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herr - Cards - 5 - Misery Loves Company

herr
Chapter V
Misery Loves Company



Hilda aveva perso la concezione del tempo.
Era rintanata su un piccolo divano che brillava di un candido argento, mentre il blando pallore lunare illuminava la sua tenue carnagione lasciando il resto della mobilia immerso nella più nera oscurità. Il rumore dei passi in lontananza tagliava la coltre di silenzio serale, leggeri ma comunque udibili a distanza. Dopo pochi attimi apparve sull’uscio della porta la figura esile di una donna, i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle, un caldo sorriso che le illuminava il volto.
« Hilda, va tutto bene? »
La donna si ritagliò un piccolo spazio sul divano, accomodandosi all’altezza della vita della ragazza, e poggiò una tazza fumante sul tavolino in vetro.
« … »
« Non importa, puoi parlarmi quando vuoi, sai dove trovarmi » concluse, la voce molto sottile, scomparendo dietro la porta cui era entrata.
Non provava freddo, non aveva bisogno di una bevanda calda, non era malata, stava bene. Stava bene. Nella sua mente quella frase ripeteva sino alla nausea, ma doveva convincersi che fosse così. Lei, Hilda Baskerville, stava bene, e così sarebbe stata Bianca, e così gli altri, e la sua vita sarebbe scorsa liscia come sempre. Preferiva quelle bugie alla realtà, che non avrebbe sopportato in alcun modo, ma no, impossibile era tornare indietro.
In preda a quei pensieri, riuscì a chiudere gli occhi e, lentamente, a scivolare nelle braccia di Morfeo.
Nel frattempo Natalie si era gia alzata e la osservava da lontano, mentre era intenta ad aprire un cassetto. Dopo averla seguita sino al porto ed averla vista con quel misterioso uomo, era intenzionata a scoprire di più. Non era sicura che ci fosse qualcosa, ma pensò che valesse la pena tentare.
Aprì una decina di cassetti in giro per la casa e controllò altrettanti mobili alla ricerca di qualche indizio, sfortunatamente per lei non sembrava esserci nulla. Ma era così? Pensò al telefono, il telefono! Era così ovvio, quell’apparecchio l’avrebbe aiutata nella sua ricerca, ma dov’era? Corse all’entrata dell’appartamento e trovò la sua borsa, nella quale conservava il cellulare.
Premette un tasto della tastiera, e lo schermo si illuminò: era bloccato da una password. Non avrebbe corso il rischio di farsi scoprire, ma da esso riuscì comunque a ricavare informazioni utili: c’era una chiamata persa che lampeggiava in cima al display, un numero salvato come N. Un nome in codice? Non perse tempo a capire, si salvò il numero che compariva sotto il nickname ed uscì dalla casa, riponendo il telefono al proprio posto.
♦︎ ♦︎ ♦︎

« … giorno 18… oggi è il 18 ottobre, giusto? »
Caitlyn scrutò le facce dei suoi colleghi attorno la tavola, cercando una risposta alla sua domanda.
« Oggi è il 20, Cat, il 20 ottobre » la corresse Shauntal, riferendosi alla bionda come si parla ad un bimbo « il 21 se questa riunione tira per le lunghe »
La ragazza fece un segno di assenso con il capo, la sua espressione contenta trasudava dabbenaggine ed inettitudine.
Nella sala della Lega era calato il silenzio. Grimsley, l’unico veramente intenzionato a portare avanti quella serie di incontri, pareva non aver fatto abbastanza, tanta era la partecipazione: Caitlyn passava il tempo giocando con una ciocca di capelli, Marshal era intento a leggere un giornale sportivo mentre Shantaul era immersa nella lettura di un libro. I miei sforzi non erano riusciti ad ottenere lo scopo prefissato, constatò, devo fare qualcosa al riguardo.
« Ahem » tossì, richiamando all’attenzione i tre suoi colleghi « possiamo avere la vostra attenzione? »
Shantaul fece finta che non avesse parlato, alzando gli occhi al lampadario di cristallo che pendeva sulle loro teste, e sbuffò.
« Qualcuno ha intenzione di portare avanti questa seduta? »
« Huh » grugnirono in coro.
Grimsley si alzò, e raccolte le sue cose tornò nel suo ufficio.
♦︎ ♦︎ ♦︎

L’alba di una nuova giornata dorava le vesti della castana, distesa sul divano in direzione della luce solare. Schiuse le palpebre, indagando con i polpastrelli delle dita l’area circostante. Si trovava a casa sua, a Castelia, e la cosa più importante era che fosse viva. Non sembrava fosse accaduto nulla di terrificante, ma cos’era effettivamente successo? Ricordava poco, memorie sfuocate e traballanti.

Diversamente dagli altri giorni, tirò dritta al piano terra, oltrepassò l’ascensore che quotidianamente la trasportava al piano della redazione e continuò in direzione dell’ufficio della direttrice del giornale.
Venne accolta da una spessa porta in legno chiaro, laccato, al centro del quale appariva una finestra in vetro smerigliato e coperta dalla scritta “Linda Beauvarie” e, poco sotto, “Direttrice Capo”. Raccolse tutto il suo coraggio e bussò due volte.
Tock tock.
Si udì un leggero « Avanti » dal retro della porta, che la convinse ad entrare.
L’ufficio era molto spazioso, illuminato da due ampie finestre poste dal lato opposto della porta. Il pavimento consisteva in una folta moquette verde scuro, al centro del quale troneggiava la scrivania della donna. Due librerie ricoprivano la parete a destra ed a sinistra della ragazza, arrivando a toccare il soffitto.
La donna che vide alzando lo sguardo la stupì. Linda, la direttrice del giornale, era molto anziana, il suo viso a riposo recava una moltitudine di rughe ed i suoi movimenti erano lenti e brevi. La guardava con  uno sguardo serrato, i movimenti degli occhi erano impercettibili. Nonostante l’età, alla giovane trasmetteva una qualche sensazione di bellezza, la bellezza più pura, che superava il tempo. Non riusciva a spiegarselo, ma qualcosa in lei la affascinava.
« Hilda Baskerville, suppongo »
« Buo… buongiorno, signora Beauvarie » accennò « il signor Wiseman… »
« Oh, siediti, e chiamami pure Linda »
La giovane si trovò spaesata inizialmente, ma riuscì in fretta a trovare posto nella comoda poltrona a lato della scrivania. Era nervosa, e ciò era palesato dal suo battere incessantemente le dita sul bracciolo della sedia, ma il cuscinetto bordeaux attutiva il ticchettio, in altro modo insopportabile.
Sfoderò un raggiante sorriso ed aprì la bocca, ma venne interrotta da Linda.
« Presumo tu sappia già la ragione per la quale ti ho convocato, Hilda »
« Sì, sì, e volevo scusarmi di molto se—
« Scuse? E perché? Francis non ti ha accennato a nulla? »
« Se ne sarà dimenticato » abbassò le labbra in una più placida espressione « era per caso importante? »
« E me lo chiedi? L’articolo che ci hai mandato era fantastico! Inizialmente, devo dire la verità, avevo intenzione di licenziarti » accennò ad una rivoluzione sulla sua sedia, portando lo sguardo alla finestra alle sue spalle « ma ho cambiato idea piuttosto in fretta. Mi hai stupito, Hilda, devo dire che il pezzo sulla campionessa Iris è stato come oro colato »
Qualcosa non andava, lo sapeva. Com’era possibile che quella donna fosse entusiasta di un articolo che lei non aveva mai concluso di scrivere né aveva consegnato?
« Come… come scusi? »
« Non fare la modesta, Hilda. Quando la mia segretaria mi avvisò che eri passata appena possibile per portare lo scritto non immaginavo che mi avresti sorpresa così tanto! » continuando a guardare la castana aprì un cassetto ad altezza della vita, e le allungò una copia dello Scirocco fresca di stampa « ho ritenuto opportuno che apparisse in prima pagina, cosa ne pensi? »
« Sono… la ringrazio molto » cercò di cacciare fuori dalla bocca una frase di senso compiuto, si sforzò di sorridere e di mostrarsi entusiasta dell’accaduto, le sue mani che stringevano avidamente la carta stampata della copia di giornale.
« È… è tutto? »
« Certamente, torna pure al tuo lavoro, ora »

In una giornata così laboriosa, Natalie era appena riuscita a trovare un momento di pausa dal suo lavoro, e la sua mentre aveva un unico chiodo fisso in testa: N. Quel misterioso nome che aveva letto sul telefono di Hilda, quello strano numero che l’aveva chiamata il giorno precedente nel cuore della notte, doveva significare qualcosa.
Pose ordinatamente il telefono ed il pezzo di carta sul quale aveva scritto il numero sulla sua scrivania, dopodiché cominciò a digitare i numeri, e chiamò.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Matteo, come posso aiutarla? »
Inizialmente non capì. Come poteva il numero di N riferirsi ad una compagnia di nome EKI? Aveva forse dei legami là? Qualcosa non quadrava.
Afferrò la tastiera e si mise a digitare il nome EKI sul motore di ricerca, mentre il telefono rimaneva in altoparlante. Fra le opzioni, la prima sembrava la migliore, a quanto pareva la fantomatica EKI aveva anche un sito.
« Sì, buongiorno, sto chiamando per delle informazioni… » lesse brevemente l’indice della home, ed andò su “Cerchi un Lavoro?”.
« Ma certo, di cosa aveva bisogno? »
« Starei cercando un lavoro… sarebbe possibile mandare il proprio curriculum? »
« Certamente, vuole lasciare un nome? »
« No, non si preoccupi… » continuò la ricerca nel sito, ma non trovò nulla di utile « potrei passare e darlo personalmente? Non mi fido molto dei sistemi elettronici o delle poste »
« Mi sta dicendo che non riesce pro—
« Avete una sede centrale? »
Era convinta ad andare sino in fondo con quella faccenda.
« Non ce n’è veramente una, signora »
« Oh… »
Era evidente che qualcosa non quadrasse, pensò Natalie, ma come mai Hilda era immischiata in tutto ciò? N, questo era il suo punto di contatto, perché non chiedere di lui?
« E un’ultima domanda… potrei parlare con N? »
L’uomo, Matteo, dall’altra parte della linea, ammutolì.
« Mi scusi, c’è qualcuno? Ho chiesto se potrei parlare con N »
Non fece in tempo a finire quelle parole che il telefono riattaccò. Ora ne era certa, c’era qualcosa sotto, e l’avrebbe scoperto.
♦︎ ♦︎ ♦︎

« … to the moon, let me play among the star… »
Le dolci note di un caldo jazz risuonavano nell’ambiente tetro e oscuro, illuminato dalle poche e rade fessure della parete. Lo scroscio delle pagine di un libro, l’unico suono sopraffatto dalla musica.
La corvina sospirò.
« … spring is like on, Jupit
« Mi cercavi, Shauntal? »
Una raggiera di sottili rivoli di luce si proiettò sul pavimento e sulla giovane donna, rischiarando quell’ambiente così buio e spento a giorno. Una figura massiccia agghindata come un albero di natale — avrebbe detto fosse un costume carnevale dal pittoresco sapore orientale — si palesò dietro la porta, i capelli rosso fuoco ed il viso sorridente. Bussò.
« … ‘ld my hand. In other… »
« Oh, entra pure Alder » fece venendo incontro all’uomo « prendi posto dove vuoi, devo parlarti di una questione importante »
Fece cenno all’uomo di sedersi, e dopo aver controllato la situazione fuori dalla stanza mise un piccolo Cinccino di guardia, con l’avvertimento di avvisarla non appena qualcuno apparisse nel corridoio ed il Pokémon Cincillà annuì.
« La situazione è peggiore di quel che pensassimo, Alder » allungò la mano verso un tavolino, e passò grossolanamente un copia dello Scirocco all’uomo « guarda tu stesso »
Abbassò il volume del grammofono, riducendo la dolce Voce ad un misero sottofondo.
Il buio oltre la Lega — H. Baskerville
Il calendario conta quindici anni da quando, unanime, il Campione Alder fu scelto per questo ruolo, e d’allora la carica rimase immutata. Nel tempo ebbe diversi vincitori, è vero, ma la carica di Champion è rimasta a lui, sino ad ora. Indiscrezioni — piuttosto ufficiali — hanno lasciato a bocca aperta l’intera regione, si pensa infatti — se ne ha la certezza, cosa dico — che per quella chioma rossa sia  giunto il momento della pensione. Chi sarà il prossimo Campione?
Indiscrezioni parlano di Iris, e la cosa avrebbe senso: una Capopalestra fresca e giovane, da qualche anno a guida della palestra di Opelucid City assieme a Drayden della quale abbiamo già potuto vedere il valore e la bravura. La giovane non si è ancora pronunciata, il consiglio dell’Elite è ancora in fase di discussione e ha preferito non dire altro riguardo la questione, ma noi, cittadini di Unova, siamo ben a conoscenza di questa prassi. 
L’articolo proseguiva allungando la questione e parlando di presunte fonti che confermavano la ragazza come prossimo candidato, un pezzo non facilmente non notabile ché era stato stampato sulla prima pagina del giornale, il titolo a caratteri cubitali ed un’immagine della Lega a sfondo.
« Questo… è ridicolo! »
« È da giorni che sto combattendo contro questa decisione, ma Grimsley è arrivato a convincere anche Caytlin e Marshal sembra seguirli abbastanza passivamente. Sono in maggioranza, possono richiedere la sospensione della Lega sino a che io non darò il voto a favore, Alder »
L’uomo finì di leggere il testo ed in cuor suo si trovava spaesato dalla situazione. Cercò lo sguardo della corvina nella speranza che esso lo potesse aiutare, ma non vide che il vuoto nei suoi occhi.
« Io… non lo so, Shauntal. C’è qualcosa di grande sotto, non lo metto in dubbio, e penso che dovremmo semplicemente arrenderci »
« Arrenderci?! Sei uscito di testa? »
« È riuscito a convincere l’Elite, sta convincendo Unova, chi siamo noi due? Shauntal, è tardi ormai, non puoi farci nulla »
L’uomo fece per alzarsi, ma venne bloccato prontamente dalla corvina, la quale non aveva intenzione di lasciar perdere così facilmente.
« Se non sei intenzionato a fare qualcosa, vuol dire che dovrò farlo io » gli scambiò un’occhiata di sfida, la sua esile figura che si rispecchiava negli occhi grigi e spenti del Campione. Nessuna espressione degna di nota balenava sul suo viso, una pura e semplice rassegnazione. Ma lei sarebbe andata sino in fondo alla questione.
Appena Alder attraversò la soglia della porta si lanciò sul tavolino, accese il portatile che usava portarsi dietro durante ogni spostamento e riesumò un vecchio fascicolo che vi aveva salvato all’interno. Pagine e pagine riguardo una qualche regione, Sinnoh, poco lontana da Unova, e di un’importante operazione che contribuì a sconfiggere definitamente il Team Galassia dopo lo scioglimento dei capi. Si parlava di un certo Looker, agente della Polizia Internazionale, il quale con l’aiuto della Campionessa uscente era riuscito a sconfiggerlo. Era l’uomo giusto per lei.
Mise il suo nome sul motore di ricerca, arrivò alla sua pagina tramite il portale della Polizia Internazionale e si salvò il numero nel telefono.
« Pronto, sì, Shauntal Livingstone, desidererei parlare con il signor Looker »
 
♦︎ ♦︎ ♦︎

Hilda stava sistemando le sue cose prima di lasciare l’edificio quando Natalie irruppe nella sua postazione, recando un’espressione irata in viso ed i pugni serrati. Bloccò la collega dall’uscire, intenzionata ad approfondire la faccenda riguardante la EKI.
« Dobbiamo parlare, Hilda, ed è urgente »
« Sì, ok, sono di fretta magar.—
« So tutto »
Il sangue le gelò. Fissò gli occhi di Natalie intensamente, tanto da poter dire di rispecchiarsi al proprio interno, impaurita dall’affermazione. Si ripeté in mente che non fosse a riguardo di N, ma a conti fatti non poteva che intendere quello. Come lo sapeva?
« Che cosa intendi? »
« Ecco… » Natalie aggiustò il tiro « cosa stavi facendo ieri sera? Problemi con la droga? »
Tirò un sospiro di sollievo.
« Ahem… »
Trovatasi spaccata sul passare per una dipendente da droga o immischiata in qualcosa che neanche lei ben capiva, decise di fare la vaga. Con un po’ fortuna, ragionò, Natalie si sarebbe dimenticata di quella notte, e tutto sarebbe tornato alla normalità. Si scostò dalla donna ed afferrò la sua borsa, pronta ad andarsene.
« Ho avuto un problema, ma ora fortunatamente è tutto passato, ciao! »
« Hilda!—»
Come la figura di Hilda scompariva dietro l’ascensore, nella donna si fece sempre più chiaro e lampante che sarebbe andata a capo di quella faccenda, con o senza l’aiuto della diretta interessata.

« …se fingers in my he…  »
Le note della suoneria del telefonino di Hilda presero a suonare durante il suo breve viaggio che la separava da casa, in metro, risuonando nel vagone con particolare vivacità e volume. Avrebbe potuto controllare il mittente della chiamata ma anzi cercò di allontanare sempre più quel momento dalla sua testa, trovandosi costretta, dall’altra parte, a dover rispondere.
« ..t’s witchcra—»
« HILDA! È successa una cosa terribile! »
Dall’altro capo della linea, la voce di una giovane ragazza strillava e piangeva, era la voce di Bianca. Un flash della serata precedente balenò negli occhi della castana: il biglietto, le allucinazioni, il buio, la gola prese a bruciare come se l’effetto della droga lo stesse rivivendo in quel momento.
« Bianca, cos’è successo? » si sforzò di fingere « stai male? »
« Io… sono disperata, Hilda, è successa una cosa terribile e ho bisogno di un’amica… un’amica come te, Hilda »
Un’amica come te, Hilda.
Si morse il labbro.
« Posso aiutarti? Vuoi che ti raggiunga all’hotel? »
« … » udì un sussulto « no, no… oggi scadeva il soggiorno, ma sono riuscita a recuperare un posto in un ostello poco vicino… »
« Vuoi che ti raggiunga, allora? »
« Mi farebbe tanto piacere… questo pomeriggio devo sbrigare delle… sniff… faccende,  però domani dovrei essere libera »
« Ma certo, non preoccuparti, fai come ti senti meglio » continuò, inforcando i denti sul labbro inferiore « hai… hai bisogno di qualcosa? »
« No… no, grazie… » si fermò, per quella che sembrò a Hilda la fine della chiamata, ma riprese subito a parlare inframmezzando le parole da brevi pause « è bello… avere un’amica come… sniff… te, Hilda. Un’amica su cui contare… sempre »
Giunta alla fermata, il labbro sanguinante.
ϡ

La giornata volgeva verso sera ed il sole spruzzava di rosso la volta celeste sopra la città, illuminata dei caldi colori del tramonto, pronto a tuffarsi nel mare. L’orizzonte bruciava di porpora e così ogni imbarcazione che navigava all’interno della baia di Castelia, piccole scintille di un fuoco destinato a spegnersi per lasciare posto alla buia sera.
Lo spettro della luna brillava di una luce opaca nel cielo di ottobre e cominciava a scendere il freddo sul cemento e sugli edifici della city, la città che non conosceva notte, non conosceva stagioni né intemperie, la città sempiterna.
Hilda era china sul terrazzo ad osservare da lontano balcone del suo appartamento, per quel poco che riusciva a scorgere, questo meraviglioso fenomeno che poche volte aveva tempo per gustarsi, quando improvvisamente il campanello della porta suonò. Dovette, in verità, suonare più volte per attirare l’intenzione della castana rapita dalla calda atmosfera crepuscolare — a discapito del freddo che sentiva realmente — ma giunta alla porta di casa nessuno rispose alla sua chiamata. Decise che era troppo rischioso aprire i cancelli del condominio, ed optò per scendere lei stessa ed eventualmente conversare con lo sconosciuto, temendo con tutta se stessa che fosse Bianca a chiamare per il suo aiuto.
Tale fu la sua rabbia nel vedere il giovane dai capelli verdi, N, ad aspettare di fuori, che non riuscì a non uscire di persona per dirgliene quattro e chiudere la questione — qualora non fosse abbastanza chiusa per lui.
« Ti avevo detto di non farti più vedere »
Lui le rivolse uno sguardo divertito, accennando ad una risata con la bocca.
« Suppongo tu abbia chiesto troppo »
« Non ti basta quello che hai ottenuto? Hai vinto tu, riconoscilo, accettalo, festeggia, esulta di gioia, non lo so, semplicemente non tornar più da me, non lo sopporterei »
« Mi arrendo »
Detto ciò portò un passo indietro, girandosi in direzione della strada.
« Ecco, bravo, vai, e non tornare di grazia »
N si girò, cogliendola di sorpresa, e le si avvicinò ancor più di prima ad ampie falcate. Raccolse il suo viso nelle sue mani, avvicinò le sue labbra e la baciò, per quello che lei riuscì a pensare come un’eternità. Se inizialmente aveva intenzione di staccarsene, reagì al gesto del ragazzo stringendolo con il braccio destro a sé e continuando quel dolce e lento bacio per quanto possibile.





The Knick
Perché un titolo così? Non c'è un perché.
"Devo guardare The Knick?" sì devi. Ho ragione? Sì.

herr

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