disse, puntandovi il dito contro “non dovrebbe nemmeno esistere”.
“Intanto vi è servito!” urlò Silver.
“Era fondamentale per il nostro fine ultimo, scoprire dove si trovasse il Pokémon Oceano. Ma asserire che questo edificio mi servisse come servirebbe a voi ed alla vostra società è inutile. Noi siamo più forti di voi, ma fuori siamo uguali, e se succede un disastro cadremo tutti, come tessere del domino”.
“Che disastro potrebbe accadere?! Perché non ti spieghi e la fai finita?!” urlò anche Gold, irritato al massimo.
“Sempre numeri, caro mio. Tutto dipende variabili e costanti, da algoritmi indecifrabili che ogni giorno con il variare delle nostre scelte muta”.
Gold e Silver si guardarono.
“Contiamo ancora, giovanotti. Contiamo tutte le volte che ci volevano far passare una cosa per buona; contiamo anche tutte le volte che ci sono riusciti, e l’abbiamo scordato, perché non siamo importanti. Conta quante volte ci hanno detto che è importante partecipare e non vincere quando sappiamo che è solo fiato sprecato e conta solo il risultato. Ci riempiono di queste frasi buoniste quando in realtà l’unica cosa che vogliono è allontanarci dal pensiero di poter cambiare le cose. Per loro non puoi, non devi arrivare in alto. Per loro non devi cambiare nulla. Ecco perché bisogna imparare a fare una distinzione: nella vita importa solo chi sa contare. E c’è una grande differenza tra chi ha i numeri e chi le calcolatrici”.
“Parla in maniera troppo metaforica per i miei gusti” sospirò Gold, guardando il compaesano.
“Basta con questa commedia. Non sono tutti numeri. Lei sta uccidendo migliaia di persone” ribatté l’altro.
“Purtroppo è un effetto collaterale da tenere in conto dal momento che si deve contaminare l’ordine delle cose”.
“Ora basta! Shiftry, Togebo!”. Gold tirò fuori dalla sfera i suoi Pokémon, più rabbioso che mai.
“Non combatto contro di voi, non ne siete degni. In più ora non mi serve lottare contro di voi. Ma siete abbastanza ostinati e suppongo che ci rivedremo”.
Dalla sua mano cadde una sfera azzurra con un simbolo dorato, una alfa in decalcomania sulla plastica dura di essa, e nel fiume apparve l’enorme figura di un Gyarados, in preda all’ira.
Il capo dell’enorme Pokémon scese verso il basso, permettendo all’uomo di salirvi in groppa con un agile salto.
“Voi siete soltanto l’ennesimo ostacolo che si sta mettendo sulla nostra strada, ma ci occuperemo anche di voi, dopo aver pensato ai Superquattro. Ci rivedremo” ripeté quello, e poi i ragazzi videro il Pokémon andare verso l’alto, come se volasse.
“Ma... Ma che...” Gold era rimasto esterrefatto.
“Un nuovo nemico, Gold. E questo sa fare bene i conti”.

 

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