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Shipshot - 20 - FranticShipping

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FranticShipping #2
 


“Allora buonanotte” fece Sapphire, sospirando e poggiando la testa sul cuscino. Si era premurata di pettinare i capelli, come le aveva insegnato Ruby, prima di andare a dormire, in modo da non dover affrontare un mostro la mattina seguente.
In realtà il ragazzo le aveva detto anche di legarli, magari fare delle trecce, giusto per evitare che si formassero dei nodi.

“Non ho alcuna voglia di assomigliare a Pippi Calzelunghe... E non ridere”.
“Non assomiglierai a Pippi Calzelunghe. Avanti”.
“Ti ho detto di non ridere! E poi a te pare facile! Hai quattro peli in testa!”.
“Tu invece hai una criniera!”.
“Ma sono folti! Sono foltissimi!”.
“Meglio”.

Meglio. Ripensava a quella discussione e lo rivedeva, mentre sorrideva dolcemente. Lui già dormiva, con quell’espressione di assoluta quiete sul volto, sembrava un bambino. Bellissimo.
Vedeva i capelli ordinati da una parte e quella tremenda vertigine alzata. L’attenzione non poté non poggiarsi sulle cicatrici che aveva sulla fronte, rimasugli di ricordi d’infanzia.
Le palpebre chiuse e le ciglia lunghe trasportarono l’attenzione sul naso dritto e poi su quelle labbra carnose.
E siccome faceva caldo, Sapphire aveva buttato per terra la coperta, creando l’ennesima discussione.

“Fa caldo! Dai, non vorrai mica dormire con la coperta addosso?!”.
“Sono abituato a dormire con qualcosa che mi copra. Anche un piccolo lenzuolo, ma devo sempre essere coperto”.
“Ci sono sessanta gradi!”.
“... Sempre la solita esagerata. Ti scaldi troppo, questa è la verità”.
“Ah! Bene! E cosa consiglieresti, sentiamo”.
“Stai calma, ferma e soprattutto zitta”.

Lei aveva fatto il broncio quindi si girò dall’altro lato, quando lui la afferrò per il fianco e la girò;  con delicatezza, poi, la tirò a sé.
La baciò, capendo che quello anche sarebbe potuto essere un buon metodo per tenerla quieta ed in silenzio. Poi lei sorrise e lo vide prendere un lenzuolo, piazzandolo solo sulla sua parte di letto, ovvero il bordo esterno ed i conseguenti dieci centimetri annessi, infine gli diede la buonanotte.
Continuava ad osservarlo, scendendo sempre più in basso con lo sguardo, almeno prima che il lenzuolo lo coprisse. Il petto, almeno fino all’inizio del costato, era tonico e glabro, e la curiosità della ragazza di andare a svelare ciò che celava quel telo bianco era troppa.
E poco le importava se si fosse svegliato, lei doveva vedere: lo fece, lo scoprì e, nel farlo, si sentì quasi come in una vecchia soffitta nell’atto di levare un telo polveroso da qualcosa di vecchio.
Ruby non era vecchio.
Scoprì gli addominali del ragazzo, la linea che li divideva e che terminava nell’ombelico, e ancora più giù, seguendo la sottile linea di peluria che si perdeva sotto l’elastico degli slip.
Lussurioso, il suo sguardo blu, accompagnò la mano a carezzare l’addome del ragazzo, saggiandone la consistenza ed il calore. Lui sorrise ed aprì gli occhi rubicondi, guardandola come per porre un interrogativo in maniera ironica.
“Non ho sonno e mi scoccio. Ed ho caldo”.
“Niente più?” chiese lui.
Lei sorrise e lo vide avvicinarsi, stringendola. Il suo corpo era molto più freddo di quello di Ruby nonostante dicesse di aver caldo.
“Sei congelata. Non capisco perché non ti copri”.
“Perché ho caldo”.
“Non è così, altrimenti saresti bollente” fece il ragazzo, con aria saccente.
“Ah no?! E dimmi tu allora perché dovrei volermi congelare volontariamente”.
Ruby la tirò a sé, ancora di più, quindi la rovesciò, facendola girare di fianco, costringendola a dargli la schiena. Lui aderì al corpo della ragazza, coperto dai soli intimi. Lei aderì al suo corpo quasi come due pagine di un libro.
La cinse poi sopra i seni e sotto la pancia.
“Per farti stringere, amore. Come ogni sera...”.
“Con te gioco sempre a carte scoperte” sorrise lei. Ruby le baciò il collo e poi sbuffò, infastidito dai capelli della ragazza.
“Dovevi farti le trecc
e...".
 


 

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