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Gaia Bessie - Ragazzina (che cammini con i mostri)

Ragazzina (che cammini con i mostri)

 

Ragazzina che cammini con i mostri
con tuo padre che non riesce più a capire
se il problema più importante del reame sia vivere o morire
(…)
Scendi dalle stelle scendi re del cielo
vieni in questa grotta freddo
vieni in questa grotta freddo e al gelo
tra Gesù bambino e l’uomo nero

Ragazzina, Baustelle

 

A Ceneride ci sono i fantasmi.
Nella gola buia di una grotta, dove un respiro diventa l’aria umida che sprofonda tra le viscere della prima creazione di Arceus, c’è un suono, o un concerto di suoni. Se si ci fa caso, quando smette di piovere, o di tirar vento, in quei rari momenti di pausa, si sente: qualcuno sta piangendo.
Piano piano, emerge come il tremore di due rocce che stridono tra di loro, spinte da una forza invisibile. C’è qualcuno che piange nella Grotta dei Tempi e nessuno riesce a farlo smettere.
I bambini giocano sulla soglia, tra l’erba e i sassi e, quando il suono di un singhiozzo squarcia il silenzio, si guardano negli occhi, e scuotono il capo: il fantasma dalla gola raschiata piange e piange, e a volte versa talmente tante lacrime che, sul terreno della grotta, si trovano delle pozzanghere.
Se qualcuno volesse assaggiarne una goccia, si accorgerebbe che sono salate.
Forse, qualcuno ha pianto per davvero.
E, se mai qualcuno trovasse il coraggio di specchiarsi, in quelle pozzanghere grandi come il pugno di un neonato, vi scorgerebbe un riflesso ingrigito di un paio di occhi azzurri come zaffiri.
Per questo qualcuno dice, bisbigliando tra le rocce levigate dal pianto: a Ceneride ci sono i fantasmi, e uno di loro ha gli occhi come zaffiri, e forse altrettanto duri, e un ghigno da fata.
O, quando un bambino strilla terrorizzato nascosto sotto al letto, da mostro.
Ha i denti così bianchi che illumina il buio, come gli occhi diamantati di un Sableye, così affilati che con un sorriso di squarcia a metà. E, sulla faccia, quei denti non sono altro che un’altra ferita su un viso martoriato.
I ragazzini tirano pietre, che altro non sono che le ossa che la terra si vede restituite, dentro il buio della grotta, ma non ne cavano niente: qualcuno è entrato lì dentro, in un’altra vita, e non è uscito.
Dicono: è il fantasma.
Ma, forse, è più una parvenza di ricordo.
 
***
 
A Ceneride non si fanno funerali, raccontano gli anziani, con un sorriso di approvazione sul volto.
Ma ciò non significa che a Ceneride non si muoia, come nel resto di Hoenn: a Ceneride le persone sorgono e tramontano nell’acqua cristallina del cratere riempito di acqua piovana, nascono e muoiono in una bolla d’aria.
Quand’era morto l’ultimo Capopalestra  un funerale c’era stato, ed era effettivamente stato l’ultimo e il primo, come il primo e ultimo Capopalestra era stato Adriano: poi, la Palestra aveva fatto la muffa, e i licheni si erano infiltrati persino tra le righe del pavimento dell’edificio abbandonato al tempo.
Ceneride era morta lì, forse, tra la muffa, il muschio e l’odore di chiuso della sua palestra. Era morta come una pianta sotto la neve, e non c’erano stati boccioli.
E qualcuno ancora s’ostina a definirla città immortale, solo perché lì vi dimora un fantasma: basterebbe immergersi nell’acqua cristallina, senza chiudere gli occhi, e scendere sul fondale.
Lì, al posto della superficie liscia, levigata come una conchiglia, c’è un fondale morbido, meno solido del fango ma più pastoso della sabbia.
È il motivo per cui si chiama Ceneride e, lì, non si fanno mai funerali senza che si tratti di una città di immortali.
 
***
 
Dicono che a Ceneride ci sia un fantasma che divora il silenzio della grotta, che striscia tra le ombra e vomita acqua fredda e che ha le mani sporche di cenere, o fatte di cenere, chissà.
Un giorno, una ragazzina è entrata lì dentro, un po’ camminando e un po’ saltellando, un metro e cinquantacinque di iperattività, un diavoletto con una bandana in testa.
Le hanno detto: bambina, cosa stai andando a fare lì dentro?
Ma nessuno ha avuto risposta, è andata lì, dritta in pasto al fantasma, con un sorriso che le squarciava il viso ancora giovane, ancora fresco. Una vena le pulsava lungo il collo, chissà se ora ha smesso.
Chissà se l’hanno fatta smettere.
Eppure, le hanno urlato dietro: ragazzina, perché devi per forza camminare con i mostri?
Lei si è girata solamente per qualche attimo, gli occhi duri come due pietre, e ha smesso di sorridere.
Cosa credi? Pensi di essere qualcuno, per decidere se è più importante vivere o morire?
Nella grotta c’è un mucchio d’ossa e io voglio sapere di chi è: a volte rimane qualcosa anche delle persone che amiamo senza averle mai conosciute. Sto cercando un ragazzo, lo conosci?
Fuori dalla grotta c’è un rumore continuo di sedie a dondolo, quando c’è caldo tutti escono a godersi lo schiumare dell’acqua sulle rocce.
Ragazzina, perché preferisci il caldo soffocante del buio, cosa può darti tutta questa oscurità?
Il buio può darmi ciò che cerco: chi può dirmi che non sia questo, una manciata di pietre, pozzanghere e umidità, casa mia? Hanno detto che lì è entrato un ragazzo come me.
Forse ora è lui il fantasma, ma ha gli occhi di un colore sbagliato, e un cappello che non toglie mai. Cerco quello sguardo, tu l’hai più incontrato?
No, bambina, ma forse dovresti tornare indietro. Il buio è un re che non perdona.
Ma lì c’è un ragazzo, perché non lo vede nessuno? Perché non lo aiuta nessuno?
È lì, chiacchiera con un fantasma.
 
***
 
Le hanno detto di non andare, mentre lei già metteva un piede avanti all’altro, senza pensare, infradiciandosi le scarpe di terra bagnata: anche oggi, qualcuno ha pianto in una grotta, senza essere udito.
E l’ha trovato.
Chiuso su se stesso come una conchiglia rotta dalle onde, il cappello legato alla testa come un’altra, ennesima, appendice superflua e gli occhi non azzurri come zaffiri. Un fantasma sbagliato.
Un fantasma che non sorride e non ha lo sguardo duro come una pietra, ma liquido come magma incandescente, il cuore di un rubino. Ma, anche lui, ha le mani fatte o sporche di cenere.
La sua voce è un mormorio che increspa le pozzanghere, a malapena udibile, a metà tra le parole e un pianto senza lacrime.
Avvicinandosi, le parole acquistano definizione, un senso, si colorano delle ombre riflesse tra le rocce: Sapphire, Sapphire, ti è rimasta un po’ di innocenza da dare via?
C’è una ragazzina nella grotta che, finalmente, trema in ogni osso, sente il freddo che punge i nervi e non la lascia più.
Come fai a conoscere il mio nome? Chi sei, perché vivi qui?
Un sorriso ombroso, cinereo, rischiara un viso tinto di rosso intenso. Tende la mano e sembra dire, avanti, prendila pure. Non so se avrò mai altro da darti.
Lei la prende, si sporca, le viene da piangere e tossisce un grumo di catarro e cenere, soffoca lì, tra le pozzanghere.
Perché sei come lei, sai? Ascoltala, sta arrivando.
 
***
 
Puoi essere due mondi, due persone, due rocce che si scontrano fino a produrre una sottile grana di polvere, così innocua da costringerti a fidarti, ma abbastanza infida da soffocarti a tradimento?
Puoi essere una ragazza in carne e sangue e anche un fantasma che piange e ride insieme?
Dicono che a Ceneride sia la città eterna, ed è vero, ma non perché la gente non muoia mai. Eppure, c’è anche gente che proprio non riesce a morire: si dice che nella grotta dei tempi ci stiano i non-morti e un fantasma che piange.
Anni fa, qualcuno è morto proprio lì, tra le rocce e il terreno secco, senza funerali: il giorno in cui furono scatenati i due Pokémon leggendari, una ragazzina morì in una nube di cenere.
Ma com’è possibile? Io sono lei e lei è me.
Qualcuno dice che, in realtà, non è mai morta. O che, comunque, non se n’è mai andata, e forse è vero, è ancora lì.
Tra le rocce, non la vede nessuno, ma ha ancora gli occhi azzurri come zaffiri.
 
***
 
L’hai lasciata da qualche parte, si è forte sfracellata tra le rocce, l’innocenza che mi avevi proposto? In questo tempo che ci è tiranno, in questo spazio che alla luce di lucciole agonizzanti si spegne lentamente, dov’è che sei finita, dove ti ha trascinata, riesci ancora a parlare?
Qualcuno ha detto, di fronte alla Palestra che crolla sulle propria fondamenta, che i fantasmi di Ceneride sono i più crudeli, perché sanno di essere eterni e, in qualche modo, hanno compreso la loro onnipotenza.
Ragazzina che ha voluto camminare con i mostri, adesso, ti rendi conto di che mostruoso errore hai commesso, di che spiriti hai nutrito, che sogni hai spezzato?
C’è un fantasma che piange nella Grotta dei Tempi, dove un tempo ha domato oceani e magma incandescente, prima di essere schiacciato da una forza celeste, da una giustizia divina che ha deciso che il potere assoluto non esisterà mai.
Ha perso tutto o, forse, non ha mai avuto niente, nemmeno un brandello di innocenza: è un fantasma che non si stupisce mai, che ha visto molto e compreso poco e che, alla fine, si è trovato con le mani piene – fatte – di cenere.
C’è un fantasma che silente siede nella Grotta dei Tempi, dove un tempo ha assistito alla distruzione della donna – ragazza – che amava, schiacciata da una forza celeste che mai tregua ha conosciuto.
Non ha mai avuto niente, o forse ha perso qualcosa, ma di certo qualcosa cerca in chi ha talmente tanto coraggio – come ne aveva lei – da avventurarsi in una terra di spettri, rischiando di soffocare nella cenere.
Ma com’è possibile che tu sei lei e lei è te?
Non lo so, Sapphire, a volte le cose succedono e basta: sei tu che hai deciso di giocare a nascondino con l’uomo nero.
 
***
 
Una bambina è entrata nella Grotta dei Tempi, senza luce, in un tempo buio e in uno spazio con troppi spigoli, camminando tra i mostri, senza tremare nemmeno una volta.
Io sono te e tu sei me, ha sentito mormorare e, inghiottendo un bolo di lacrime, ha deciso di fidarsi.
Dei bambini schiamazzano in un debole, pallido, fascio di luce. Gridano, tirandosi una palla, che è proprio vero: due ragazze gemelle si tengono per mano, nel buio, così che sembrano fatte di ombra e cenere, mentre un ragazzo si bagna nelle pozzanghere, il viso nascosto dal suo cappello, gli occhi un cupo baluginio rossastro.
A Ceneride ci sono i fantasmi.




Io ormai scrivo solamente per le feste comandate: Natale, Pasqua, la vigilia di un esame ecc. e anche questa volta dire che rimango totalmente nel mio canone. Tra una settimana riuscirò a lasciarmi questi disastrosi vent'anni alle spalle, per entrare a pieno diritto nei ventuno.
E quindi ho scritto questa. Non so perché, e mi sa che non so nemmeno come, però c'è, per quel che vale, anche quest'anno mi sono regalata qualcosa da sola.
Quindi, spero che vi sia piaciuta (e ci vediamo per Pasqua, a questo punto ahahahah).
Gaia

P.S. (Se volete rimanere nel dubbio del perché vi siano due Sapphire, non leggete): il tema del doppio altro non è che una mia personale rielaborazione del fenomeno dei Doppelganger.
Qui però mi riservo di non chiarire una cosa, ovvero se la Ragazzina è il doppio di Sapphire o viceversa, e se anche Ruby è un doppio o è Ruby. Io ovviamente ho una mia interpretazione ma, salvo richieste, eviterei di condividerla, in quanto non amo assolutamente rovinare la lettura (che non è solo lettura, è anche interpretazione) alle persone.

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