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HNK - TIR - 15 - Quiete



Quiete



Cole concluse il suo racconto, cercando di non tralasciare alcun particolare. Il tempo scorse veloce mentre spiegava i particolari di come fosse venuto in possesso della sua armatura e, ovviamente, avesse ottenuto il supporto di Mewtwo. Le ombre iniziarono a farsi oblique, mentre il racconto volgeva al termine. Kyle rimase con la bocca spalancata per tutto il tempo, incredulo di fronte alle parole dello zio. Non avrebbe mai potuto anche solo immaginare una storia simile, per questo restò più che incredulo alle parole dello zio; soprattutto la parte riguardante Mewtwo. Quel Pokémon leggendario esisteva davvero, e si trovava adesso a pochi passi di distanza da lui.
- Ti rendi conto di ciò che hai fatto? – chiese Daisy.
La donna aveva gli occhi lucidi mentre parlava al suo uomo. Conscia delle conseguenze che di lì a poco, sarebbero potute giungere.
- Potresti morire da un momento all’altro! – continuò lei. Blue rimase in silenzio, lasciando le sue osservazioni vagare nella sua mente.
- Non rischio la morte, tecnicamente. Semplicemente più tempo passa, più l’oscurità corrompe il mio corpo.
- E non è la stessa cosa? – sbraitò Daisy.
Kyle si spostò, istintivamente, verso di Blue, in cerca di conforto mentre i due litigavano. La ragazza lo prese nel suo abbraccio, come a proteggerlo.
Sur, che fino a quel momento era rimasto in silenzio seduto su di una sedia, leggermente in disparte, prese la parola per la prima volta durante quell’incontro.
- Cole, tutto questo è vero? – il suo tono era pacato, quasi disinteressato.
La sua voce proruppe in modo anomalo, nel baccano creato da Cole e Daisy, i quali si voltarono immediatamente verso di lui.
- Quello che hai appena detto, è vero? Hai Mewtwo con te?
- Sì, era tutto vero.
- Quindi adesso abbiamo anche noi un’arma dalla nostra parte. Hai già sperimentato le potenzialità dell’armatura e di Mewtwo?
- Non ancora.
- Sur, che diavolo stai blaterando? – Daisy rimase scioccata.
- Sono oggettivo, Daisy. Stanno organizzando un assalto. Abbiamo bisogno di un asso nella manica, loro hanno un esercito fatto di uomini e Pokémon senza alcun tipo di contegno morale. Uccidono donne e bambini, e farebbero qualsiasi cosa per soddisfare quel pazzo del loro leader. Quindi una cosa come quell’armatura può esserci davvero utile. Quanto tempo ti ha dato Giratina?
- Non mi ha dato alcun tempo, non si è sprecato per queste cose. Però ho Mewtwo dalla mia, quindi dovrebbe essere abbastanza.
- Ma una volta vinta la rivolta, potrai liberartene?
- Sì, Sur. Portato Sua Santità al cospetto di Giratina, sarò libero dal fardello.
- Ottimo; l’ago delle possibilità si sposta a nostro favore – commentò Sur, con lo sguardo vitreo perso nel vuoto.
- Siete pazzi? Vi rendete conto di ciò che state dicendo? Tutto questo mi sembra un film di fantascienza… - Daisy era scioccata e impaurita al tempo stesso.
- Daisy, non ti preoccupare. È stata una mia scelta e me ne prendo le responsabilità. Avevamo la necessità di un vantaggio, per poter vincere, ho solo rimediato quel vantaggio.
- Ma rischi la morte. Ti ho già perso una volta, non voglio accada di nuovo.
- Scusate se mi intrometto – Blue prese la parola – Ma Cole ha fatto la cosa più logica: nel caso in cui ciò che stiamo organizzando andasse male, moriremmo tutti. Nel caso in cui non facessimo nulla, moriremmo lo stesso; abbiamo la certezza, grazie alle nostre spie, che il Sacro Ordine stia organizzando uno sterminio di massa, utilizzando i loro satelliti e armi biochimiche calibrate per attaccare chiunque non appartenga al loro Credo. Abbiamo poco tempo, moriremmo in qualsiasi caso. Cole ha fatto la scelta giusta, a mio parere.
Daisy le volse uno sguardo glaciale, quasi come a ucciderla con i soli occhi. Blue sentì i brividi nel vedersi osservata in tal modo da lei.
Lo sguardo mutò, diventando una ricerca di sicurezze e conforto.
Blue capì quasi immediatamente le preoccupazioni della donna, molto simili a ciò che provava anch’essa ogni volta che Green andava in missione.
- Credimi, il tuo Cole ha la pelle più dura che io abbia mai visto, non morirà.
Daisy si volse verso di Cole, guardandolo fisso negli occhi. Poi, senza dire una parola, si diresse verso la porta, lasciando lì gli altri. Kyle non diede tempo alla porta di chiudersi, e si fiondò immediatamente dietro di lei, mormorando parole affrettate di scuse nei riguardi di Blue, per essersene andato senza salutare.
- Lei capirà – disse Sur, guardando Cole in volto.
- Lasciale metabolizzare la cosa, poi vedrai che sarà lei stessa a tornare. Adesso, se volete scusarmi, questo vecchietto deve andare a far riposare il culone. Ci vediamo a cena?
- Certo, Sur, a dopo.
Così, anche Sur si allontanò dal laboratorio di Blue, lasciandola da sola con Cole.
- Capirà il motivo delle tue scelte, vedrai – Blue prese la mano di Cole fra le sue, minuscole al confronto.
- Beh, almeno una fidanzata mi consola… peccato non sia la mia però. Piuttosto, notizie di Green?
- È da stamattina che sta rintanato nell’osservatorio. Ancora non si è staccato dalla radio.
- Nessuna novità, presumo…
- No, Cole, zero contatto radio. Sembrano come scomparsi nel nulla.
- Tranquilla, il vostro uomo è fin troppo stronzo per essere morto.
- Lo so, e poi deve ancora riuscire a batterti a biliardo, giusto? Non si arrenderebbe mai.
- Esattamente – Cole ridacchiò.
- Ora meglio io vada, se non voglio che Daisy diventi la versione satanica di se stessa, avvertimi quando il dottore torna.
Cole salutò Blue, richiudendosi poi la porta alle spalle, col sorriso sul volto. Era convinto che Daisy avesse capito perfettamente tutto ciò che l’aveva spinto a quella scelta, aveva solo bisogno di tempo. E lì, a New Hope, lo scorrere di quest’ultimo era come rallentato o addirittura fermato.
Dopo anni e anni di fuga e paura, era arrivata una prima pace duratura.

- Daisy! – Kyle correva verso la donna che, quasi correndo, si era lanciata dentro la foresta.
Ma lui era più piccolo e atletico, riuscì a sgusciare facilmente fra i rami e tronchi degli alberi, mentre Daisy era costretta a fermarsi più e più volte, non conoscendo neanche il sentiero.
Kyle si avvicinò e la bloccò afferrandole il braccio.
- Stai sbagliando strada, la cittadella è… - Kyle si bloccò, non appena vide il volto di Daisy – Ma stai piangendo?
- No, è solo colpa di tutte queste piante, mi è finita della roba schifosa negli occhi.
- È la prima volta che ti vedo piangere… Lo zio lo fa per noi, solo per questo ha deciso di…
- Basta! – urlò Daisy, interrompendolo.
- So benissimo perché l’ha fatto e cosa ha pensato in quel momento. L’avrei fatto anche io.
- Allora perché sei scappata?
- L’hai detto tu, è la prima volta che mi vedi piangere. Nessuno dovrebbe mai vedere i propri leader piangere, che esempio darei?
- Essere umani – sussurrò Kyle, più a se stesso che a Daisy.
- Cosa?
- Essere umani – ripeté.
- È normale piangere, tutti lo fanno, anche i leader possono permetterselo. E poi, piangere significa combattere con tutte le forze per qualcosa.
Kyle abbracciò Daisy, lasciando che la testa di lei scivolasse nell’incavo fra il suo collo e la sua spalla.
- Non sei arrabbiata con lo zio Cole, vero?
Lei scosse la testa, liberando le emozioni che tratteneva da molto più tempo che Kyle potesse immaginare. Il suo pianto venne consolato dalle carezze e le parole del suo giovane nipote acquisito, nonostante le orecchie di lei non recepissero ormai più alcun suono. Rimasero così, in ginocchio uno davanti all’altro, per un lasso di tempo indefinito.
Fu solo quando un piccolo Hoothoot si librò nell’aria sopra le loro teste, che i due alzarono gli occhi.
Il Pokémon volteggiava su di loro, descrivendo cerchi di diametro sempre inferiore, sfrecciando fra gli alberi con precisione chirurgica, nonostante la scarsa illuminazione. Il suo verso echeggiò fra i rami, quando iniziò la manovra di discesa. Senza alcun dubbio o ripensamento, Hoothoot planò verso i due, poggiandosi infine sulla spalla di Kyle. Rimase lì appollaiato, come se non si fosse accorto di stare usando un essere umano come appoggio. Daisy rimase immobile, mentre le ultime lacrime le scorrevano sul viso, distruggendole quel poco di trucco fatto in casa che le avevano prestato le donne del posto.
- Ehy, ma tu sei lo stesso Hoothoot di prima. Ti è piaciuto il pane? – Kyle gli accarezzò sotto il becco, provocando un leggero tremolio di piacere nell’altro.
Hoothoot parve accettare di gran gusto le carezze di Kyle, tanto col finire con lo strofinare il becco sulla guancia del ragazzo.
- Se vuoi venire con noi, stiamo andando a mangiare. Ho due Pokémon con cui potresti stare, nel frattempo; sono due terremoti ma secondo me ci puoi fare amicizia.
- Hoot-Hooooot – commentò il Pokémon, dando il suo consenso.
- Ottimo, allora seguici! – esclamò Kyle, preso dall’euforia.
Iniziò a camminare spedito, sicuro di ricordarsi perfettamente la strada da cui erano provenuti, ore prima.
Daisy lo guardò allontanarsi, con quel piccolo Hoothoot che si era arpionato testardamente alla sua spalla e non ne voleva sapere di scendere e percorrere la strada in volo. Anche lei si alzò in piedi e seguì Kyle. Per tutto il tragitto, a partire da quel momento, Kyle non aveva smesso per un attimo di parlare con Hoothoot. Dialogò senza fermarsi un solo istante, continuando a incitare il suo nuovo compagno.
Daisy sorrise nel vederlo affaccendarsi in tal modo con Hoothoot. Era come se stesse parlando con un suo coetaneo, non con un Pokémon.
- Sei uguale a tuo zio.
- Per? Che ho fatto?
- Per come ti comporti: anche Cole ha questo rapporto coi Pokémon, e non solo i suoi. Una volta lo vidi farsi amico un Houndoom di un altro allenatore. Arrivò al punto che, quando Cole era nei paraggi, l’Houndoom dava ascolto prima a Cole, che al proprio allenatore.
- Io non faccio niente di speciale. Non c’è differenza fra persona e Pokémon: entrambe hanno bisogno d’amore e di essere capite; la sola differenza è che i Pokémon non sono mai cattivi per natura. Quindi credo che sia più facile parlare con loro che con le persone.
- Appunto, uguale e identico a tuo zio. Ma per fortuna ci sono io, a salvarti dal fare cose stupide.
- Intendi roba tipo fare un patto col diavolo per salvare il tuo popolo? E avere un’armatura fighissima. Perché è figa, ammettilo.
- Beh…
- Avaaanti, so che lo pensi.
- Non è male, addosso a Cole. Ma ciò non toglie che è uno stronzo, morto.
- Morto?
- Non appena gli metto le mani addosso, gliela faccio pagare per essere scomparso tutto questo tempo.
- Stai scherzando, vero?
- … Forse – Daisy ammiccò, sorridendo di gran cuore.
Kyle fu felice di essere riuscito a farla riprendere un po’. Adesso che erano ritornati alla cittadella, aspettava soltanto il momento in cui Daisy sarebbe potuta riprendersi del tutto, una volta giunta l’ora di cena e il loro ricongiungimento con Cole e gli altri.
E Hoothoot, ovviamente.

Kyle era steso nell’erba fresca, sotto il cielo stellato, assieme ad Arcanine e Riolu, che avevano fatto amicizia con l’Hoothoot. Arcanine era accucciato per terra, mentre Kyle occupava l’incavo creato fra testa e ventre del Pokémon. Riolu era, come sempre, appollaiato sulla testa di Arcanine, mentre Hoothoot si era rannicchiato fra le braccia di Kyle. Lì, fuori dalla casa di Blue e Green, aspettavano di poter entrare, una volta che la riunione tattica dei capi fosse ultimata.
La luce della Luna metteva in risalto le goccioline di rugiada che iniziavano a crearsi sugli alberi, mentre l’umidità faceva risplendere i fili di erba su cui si condensava. Kyle iniziava a sentire gambe e sedere bagnarsi a contatto con l’erba. Il contatto con la natura in crescita lo rinfrescava fin dentro l’animo; inoltre la debole brezza notturna che soffiava in quella valle contribuiva al tutto, portando brividi di freddo a chi lo pativa più degli altri.
La porta si aprì e Cole e Daisy ne uscirono, per poi richiuderla alle loro spalle. I due avanzarono verso il gruppo, cingendosi uno all’altro.
- Avete deciso qualcosa? – chiese Kyle, curioso.
- Sì, ma non è questo il momento di parlarne. Ormai è passata mezzanotte, dobbiamo tornare a casa. Ti ho preso una casa di fianco quella nostra; ho pensato che avresti preferito stare tranquillo coi tuoi compagni… E poi, non vorrei che tu sentissi dei “rumori”.
Daisy diede una gomitata nella bocca dello stomaco a Cole, rimproverandolo per ciò che aveva appena detto, davanti a Kyle. Il ragazzo rise di gran gusto, approvando l’idea della casa tutta per sé.
- Però, stasera voglio dormire all’aperto. C’è Hoothoot con noi, non vorrei che non fosse a suo agio in una struttura. Poi, il cielo è troppo bello… voglio restare fuori.
Daisy iniziò a fare l’elenco di tutti i motivi per cui non avrebbe mai e poi mai dovuto dormire fuori, ma fu tutto inutile, il ragazzo aveva già deciso.
- Lascialo fare, Daisy. È un sacco di tempo che Kyle non vede la Luna e le stelle. Inoltre i suoi Pokémon lo proteggeranno, stanne certa.
Kyle rassicurò Daisy, acconsentendo a tutte le sue richieste, prima di salutare lei e Cole per la notte.
I due si avviarono verso la loro nuova casa, dove sarebbero stati assieme dopo tanto tempo. Daisy camminava con la testa poggiata sul braccio di Cole, dondolando a ogni passo di lui.
Il ragazzo, invece, si diresse con i suoi Pokémon e Hoothoot verso il grosso spiazzo dove quella stessa mattina Arcanine aveva dato pieno sfogo alla sua libertà. Avanzarono fino a che le luci delle case non diventarono dei piccoli puntini, dove l’erba cresceva folta e indomata, arrivando alla cinta di Kyle. Lì, si stesero uno affianco all’altro, con gli occhi verso il cielo stellato. Arcanine era steso dietro di tutti, e su di lui erano poggiate le loro teste. Il solo respirare di Arcanine generava piccole scintille all’interno della sua pelliccia, donando agli altri un debole tepore che fu in grado di tenere lontano il freddo in arrivo. Hoothoot si addormentò sulla testa di Arcanine, utilizzandolo a modo di trespolo, mentre Riolu rimase fra le braccia di Kyle.
Kyle fu l’ultimo a restare sveglio a osservare le stelle. Gli occhi si fecero mano a mano più pesanti, cullato dal respiro regolare di Arcanine. Finché, in un momento di tempo indefinito, Morfeo espanse il suo potere anche su di Kyle.
Però, prima di addormentarsi, a Kyle parve di vedere, fra le stelle, una strana figura bianca che ricordava fin troppo bene. Era identica a quella intravista nella capanna di Earl.
Gli occhi del ragazzo si chiusero completamente quando, l’essere fatto di pura luce, allungò una mano verso di lui, per potergli accarezzare il viso.
In quel momento, poco prima di giungere completamente nel mondo di Morfeo, il vento portò alle orecchie di Kyle una parola, quasi un sussurro.
Al…” fu tutto ciò che riuscì a cogliere, prima di addormentarsi sotto la luce pura della Luna.


 
- Hancock

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