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Shipshot - 21 - SequelShipping

Questo è il mio regalo di compleanno per Capricornus che, a quanto ho capito, ha visto in Toni e Rina la propria OTP. Dopo lei ed Ottavio, naturalmente. Auguri Ange.
Sequel Shipping



Le nuvole di neve quel pomeriggio si erano addensate, accumulandosi l'una sull'altra come pile di lenzuola grigie, piegate ed impilate.
E tirava vento, quel vento malvagio e triste, che fischia non appena incontra un ostacolo, facendo rabbrividire ulteriormente chiunque lo senta. Oltre al vento, il freddo aumentava per via della neve, quella neve gelida ed infida, fatta di piccoli cristalli, sottili come spilli, quasi incandescenti sulla pelle di quei due ragazzi.
I loro piedi affondavano nella neve, ne uscivano anestetizzati per poi riaffondarci dentro nuovamente.

Io lo seguo.

Queste era il pensiero principale di Rina, stringendo i pugni sotto i seni acerbi, cercando di raccogliere quel poco di calore corporeo che le rimaneva.

Nonostante questo freddo, io lo seguo sempre.

La bufera imperversava, i fiocchi di neve la bersagliavano, si poggiavano sulla sua pelle, sulle sue braccia, sulle sue guance. Quei fiocchi di neve aveva trasformato le sue labbra in due petali di viola turgidi e screpolati. Umettò le labbra, lei, poi buttò fuori la sua ansia, trasformata in fumo denso e grigio. I denti battevano tra di loro con ritmo serrato ma non riusciva a sentire nulla che non fosse il soffio del vento.

Qualsiasi cosa succeda, io devo seguirlo.

La testa era bassa, guardava i piedi affondati nella neve. Alzava il passo, lo affondava ancora, e così via, cercando di poggiare la scarpa all'interno dell'orma più grande lasciata da Toni, lì davanti a lei. Alzò gli occhi, vedendo la schiena del ragazzo: i capelli erano fradici, la spalle larghe oscillavano ad ogni suo passo. Era davanti a lei, così vicino che se avesse allungato la mano lo avrebbe toccato.

Non ce la faccio più. Glielo devo dire.

Ebbe il coraggio di alzare il volto ancora di più: era quasi sera, le nuvole si stavano scurendo ulteriormente. Rina pensò che, probabilmente, dietro di loro doveva esserci un bel cielo stellato, blu, sereno. Le cime degli alberi disturbavano la sua visuale. Rina e Toni camminavano lungo un percorso che puntava verso est, ed il vento soffiava sui loro volti, diventati ormai cerei per il freddo.
Attorno avevano vasti colonnati d'alberi, iniziati poco dopo la Città Bianca e ancora non terminati. Lei guardò prima a destra, poi a sinistra, e vide altri alberi tutt'attorno.

Boschi. Boschi a destra, boschi a sinistra. E davanti la montagna.

Decise che fosse arrivato il momento, avanzò il passo con le ultime energie che aveva quindi alzò il braccio destro, a toccare la schiena del ragazzo.
"Toni..." disse lei, con quella voce piccola e compressa. "Toni, ti prego, fermiamoci. Non ce la faccio più".
A quelle parole il ragazzo si bloccò. Rina lo raggiunse, poggiando la fredda fronte contro la schiena, nel tentativo di rubargli un po' di calore.
"Rina..." disse, prendendo fiato; fiato che gli congelò i polmoni. "Noi dobbiamo andare avanti! Boruedopoli è a qualche chilometro da qui e quei balordi sicuramente c'entrano con questa neve! Non manca molto!".
Rina tossì, quindi con entrambe le mani cinse il ragazzo. "No, Toni, io non ce la faccio più... Ho freddo. Ho troppo freddo".
"Hai ragione, fa freddo, ma...".
"Toni... Ti prego...".
Lui si voltò e la guardò: gli enormi occhi blu di quella erano quasi chiusi, pieni di lacrime. Leccò le labbra, per inumidirle un po';  a nulla valse, anche perché con quel freddo, dovette provvedere di nuovo ad umettarle. Le guance della ragazza erano rosee e facevano un contrasto assurdo con il resto della sua pelle, bianca come la neve che c'era tutt'intorno.
Lui era a qualche dozzina di centimetri dal suo volto, la guardava, quasi aveva compassione per lei.
"Non pregarmi... Non lo fare, non devi più dire queste parole. Fermiamoci, per oggi. Domani ci rimetteremo in cammino per arrivare a Boruedopoli".
"Grazie, Toni... Grazie mille".
"Non lo dire più ho detto. Ora abbandoniamo questo percorso e rifugiamoci nel bosco".
Lui la prese per mano ed insieme tagliarono il percorso orizzontalmente, uscendo dagli argini di quel fiume innevato.

Vai avanti, io ti seguo.

Il sottobosco era coperto da un leggero strato di neve, dal quale fuoriuscivano rametti e stoiche piantine.
"Dove... dove ci fermiamo?" chiese Rina, il cui volto aveva ripreso colorito.
"Cerchiamo di stabilizzarci vicino alla parete rocciosa; magari troveremo una grotta, o un posto al coperto...".
Camminarono a lungo, dribblando tronchi d'albero, taluni spogli, altri carichi di neve, poi Rina sentì Toni sorridere. Lei lo guardò.

Perché ride?

"Silenzio..." fece lui, tirandola a sé. Le mise le mani ai fianchi, direzionandola verso un grande tronco scuro ed umidiccio.
"Che succede?" chiese lei, sussurrando.
"Guarda lì"fece. Poi si spinse addosso a lei, per nascondersi da qualcosa. Rina sentiva il corpo di Toni poggiarsi contro la sua schiena; la mano destra del ragazzo la cingeva alla vita, quella sinistra, come una cintura di sicurezza, le passava davanti la spalla sinistra, camminava sui seni ed afferrava la spalla destra.

Mi stringe.

"Ecco lì" disse Toni, sorridendo ancora.
Rina aprì bene gli occhi blu, quindi vide un lieve movimento nella neve.

Un muso... Un muso marrone... Qualcosa saltella.

"È un Deerling... E sai, dove c'è un Deerling c'è quasi sempre un... Oh, eccolo lì...".

Sawsbuck. Che bello.

Un grosso esemplare del Pokémon Stagione camminava imperioso nella neve, con le sue corna candide e ramificate. La pelliccia che aveva attorno al collo era morbida ed ampia.
"Meraviglioso..." sorrise lei.
"Vero?".
"Già. E poi...".
Rina si voltò ed alzò lo sguardo. "E poi?" domandò.
Toni abbassò il volto, guardandola. Le sue labbra erano vicine, sempre più vicine, sempre più vicine.
E poi la baciò.

Oh...

 

 

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