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TSR - 12 - Royalties pt 2

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12. Royalties pt.2
- Johto, Percorso 41, poco fuori le Isole Vorticose –

La tempesta continuava ad imperversare e le onde si erigevano a grossi grattacieli in mezzo al mare in burrasca. Le Isole Vorticose erano a poche centinaia di metri ma un’enorme tromba marina si era posta tra Martino e Marina e lo stretto passaggio che si snodava tra gli scogli, che fungeva da ingresso verso il piccolo complesso insulare.
Per i Ranger la fonte della grande burrasca che stava colpendo quella zona di mare era, per l’appunto, l’unico e vetusto abitante delle Isole Vorticose: Lugia. O almeno, l’unico che conoscevano.
Lapras s’inerpicava sulle cime di quelle montagne liquide, che mutavano, salendo e scendendo, immergendosi certe volte più del dovuto e facendo sobbalzare i due Ranger.
“Stai attenta!” urlava Martino, stringendo il carapace del Pokémon con le mani guantate e sentendo sua sorella avvinghiata al torace. “Non sbilanciarti e non...”.
“Lo so! Tu, piuttosto, non muovere la testa! Mi piove in faccia!”.
Martino sorrise. Un po’ di Gold era entrato nel suo modo di esprimersi.
L’acqua cadeva dal cielo, inesorabile e congelata, incontrando a pochi metri dai Ranger la grande tromba d’aria: mare e cielo erano uniti dalla spaventosa potenza della natura, attirando a mani aperte qualsiasi cosa fosse nei paraggi e respingendola poi col piglio ottuso di chi non vuol sentire ragioni.
L’oceano mutava davanti a quella dimostrazione di forza, si piegava, e come conseguenza di ciò s’innalzava più indietro, abbassandosi subito e rialzandosi, rimestandosi, piegandosi su se stesso e creando spuma bianca e fumosa che veniva colpita dalla pioggia, morta prima ancora di nascere.
“Attenta!” ribadì Martino, spostando i capelli dagli occhialoni col dorso della mano, quando un’enorme onda s’abbatté prepotente su di loro, scalzando perfino Lapras dal proprio percorso.
Caddero ed il mare li accolse, caldo ma buio, come il cielo di quel mattino.
Per un attimo, un piccolo frammento di secondo, tutto pareva fermo: l’acqua avvolgeva i muscoli, e gli occhialoni proteggevano lo sguardo da quell’ammasso nero ed estraneo.
Martino sentiva il cuore spingere nel petto, il battito gli pulsava nelle tempie e le dita paralizzate carezzavano l’acqua in maniera lasciva.
Aprì gli occhi, il respiro abbandonò il suo corpo tramite un paio di bolle che fremevano per salire in superficie, dove la pioggia attaccava il mare con proiettili di ghiaccio.
Ed esso veniva ferito.
Il Ranger si guardò intorno, cercando di mantenere la calma. Vide sua sorella, tre metri più in basso, risalire prontamente verso la superficie, dove le zampe ed il carapace di Lapras erano più che visibili. Lei aveva gli occhi spalancati mentre ascoltava una voce dalla profondità dei mari chiamarla.
 
AIUTAMI, TI PREGO, NON POSSO RESISTERE ANCORA MOLTO.

Rimbombava nella sua testa, e pareva che Martino non la sentisse.
Forse è solo un’allucinazione, pensò lei.
Risalirono entrambi, vedendo che la corrente al di sotto della tromba marina fosse forte ed attrattiva. Ripresero respiro e pulirono gli occhialoni. Paradossalmente si sentivano più sicuri al’'interno del mare che su Lapras.
“Dobbiamo entrare” disse Marina, risalendo con fatica sul Pokémon. Un tuono rimbombò potente, un fulmine era caduto  a qualche centinaia di metri da loro.
“Non è sicuro stare qui” fece lui.
“Ma dai!” urlò sua sorella, sarcastica.
“I fulmini. E la tromba marina”.
“Dobbiamo passare” ragionò quella.
Guardarono ancora il cono, totalmente stazionario, mentre attirava l’acqua dal basso e la tirava su, verso le nuvole che li guardavano dall’alto.
“L’acqua è calda” osservò Martino. “Siamo in gennaio, è strano”.
“Si vede che Lugia si sta divertendo...”.
“Ed è per questo che è nata la tromba marina!” s’illuminò Martino, vedendo sua sorella fissarlo con un interrogativo sul volto.
“Non capisco”.
“Lo abbiamo studiato quando eravamo reclute, ricordi?! Questi fenomeni si formano quando...”.
“Correnti di differenti temperature s’incontrano, lo so, ma non vedo questo come possa portarci alla soluzione”.
Martino sorrise. “Dobbiamo raffreddare il mare”.
Marina batté le palpebre quattro, cinque volte, dietro gli occhialoni. Un’onda più grande fece sobbalzare Lapras.
“Come intendi fare?”.
“Lapras, aiutaci a congelare la superficie” disse al Pokémon l’uomo.
“Vuoi... congelare il mare?!” esclamò Marina.
Suo fratello annuì, sorridendo. “Funzionerà. Ma partendo da lontano. Quindi vai, Lapras!”.
E così il Pokémon Trasporto caricò nelle sue fauci una grande quantità d’energia criogena, emanandola sottoforma di raggio; puntò il mare, che all’istante si cristallizzò, diventando una tavola trasparente, a riflettere il nero del fondale e del cielo.
La tromba marina sparì qualche secondo dopo.
“Ha... ha funzionato!” esclamò sorridente Marina. “Facciamo presto!” urlò, saltando giù da Lapras e salendo sulla spessa lastra di ghiaccio appena creata dal Pokémon. Seguita da Martino, raggiunse velocemente la corona di scogli che circondava le Isole Vorticose. L’apertura verso le isole era precluso a chiunque non riuscisse ad attraversare i sei grandi mulinelli che si erano formati lungo il percorso marino che dava sul piccolo porticciolo di Capo Piuma, un minuscolo insediamento quasi disabitato sulle coste sabbiose dell’isola più grande, dove si trovava l’ingresso della Grotta Sacra.
I Ranger saltarono sugli scogli e li percorsero con attenzione, balzando di roccia in roccia fino a raggiungere la baia portuale, dove il fondale sabbioso aveva fagocitato decine e decine di navi. Alcune di queste spuntavano dalla superficie mossa dalle forti correnti, come artigli di legno consumati dalla salsedine.
I due fratelli si tuffarono in quelle acque calde ed irrequiete, nuotando per un paio di minuti, fino a raggiungere la banchina del porto, costruita interamente in mattoni anneriti dal tempo. Salirono le scale di mattoni e raggiunsero lo spiazzale, totalmente deserto.
Ruderi di rimorchiatori e barche a vela venivano colpiti dalla forte pioggia. Il vento soffiava verso ovest dove, sul vecchio pontile di legno, la sagoma d’un pescatore temerario sfidava la tempesta.
Avanzarono, salendo verso la cittadina vera e propria: quattro case, una palazzina in calcestruzzo ed una bottega. Quest’ultima era aperta, le case invece erano interamente sbarrate.
Il freddo cominciò a farsi sentire, col vento che soffiava forte e spingeva i vestiti contro i corpi fradici.
“Lì vedo delle luci” disse Martino, prendendo la sorella per mano e correndo verso la bottega.
Quando vi entrarono trovarono una vecchia donna con lo sguardo appesantito dal tempo e le gote macchiate. I capelli, totalmente candidi, erano tenuti in una crocchia bella ampia sulla testa. Indossava un giacchetto di filo beige, chiuso fino all’ultimo bottone, ed una gonna marrone.
“Buongiorno” fece quella, un po’ sorpresa di vederli. “Cosa vi porta qui?”.
“Buongiorno” ricambiò Marina. “Io mi chiamo Marina e sono la Caporanger del distretto di Johto, mentre lui è mio fratello Martino, del distretto di Oblivia. Siamo qui per assicurarci che il Pokémon che abita quest’isola sia estraneo a questa grande tempesta”.
La signora strinse ancor di più gli occhi sottili ed annuì. “Se permettete vorrei offrirvi una buona tazza di tè caldo. E lasciate che vi dia qualcosa per asciugarvi”.
“Grazie signora” annuì Marina. “Ma noi non...”.
“Devo raccontarvi quello che è successo”.
Martino guardò sua sorella e poi sospirò. “A me il tè con un cucchiaino di miele”.

 
- Kanto, Aranciopoli, Banca Centrale –

“Entrate così, alla Die Hard, non le faremo mai più”.
“Finisci di dire stupidaggini! Giuro che quando finirà tutta questa faccenda farò in modo che tu non possa più riprodurti, in modo da non perpetuare questa piaga!”.
Sandra e Gold erano nascosti dietro ad una scrivania rovesciata, mentre i Pokémon della Capopalestra, Aerodactyl, uno dei suoi Dragonair ed un Charizard, erano al di là della barriera a lottare contro decine di Pokémon avversari.
Avevano sprangato la porta d’emergenza con un grosso mobile portadocumenti, in modo da tenere alle spalle gli altri nemici che avevano già eluso.
Non riuscivano a mostrarsi agli avversari che avevano di fronte in quanto bersagli diretti dei propri attacchi.
“Sei sempre esagerata! Basta un po’ di strategia e possiamo uscire da qualsiasi situazione”.
“Strategia?!” rise Sandra. “Mi sorprende che tu sappia cosa significhi”.
“Sì, ho fatto le elementari nella migliore scuola di Borgofoglianova. Tralasciamo il fatto che ce ne sia solo una”.
“Continuo a pensare che tu sia uno stupido ed uno sprovveduto. Dovremmo aspettare che qualcuno dei Dexholder, quelli bravi intendo, riesca a penetrare, per farci dare una mano”.
“A penetrare sono il migliore... E comunque possiamo farcela anche da soli” sorrise sornione.
“Siamo con le spalle al muro”.
Sandra si voltò per un momento e s’inginocchiò, aderente alla scrivania.
Sexy.
Gold la guardava con gli occhi del predatore, per poi ricordarsi di Marina e delle sue potentissime percosse.
Sorrise, pensando a lei.
E pensò al fatto che se non fosse uscito da lì non l’avrebbe rivista.
“Mi hanno insegnato che, quando si è con le spalle al muro, devi provare a fare ogni cosa... e nel caso tu non possa fare niente allora devi sfondare il muro. Sudobo, forza!” urlò, voltandosi repentino e mandando in campo il suo Pokémon per la seconda volta, quel giorno.
“Meraviglioso, il tuo alberello...” sospirò lei.
“Il mio alberello, modestamente, è duro. E stavolta non alludevo a nulla di sessuale. Credo. Sudobo, crea di nuovo una barriera e lasciamo che Sandra riesca a monitorare la situazione”.
Quella lo guardò sorpresa e si alzò, vedendo gli attacchi dei vari Drapion, Toxicroak, Muk e Weezing schiantarsi sulla superficie di un muro trasparente.
Guardò poi lo stato dei suoi Pokémon: Aerodactyl s’era fatto scudo per Dragonair, che intanto aveva effettuato la sua Dragodanza. Infine Charizard attaccava dalla distanza con mosse di fuoco.
“Come stanno? Hai bisogno di Pozioni?” chiese quello, rimessosi con la schiena contro il tavolo.
“No, ce le ho. Ma ora come faremo?”.
“Suppongo che Sudobo non possa reggere tutti quegli attacchi per sempre. Quindi dovremmo cominciare a metterli in difficoltà...”.
“Pensa a qualcosa, perché con la barriera i miei attacchi non possono uscire da qui”.
“Sono qui per questo...” disse il moro, alzandosi e gettando un’occhiata: le persone prese in ostaggio erano tutte o quasi alle spalle della barriera, al sicuro dagli attacchi dei Pokémon nemici. Gold gestì con lucidità la situazione, saltando oltre la scrivania ed aiutando le persone ad uscire dal campo di battaglia, sempre con occhio analitico e dorato, fino a quando prese la decisione sulla mossa da effettuare.
“Sudobo, so che stai mantenendo un peso non indifferente ma prova a fare un paio di passi avanti”.
Sandra lo guardò stupita, mentre utilizzava una Ricarica Totale su Aerodactyl: vide la barriera spostarsi a sua volta, limitando lo spazio degli uomini mascherati in grigio.
“Fai presto a curare quei serpentoni, tesoro” diceva Gold, scortando anziani vecchietti dietro le casse.
“Sono draghi” ribatté lei ma Gold non la considerò.
“Sudobo, stai bene?” chiese.
Quello rispose annuendo, col volto che mostrava sforzo. “Avanza di un altro paio di passi e comincia a ruotare verso sinistra la barriera: dobbiamo raggiungere i cancelli che portano ai caveau, ormai saranno già lì”.
“Forza Gold!” urlava Sandra, avanzando lentamente. “Sudo... bo, o come diamine ti chiami, ruota! Stringiamoli sulla parete”.
E così fece il Pokémon, cominciando a ruotare la barriera lentamente e spingendo Pokémon nemici e sgherri contro la parete d’ingresso alla banca.
“Ruota ancora!” urlava Gold.
“Sta funzionando! Non hanno più spazio!” esultava invece Sandra.
Sudobo aveva creato una barriera ampissima che stava contenendo tutti gli attacchi; ma la fatica cominciava a farsi sentire.
“Manca poco!” faceva Gold, vedendo gli avversari costretti contro le pareti cominciare ad uscire all’esterno della banca.
“Ce la stiamo facendo davvero!” replicò la Capopalestra.
Ma poi vide la parte sinistra della barriera, che riluceva di una luce opaca bianca, cominciare a sfaldarsi.
“Non ce la fa più, Sandra, tra poco entreranno da destra. Manda quelle salamandre lì”.
“Sono draghi! Charizard ed Aerodactyl, forza, sulla sinistra!”.
“Non dare fuoco a nulla”.
Sandra si voltò e lo guardò torva. “Sei stato davvero TU a dire a ME questa frase?!”.
“Sì, lo so, il mondo sta andando a puttane. Attenta!” l’ammonì poi lui, vedendo un Muk passare sotto la barriera ormai sfaldata.
Sandra si voltò repentina. “Aerodactyl, Rocciotomba!” fece, osservando il suo Pokémon eseguire l’azione. “Charizard, devi cercare di tenerlo indietro, usa Lanciafiamme e stai attento a non creare un incendio”.
“Perché nel caso si chiamerebbe Incendio la mossa che utilizzerebbe...”.
“Non hai idea dell’effetto di quella mossa utilizzata dal mio Pokémon” fece la bella, spostando i capelli sudati dalla fronte.
“Sudobo, dobbiamo fare presto! Fai un ultimo sforzo!”.
Due Toxicroak sfondarono la parete luminosa del Pokémon quando quello pressò gli avversari con tutta l’energia residua contro la parete. Furono costretti ad uscire tutti fuori, per non morire schiacciati. Non che Gold fosse capace di una tale atrocità, ma quelli non lo sapevano.
“Ottimo!” sorrise Gold. “Ora rimani per qualche secondo con l’energia di barriera concentrata soltanto davanti alla porta, trovo qualcosa per sbarrarla e...”.
E poi una grande esplosione divampò dal lato di Sandra, facendola cadere per terra. Gold accorse e la alzò, indugiando nel guardarla per qualche secondo di troppo.
“Levami le mani di dosso!” ringhiò quella.
“Stai calma, draghessa. E stai più attenta... Cerchiamo di arrivare sani e salvi alla fine di questa giornata. Riesci a tenere la situazione finché non riesco a sbarrare la porta?” chiese quello dagli occhi dorati.
“Volevo Silver, voglio che tu lo sappia”.
“Questo ha passato il convento” disse il ragazzo, spostandosi e cominciando a spingere la grossa scrivania dietro alla quale si nascondevano qualche minuto prima entrambi, proprio davanti alla porta d’ingresso della banca, bloccandola. Era fatta di resistente plexiglass, quindi era in grado di vedere la lotta che stavano sostenendo all’esterno i suoi amici.
“Ok, Sudobo, sei stato bravissimo” sorrise quello, sentendo applaudire le persone nascoste dietro le casse.
“Non è ancora finita! Charizard, usa Aeroassalto sui Toxicroak! E Gold, occupati di questo dannatissimo Muk!”.
Quello sbuffò, aggiustandosi il cappellino. “Uff, ma questo coso puzza!”.
“Forza, stupido!”.
“Mi ricordi sempre di più Marina...”.
“Non so come faccia quella santa a starti vicino”.
Gold sorrise allusivo e poi prese il Pokédex. Sandra rimase strabiliata dalla sconsideratezza per il pericolo che aveva quello: Muk, infatti, si avvicinava minaccioso nonostante la lentezza del suo movimento, mentre Gold fissava lo schermo luminoso dell’enciclopedia tascabile consegnatagli da Oak in persona, più di dieci anni prima.
“Vediamo... È tossico... i suoi passi sono velenosi... puzza... fa vomitare... non cresce erba dove striscia... inquina i laghi con una sola goccia... Il Pokédex non dice nulla di rilevante ed utile” sospirò il ragazzo, vedendo Sandra totalmente distratta dalla lotta contro i due avversari. “Beh, vedendo la sua consistenza non servirà a nulla colpirlo...”.
“Distruggilo!”.
“Non... non capisco come!”
Sandra si voltò e lo fissò. “Usa Typhlosion!”.
“No! Finirei per far prendere fuoco a tutto! Lascia fare a me l’incosciente e prestami il tuo Aerodactyl!”.
“Cosa?!” spalancò gli occhi quella.
“Dammi quel lucertolone di pietra, porco Moltres!”.
“No!”.
“Dannazione, dammi una mano!”.
“Scordati di toccare i miei Pokémon!”.
Gold ruotò gli occhi versò l’alto e sbuffò. “Aibo, con un bel Gigaimpatto saresti in grado di creare un fosso abbastanza profondo nel pavimento?” chiese, mandando in campo Ambipom. Quello eseguì, creando un solco di quasi tre metri nel pavimento.
“Bene, Aibo. Ora, donna col mantello, ti andrebbe di utilizzare una mossa del tipo di Metaltestata, dato che il tuo Pokémon potrebbe non contrarre la clamidia toccando quell’ammasso mobile di merda?”.
Sandra lasciò scappare un sorriso e quindi eseguì l’ordine dato da Gold, lasciando che il suo Pokémon spingesse quel Muk nel fossato, cancellando di fatto il problema.
“Perfetto. Sudobo, devi rimanere qui finché qualcuno dei nostri amici non ti ordina di lasciarli entrare” fece Gold, alzando le maniche della felpa e sistemando il berretto, muovendosi infine verso la porta spalancata che dava al caveau.

 
- Johto, Isole Vorticose, Capo Piuma –

“Lugia è un essere leggendario, Marina...” aveva ripetuto per la sesta volta l’anziana donna. Aveva chiamato suo marito, il pescatore temerario che sfidava la tempesta seduto sulla banchina, ed aveva chiuso le porte della bottega. Aveva fatto accomodare i due Ranger nel retro e qualche secondo dopo gli aveva offerto dell’ottimo tè caldo e degli asciugamani.
Martino e sua sorella si erano accomodati in quel luogo assai accogliente, arredato con gusto tradizionale come richiedeva l’antica cultura giapponese. Il vecchio uomo era sprofondato in una poltroncina infeltrita con motivi floreali a colorare le federe dello schienale e dei braccioli, mentre i due giovani e la signora erano attorno ad un vecchio kotatsu, ben apparecchiato per il tè. Le pareti, basse e strette, erano interamente rivestite da doghe di legno e davano a quel piccolo ambiente un odore particolarmente pungente.
“Lo so, signora Mikazawa, ecco perché riteniamo sia stato lui ad aver creato questa tempesta enorme”.
“Sai... si racconta che la sua furia possa creare quaranta giorni di tempesta”.
“Come con Noè...” ribatté Martino.
Marina sorrise ma vide la donna annuire.
“Esattamente. Il suo potere è strettamente legato a quello della luna, a quello dei mari e a quello dei venti”.
“Quindi ha delle correlazioni con Kyogre, Lunala ed il trio di kami, ad Unima” continuò la ragazza.
“Non proprio. Le uniche relazioni vere e proprie di Lugia sono con Moltres, Zapdos ed Articuno. Oltre che con Ho-Oh”.
“Va bene” annuì Martino, sotto lo sguardo torvo del vecchio pescatore. “Ma che stiamo facendo qui?”.
“Voglio avvertirvi. Un tempo ero una Kimono Girl ed io, assieme ad una schiera di giovani donne, eravamo le uniche autorizzate ad entrare all’interno della grotta sacra. Solo le Kimono Girl sono autorizzate a vivere su quest’isola. Col tempo però molte sono morte ed altre hanno lasciato che l’amore influenzasse sulle proprie responsabilità. Ma altre, più forti ed in cui il senso di fierezza e responsabilità è più radicato, risiedono ancora qui. Talvolta s’innamorano...” sorrise poi “... d’un bel pescatore coraggioso... Ecco perché qui ci sono ancora persone. Ma c’è di più”.
“Cosa?” domandò Marina.
“L’antro è stato aperto da qualcuno, qualche giorno fa. Lugia si è svegliato ed è furioso. Ecco perché piove. Le più giovani e coraggiose di noi si sono avventurate all’interno della grotta l’altroieri ma non ne sono più uscite. Io sono troppo vecchia per andarle a cercare, la grotta sacra è un luogo impervio”.
Martino bevve il tè tutto d’un sorso, poi si alzò dal tavolino. “Dobbiamo salvare delle donne, quindi, oltre a calmare Lugia”.
La vecchia annuì. “Marina... Lugia è un Pokémon dai profondi poteri telepatici, sicuramente si aprirà con te se vedrà che la tua anima non è macchiata”.
Quella spalancò gli occhi. “Telepatici?”.
“Comunicherà con te. Non spaventarti ed accogli quest’occasione come un momento di profondità spirituale senza eguali”.
Quella batté tre, quattro volte le palpebre, prima di fissare di nuovo l’anziana. “E perché dovrebbe farlo?”.
“Perché a Lugia piacciono le belle ragazze” sorrise l’altra. “È un essere infinitamente intelligente e solo. È un onore sentire la sua voce”.
“Io ho già sentito... ho già sentito la sua voce. Prima, mi chiedeva aiuto”.
La donna si bloccò e raddrizzò le spalle, posò la tazza e sospirò. “Dovete correre immediatamente”.

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