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Levyan - Nubian - 5 - Marshmallows


V
Marshmallows


Samuel Oak scrutava i due Dexholder come se si aspettasse che da un momento all’altro dovessero morire davanti ai suoi occhi. Non era mai stato un uomo emotivo, ma il tempo lo aveva ammorbidito, soprattutto nei confronti dei suoi ragazzi. Seduti al tavolo, Green e Blue ricambiavano il suo sguardo, sorseggiando il caffè preparato da Margi nella cucina del laboratorio.
«Come state?» chiese il professore.
«Noi non abbiamo potuto combattere, nonno» rispose Green.
«Lo so, non mi riferivo a quello, voi...» unì ripetutamente indice e pollice della stessa mano «state di nuovo insieme?»
Green distolse lo sguardo, imbarazzato, Blue ridacchiò di lui.
«Ci stiamo provando» rispose il nipote, lasciando intendere a suo nonno che non avesse voglia di parlarne.
Oak sorrise «sono contento, dovete riuscire a trovare un po’ di pace, in tutto questo disastro...»
Tutti i presenti tornarono con la mente ai loro amici che erano ancora in ospedale.
«Dovrei far visita a Porto Alghepoli» disse il professore, cercando di non guardare il terreno.
«Sarebbe inutile, Crys è intrattabile e Silver è ancora... addormentato» ribatté Blue.
«Ho saputo che Crystal ha deciso di lasciare il suo Pokédex».
Green e Blue tacquero, come se si sentissero in colpa per la loro amica.
«E’ stata una sua decisione... a volte mi chiedo anch’io se questa sia stata o no la strada giusta per tutti voi» Oak riempì un bicchiere con l’acqua del rubinetto e si gettò in bocca una pillola, per ingoiarla bevendo.
«La strada giusta per noi?» domandò Blue.
«Il Pokédex» chiarì Oak «tutto ciò che è avvenuto negli ultimi anni, le organizzazioni criminali, gli eventi catastrofici, i folli criminali, tutto ha sempre coinvolto voi portatori del Pokédex, in un modo o nell’altro» proseguì.
«Nessuno di questi fatti era legato al Pokédex» ribatté Blue.
«Forse è vero... forse la responsabilità che avete assunto vi ha messo in pericolo ogni volta perché voi sentivate che quella fosse la strada giusta da seguire» l’uomo sospirò «sono fiero di quello che siete diventati... tutti voi, ma non meritavate e non meritate di portare il peso del mondo sulle spalle come se aveste un debito con esso».
Green e Blue non vollero ribattere.
«Non intendo dissuadervi dal partire» Oak rise amaramente «so che siete già pronti per raggiungere Sinnoh... cercate soltanto di tenere a mente che non siete obbligati a sacrificarvi come Emerald o a rischiare la vita come Crystal e Silver. Loro sono stati degli eroi... e anche degli stupidi» concluse.
Per la terza volta, aleggiò tra loro un silenzio glaciale.
«Red se n’è andato» disse poi Green.
«Lo so» fece il professore.
«Ma sono sicuro che non se ne sia andato per vigliaccheria» aggiunse.
Oak lo guardò negli occhi, scrutando il suo animo come se potesse vederlo ardere nell’iride verde di suo nipote.
«Ne sono sicuro anch’io» confermò.
Green giunse ad una conclusione cui non volle credere immediatamente. Suo nonno sapeva qualcosa, qualcosa che non intendeva rivelare loro. Magari era a conoscenza di cosa fosse accaduto a Red, magari era stato proprio lui a dirglielo. In ogni caso, aveva mostrato troppa sicurezza, quella non poteva essere stata soltanto una speculazione.
«Direi che è il momento di andare» decise Green, ad un certo punto.
I due Dexholder si rivestirono, ripresero le proprie valigie e lasciarono quel laboratorio, con i sintetici convenevoli a cui erano stati abituati dal professor Oak.
«Fate attenzione, quei bastardi fanno sul serio» li salutò l’uomo dall’uscio di casa, mentre loro salivano in groppa ai propri Pokémon volanti.
«Anche noi» ribatté Green, prima di spiccare il volo.
Quando furono ormai lontani, abbastanza per sembrare due piccoli puntini neri nel cielo foderato di nubi, Oak si permise di commuoversi «tornate indietro...» sussurrò loro, senza che anima viva potesse sentirlo.

«Dove vi sta aspettando Platinum?» chiese Kalut.
«Canalipoli, ma è impossibile arrivarci in volo, i nostri Pokémon hanno a malapena sopportato un viaggio di pochi minuti» rispose Ruby.
«Hai ragione, è troppo freddo per loro» ammise il ragazzo dai capelli bianchi guardando il Tropius, il Flygon e il Togekiss che avevano utilizzato per volare.
Gold, Sapphire e Ruby si trovavano in compagnia di Celia, Kalut e Aurora appena fuori dalla città di Evopoli, all’inizio del Percorso 205. Erano vicini ad un laghetto su cui era stato costruito un piccolo pontile di legno, potevano osservare le acque del laghetto completamente congelate e la vegetazione circostante soffocata dalla neve.
«Andremo a piedi, è l’unica cosa da fare» decise Sapphire, che non era nuova a quelle esperienze.
«Ci metteremo un sacco di tempo» si lamentò Gold.
«Ma è l’unica cosa che possiamo fare» si intromise Aurora «prima che cali la notte riusciremo ad arrivare fino a Giardinfiorito, poi ci fermeremo in un motel o qualcosa del genere» programmò.
Ci fu un annuire generale, e così, il gruppo si incamminò lungo il Percorso 205, con gli stivali stretti e i cappotti imbottiti. Era freddo, la temperatura restava un bel po’ di gradi sotto lo zero, ma il movimento era utile per tenere tutti al caldo. Si resero conto di camminare in un ambiente in cui la neve era effettivamente scesa troppo in fretta. Videro tanti alberi spezzati dalla violenta bufera e incontrarono alcune squadre di addetti alla sicurezza intente a sistemare alcune zone boschive in cui la neve e il ghiaccio avevano creato situazioni pericolose per Pokémon o umani: incontrarono una squadra intenta a tagliare delle grosse querce pericolanti e un’altra a far cadere un grosso mucchio di neve accumulatosi sulle fronde di un albero. La fauna locale era ovviamente ridotta quasi a zero, i Pokémon più piccoli e deboli al freddo avevano tentato di trovare riparo come durante il letargo invernale, ma solo i più forti ci erano riusciti.
«Sì, sono morti, se è questo che vi state chiedendo» proferì Kalut quando Ruby e Sapphire si fermarono per qualche secondo a scrutare una famigliola di Cascoon e Silcoon curiosamente non intenti a scrutare l’esterno dalla fessura nel bozzolo «impotenti, congelati all’interno del loro stesso bozzolo».
I due Dexholder non risposero, Sapphire fece una smorfia. Capirono di doversi muovere, Kalut tirava dritto e il gruppo non intendeva rompere il ritmo.
Giunsero all’entrata del Bosco Evopoli, che risultò essere la via più lunga e scomoda. Fortunatamente, più membri del gruppo conoscevano un sentiero più breve che avrebbe necessitato soltanto di essere liberato da alcuni rovi per essere praticabile. Si infilarono in quella strettoia e continuarono a camminare. In poco tempo arrivarono ad una zona differente, non stavano più camminando in mezzo al bosco, si resero conto di star mettendo i piedi su un terreno duro e accidentato. Si trovavano su un versante inclinato composto da piccoli terrazzamenti di roccia. Divenne più difficile restare in equilibrio, a causa del ghiaccio, ma riuscirono a oltrepassare il punto di maggior pendenza senza rimetterci l’osso del collo.
Celia sembrava trovare maggior difficoltà nell’escursione, quella che invece era più a proprio agio, per quanto non avvezza ai territori nevosi, era Sapphire. La Dexholder di Hoenn non scivolò una sola volta, in alcune occasioni dovette pure salire su un albero per controllare che la direzione fosse quella giusta. Celia, invece, sembrava essere nuova a questo tipo di esperienze, inciampava spesso e si muoveva con grande insicurezza.
Quando il terreno diede loro occasione, Sapphire le si avvicinò per parlare «non mettere mai i piedi in verticale, dai sempre il fianco e non scivolerai» le spiegò.
«Grazie» rispose quella senza alzare la testa.
Sapphire notò che mise subito in pratica quell’insegnamento, trovando maggior stabilità «tu hai detto di avere un fratello, giusto?» le chiese, poi.
Celia non comprese per quale motivo Sapphire fosse interessata a lei, quindi la scrutò, cercando un doppio fine nel suo sguardo. Non sapeva ancora che poche erano le persone al mondo capaci di essere sincere quanto quella ragazza.
«Sì, si chiamava... beh, si chiama Xavier» rispose Celia «in realtà non è proprio mio fratello, suo padre mi ha adottato quando ero una bambina, è il mio fratellastro» spiegò.
«Capisco» fece Sapphire, cercando di mostrarsi delicata «anche lui fa parte della Resistenza?» domandò.
Il volto di Celia si curvò in un amaro sorriso «non esattamente...» rispose.
Sapphire non seppe discernere l’educazione dall’invadenza, in quel momento.
«Che gli è successo?» domandò.
Celia sembrò temporeggiare, il suo volto era contrito, il suo sguardo era cupo e triste.
«Lavora per la Faces» rispose Aurora, intromettendosi nella conversazione.
Celia si voltò di scatto, come se la Capopalestra di Holon l’avesse appena pugnalata alle spalle. La fissò per qualche lungo istante, interrompendo anche il passo. Poi strinse le labbra e assottigliò gli occhi, voltandole le spalle e tornando a camminare in silenzio. Sapphire non ebbe il coraggio di chiedere più informazioni.
Il gruppo giunse a Giardinfiorito quando ormai si faceva sentire il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti per la cena. Il sole, sebbene nascosto dalle nubi, non sembrava voler tramontare, ancora: sembrava pieno inverno, ma era comunque luglio, le giornate erano molto lunghe. La maggior parte del viaggio era scorso nel silenzio, ma bastò uno sguardo collettivo per far accordare il gruppo sull’idea di fermarsi per riposare.
«Dovrebbe esserci una pensione, qui vicino» affermò Ruby, che si era curato di controllare un eventuale luogo di ristoro su Google Maps.
«Va bene qualsiasi cosa» gli rispose Sapphire.
«La pensione non è un posto dove vanno gli anziani?» domandò Gold.
Camminando per le vie innevate del paesino, che privato dei suoi caratteristici mari di fiori colorati sembrava una tavola piatta e triste, cominciarono a girare tra le baite di legno, costruzione tipica locale, sperando di incontrare il luogo indicato da Ruby. In giro non c’era nessuno. Il paese sembrava morto o disabitato.
«Eccoci» annunciò infine il Campione di Hoenn.
Si resero tutti conto di essere giunti davanti ad una baita di legno più grande e decorata delle altre. Anche se quasi completamente coperta dalla neve, era ben leggibile l’insegna che citava Locanda Tre Petali sopra la porta d’ingresso.
Un campanellino suonò quando i Dexholder aprirono la porta, avvertendo la receptionist. I viaggiatori presero tre stanze: in una sarebbero stati Ruby e Sapphire, nella seconda Kalut e Gold, nella terza Aurora e Celia. La donna che si occupò di ritirare i loro documenti per registrarli diede segno di riconoscerli, leggendo i loro nomi; Ruby la fece calmare promettendole qualche autografo in cambio del silenzio. Quando dovette dar loro le chiavi, la signora non riusciva a staccare gli occhi dal ragazzo.
«Green e Blue atterreranno tra poco a Giubilopoli, resteranno a dormire là» aggiornò Sapphire, leggendo i messaggi giunti sul suo cellulare, mentre Ruby apriva la porta della loro camera.
«Diciamolo anche agli altri» fece lui, entrando.
«Dopo, c’è ancora tempo» temporeggiò lei, gettando la sua valigia a terra.
Il Campione di Hoenn la guardò stendersi sul letto ancora completamente vestita, in cerca di riposo. Dormivano poco e male ormai da giorni: gli eventi di Holon li avevano costretti a dimenticare i loro ritmi circadiani naturali. Se non avesse avuto Sapphire a distrarlo, forse quella sarebbe stata la prima dormita decente da quasi una settimana a quella parte, pensava Ruby, togliendosi la felpa.
«Vado prima io, in doccia» si precipitò Sapphire.
«Ok» acconsentì lui, sfilandosi i pantaloni.
«Ho detto che vado prima io» ripeté quella, cominciando a svestirsi più velocemente possibile.
«Certo, fai con comodo» sorrideva Ruby, ormai mezzo nudo, entrando in bagno e aprendo il flusso dell’acqua.
Sapphire lo inseguì, per intercettarlo, lui la prese tra le braccia, la baciò sfilandole il reggiseno ed insieme entrarono nella cabina doccia.
A qualche muro di distanza, Gold stava attaccando il cellulare alla presa di corrente che era accanto al letto, mentre Kalut utilizzava il bagno. Ancora più là, Aurora e Celia si fissavano in cagnesco, allertandosi mentalmente di non superare la immaginaria linea che divideva la loro stanza in due.

«Dovremmo scendere per la cena» mormorò Sapphire.
«Non ti muovere o ti faccio male» le intimò Ruby.
Lei era scomodamente seduta sul bordo del letto, indossando il suo asciugamano a mo’ di vestito, mentre Ruby le spazzolava i capelli con delicatezza. Era bravo in quelle cose, più bravo di una ragazza, molto più bravo di Sapphire, che aveva scoperto l’invenzione del balsamo solo in età matura.
«Ti ricordi quel fascicolo che abbiamo letto durante l’attacco al grattacielo Faces? Quello che Zero aveva preso dall’ufficio del presidente» domandò la ragazza.
Ruby rispose di sì.
«Zero ha detto di essere stato modificato da suo padre tramite un esperimento genetico, forse è per questo che... insomma... è così strano».
«Kalut ha voluto salvarlo, ha spiegato che potrebbe rivelarsi utile come aiutante, ma secondo me c’è qualcos’altro dietro» fece Ruby.
«E’ orribile» commentò lei.
«Zero era distrutto, è assurdo credere che dentro la sua testa si nasconda un criminale che ha ucciso in quel modo i Superquattro di Holon e abbia tentato di far crollare quel palazzo in testa ai suoi dipendenti».
Sapphire non volle continuare quella conversazione.
«Che intendi fare, una volta che tutto questo sarà finito?» chiese al ragazzo.
«Non lo so, per ora penso solamente a come fermare la Faces» rispose Ruby continuando a spazzolarle i capelli.
«E poi? Nient’altro?» riprovò lei, con il tono di chi esige una risposta.
Il ragazzo si fermò. «Tu che cosa vorresti fare?» le chiese, di riflesso.
«La mia domanda era rivolta a te» rispose quella, voltandosi per poterlo guardare negli occhi.
«Beh, suppongo che per fare dei programmi sia necessario il consenso della mia ragazza» affermò, cercando di non indugiare su quell’ultima parola.
Sapphire cercò di guardare altrove, l’ultima volta che Ruby l’aveva definita la sua fidanzata era stato due anni addietro, prima del suo cambiamento. Tuttavia, non si fece ammorbidire dalla tenerezza, tenendo fisso l’obiettivo davanti agli occhi.
«Va bene, e se ti chiedessi di lasciare il ruolo di Campione?» domandò, velenosa.
Ruby ebbe qualche istante di esitazione. Non comprese il motivo di quella richiesta. Poteva essere un test, o magari Sapphire era sincera; in ogni caso, era una decisione che richiedeva riflessione.
«Dovrei abdicare?»
Quella alzò un sopracciglio, criticando l’abitudine di Ruby di utilizzare parole poco note al solo scopo di metterla in difficoltà.
«Perché me lo stai chiedendo?»
«E’ solo un’ipotesi... se te lo chiedessi, lo faresti?» continuò lei, seguendo con il dito le linee che il ragazzo aveva sul torace.
«Beh» temporeggiò lui «perché no?» rispose infine, poco convinto.
Sapphire rimase neutrale di fronte alla risposta di Ruby, evitando ogni minima reazione, anche involontaria. Poi disse: «Ok, andiamo di sotto» e sfuggì alle sue grinfie.
I due indossarono qualcosa e raggiunsero il resto della compagnia al piano di sotto, sedendosi al loro tavolo. Avevano già ordinato, ma tanto la locanda aveva un menù fisso, quindi alla cameriera bastò aggiungere solo altre due porzioni. Oltre loro, nella locanda alloggiavano solo un altro paio di viaggiatori: dagli stralci dei loro discorsi che li raggiunsero, i ragazzi compresero che erano stati costretti a trovare rifugio per la notte a causa della neve, ma che in realtà, erano Allenatori armati di tende e sacchi a pelo, divenuti inutilizzabili a quelle temperature.
«Green e Blue sono atterrati a Giubilopoli, li raggiungeremo domani e insieme a loro ci avvieremo verso Canalipoli» Sapphire aggiornò il gruppo.
«Hai detto loro dove siamo?» chiese Aurora.
«Sì, sanno che siamo qui ma...»
«Non farlo mai più» rispose, con la massima serietà.
Sapphire rimase interdetta. «Come mai?» chiese.
«La Faces sa come intercettare chiamate e messaggi, sono abili in queste cose, evitate di rivelare informazioni importanti oppure utilizzate un linguaggio in codice, qualcosa di simile» spiegò la Capopalestra di Holon.
Sapphire si rese conto di essere già a conoscenza di ciò, sentendosi stupida per aver scritto a Blue persino il nome della locanda, via Whatsapp.
«In ogni caso, domani dovrò lasciare il gruppo, mi hanno chiamato a Holon, c’è il caos nella mia regione» cambiò argomento Aurora.
«Che sta succedendo?» domandò Ruby.
«Con la caduta della Lega, sembra ci sia bisogno di creare un nuovo organo di controllo, i Superquattro sono morti e Zero è un ricercato, i Capipalestra si stanno unendo per far fronte a questo problema e ristabilire l’ordine» spiegò lei.
«E perché Celia rimane, nonostante sia la Capopalestra di Vivalet?» chiese Gold, con ben poca delicatezza.
La bionda si voltò verso di lui, accigliata.
«Perché lei è qui per suo fratello» spiegò brevemente Kalut.
«Oh, quello che lavora per la Faces?» domandò Gold, per evitare fraintendimenti.
Celia si coprì il volto con la mano, sospirando.
«Cristo, Gold» Sapphire gli diede una leggera gomitata.
«Quando lo avrò trovato, indipendentemente dal risultato, tornerò anche io a Holon, per ora possono fare a meno di me, tanto non sarei comunque utile, non conosco Vivalet e sono Capopalestra da pochissimo» chiuse il discorso Celia.
Un cameriere cominciò a servire la cena, Gold si gettò subito sulla sua bistecca, cominciando a trangugiarla selvaggiamente. Gli altri iniziarono a consumare in maniera più civile il loro piatto, Ruby lo schifò leggermente.
Una volta terminato il pasto, ognuno di loro tornò in camera, per dormire il più possibile prima di quella che sarebbe stata una giornata sicuramente lunga e difficoltosa. Nella stanza di Celia e Aurora, aleggiava ancora una certa tensione. Le due evitarono discussioni e chiacchiere, andando a dormire presto e guardandosi il meno possibile. In quella di Kalut e Gold, c’era ben poco di cui parlare: i due si conoscevano appena e Gold era lievemente inquietato da Kalut e infastidito dalla sua ambiguità, non andò a dormire con la paura che potesse pugnalarlo nel sonno, ma si addormentò con in testa il chiodo fisso del perché mai quel ragazzo avesse lasciato libero Zero, il responsabile di tanti crimini. Nella camera di Ruby e Sapphire, invece, la temperatura era un bel po’ più elevata che nelle altre.
«Vuoi dormire?» chiese il ragazzo alla sua donna, scivolando sotto le coperte accanto a lei.
Sapphire arrossì, scuotendo leggermente la testa: «non lo so» rispose, vaga.
«Ok, buonanotte, allora» fece Ruby, voltandole le spalle, fintamente indignato.
«Ehi» lo richiamò lei, mordendogli il collo con delicatezza.
«Che fai?» chiese lui.
«Stanotte lo facciamo come dico io...» affermò Sapphire, ponendosi a cavalcioni sopra il suo amante e sfilandosi la maglietta sotto la quale non indossava intimo.

Qualche decina di chilometri più a sud, nella stanza di un motel di Giubilopoli, avveniva una scena molto simile. Green e Blue erano scesi dall’aereo e si erano trovati un luogo in cui riposare in fretta e furia. Erano stanchi, ma non abbastanza per il sesso.
Lentamente, su Giardinfiorito, Giubilopoli e su tutta la restante Sinnoh, scese la notte fonda. La luna e le stelle erano nascoste da un fittissimo strato di nubi e l’intera regione era ricoperta dalla bianchissima neve. Quella notte sarebbe stata quieta come poche altre.

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