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Lev - CEP - 9 - Notturni




Capitolo 9: Notturni


Noi non abbiamo paura di niente.
Crystal lo aveva detto a Jimmy, dopo aver spiegato per quale motivo dovesse assentarsi da un momento all’altro. Era arrivata solo il giorno prima, ma i bambini si erano già affezionati a lei. E anche a quello coi capelli rossi che sembrava suo amico. I due, tenendosi per mano, presero il primo aereo per Porto Alghepoli, non sapendo se quello sarebbe stato il loro ultimo viaggio.
Circa due ore prima, attorno alle sette di mattina, Green li aveva contattati con urgenza. Crystal si era svegliata nuda, avvolta in una coperta e stretta tra le braccia di Silver. Il ragazzo aveva mugolato, tornando a dormire. Lei aveva risposto al telefono. Green aveva spiegato di come Kalut lo avesse contattato. Aveva riassunto la previsione del ragazzo dai capelli bianchi e così aveva formato dei gruppi.
Tre sedi da difendere, tutte e tre papabili obiettivi del prossimo attacco di Zero, sei Dexholder più Kalut e due alleati: Blue, Green e Gold, che erano ancora a Kanto, avrebbero difeso Zafferanopoli. Sapphire era a Hoenn ma non poteva stare da sola, quindi Silver e Crystal la avrebbero raggiunta in poco tempo, essendo i più vicini, il luogo da proteggere era a Porto Alghepoli. Rocco e Camilla, in ultimo, erano già in aereo in direzione Austropoli, allertati da Kalut in contemporanea con Green. Tutti e tre i luoghi sensibili erano sedi della FACES. Il che era ironico, trovavano tutti i Dexholder: Zero avrebbe attaccato dei civili stavolta. E per quale motivo? Perché andare contro ai propri principi? Non era l’uomo della giustizia sommaria, ma pur sempre giustizia? Kalut però non si era diluito in spiegazioni. Lui sarebbe stato il jolly, nell’operazione. Avrebbe raggiunto il luogo dell’attacco non appena Zero si fosse mostrato. Per lui era semplice percorrere chilometri in poco tempo, per gli altri un po’ meno. Fatto sta che, ovviamente, tutto il gruppo aveva in ogni caso il compito di convergere nel primo luogo attaccato.
‒ Crys ‒ Silver le stringeva la mano, mentre l’aereo decollava. ‒ Andrà tutto bene.
Nessuno dei due ci credeva. Erano terrorizzati.
Sapphire aveva invece lasciato casa in groppa a Tropius, per raggiungere Porto Alghepoli in volo.
Suo padre, una volta compresa la storia, aveva pensato di provare a fermarla. Ma aveva visto il fuoco nei suoi occhi, niente le avrebbe impedito di farsi avanti e anche lui si era immediatamente morso la lingua per aver solo pensato di far agire sua figlia da vigliacca. L’aveva abbracciata più forte che potesse, con il battito cardiaco a ritmo disumano. Aveva pregato che facesse attenzione e che tutto andasse per il verso giusto, poi l’aveva lasciata andare, guardandola diventare un puntino nel cielo di quella mattina. Con l’angoscia a fargli compagnia.
Chilometri più a nord ovest, Green e Blue erano immediatamente accorsi a Zafferanopoli, incontrandosi. Gold era risultato irraggiungibile fin da quella mattina e ancora doveva conoscere tutta la vicenda. Dal telefono di Green partivano telefonate ogni minuto verso il ragazzo dagli occhi d’oro.
Invece, in volo sopra le loro teste, c’erano Rocco e Camilla. I due potenti Allenatori erano nel volo di linea diretto ad Austropoli più mattiniero che esistesse a Holon. Rocco teneva le gambe accavallate e fissava il vuoto con occhi vacui, Camilla teneva il broncio, decisa, ferrea. Si scambiavano qualche parola ogni tanto. Si rassicuravano, poi si rendevano conto di sembrare due adolescenti.
Il primo gruppo a riunirsi al completo fu quello di Porto Alghepoli, il che era una fortuna, dato che Hoenn era la regione più orientale il cui fuso orario era quindi in anticipo rispetto alle altre. Era quasi ora di pranzo e Zero, per le previsioni di Kalut, avrebbe attaccato verso la discesa del buio. Crystal fu accolta freddamente dalla ragazza di Hoenn. Con Silver successe lo stesso. I due erano giunti lì mano nella mano, e Sapphire evitò ogni domanda. Era stata data loro la raccomandazione di mantenersi discreti. Per questo si erano piazzati attorno al tavolino di un bar, evitando ogni sguardo ma vigilando su tutta la situazione circostante. L’edificio FACES di Porto Alghepoli era un alto grattacielo con finestre di vetro riflettente. Era protetto su due lati da dei costoloni di roccia naturali creati dalla formazione a gradoni della città. Il quartiere era leggermente dislocato rispetto al centro urbano, si trovavano invece sul versante est del massiccio, quello che dava sul mare. La periferia di Porto Alghepoli.
‒ Abbiamo un piano? ‒ domandò Silver.
‒ Aspettare, suppongo ‒ rispose Sapphire.
‒ Per fermare Zero, intendo.
Sapphire scosse debolmente la testa. Era sterile di qualsiasi buona idea, in quel momento. Aveva persino rischiato di pronunciare le parole “contatto Ruby per farci aiutare” davanti a Crystal. Aveva avuto modo di assaporare tutta l’ostilità di quella ragazza nei giorni precedenti, ma la capiva perfettamente. E anche Crystal si era resa conto di aver sbagliato a trattare in quel modo la sua amica. Ma nessuna di loro aveva intenzione di scusarsi, si scambiarono reciprocamente il messaggio tramite i loro sguardi. Gli occhi chiarissimi di Crystal guardavano Sapphire con un debole tono dispiaciuto, quelli cerulei di Sapphire cercavano di esprimere comprensione.
‒ Aspettiamo ‒ sussurrò Crystal, adagiandosi sulla spalla del fulvo.
Poche ore dopo, a Zafferanopoli era già pomeriggio inoltrato. Blue e Green attendevano Gold da parecchio tempo, ormai. Loro pure si erano stabiliti sul tavolino di un bar e in più avevano ordinato un aperitivo. La sede FACES che avrebbero dovuto proteggere era proprio al centro del quartiere della borsa, il che poneva sulle spalle una responsabilità ben più grossa e metteva nelle loro mani tesoro più fragile da proteggere.
‒ Kalut? ‒ chiese Blue, senza sapere di cos’altro parlare.
‒ Non si è ancora fatto sentire, dopo stamattina.
‒ Credi che ci possiamo fidare di lui?
‒ Non abbiamo altra scelta e poi per ora si è meritato la nostra fiducia.
Blue si appoggiò al cornicione, osservando la strada dall’alto.
‒ Sei preoccupata per Red? ‒ domandò Green.
‒ Sì, sappiamo bene che non è da lui sparire così all’improvviso.
‒ Lo ha fatto più volte: anni fa quando rimase congelato, quando tutti fummo pietrificati da Sird…
‒ No, no. Non così.
Blue era sinceramente in ansia per la situazione e ciò permeava chiaramente dal suo tono di voce. Green cercava invece di mostrarsi più distaccato. Forse era per la sua indole poco vigliacca, forse era per ostentare coraggio davanti a Blue.
‒ C’è qualcos’altro dietro, non può accadere tutto allo stesso tempo in questo modo… ‒ concluse Blue.
Poi si udì una suoneria. Era il cellulare di Green.
‒ Gold si è fatto vivo? ‒ chiese Kalut dall’altro capo del collegamento.
‒ No, non riesco a contattarlo.
‒ Ok, ormai non c’è più tempo, provvedo io. Attiva la modalità collegamento.
‒ Scusa? ‒ domandò Green.
‒ Il PokéGear, entra in modalità collegamento.
Green, titubante, gli diede ascolto. Effettivamente trovò impostazioni particolari che non aveva mai visto prima sul suo dispositivo, non capiva come ciò potesse essere accaduto. Kalut non smetteva mai di stupirlo.
Attivò l’opzione indicata dal ragazzo e improvvisamente cominciò a sentire la voce di Silver e di Rocco. Il primo si trovava a Porto Alghepoli, il secondo era appena sceso dall’aereo ad Austropoli. Era in collegamento in diretta con gli altri, dislocati in vari posti lontani. Potevano aggiornarsi al momento su qualsiasi novità e Zero avrebbe potuto parlare con loro senza doversi ripetere ogni volta.
‒ Ci siamo tutti? ‒ chiese il ragazzo dai capelli bianchi.
Tre responsi positivi, uno da Unima, uno da Kanto e uno da Hoenn.
‒ Perfetto, trovo il modo di contattare Gold in modo da indirizzarlo a Zafferanopoli ‒ proseguì Kalut. ‒ Manteniamo il collegamento tutto il tempo, se qualcuno di voi vede qualcosa di sospetto, lo faccia presente.
Altre tre risposte positive. E Kalut scomparve.
‒ Xatu, devo riuscire a trovare Gold ‒ fece il ragazzo dai capelli bianchi rivolto al suo Pokémon Magico.
I due erano sulla cima di una torre radio, ad Aranciopoli. Il pomeriggio era ormai inoltrato, l’aria marina era tiepida e frizzante.
“Vuoi provare la stessa tecnica che hai utilizzato per Zero?”
‒ No, non lo conosco abbastanza bene. Stavo pensando invece al programma di localizzazione del Pokédex. Green non può usarlo perché deve tenerlo nascosto agli altri, ma se riuscissi a sfruttarlo io…
“Ruberesti il Pokédex di Green?”
‒ Ho altra scelta?
Kalut aveva intanto indossato un auricolare bluetooth connesso al gruppo di comunicazione, grazie a tale dispositivo egli sentiva in tempo reale tutta la conversazione degli altri senza che loro sentissero lui. Se avesse desiderato intervenire, gli sarebbe bastata la pressione di un tasto.
“Allora andiamo” lo esortò Xatu. “Dobbiamo spremere ogni secondo.”
Kalut annuì chiamando il suo Skarmory che svolazzava a qualche decina di piedi di altezza sopra la tua testa. Il volatile dalle piume metalliche lo caricò in groppa e prese la direzione di Zafferanopoli.
Vi giunse poco dopo, scendendo sul tetto di un edificio. Individuò immediatamente i due Dexholder di Kanto seduti al tavolino di un locale. Scese in strada appendendosi ai cornicioni e, sotto l’occhio vigile di Xatu che lo allertava telepaticamente quando lo sguardo dei due ragazzi era puntato su di lui, si avvicinò sfruttando la folla come nascondiglio naturale. Ormai distava poche decine di metri da loro.
“Tu tratti tutta questa vicenda come un gioco…” gli sussurrò Xatu mentalmente.
“Perché, come dovrei trattarla?”
“Non so, stai mettendo in atto un piano di spionaggio solo per velocizzare un po’ le operazioni.”
“Quale piano? Sto improvvisando.”
“Non cercare di stupirmi, posso vedere il futuro, niente mi stupisce.”
“Posso solo immaginare la tristezza…”
“Ok, non puoi stupirmi, ma riesci ancora a spiazzarmi qualche volta.”
“Scommetto che questa non l’avevi vista.”
Kalut entrò nel bar, si infilò dentro la cloakroom dei dipendenti quando nessuno lo stava guardando e indossò a velocità lampo la tenuta di un cameriere. Uscì afferrando il primo vassoio che gli capitò a tiro, vi erano stati poggiati tre bicchieri di prosecco e una vaschetta di olive, lasciò uno dei bicchieri su un tavolo a caso. Giunto al tavolo dei due Dexholder, servì il prosecco e le olive.
‒ Offre la casa ‒ mormorò. ‒ per due leggende come voi… ‒ aggiunse, a voce più alta.
Inevitabilmente, mentre Kalut voltava le spalle, un paio di ragazzini si resero conto di star passando vicino al tavolo di Blue e Green, due dei più forti allenatori del Torneo di Vivalet. Fecero loro le feste e supplicarono una foto. Allora il cameriere-Kalut si offrì ben volentieri di scattarla con il telefono di uno di loro, per farlo lasciò il vassoio sul tavolo. Essendo nascosto dietro il cellulare, nessuno fece caso al volto del fotografo. Scattò la foto e la mostrò subito, tanto per distrarli. Fece cadere il vassoio dal tavolo, si chinò per raccoglierlo e, approfittando della disattenzione generale, sottrasse il Pokédex dalla borsa di Green.
“Ardito, ti sei superato…” commentò Xatu.
Rientrò nel bar, riprese i suoi vestiti e, entrando in bagno, uscì dalla finestra. Tornò immediatamente sul tetto del palazzo dove era rimasto il suo Pokémon. Aveva la refurtiva, era rimasto in incognito, aveva impiegato un tempo minimo.
Imparare tutto ciò che è possibile imparare ‒ formulò, parlando col volatile.
“Potresti scriverci un libro.”
‒ Non lo farò, vero? ‒
“No.”
‒ Meno male… ‒
“Ok, controlla la posizione di Gold, adesso.”
Perché sei divertito? ‒ chiese il ragazzo aprendo l’enciclopedia Pokémon.

Inserire la password
‒ Vaffanculo ‒ imprecò il ragazzo. ‒ E ora?
“Ora aspetti che il fato faccia il suo dovere, Gold comparirà.”
‒ Maledizione, devo mantenermi più attento.
“Io penso che tu debba contattare Aurora, potrebbe avere qualcosa da dirti.”
Kalut non ci pensò due volte. Xatu poteva vedere il futuro, aveva imparato che i suoi suggerimenti erano sempre indizi verso la soluzione. Tecnicamente, un Pokémon Eterno come lui non dovrebbe dare suggerimenti sul futuro ai mortali. Ma Kalut era, per sua stessa ammissione, l’essere umano più unico e intelligente che lui avesse mai seguito, ragion per cui era ammesso uno strappo alla regola ogni tanto. Solo sulle piccole cose, quelle alle quali prima o poi sarebbe comunque arrivato.
‒ Sì, era con me… ‒ rispose la ragazza alla domanda di Kalut.
‒ Potevi dirmelo ‒ ribatté lui.
‒ Non ho avuto tempo, stamattina ho dovuto fare tutto di fretta.
Dall’altro capo della telefonata, Aurora sembrava essere al volante: Kalut riusciva ad udire in sottofondo il ronzio del motore e il sibilo dell’aria che penetrava dal finestrino.
‒ Capisco… allora, che cosa gli hai spiegato?
‒ Gli ho spiegato tutto, come hai detto di fare tu.
‒ Bene.
‒ Non darà problemi, stamattina. Gli ho pure anticipato cosa fare.
‒ Ho capito, hai fatto bene.
‒ Riuscirete a fermare Zero? ‒ chiese poi Aurora, cambiando completamente tono di voce.
‒ Sì, ne sono certo. Ma non potremo fare nulla per evitare che la legge lo consideri un criminale. Almeno non ancora…
‒ Mi dispiace per lui, Kalut. So che gli volevi bene.
‒ Non preoccuparti, lo tireremo fuori dai guai.
Ci fu un istante di silenzio tra i due.
‒ Dove trovo Gold?
‒ Vi troverà lui, gli ho spiegato come inserirsi nelle comunicazioni del vostro gruppo.
E proprio in quel momento, Kalut udì una voce nuova nell’auricolare.
‒ Intendevate fare una festa senza di me? ‒ chiese il ragazzo dagli occhi d’oro con aria sorniona.
‒ Gold, maledetto… dov’eri? ‒ lo attaccò Green.
‒ Avevo da fare… piuttosto, credo che stiamo tutti aspettando la stessa persona.
‒ Ti hanno già spiegato la situazione? ‒ chiese Silver.
‒ Sì.
‒ Quindi ti hanno già detto che devi piazzarti alla postazione di Zafferanopoli.
‒ Perché?
‒ Come perché? Per Zero, idiota.
‒ Ah, già… devo aspettare Zero alla sede FACES di Zafferanopoli, che scemo…
‒ Gold non prendermi in giro ‒ lo minacciò il fulvo.
‒ Non ti prendo in giro, dolcezza… è solo che penso sia inutile andare ad aspettare Zero alla sede FACES quando lo ho qui a pochi metri di distanza da me ‒ e rise.
A tutti gelò il sangue nelle vene.
‒ Che diavolo stai dicendo? ‒ intervenne Rocco.
‒ Gold, dove ti trovi ora? ‒ chiese Green.
‒ Zafferanopoli, September Avenue, numero civico 218B, aspetto il mio Martini ad un bar, Zero ha invece ordinato… un Latte Mumu… in quello adiacente. Lui non sa che sono qui e che lo osservo, porta una giacca di pelle nera e un paio di pantaloni cargo rossi.
‒ Arriviamo immediatamente ‒ allertò allora Green.
‒ No! ‒ esclamò Zero introducendosi nella conversazione.
‒ Come no?! Dobbiamo agire in anticipo! ‒ ribatté il Capopalestra di Smeraldopoli.
‒ Zero ha intenzione di attaccare di notte, abbiamo ancora tempo, adesso sappiamo dove si trova. Gold continuerà a pedinarlo per non perderlo… intanto tutti gli altri prendano il primo volo e raggiungano Zafferanopoli. Insieme avremo più probabilità di sottometterlo senza danni collaterali. Ricordate che dovremo combatterlo in mezzo ad un centro abitato ‒ sciorinò Kalut.
‒ Porca miseria, ha ragione ‒ ammise Rocco.
‒ Sono d’accordo ‒ appoggiò Silver.
‒ Mh, va bene… ‒ acconsentì Green. ‒ Ma fate in fretta.
‒ Gold, tieni gli occhi fissi su Zero ‒ ribadì Kalut.
‒ Come se avesse una quinta ‒ rispose lui.
Gli altri membri della squadra, che avevano seguito la discussione dai propri compagni, avevano già cominciato a preparare l’occorrente per l’ennesima traversata in aereo. Passò il tempo di preparare un bagaglio con l’essenziale e raggiungere l’aeroporto a Ciclamipoli e già ad Hoenn si era fatta tarda sera. Sapphire, Silver e Crystal avevano acquistato i biglietti sul posto, avrebbero fatto la coda per il check-in, ma la situazione li aveva obbligati ad acquistare dei titoli di viaggio esclusivi e costosissimi che permettessero loro di imbarcarsi in fretta e furia.
Stessa situazione a Unima, ma Rocco e Camilla si trovavano agevolati: avevano preso il jet privato di lei, Rocco non ne disponeva più dopo aver perso la carica di Campione, e si erano messi in volo in poco tempo. Tuttavia, il percorso che avrebbero dovuto macinare era più lungo, quindi sarebbero arrivati bene o male alla stessa ora.
Era passato parecchio tempo. Gold era rimasto tutto il tempo seduto a quel bar, con lo sguardo puntato su Zero che non muoveva un muscolo da ore. Blue e Green si erano invece spostati, salendo sul tetto del palazzo più vicino al loro obbiettivo. Lo scrutavano dall’alto, pronti a ricorrere ad ogni loro arma per fermarlo. Kalut aveva fatto qualcosa di simile. Ma non si era piazzato in una posizione di vantaggio. Era invece seduto a gambe incrociate sull’insegna gigante che sovrastava una palazzina, all’inizio della via. Vedeva in lontananza Green, Blue, Gold e Zero. Ma loro non vedevano lui. Rifletteva, cercava di capire cosa avesse in mente quel folle del Campione di Holon, inserendosi nella sua testa.
Perché mostrarsi? Perché non preparare niente? Perché rimanere lì tutto il tempo?
Qualcosa sembrava sospetto in tutta quella situazione, qualcosa non andava. Aveva già svolto ogni calcolo e analizzato ogni eventualità: sarebbe riuscito a catturare Zero al cento per cento da quella posizione, forse pure evitando quei due o tre morti tra la folla di civili.
‒ Siamo al gate ‒ allertò Silver.
‒ Noi in volo ‒ ribatté Rocco.
‒ Noi in posizione ‒ si aggiunse Green.
‒ A me fa male il culo ‒ chiarì Gold. ‒ Prossima volta voglio un bar con le sedie più comode.
‒ Aspettate… ‒ mormorò Zero.
Fece appello ad ogni sua capacità deduttiva.
‒ Gold, che cos’aveva ordinato Zero? ‒ chiese, rapidissimo.
‒ Un Latte Mumu ‒ ricordò lui.
‒ Toccalo ‒ ordinò. ‒ Anzi, colpiscilo.
‒ Cosa?
Nessuno riusciva a stare dietro al ragionamento del ragazzo.
‒ Blue, Green, preparatevi ad intervenire nel caso in cui dovessi sbagliarmi.
‒ Che cosa sta succedendo? ‒ chiese Silver che nel frattempo non capiva nulla. Si era fermato sulla pista, in procinto di salire sul velivolo, insieme alle altre due Dexholder.
‒ Gold, colpiscilo! ‒ ringhiò Kalut.
‒ Porca puttana ‒ imprecò Gold, chiamando Ambipom e ordinandogli di attaccare il ragazzo seduto a quella sedia così poco distante da lui.
‒ Gold, non farlo ‒ esclamò Green.
Purtroppo, l’autorità di Kalut era superiore alla sua, e poi il primate dal pelo viola era ormai a metà strada, con una coda pronta a colpire e l’altra come contrappeso.
La folla si aprì, un ragazzo sulla ventina era stato scaraventato sul marciapiede dalla forza di un Ambipom, rotolando goffamente con il clangore della sedia metallica in sottofondo. Ci fu il silenzio generale, un po’ di movimento tra chi si fece da parte e chi cercò di avvicinarsi alla vittima.
Poi, sotto gli occhi attoniti di tutti e gli sguardi vigili e allarmati di Blue, Green, Kalut e Gold, Zero tornò in piedi all’improvviso. Rise. Emise luce propria.
La sua forma cambiò, rivelandone la vera identità.
‒ Era uno Zoroark. Silver, Crystal, Sapphire. Non Partite ‒ scandì Kalut con il tono della massima emergenza. ‒ Rocco, Camilla, cambiate direzione.
Silver buttò la valigia a terra, Crystal aveva già un piede nell’aereo e uno sulla scaletta.
‒ Torniamo indietro! ‒ esclamò. ‒ Ora! ‒ Sapphire e Crystal non capirono immediatamente.
‒ Cazzo! ‒ esclamò Rocco, ancora sospeso in aria nel jet di Camilla.
‒ Rocco… ‒ mormorò lei, girando verso di lui il pc con cui stava navigando.
Sul monitor era aperta la pagina del giornale online “HC One”. Vi erano delle foto in allegato e un video che riportava la scena di quella che sembrava l’esplosione di un edificio. Raggelò leggendo soltanto il titolo:

Attacco terroristico a Porto Alghepoli. Il salvataggio tempestivo del Campione. Lo scontro ancora in corso.


*
 
“Non attaccate mai per primi. Se si prende tempo, cambiate Pokémon o perderete. Non cercate di prenderlo d’anticipo, ma evitate le azioni troppo banali” li aveva allertati Kalut. “Impeditegli di comunicare con i suoi Pokémon, limitate la sua possibilità di sfruttare il terreno di scontro a proprio vantaggio” aveva invece consigliato.
I Dexholder si erano preparati duemila schemi in mente, ognuno dei quali sarebbe teoricamente stato in grado di sovvertire le sorti della battaglia contro Zero a proprio favore. Purtroppo per lui, Ruby non aveva udito nessuno di questi preziosi avvertimenti.
Zero, alle venti e trentadue, aveva fatto terra bruciata attorno alla sede dell’organizzazione FACES di Porto Alghepoli. Non aveva colpito il palazzo, lo aveva solo circondato. Era sceso dall’alto, in groppa ad un Braviary, aveva lanciato sul campo di battaglia un Lycanroc, uno Scizor e un Druddigon. Intendeva utilizzarli come guarnigione per penetrare nel palazzo, ma si era trovato davanti tutti i membri della squadra di Ruby. E così, mentre i due Allenatori erano impegnati a fulminarsi a vicenda con lo sguardo, i loro Pokémon avevano cominciato a scannarsi senza pietà alcuna. I loro colpi avevano messo in allarme la città intera: un Martelpugno di Swampert, eluso da Lycanroc, aveva trasformato un auto parcheggiata in un cartoccio di lamiere; un Dragopulsar di Druddigon, deviato da Flygon, aveva fatto esplodere tutte le finestre del secondo piano del grattacielo; un Forbice X di Scizor, evitato da Mightyena, aveva scrostato cinque metri quadri di asfalto stradale.
­­− ­Prendete le correnti tiepide, passando sul mare. A quest’ora dovrebbe essere la condizione più rapida per volare. Quando avrete raggiunto Porto Alghepoli probabilmente Ruby sarà già stato sconfitto, due di voi dovrebbero tenere Zero occupato mentre il terzo si occuperà dei civili e dei feriti. Non so che cosa abbia in mente di preciso, ma sono quasi sicuro che il suo piano preveda l’eliminazione totale della sede FACES. In ogni caso, pensate ai civili, lasciatelo demolire il palazzo, se riuscite a impedire che ferisca le persone – spiegava Kalut nella comunicazione condivisa. Era rivolto a Silver, il quale riportava tutto a Crystal e Sapphire. I tre erano in volo: le due ragazze sul dorso di Tropius e il fulvo sulle ali di Honchcrow. Stavano letteralmente mangiando il percorso tra Ciclamipoli e Porto Alghepoli. Sapphire teneva la schiena inarcata e il corpo perfettamente aderente alle squame del suo Pokémon per guadagnare aerodinamicità. Guardava il puntino lontano che era il loro obbiettivo e pregava di non star di nuovo andando ad assistere ad un’apocalisse come quella di Vivalet. Ruby era intervenuto alla svelta, anticipando Zero, il che faceva supporre che qualcuno, nella FACES, si era reso conto dell’imminente attacco all’ultimo momento, mandando a chiamare il loro guerriero migliore. Vincolato alla Federazione per chissà quale ragione. Eppure, nessuno di loro riusciva a comprendere. Da che cosa era stato tradito Zero? Quale indizio aveva permesso a Ruby, o a chi per lui, di prevedere l’attacco a Porto Alghepoli? Ciò che pesava sulla coscienza della ragazza era la loro disattenzione. Il fallimento della meticolosa mente di Kalut che non era arrivata a studiare ogni minima sfumatura della situazione.
E poi c’era il sibilo dell’aria, il quale sferzava gli zigomi della Dexholder di Hoenn come una lama affilatissima. Tutto attorno era silenzio, al centro del mondo solo lei, il suo Pokémon e il nemico.
In città, le persone fuggivano, i telefoni cominciavano a digitare il numero della polizia. Intanto, Zero sembrava non riuscire ad avanzare. Ruby, schierato come un oplita davanti all’entrata del palazzo, non accennava a fare un passo indietro. Il ragazzo sembrava volergli saltare addosso per malmenarlo, come fossero anche loro due Pokémon. La sede FACES era piena di lavoratori che avrebbero già dovuto timbrare il cartellino per la fine del loro turno di lavoro. Quella giornata era sembrata fin troppo noiosa e ripetitiva, si era proprio avvertito il bisogno di un minaccioso assassino pronto a far crollare un palazzo sopra alle loro teste. I poveracci non riuscivano a fuggire, nonostante la resistenza del Campione di Hoenn stesse dando loro un gran quantitativo di tempo. Non vi era un’uscita sul retro o una scala antincendio e l’unica porta principale era già stata sfondata una volta, prima che il Milotic di Ruby intervenisse contro quel minaccioso Lycarnoc. Ad ogni modo, la fuga non era sicura.
Ruby se ne rese conto, ma provare a spingere il nemico all’angolo era molto più facile a dirsi che a farsi. Impose alcune condizioni di complicazione ai Pokémon avversari, ma ogni strategia era inaffidabile e facilmente contrastata dall’intelligenza strategica di Zero: il congelamento di Druddigon durò pochi istanti, poi Scizor attirò un Fuocobomba di Castform e lo evitò all’ultimo sciogliendo il blocco di ghiaccio dell’alleato; il vapore creato da Milotic non riuscì ad ostruire la vista dei nemici, poiché Braviary lo scacciò via con le sue forti ali; le rocce affilate evocate da Flygon non limitavano il movimento, Druddigon le afferrava e le lanciava come proiettili. Lo scontro sembrava alla pari e perdurava su un caotico equilibrio da quasi venti minuti.
Poi, il Campione di Hoenn commise un errore: tentando di spostare la lotta sul lato destro, senza quindi forzare la posizione di Zero ma cambiando solo l’angolazione, mostrò il fianco per un istante, accorgendosi troppo tardi dei tre civili intrappolati all’interno della macchina al lato della strada. Zero era troppo vicino a loro, Druddigon era impegnato in un corpo a corpo con Milotic e se avesse vinto avrebbe potuto distruggere involontariamente l’auto, ammazzando due signori e un ragazzino. Ruby si rese conto della situazione con un istante di ritardo: gridò un ordine a Milotic per farlo spostare, ma non poté evitare il colpo di Scizor che era comparso sulla sua destra.
Il crostaceo gli chiuse la chela attorno alla spalla, avvicinandosi pericolosamente al collo. Ruby percepì il metallo acuminato lacerargli la pelle attraverso i vestiti e mordere tenacemente la sua carne. Zero aveva mirato direttamente a lui. Poi, la seconda chela del Pokémon, chiusa a pugno, lo colpì fortissimo sullo stomaco, scaraventandolo qualche metro indietro. Non riuscì ad alzarsi, perdeva molto sangue e gemeva di dolore.
Zero ebbe campo libero, i suoi avversari, preoccupati per il proprio Allenatore e privati di una guida, andarono al tappeto in poco tempo.
Il Campione di Holon si avvicinò minaccioso al palazzo, lasciò i suoi Pokémon a fare la guardia e vi entrò incedendo con terribile calma. Ruby era a terra con la sua squadra, per le strade c’era il caos, davanti a lui sostava una tremolante massa di inutili impiegati che non sarebbero riusciti a fermarlo neanche se lo avessero attaccato tutti insieme, il palazzo FACES era in suo possesso.
Pochi minuti dopo, Silver, Crystal e Sapphire giunsero sulla scena. Scesero al volo dai propri Pokémon atterrando sull’asfalto della strada martoriata dalla lotta di Ruby e Zero. Videro il palazzo FACES, il grattacielo di vetro le cui finestre erano state tutte infrante fino al quarto piano circa. L’ingresso era divelto, così come le decine di macchine spazzate via dai loro parcheggi che occupavano la strada. Vi era il deserto, una scialba folla di persone sembrava osservare da lontano la situazione, priva del coraggio di farsi avanti e della paura sufficiente per darsela a gambe. Sapphire individuò subito il corpo di Ruby disteso sulla strada. Il ragazzo si muoveva appena, cercava di alzare la testa per guardarsi intorno. Cercava i suoi Pokémon. Questi ultimi, similmente al loro Allenatore, erano tutti a terra, privi di energie.
−Ruby! – esclamò lei, gettandosi sull’amico.
Esaminò il suo corpo: la maglia nera che portava era stata forata in più punti, come se qualcuno gli avesse inflitto diverse pugnalate. Sapphire, non senza difficoltà, gliela tolse. Inorridì di fronte alla visione del suo torace: i tatuaggi lineari e perfetti generati dalle gemme erano spezzati in più punti, la carne era lacerata lungo una parabola precisa e i tagli arrivavano in profondità. Stava perdendo molto sangue.
−Cazzo−esclamò la ragazza. – Chiamiamo qualcuno, chiamiamo un’ambulanza! – gridò ai suoi compagni.
− No – gemette Ruby, digrignando i denti. – Bisogna fermare Zero.
Sapphire non capì. Il ragazzo aveva parlato, il che era un bene. Tuttavia non si capacitava di come potesse avere tale priorità persino in una condizione del genere.
− È là dentro – mugolò il ragazzo.
− Ruby, cazzo, devo portarti… −improvvisamente la ragazza ricordò.
I due si guardarono negli occhi. Ruby comprese di esser stato capito.
− Riesci a rifarlo…? – chiese lei.
− Adesso sì – rispose lui, con voce più ferma.
E la ragazza udì ancora quel rumore sfrigolante di metallo rovente immerso in acqua. L’odore di bruciato era coperto dalla puzza di asfalto e polvere. Davanti agli occhi di nuovo esterrefatti di Sapphire, ogni lacerazione sul corpo di Ruby si chiuse spontaneamente. Le sue ferite vennero istantaneamente cauterizzate e trasformate in linee colorate simili a quelle del suo tatuaggio. Ruby aveva il fiatone ed un colorito strano. Quel processo sembrava parecchio doloroso.
Sapphire fece due passi indietro, Silver e Crystal fissavano la scena muti ed esterrefatti. Non avevano mai visto i tatuaggi di Ruby, e ciò li aveva spiazzati un po’, ma dovettero convincersi di non star sognando tutto, quando videro il ragazzo rialzarsi dalla sua pozza di sangue, sano, seppur barcollante.
− Per quello che so ha con sé uno Scizor, un Lycanroc, un Druddigon e un Braviary – spiegò Ruby con tono affaticato. −Insieme dovremmo fermarlo.
− Che diavolo è appena successo? – chiese Silver.
− Le gemme… hanno degli effetti collaterali – spiegò Ruby sommariamente, rimettendosi la maglia. – Dobbiamo muoverci.
I quattro Dexholder, dopo aver somministrato qualche Revitalizzante alla squadra di Ruby, entrarono nel palazzo.
− Aveva intenzione di distruggerlo, perché non lo ha ancora fatto? – chiese Sapphire.
− Potrebbe essere sceso ai piani sotterranei per piazzare qualche ordigno? – tentò Crystal.
− Non penso, di solito utilizza solo i propri Pokémon. Sinceramente non so cosa abbia in mente, ma dobbiamo trovarlo nel minor tempo possibile – fece il ragazzo.
− Kalut sarebbe utile in questo momento – commentò Silver.
− Aspettate – Ruby chiamò all’appello Gardevoir. – Riesci a individuare tutte le persone che sono dentro questo palazzo? Dovresti individuare una mente molto somigliante a quella di Kalut – le chiese. Il Pokémon acconsentì e chiuse gli occhi, concentrandosi sull’obiettivo.
− Ci sono altre persone? – chiese Sapphire, allarmata.
− Sì, tutti i dipendenti che lavoravano qui, credo li stia tenendo in ostaggio.
− Merda… − commentò Crystal.
Gardevoir emise un verso. Ruby comprese e chiuse gli occhi, percependo le informazioni inviate del Pokémon.
− Ok – annuì. – Ci sono più di cento persone rinchiuse nei piani sotterranei, dovremmo farle uscire tutte. Zero si trova invece all’ultimo piano, è da solo.
− Io scenderò a liberare gli ostaggi – disse Crystal. – Siete voi i più forti, dovete affrontare Zero.
Aveva ragione, ma Ruby ebbe un dubbio.
− Potrebbe aver messo alcuni Pokémon a guardia degli ostaggi, non sarebbe tanto stupido da lasciarli soli. Forse faremmo meglio a dividerci in un due coppie – spiegò.
− Ok, non perdiamo altro tempo, io scendo con Crystal – annuì Silver.
− Non appena avrete tirato fuori le guardie, raggiungeteci – li esortò Sapphire.
− Va bene.
− Fate attenzione – aggiunse Crystal, rivolta a Ruby e Sapphire.
Li aveva guardati con occhi dolci, pur nel pericolo. Non aveva ancora perdonato Ruby né tantomeno si era riappacificata con Sapphire, ma sapeva di essere dalla loro stessa parte e di tenere alla loro salute. Alla fine, anche loro erano i suoi migliori amici.
E così, due Dexholder di Hoenn si avviavano verso l’esterno per raggiungere il piano più alto in volo, mentre i due di Johto imboccavano le scale di corsa, verso la posizione degli ostaggi.
− Come sapevi che avrebbe attaccato qui? – domandò Sapphire, lanciando la Ball di Tropius. – Anzi, come sapevi che Zero avrebbe dovuto attaccare?
− Kalut… lui ha scelto di allertare anche me. Poi un agente della sicurezza interna mi ha rivelato la posizione di un individuo molto somigliante a Zero, una manciata di minuti prima dell’attacco – spiegò lui.
− È un mostro.
− No, è un avversario come un altro. Dobbiamo solamente concentrarci.
− Ruby, stavi morendo fino a due minuti fa!
− Ma non sono morto. Senti… possiamo farcela, puoi farcela. Sei più brava e più forte di quanto tu creda, sei diventata molto più abile di quanto tu sia mai stata, non aver paura. Ho fiducia in te – le disse, prendendola per le braccia.
Sapphire rimase stupefatta. Ruby l’aveva gettata giù dal suo stesso Tropius per non farla lottare contro Max e Ivan, sette anni prima, e quando la Devon aveva scoperto la faccenda del meteorite, tempo dopo, aveva scelto di tenerla all’oscuro di tutto. Quel ragazzo aveva sempre scelto di caricarsi delle responsabilità al posto degli altri, per non mettere a rischio le persone a cui teneva. E ora, dopo così tanto tempo e dopo due anni di silenzio, le stava dando tutta quella fiducia. Sapphire si sentì piena di qualcosa che non riuscì a descrivere. Dalla sua bocca non uscirono parole. Si gettò al collo di Ruby e lo baciò sulle labbra, si strinse a lui più forte di quanto avesse mai fatto.
− Andiamo – la esortò lui, staccandosi dopo una manciata di secondi.
Sapphire aveva un sorriso assolutamente inadatto alla situazione stampato in faccia, quando salì in groppa al suo Tropius. I due Allenatori si staccarono dal terreno vincendo la forza di gravità. Ruby volava sul suo Flygon. Cominciarono a passare rasente alle vetrate, piano dopo piano, avvicinandosi sempre di più alla vetta.
Numerosi metri più in basso, Silver e Crystal stavano lottando contro un Darkrai la cui forza spropositata minacciava di far tremare tutto l’edificio. Lei aveva mandato in campo Hitmonchan mentre Silver stava utilizzando Feraligatr. Il Pokémon sembrava combattere come se avesse avuto un Allenatore a guidarlo. Teneva d’occhio tutto, riusciva a prevedere i movimenti dei nemici, elaborava tecniche complesse per abbattere le difese avversarie. Ma Crystal e Silver non si lasciavano intimorire. Avevano lottato insieme un numero esorbitante di volte, conoscevano i rispettivi punti di forza e punti deboli bene quanto i propri. Riuscivano a combinare le proprie forze.
Certo, lottare in un parcheggio non era comunque il massimo, il nemico riusciva a mimetizzarsi ai loro occhi trasformandosi in un’ombra bidimensionale e tentando agguati alle loro spalle. In ogni caso, riuscivano a tener testa al Pokémon Leggendario e pure ad assestargli qualche affondo violento, quando l’occasione lo permetteva.
− Gelodenti! – e Feraligatr attaccava.
Darkrai diventava un’ombra, allora Hitmonchan caricava un Centripugno con cui colpire il primo oggetto che si fosse mosso attorno a lui.
Il nemico emergeva dall’oscurità e cercava di utilizzare Vuototetro su Feraligatr, ma il potente maglio di Pokémon di Crystal lo scaraventava decine di metri più indietro.
− Sembra funzionare, dobbiamo continuare con questo ritmo – esclamò Silver.
− Che schifo… siamo così inutili… − si lamentava Blue.
Lei, Gold e Green si trovavano in volo su un aereo di linea che avevano praticamente preso per un secondo di anticipo. Entro circa un’ora sarebbero arrivati a Hoenn, ma erano ben lontani dal potervi giungere in tempo per essere d’aiuto nella lotta. Per questa ragione Green si massaggiava le nocche che aveva quasi distrutto prendendo a pugni mura e saracinesche e Blue si martoriava massacrandosi le unghie con i denti, Gold aveva invece creato dei coriandoli con il menu di bordo. Tutti e tre sentivano il bisogno di gridare come bambini. Eppure, non potevano far altro che aspettare e immaginare cosa stesse succedendo in quel momento a Porto Alghepoli.
Rocco e Camilla erano nella stessa situazione, solo che loro cercavano di annegarla lentamente nel bourbon. Il pilota del jet della Campionessa di Sinnoh, non senza molteplici problemi, aveva dovuto effettuare una deviazione. Il calcolo del carburante, della condizione e delle capacità del motore, tuttavia, lo avevano obbligato a rinunciare. Non avevano possibilità di raggiungere Hoenn. Non sarebbero entrati in battaglia. E questo li faceva star male.
La maggior parte delle persone rifuggono il pericolo e la difficoltà. Al contrario, gli Allenatori che hanno dovuto vivere in prima persona delle battaglie gigantesche come loro, non erano capaci di stare fermi. Non che cercassero il rischio e le battaglie, erano solamente degli spiriti ardenti e poco portati al relax e alla debolezza.
− Ci siamo! – esclamò Ruby.
All’ultimo piano della sede centrale FACES di Porto Alghepoli, un Tropius e un Flygon cavalcati da due Allenatori sfondarono le vetrate penetrando negli uffici. Ruby e Sapphire si ritrovarono in una stanza arredata in legno massello e pavimentata da una moquette morbidissima. Non c’era anima viva.
Imboccarono la porta, attraversarono un corridoio finché, guardandosi intorno, intravidero l’unica luce accesa. Proveniva da una stanza rivolta nell’ala sud, preceduta da un lungo corridoio tappezzato di quadri, ritratti e foto.
− Eccolo – mormorò Ruby correndo verso l’obiettivo.
Sapphire gli tenne dietro. Attraversarono il corridoio e svoltarono l’angolo, irrompendo nella stanza con le Poké Ball pronte ad essere lanciate.
Si trovarono davanti qualcosa che mai avrebbero potuto immaginare. L’ufficio apparteneva sicuramente ad un pezzo grosso, forse all’uomo più importante lì dentro. Aveva mobili in mogano e una vista sul mare veramente invidiabile. Era arredata alla perfezione e pulitissima, tranne per un particolare: un quadro era stato malamente lanciato a terra, nascondeva una cassaforte il cui sportello era stato lasciato aperto. In mezzo alla stanza, sotto la luce del lampadario, stava Zero. Solo, senza nessun Pokémon, disarmato.
Aveva un fascicolo di foglio nella mano e sembrava averlo appena letto.
Piangeva.


− Riesci a vederli, Xatu? – chiese al suo Pokémon.
“Zero è all’ultimo piano, Ruby e Sapphire lo hanno raggiunto. Nei piani sotterranei ci sono invece Crystal e Silver che lottano contro un Dakrai. Credo stiano cercando le persone...
− Che persone?
“Civili… terrorizzati… si trovano appena sotto di loro.”
− Non posso aiutarli, non ora, devo occuparmi di Zero.
“Quindi raggiungiamo l’ultimo piano?”
− Sì – rispose il ragazzo dai capelli bianchi.
Kalut aveva raggiunto Porto Alghepoli in tempi strettissimi, considerato che appena quarantacinque minuti prima si trovava a Zafferanopoli. Era sul tetto del centro commerciale e, un centinaio di metri più lontano, vedeva il palazzo FACES. Si preparava ad entrare in soccorso dei Dexholder per fermare Zero una volta per tutte.
“Kalut, aspetta…” mormorò ad un certo punto Xatu.
− Che succede?
“Non ti ho ancora detto cosa sta succedendo…”
− Andiamo, forza! – esclamò Silver. Il suo Feraligatr colpiva violentemente il Darkrai nemico, lo scontro stava volgendo leggermente a vantaggio suo e di Crystal. − Idropompa!
Il Pokémon Neropesto scomparve. L’oscurità a intervalli del parcheggio sotterraneo in cui stavano lottando era un ottimo espediente per nascondersi per un Pokémon come lui. Tuttavia, i suoi agguati erano divenuti ormai prevedibili e l’Hitmonchan di Crystal si era trasformato in una perfetta retroguardia pronta ad intercettare ogni singolo movimento sospetto. Stavolta però, Darkrai non tentò di prendere alla sprovvista Feraligatr o Hitmonchan.
Silver udì un urlo acutissimo, la eco di quel parcheggio amplificò la potenza di quel grido. Silver si voltò immediatamente.
− Crystal – sussurrò.
La ragazza aveva commesso un errore: invece di mantenersi nelle zone illuminate dalle luci al neon, aveva mezzo un piede in una zona d’ombra. Forse si era solo distratta, forse se ne era scordata, forse la violenza della lotta l’aveva costretta a fare un passo indietro involontariamente.
Aveva una grossa e affilata appendice nera conficcata nella coscia destra, un tentacolo fatto di pura oscurità le aveva trafitto la carne. Quella era l’unica parte del suo corpo che era entrata nell’ombra, ma secondo lei faceva già abbastanza male.
− Crystal! – gridò Silver, gettandosi verso di lei.
La lama d’ombra serpeggiò fuori dalla ferita, Crystal cadde a peso morto sul terreno e Silver la soccorse. Il sangue cominciò a fuoriuscire copioso, a terra si formò in pochi istanti una grossa pozzanghera. La situazione era preoccupante, ma tra il sangue, le grida di Crystal e la lotta che, anche senza le loro indicazioni, continuava ad imperversare, Silver mantenne la lucidità. Il fulvo prese gli elastici con cui Crystal si era legata i capelli e li utilizzò come lacci emostatici stringendoli nella parte alta della coscia. Prese la sua maglietta e la avvolse attorno alla ferita, premendo forte sui due fori da cui sgorgava il liquido ematico.
− Andrà tutto bene.
Tutto questo, non riusciva a calmare il dolore della ragazza. Chiamò allora Weavile e ordinò di raffreddare la ferita, in modo da diminuire l’afflusso sanguigno e dare un minimo di sollievo alla ragazza.
− Non è successo niente, ti porterò in ospedale.
Crystal continuava ad ansimare. Aveva le lacrime agli occhi e stringeva il braccio di Silver come fosse stato l’ultimo appiglio prima del vuoto.
−Ti prego, farò di tutto per salvarti.
A quel punto, Silver si rese conto di trovarsi davanti ad una scelta: fuggire con Crystal tra le braccia e avere un buon margine di possibilità di salvarla oppure pensare agli impiegati, salvando centinaia di persone, ma perdendo di certo Crystal.
Zero sembrò non curarsi della presenza di Ruby e Sapphire nella stanza. I due, dal canto loro, non sapevano assolutamente come muoversi. Si erano preparati a dover affrontare l’Allenatore più forte del mondo, ma lo avevano trovato lì, da solo, al centro della stanza, con un foglio in mano e il volto rigato di lacrime.
Con lo sguardo più umano che gli avessero mai visto fare, Zack alzò gli occhi in loro direzione. Si asciugò le lacrime con le dita. Guardò il pavimento come un bambino che ha appena combinato un disastro.
− Teneva tutto in cassaforte, il bastardo… − commentò, alzando il mento in segno di disprezzo verso la scrivania.
Ruby e Sapphire erano ancora pietrificati.
− Mi è toccato irrompere dentro un palazzo – ringhiò.
− Zero… − tentò Ruby. – se hai ottenuto quello che volevi, puoi lasciar andare i civili.
− No, mi dispiace, loro moriranno tutti – negò il Campione di Holon accennando una risata, come fosse la cosa più normale del mondo.
− Aspetta, perché dovresti farlo? Qual è il tuo obiettivo? – Ruby cercava di mantenere la calma.
Zero scrutò il personaggio che aveva davanti. Fece qualche passo in sua direzione.
− Io ti ho fatto uccidere dal mio Scizor, Ruby, e non hai neanche un graffio…
− Zero, ti chiedo di rispondermi, altrimenti sarò costretto ad utilizzare le maniere forti – lo minacciò Ruby.
Zero tacque. Aggrottò le sopracciglia e annuì.
− Va bene – sussurrò.
Il pavimento tremò sotto i piedi dei presenti, il palazzo sembrò dondolare come una torre di costruzioni. Ruby e Sapphire furono colti di sorpresa, ma Zero non fece la minima piega.
− Lo senti? – domandò Zero. – Sono io che comando qui! – gridò loro il ragazzo.
− Che diavolo hai in mente?
− Oh, niente di particolare, solo i miei Pokémon pronti ad abbattere questo gigantesco castello di carte dalle fondamenta – stavolta aveva lui il coltello dalla parte del manico.
− Tu non puoi…
− Sì io posso.
Zero sospirò. Ruby teneva fissa la posizione, coprendo Sapphire col suo corpo.
− Non credere che sia io il cattivo, ragazza – disse lui, rivolto alla Dexholder. – Il tuo amichetto lì… ha pure lui qualcosa da raccontarti.
− Che cosa stai dicendo? – chiese Sapphire, senza sapere come rivolgersi ad un genio omicida fuori di testa.
− Dico che ci troviamo qui per una ragione ben precisa, no? Niente va mai lasciato al caso. Ti sei chiesta perché ho colpito la multinazionale che controlla la Lega di questo buffone qui davanti? Non hai mai pensato di fare qualche connessione?
Sapphire era ormai incuriosita. Ruby taceva, con espressione provata in volto.
− Però effettivamente nemmeno lui ha colpa… è solo un disperato, proprio come tutti…
− Zero, dicci che cosa vuoi e che scopi hai – riprovò Ruby.
− Io voglio che questo posto diventi polvere, amico mio… − rispose Zero. – Mi hanno portato via tutto, mi hanno fatto sembrare un assassino, mi hanno dipinto come un mostro. E allora va bene, sarò il mostro che hanno creato.
− Parli della bugia a proposito di Murdoch? – intervenne Sapphire.
Zero si mostrò stupito.
− Cosa sapete?
− Sappiamo che i tuoi Superquattro ti hanno tradito e incastrato, ci è stato detto da una persona.
− Oh, il giovane Kalut… beh, voi gli avete creduto?
− Ha dimostrato di meritare la nostra fiducia – rispose la ragazza.
− Beh, effettivamente ha ragione. Murdoch ha ucciso tutte quelle persone a Vivalet sapendo che poi la colpa sarebbe ricaduta su di me, Fenix, Axel, Tiana… erano tutti d’accordo per farmi arrestare.
− Noi ti crediamo, Zero, possiamo fare qualcosa…
− Beh, sì, alla fine ho soltanto ucciso quattro persone, demolito l’Altopiano Blu, abbattuto il palazzo della FACES e fatto una strage dei suoi uomini… mi rilasceranno sicuramente.
− Perché hai deciso di diventare un criminale? Perché non hai scelto di dimostrare la tua innocenza?
− Perché è così che loro ti maneggiano! – esclamò lui con tanta forza nei polmoni da mettere quasi paura ai due Dexholder.
− Ti mettono nei guai, ti distruggono… poi ti tendono la mano al momento giusto. Se sono la tua unica speranza, possono sfruttarti a loro piacimento – spiegò Zero.
− Di chi parli, quando dici loro? – chiese Sapphire.
Zero non rispose subito, lasciò parlare Ruby. Il Campione di Hoenn si era zittito dopo l’accusa di Zero e, fino a quel momento, aveva taciuto.
− Della FACES – rivelò il Dexholder.
− Bravo, risposta esatta, figlio di Norman.
Tale appellativo causò un piccolo spasmo al ragazzo, come se fosse stato punto all’improvviso.
− Ruby, che cosa intende? – chiese Sapphire.
− I miei Superquattro erano agenti FACES. Avevano l’ordine di boicottarmi fin dall’inizio. Io non lo sapevo, non l’ho capito subito… − spiegò Zero. – Ero una minaccia, per la FACES, perché ho scalato fino alla vetta del potere con il solo obiettivo di distruggerla, loro lo hanno scoperto in qualche modo, mi sono fidato delle persone sbagliate.
− E perché volevi distruggerla?
− Per questo – disse passando loro il fascicolo che stava leggendo fino a poco prima.
Ruby lo prese con cautela, lo alzò in modo che anche Sapphire potesse leggere con lui.
Silver teneva Crystal stretta a sé. La ragazza continuava a perdere sangue, nonostante il suo intervento di soccorso. Stava per prendere una decisione quando qualcuno comparve alle sue spalle.
− Portala via, qui ci penso io… − mormorò Kalut.
Silver si voltò, comprendendo di aver appena ricevuto una grazia dal cielo.
− Sbrigati, o non durerà a lungo.
Il ragazzo corse sulla via del ritorno. Aveva Crystal in braccio che gemeva e diventava sempre più pallida. Fece una, due, tre, quattro rampe di scale senza mai fermarsi. Poi avvenne qualcosa: il terreno tremò sotto i suoi piedi, il palazzo sembrò doversi sgretolare da un momento all’altro. Cadde dell’intonaco dal soffitto, qualcosa si mosse nell’ombra.
Il ragazzo ebbe appena il tempo di posare a terra la debole Crystal senza farle del male e prendere una Ball dalla propria cintura. Una creatura si avventò contro di lui, famelica. Per fortuna, fu abbastanza rapido da chiamare il suo Feraligatr che lo difese dagli artigli di un ferale Lycanroc.
Se fosse stato un minimo meno attento, sarebbe sicuramente morto, e di conseguenza anche Crystal. Il Pokémon Lupo che aveva davanti sembrava eccitato all’idea di affondare le sue zanne in lui. Era uno dei Pokémon di Zero, quindi temerlo era giusto e saggio. Ma Silver aveva deciso che nulla gli avrebbe impedito di salvare la ragazza.
− Cascata! – ordinò al suo Pokémon.
Professor Roland. Soggetto 01: Zackary Edward Roland.
Unione del genoma Pokémon e del genoma umano in fase embrionale.
− Bello, vero? – chiese Zero. − Un padre malato, amante solo di se stesso e del suo lavoro… un paio di calcoli. E così una persona talmente arrogante da non limitarsi a distruggere la tua vita, no… io sono stato creato per una sperimentazione! – gridò, in preda all’ennesimo sbalzo di umore.
− È la verità, questa? – domandò Ruby. – Sono andate così le cose?
− Sì, Ruby, io sono l’esperimento di mio padre. La FACES spinse perché fossi creato, la FACES comandò quell’uomo perché mi costruisse.
− E vuoi vendetta, per questo? – chiese Sapphire.
Zero sorrise. Lo fece in maniera quasi tenera.
− Sembrerebbe la cosa più ovvia, già… ma non è così – scosse la testa. – La vendetta è precisa e prevedibile, è una reazione, è il karma che colpisce al contrario. Io sono più colui che intende impedire che tutto questo avvenga. Questa creazione di mostri, di uomini in provetta, la FACES non può avere il dominio pure sugli esseri umani. Non ne ha il diritto!
− E per questo intendi uccidere dei civili? Degli uomini innocenti? – chiese Sapphire.
− Sì, hanno provato a distruggermi, ci sono riusciti, tutto ciò che posso fare è dimostrare che avevano ragione… sono un criminale. Ma sono un criminale spinto dal desiderio di annientarli per quello che hanno fatto. E quanto tutti crederanno che io abbia agito per vendetta, indagheranno sulla FACES, capiranno cosa sta succedendo…
− Kalut, hai ragione, la FACES va fermata, ma non uccidendo dei civili… − riprovò Ruby.
− Mi dispiace, io non ho nulla contro di voi… si, forse ti ucciderò, Ruby. Ma non qui, non ora, a meno che tu non decida di restare all’interno del palazzo.
− Darkrai è stato battuto, sto facendo uscire gli ostaggi dall’uscita del parcheggio. Silver, tu e Crystal siete fuori? – domandò Kalut sul gruppo di comunicazione. Il ragazzo aveva spalancato l’uscita per le auto che era stata sigillata da Zero.
− Ci siamo quasi.
− Hai preso la strada più lunga, datti una mossa, Zero vuole distruggere questo posto per intero.
− Non è così semplice, dannazione.
− Mi dispiace, Zero, dobbiamo comunque impedirti di distruggere questo posto – disse Sapphire. Ruby chiamò all’appello Swampert, lei fece lo stesso con Gallade.
Zero si coprì la faccia con la mano.
− Sono lusingato, ma non potete fare niente, non sarò io a dare gli ordini stavolta. È già tutto programmato, i miei Pokémon sanno già cosa fare… − alzò le spalle.
I due Dexholder non parlarono. Ebbero seriamente paura, capirono di non poter fare niente e di aver solo perso tempo fino a quel momento.
Altra scossa, il palazzo tremò come una gelatina.
− Tardi… troppo tardi – mormorò il ragazzo.
− Ti fermeremo comunque, Zack – gli fece Sapphire, con la voce più insicura mai modulata.
“Kalut, intervieni all’ultimo piano” fece Xatu.
“Che succede?” chiese lui.
“Prova ad immaginare…”
“Merda.”
Il ragazzo dai capelli bianchi, fatti uscire tutti i civili, saltò in groppa a Xatu che lo condusse fino all’ultimo piano in poco tempo. Vide immediatamente la scena che si era prefigurato: Ruby e Sapphire intenzionati a portare via Zero per consegnarlo alla legge.
− Fermi! – esclamò Kalut, comparendo alle loro spalle. – Lasciatelo andare.
In quel momento, tutto il palazzo cominciò a crollare. I civili erano fuori, Silver era sicuramente già uscito.
− Cazzo, Kalut, che ti salta in mente? – chiese Ruby.
− Fidatevi di me, arrestarlo significa fare il loro gioco.
Il palazzo cominciava a dondolare pericolosamente, i vetri si rompevano, gli oggetti cadevano da sopra le scrivanie, i muri iniziavano a sgretolarsi.
− Vuoi scherzare? Tu per primo parlavi di fermarlo – fece Sapphire.
− Non così, non arrestandolo.
− Che significa?
− Significa che Kalut ci serve libero, e che le forze dell’ordine sono la FACES, ormai. Non possiamo fidarci, spero vi abbia spiegato cosa sta succedendo. Dobbiamo averlo dalla nostra parte e non dalla loro.
Ruby guardò Kalut, poi fissò Zero, poi cercò risposte negli occhi di Sapphire. Non sapeva come fare, non riusciva a capire quale fosse la cosa giusta da fare.
L’ultima Idropompa, e anche Lycanroc andò al tappeto. Silver ordinò a Feraligatr di caricarlo in spalla perché anche quel Pokémon fosse tratto in salvo. Mancavano ancora un po’ di piani all’uscita. Il ragazzo fece altre rampe di scale, con l’aria che nemmeno entrava o usciva più dai polmoni. Sentiva il sangue pulsare sulle tempie e le gambe bruciare come tizzoni ardenti. Si trovò davanti all’uscita, quando tutto cadde.
L’intero pavimento del primo piano crollò davanti alle vetrate, quasi colpendo Silver e Feraligatr in pieno. Il ragazzo non poteva muoversi bene, gli era difficile persino mantenere l’equilibrio, a causa della sorta di scossa sismica che era in corso. Vedeva i muri crollare, i pavimenti che si aprivano fino a mostrare il piano sottostante. Le colonne torcersi su loro stesse e il cemento sgretolarsi.
− Ti amo – le sussurrò, sperando che fosse ancora abbastanza sveglia da sentirlo.
Con le sue ultime forze, correva verso l’uscita con Crystal in braccio quando un pezzo del soffitto di staccò di netto sopra di lui.
Il ragazzo fu colpito, rovinò a terra e lì rimase, svenuto, stretto sulla ragazza come ultimo spasmo di coscienza.
Feraligatr era dietro di lui, lo aveva visto cadere e perdere i sensi.
− Ah, vaffanculo! – esclamò Ruby.
− Che cosa dobbiamo fare? – si domandò Sapphire.
− Mi occupo io di lui, mettetevi in salvo – fece Kalut. – Non possiamo consegnarlo alla legge, lo capite?
Il Campione di Holon, trattato come merce di scambio, taceva e seguiva la conversazione con un’espressione divertita in volto, ma nessuno ci faceva caso. Di nuovo, Ruby e Sapphire si guardarono negli occhi. E così si convinsero. Riuscirono a trovare la forza nei loro rispettivi sguardi.
− Faremo come dici tu – mormorarono, lasciando Zero nelle mani del ragazzo dai capelli bianchi.
− È la scelta giusta – commentò lui, guardandoli negli occhi.
I Dexholder cercavano avidamente una piccola ombra di sincerità nel suo sguardo, ma gli occhi di Kalut erano indecifrabili, lo erano stati dal loro primo incontro: due perle vitree che sembrano sempre osservare ogni particolare di qualsiasi situazione. Avevano fatto l’impossibile per fermare Zero e all’ultimo momento il loro alleato più importante aveva rivelato di voler tenere in libertà il loro nemico, si stavano sentendo terribilmente in colpa. Eppure lo guardavano mentre Kalut lo accompagnava verso una vetrata infranta per farlo fuggire con sé.
Poi accadde qualcosa: il ragazzo dai capelli bianchi sussurrò qualcosa all’orecchio di Zero. Questo si voltò verso Ruby e Sapphire.
− Avete perso qualcuno? – chiese, con uno sguardo di dolore puerile negli occhi.
− Un nostro amico è morto a causa di tutto questo – rispose Ruby. – Si chiamava Emerald ed è stato ucciso da Rayquaza. So che è stato Murdoch a causare il disastro a Vivalet, ma sei stato tu ad aver portato tutto questo.
Zero sembrava per la prima volta toccato dalle sue parole, lo stava ascoltando con attenzione.
− Non sei nostro nemico, ma voglio che tu sappia che molti innocenti sono morti a causa di tutto questo e uno di loro, in particolare, si è sacrificato per me, era una delle persone migliori al mondo – concluse.
Il sorriso sul volto di Zack era decaduto. Ciò che Ruby aveva detto lo stava facendo rimuginare su qualcosa. Tuttavia, ebbe poco tempo per farlo, quando Kalut lo prese e lo gettò nel vuoto. Braviary intervenne tempestivo, prendendolo al volo, e Xatu lo affiancò. Kalut e Zero scomparvero nell’oscurità della notte.
Gli abitanti di Porto Alghepoli assistettero ad una scena epica e drammatica. Il grattacielo FACES, il più alto della città, si sgretolò su se stesso. Implose scomparendo in una nuvola di polvere. Dalla sua sommità, comparvero due puntini verdi: un Flygon e un Tropius. Le loro cavalcature erano due Dexholder, che atterrarono tra la folla ammassata per le strade, in mezzo alle prime linee. Si era creato, attorno alla zona dell’incidente, un ampio cerchio di ambulanze, volanti, giornalisti. La notte di Porto Alghepoli era ormai colorata dalle luci blu della polizia e dai flash delle macchinette fotografiche, si avvertiva il caos tipico della folla: schiamazzi, chiacchiere, casino.
I due, finalmente in salvo, cercarono Silver e Crystal. Si guardarono attorno, chiesero ai passanti, gridarono a voce alta il loro nome. Poi lo videro: dalla nuvola di polvere, uscì una sagoma di grosse dimensioni.
Sapphire lo riconobbe subito: era il Feraligatr di Silver.
Gli corse incontro e vide molto di più. Il rettile portava i corpi del suo Allenatore e di un Lycanroc sulla spalla destra e nel braccio sinistro stringeva Crystal in posizione fetale. Li aveva portati fino a lì caricandosi di tutto il loro peso, nonostante avesse addosso i segni e la fatica di ben due battaglie. Il Pokémon lasciò i corpi ai paramedici e si gettò a terra per riposarsi. Era coperto di una mistura di sangue e polvere. Sia Silver che Crystal grondavano: lui dalla testa e lei dalla gamba. Immediatamente furono caricati su un’ambulanza che partì a razzo verso l’ospedale più vicino.
Sapphire e Ruby, che avevano seguito la scena da qualche metro di distanza, si accorsero si starsi tenendo la mano. Rimasero stretti l’uno a l’altra in mezzo a tutto quel caos, quella polvere.
Rimasero uniti nella folla, immobili, silenziosi, notturni.
 

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