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Levyan - Nubian - 21 - Niente al Mondo


 XXI
Niente al mondo
 

La porta della camera di sorveglianza si spalancò. Green si precipitò all’interno, le membra intorpidite e tremanti. Si accucciò accanto ad una Blue ormai morente in una crisalide di coperte. Il corpo del Capopalestra era paralizzato, i suoi occhi spalancati. Non riusciva a credere a ciò che era appena accaduto. Aveva serrato la porta, barricandosi dentro con la sua donna. Nell’altra stanza c’erano soltanto Ruby, Xavier e il corpo privo di vita di Kalut. Non voleva pensarci, non riusciva a pensarci.
«Green» lo chiamò Ruby, che era arrivato dietro la porta «Green, maledizione!» ripeté, non ricevendo risposta.
Il Campione di Hoenn forzò la serratura ed entrò. Una folata di aria gelida lo accompagnava, proveniente dalla sala in cui era in funzione il macchinario di congelamento del Nodo.
«Ho bisogno che tu di mia una mano...» disse il ragazzo di Hoenn «non ci riesco, da solo» cercava di nascondere lo shock, cercava di ignorare che la reazione avventata del suo amico, due minuti prima, aveva causato la morte di Kalut.
«Dov’è Sapphire?» chiese Green, per fornirgli un’alternativa.
«Ha dei compiti da svolgere all’esterno, Green... ti prego... mi serve il tuo aiuto» lo supplicò lui.
Il Capopalestra di Smeraldopoli non reagiva. Le sue pupille fissavano il vuoto, le sue braccia stringevano Blue, praticamente in fin di vita.
«Se non fermiamo questa macchina, non ci sarà assolutamente alcuna possibilità di salvarla» sottolineò Ruby, avvicinandosi.
Green continuava a non rispondere, a non dare segni di vita.
Ruby attese qualche secondo e poi lasciò la stanza, senza aggiungere altro. Tornò nelle grotte dove giacevano i corpi svenuti delle guardie, sorvegliati da tutti i loro Pokémon. Si chiese per quale motivo non vedesse nessuno dei membri della squadra di Sapphire. Raggiunse l’entrata e non vide nessuno, alzò lo sguardo. Percorse la passerella fino alla cima superiore e individuò la sua donna: vegliava sulla zona circostante, restando in piedi su una roccia che si elevava sopra le altre. Osservava tutto ciò che c’era attorno.
«Sapphire, che cosa ci fai qui?» le chiese, senza che lei venisse colta alla sprovvista.
«Stanno arrivando le squadre nemiche» rispose lei.
«E i nostri rinforzi?»
«Sono in ritardo...»
«La tua idea era di combattere da sola fino all’arrivo degli uomini di Acromio?» chiese Ruby, sentendosi come tradito.
«Kalut riuscirà a fermare la macchina in tempo» lo rassicurò lei.
Ruby guardò il terreno, scuotendo la testa «Kalut è morto» pronunciò.
Sapphire non ricevette il messaggio. Voltò la testa inarcando le sopracciglia per qualche istante e non diede peso alla frase. Quando si rese conto che Ruby era completamente serio, lasciò che lo stupore le riempisse i lineamenti.
«Come è possibile?» chiese, ancora incredula.
«C’è stato un brutto incidente con Green e Xavier, è caduto e... è stata una cosa così stupida...»
Sapphire scese dalla roccia «Come facciamo a fermare il macchinario?» chiese, completamente privata di qualsiasi speranza.
«Non lo so, voglio mettermi in contatto con Acromio» propose Ruby.
Sapphire esitò, il suo sguardo si rivolse verso le montagne, sapeva che di lì a poco sarebbe stato necessario combattere. Ma qualsiasi resistenza sarebbe stata inutile se poi non fossero riusciti a bloccare quel computer. Il suo buon senso prese il sopravvento e lei si accodò a Ruby.
«Dono, Rono, restate qui, sapete qual è il vostro compito» ordinò ai suoi Pokémon che erano fermi nei pressi dell’entrata, incaricati di far crollare l’imbocco della grotta in caso di emergenza.
«Prendi i badge delle guardie, prendine più che puoi» ordinò Ruby, chinandosi a sua volta sui corpi esanimi degli agenti.
I due Dexholder rovistarono tra le divise e le borse, mettendo le mani addosso alle guardie con cui avevano combattuto al loro arrivo. Dopo cinque minuti, avevano le mani piene di schede magnetiche che servivano come passe-par-tout per le varie aree della base, funzione che a loro non interessava, visto che le porte le avevano tutte forzate. Tuttavia, Kalut aveva accennato alla possibilità di riuscire ad accedere alle funzionalità del macchinario tramite identificazione.
Svoltando per gli intricati e freddi cunicoli, raggiunsero di nuovo la sala delle telecamere. Ruby ignorò il fagotto in cui erano accasciati Green e la sua Blue morente, Sapphire vi posò lo sguardo impietosito solo per un istante.
«Dobbiamo provarli tutti, fammi vedere come funziona questo apparecchio» fece Ruby, conoscendo bene l’avversione di Sapphire verso la maggior parte degli apparecchi elettronici.
Il Campione di Hoenn si sedette alla postazione. Davanti a lui c’erano i monitor della sorveglianza. Alcuni funzionavano, altri erano stati manomessi per facilitare la loro incursione. Uno schermo più grande, invece, mostrava il menù di impostazioni del macchinario, sembrava un programma complesso e articolato, ma disponeva di poche funzioni, la maggior parte degli elementi a schermo erano parametri e valori che venivano monitorati. Ruby cliccò sui tasti che sembravano più promettenti, accedendo ai comandi primari. Raggiunse facilmente l’opzione di shut-down ma, cliccandovi, ottenne solamente un banner che lo informava di non avere l’autorizzazione per proseguire. Veniva richiesto un codice o in alternativa, vi era la possibilità di far passare un badge nel vano a scorrimento de computer. I due Dexholder si misero sotto. Inserirono un tesserino preso a caso dal mucchio: accesso negato, ne inserirono un secondo: accesso negato, ne inserirono un terzo: accesso negato. La cosa andò avanti fino alla fine, Kalut aveva ragione ancora una volta: nessuna delle guardie presenti era autorizzata a fermare il macchinario, loro facevano solo da sorveglianti.
«Devo mettermi in contatto con Acromio» pensò allora Ruby.
Smanettare con la radio fu meno complicato, alla fine si trattava di un apparecchio molto più semplice. Fu ritrovata la frequenza aperta per ultima, dalle casse cominciò a diffondersi un brusio stridulo.
«Acromio... Acromio...» provò a chiamare Ruby, attivando il microfono che era sulla scrivania.
«...lut, che... ccede?» disse una voce robotica dall’altra parte della comunicazione.
«Acromio, sono Ruby, Kalut non può più aiutarci» scandì il ragazzo «dobbiamo fermare il macchinario da soli».
«...uby? Do... è Ka...? Che vi ser...?»
«Qualcosa ha capito, il collegamento sta migliorando» sussurrò Sapphire.
Ruby annuì «Dobbiamo fermare il macchinario senza l’aiuto di Kalut, spiegaci come fare» chiese.
«Ok... capisco...» le interferenze sembravano diminuire progressivamente «non so per... Kalut non poss... far... da ...lo» anticipò il capo della squadra dei rinforzi «ma posso ...trare nel sistema, ho bis... di un paio di minuti... solo che...» si interruppe.
«Che cosa?» chiese Ruby.
«Non è sicuro, preferisco ...e ...lut lo faccia da lì» insisteva lui.
«Acromio, Kalut è morto per un incidente, noi non sappiamo continuare ciò che lui stava facendo» rivelò Ruby «ci serve il tuo aiuto, è necessario».
«Morto...?» mormorò quello dall’altra parte «...aledizione... ascoltatemi, allora» Ruby e Sapphire tesero le orecchie, fortunatamente, il collegamento era migliorato «è più sicuro bloccare il sistema dalla sala in cui siete ora, Kalut ha sicuramente isolato il terminale» Ruby e Sapphire ipotizzarono che Acromio parlasse del Porygon-Z di Green che si stava occupando di respingere il comando di autodistruzione inviato dalla sede Faces «perché io possa farlo da qui, è necessario creare una breccia nella sicurezza il che vuol dire che anche la Faces potrà di nuovo accedere ai server» spiegò.
«Quindi la base riceverà il comando di autodistruzione?» dedusse Ruby.
«Non se io riesco a disattivare il macchinario prima, non si accorgeranno immediatamente che il sistema di sicurezza è stato bucato, io potrei addirittura riuscire a farcela prima che loro possano intervenire» rispose Acromio.
«Aspetta, le cariche sono già state trovate e disinnescate da Kalut» fece Sapphire, ricordandosi.
«Di sicuro non sono state disattivate tutte, la maggior parte si trova sotto terra».
Non c’era niente da fare, bisognava rischiare il tutto per tutto.
«Va bene, cosa dobbiamo fare, noi?» chiese Ruby.
«Aprire un canale nel sistema di sicurezza installato da Kalut» rispose Acromio.
Ruby e Sapphire si guardarono, spaesati.
«C’è un Porygon-Z, stai parlando di lui?» chiese Green.
«Sì, sì... meno male, dovrebbe essere più semplice» Acromio sembrava sollevato «chiedetegli di aprire un canale preferenziale, ditegli che ho bisogno di accedere ai server della Faces lui capirà» ordinò l’uomo.
Ruby e Sapphire, sentendosi due deficienti, accettarono. Il Pokémon Virtuale fece capolino dall’hard-disk del computer come un pesce che emerge appena sopra il ciglio dell’acqua, alternando la sua forma fisica a quella digitale.
«Hai sentito che cosa ha detto Acromio?» gli chiese Ruby.
Quello annuì, per fare in modo che l’umano capisse.
«Bene, fai attenzione, allora».
Prima di tornare all’interno del mondo virtuale, il Pokémon gettò un’occhiata al suo Allenatore, ancora accoccolato nell’angolo, con le braccia che stringevano il corpo di Blue.
«Ruby, un’ultima cosa» ritornò Acromio, ancora in collegamento «anzi, due. Primo: se Kalut è morto davvero, fruga nelle sue tasche, dovrebbe esserci una chiavetta o un dischetto... qualcosa che può contenere dei file, prendilo e conservalo. Secondo: avete circa dieci minuti prima che la Faces vi raggiunga, sarete da soli, dovete combattere con tutte le vostre forze, voi siete rimasti in quattro e loro sono a decine» Ruby si scambiò un’occhiata con Sapphire, prima di rivolgere lo sguardo verso Blue e Green, entrambi inabili alla battaglia «i miei uomini arriveranno prima possibile».
«Va bene, Acromio, grazie per il tuo aiuto, di nuovo» chiuse il collegamento Ruby.
Senza una parola, Sapphire uscì dalla stanza, sicuramente rivolta verso la zona del nodo, dove si trovava il cadavere di Kalut. Ruby attese qualche istante prima di seguirla. La conosceva troppo bene per ignorare il suo comportamento, Sapphire stava sotterrando ogni emozione, non aveva neanche posato gli occhi su Blue, non sembrava essersi accorta del fatto che una sua amica stesse morendo. Le comparve alle spalle, qualche secondo dopo, raggiungendola al centro della folta foresta di capsule contenenti Pokémon Ghiaccio. La trovò china sul corpo di Kalut, intenta ad inserire le dita in ogni tasca avessero i suoi abiti. Xavier era ancora a terra, a pochi metri di distanza, sanguinante, mezzo congelato e completamente inerte.
«C’è una chiavetta» annunciò, rinvenendo il tesoro.
«Voglio vedere cosa contiene» disse Ruby.
«Abbiamo tempo?»
«Abbiamo una decina di minuti, secondo Acromio»
I due Dexholder di Hoenn tornarono nella sala degli schermi. Ruby inserì il dispositivo nella porta USB, l’unica componente normale di quel computer futuristico. Immediatamente, sul monitor principale, sul quale era in corso un lungo sciorinarsi di stringhe di codici in una pagina dallo sfondo nero, si aprì la finestra dell’avvio automatico. Nella chiavetta c’erano due file: una cartella che pesava diversi gigabyte denominata “Ricerca e sviluppo, soggetto 4” ed un leggero file video, dalla breve durata, chiamato “Kalut”.
Ruby non dubitò un solo istante e cliccò sul video, mettendolo in riproduzione. Sullo schermo, in pessima qualità, degna di una camera vecchia di almeno dieci anni, comparve il volto pallido di un uomo sulla cinquantina. La sua barba era trascurata, i suoi occhi cerchiati da profonde occhiaie, i suoi capelli unti e spettinati. Quando aprì la bocca, sembrò fare molta fatica, come un bambino al quale viene chiesto di raccontare un fatto traumatizzante.
«Mi chiamo Leonard Roland, sono uno scienziato, lavoro per... sono costretto a lavorare per la Faces» non era una presentazione, sembrava più una formula che lo aiutava a tenere fisso in mente ciò che avrebbe voluto dire «se state guardando questo video, molto probabilmente sono morto. Intendo mandarlo alla persona di cui più mi fido e sarà stata lei a diffonderlo tra coloro che si troveranno a combattere quella piaga che la Faces sarà diventata» si accorse di star divagando «Mi chiamo Leonard Roland, sono uno scienziato» ripeté, come una cantilena «ho lavorato ad un progetto per conto della Faces, ho condotto degli esperimenti, ho studiato il genoma umano in relazione a quello Pokémon, secondo la loro matrice comune: il DNA di Mew. Le mie ricerche mi hanno portato a scoprire il metodo per creare un ibrido delle due specie, che abbia le qualità dell’una e dell’altra specie, e nessuno dei difetti. La Faces ha le mie ricerche e i miei dati, io li allego anche a questo video, così che pure voi, che intendete fermarla, abbiate i miei materiali...» sembrò rigettare indietro un conato di vomito, per la fatica «...negli anni precedenti, ho sperimentato questa tecnica su delle cavie, prima di ottenere risultati soddisfacenti, l’ultima sono stato io, quelle precedenti sono tutte morte, come me, a breve. Sfrutto allora uno dei miei rari momenti di lucidità per rivelarvi l’identità dei miei tre esperimenti riusciti, o perlomeno, sopravvissuti. La prima è stata Luna, una orfana che ho trovato in un ricovero, aveva un anno quando ho tentato di alterare il suo DNA miscelandolo con quello di un Mew. L’esperimento è andato male, Luna ha manifestato segni di instabilità e nevrosi, la mutazione ha intaccato il suo corretto sviluppo cerebrale, il suo genoma era impossibile da alterare, già a quell’età. Il secondo è stato Zack, mio figlio...»
Ruby e Sapphire si scambiarono un’occhiata. Senza muovere le labbra, si capirono a vicenda. Si trattava di Zero.
«La sua mutazione è stata indotta in fase embrionale, il suo DNA ha accolto le nuove sequenze, essendo ancora malleabile. I risultati, tuttavia, sono ancora ben distanti dalla corretta riuscita, le sinapsi di Zack rimangono instabili, seppur molto intelligente e dotato di enormi capacità, con la crescita manifesterà una forte instabilità tendente alla vera e propria follia. Mi occuperò di sopprimerlo, potrebbe causare dei danni, in futuro» l’uomo si prese una pausa, come se dovesse pesare le parole.
«Le conoscenze della Faces arrivano fin qui, ma io ho un ultimo progetto che ho mantenuto segreto: Kalut. Tramite il DNA di Zack ho creato un clone al cui genoma di base ho unito dapprincipio quello di un Mew. La creatura è stata incubata, la gestazione è avvenuta artificialmente. Ho affidato ad un Pokémon la cura del bambino, che secondo le mie previsioni maturerà e crescerà correttamente, evolvendo nell’essere perfetto al quale i miei studi miravano. Insomma, la Faces non possiede tutti i miei progetti e non è ancora capace di ricreare Kalut, ma lo sarà. Allora io vi lascio questo monito: prima che lei possa riuscirci, cercate Kalut, tra tredici o quattordici anni, sarà arrivato alla maturazione completa, avrà risvegliato ogni sua capacità. Cercatelo, lo troverete a Sidera, molto probabilmente nel Bosco Lira, trovatelo e chiedetegli di agire per fermare la Faces. Lui è l’unico in grado, l’unica creatura che abbia una possibilità di cambiare le sorti del mondo. Kalut è l’unica arma contro la Faces. Senza di lui, tutto è perduto» terminò il video.
Ruby e Sapphire non commentarono, ma si scambiarono una lunga occhiata. Rimasero immobili per qualche secondo, prima di riprendere coscienza del mondo reale.
«Dobbiamo uscire» asserì Sapphire, soffocando ancora una volta la tempesta che le imperversava all’interno.
Ruby si accodò. Green rimase ancora una volta da solo, col corpo di Blue tra le braccia. I due Dexholder di Hoenn raggiunsero la passerella e la percorsero fino alla cima del cenote. Nel silenzio di quella vetta innevata, riuscirono subito ad udire il rumore dei motori in avvicinamento. Le squadre Faces erano dotate di gatti delle nevi e motoslitte, evidentemente. Li avrebbero raggiunti nel giro di pochi minuti. Sapphire fissava l’orizzonte, Ruby, di sottecchi, studiava ogni suo lineamento e ogni minima contrazione dei suoi muscoli facciali. Era inutile negare che quella sarebbe potuta essere l’ultima occasione di farlo.
«Ce la faremo» le mentì.
Sapphire alzò gli occhi verso il ragazzo.
«Io sono più forte di te» rispose lei.
Ruby non capì immediatamente le ragioni di quell’affermazione.
«Dovessimo salvarci, ti sfiderò, vincerò e prenderò io il titolo di Campionessa della Lega di Hoenn» affermò con certezza la ragazza.
Ruby non nascose un sorriso. La Sapphire infantile, che sembrava essere scomparsa due anni prima, era finalmente tornata.
«Non credo che riusciresti a battermi» la provocò.
«Non farmi ridere... e poi il mantello del campione starebbe molto meglio a me che a te» i loro sguardi si incontrarono, sorridendosi reciprocamente.
«Sono cambiate tante cose» mormorò Ruby.
«Lo so».
«Sarà difficile rimettere tutto a posto...»
«Tu non sei cambiato» fece lei.
Ruby alzò le sopracciglia, positivamente stupito. Sapphire lo guardò un’ultima volta.
I rombi dei motori erano ormai a poche centinaia di metri di distanza. Entrambi i Dexholder misero mano alle loro Poké Ball, pronti a fronteggiare una minaccia decisamente più grande di loro. All’improvviso, dalla vallata che era sotto di loro spuntarono decine e decine di macchioline nere. Gli agenti Faces erano più numerosi di quanto si aspettassero.
«Non sacrificarti per me» sibilò Sapphire.
Ruby socchiuse gli occhi, si voltò verso di lei e la prese per un braccio, trascinandola verso di sé. La baciò con tutta la forza che aveva in corpo, premendo le sue labbra gelide e morbide su quelle di lei, che erano calde e screpolate. Sapphire si abbandonò a lui ma prima di staccarsi lo afferrò per il cappotto.
«Noi combattiamo insieme» gli intimò.
Simultaneamente, furono lanciate le sfere di Aggron e Milotic verso gli agenti Faces che si avvicinavano.

Green era ancora sul pavimento. I capelli coprivano gli occhi e le lacrime solcavano le guance. Il suo volto era scavato, tra le braccia aveva il corpo di Blue. Ormai, di lei, non era rimasto altro. I sacchi a pelo in cui l’avevano avvolta erano completamente inzaccherati di sangue, il suo viso era pallido, freddo, privo di vita. Il ragazzo si accucciò un ultima volta su di lei. Non sapeva cosa farsene del resto del mondo, ormai. Odiava ammetterlo, Green, ma il suo lavoro era diventato frustrante. Da ragazzino aveva dovuto combattere per salvare il mondo, aveva vissuto il pericolo, aveva affrontato situazioni impossibili... era sempre stata quella la sua dimensione. Con Blue, quel passato non sembrava ogni giorno più lontano, con Blue, era come se il mondo potesse tornare in pericolo in ogni momento.
Ormai, per lui, era arrivato il momento di crescere. Non bisognava più affrontare il Team Rocket o sconfiggere il Pokémon Leggendario di turno. Quando i grandi sono in pericolo, le cose smettono di essere divertenti.
Green fissò la porta da cui erano usciti Ruby e Sapphire per andare a lottare da soli contro decine di agenti Faces. Si chiese come potesse essere stato tanto vigliacco. Si alzò in piedi, lasciando il cadavere di Blue sul pavimento insanguinato di quella stanza. Finse di dimenticarsi della sua esistenza, nella grigia speranza che, di lì a poco, quell’incubo sarebbe finito e tutto sarebbe tornato alla normalità. Prese le sue Poké Ball, si diresse verso l’uscita.

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