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Sakichan24 - Addictions - 11/12



Sakichan24


ADDICTIONS
 
12.
Sport addiction...


 


Piego le braccia verso il pavimento.
- Cinquanta. - mormoro a denti stretti. Faccio fatica a ritornare alla posizione di partenza: le braccia, nonostante il buon numero di muscoli, mi tremano e implorano pietà: sembra debbano cedere da un momento all’altro.
- Signore, tra poco dobbiamo chiudere.
Non ascolto neanche e faccio un altro piegamento.
- Cinquantuno.
Non posso fermarmi in questo momento, il mio allenamento non varrebbe a niente. Ho le gambe indolenzite, mi dolgono gli addominali e le braccia iniziano a formicolare. Ma non cederò: non sono un debole.
- Signore.
L’inserviente mi tocca sulla spalla con una mano: non posso più ignorarlo.
- Lo so. - rispondo, con un tono più duro di quello che vorrei. Mi mordo il labbro.
Faccio un ultimo piegamento e le mie braccia si ribellano definitivamente: crollo a terra e per poco non sbatto la faccia.
Rimango lì un attimo, mentre scariche di dolore mi attraversano il corpo, poi lentamente mi alzo: l’inserviente non dà cenno di aver visto alcunché.
Prendo l’asciugamano e la mia borraccia, ormai vuota, e mi dirigo in fretta verso gli spogliatoi. Mi sembra di non aver lavorato abbastanza: forse dopo cena potrei andare a fare una corsa.
È solo sotto la doccia che mi rendo conto che probabilmente dopo cena non andrò da nessuna parte: ho dolore ovunque, non so neanche come faccio a stare in piedi.
Impreco ad alta voce, tirando un pugno al muro piastrellato. Sono un inetto: mi alleno tutti i giorni, eppure mi sembrava di non migliorare mai. Pensavo si trattasse di un problema di tempo e ho iniziato a ritagliarmi un’ora in più per fare sport ogni giorno, destreggiandomi tra i miei impegni di Superquattro.
In realtà non sto dedicando molto tempo alla Lega Pokémon: ormai ci passo pochissime ore, di solito sono sempre fuori. O in palestra o ad allenarmi nella Via Vittoria.
Ma non posso farne a meno: l’essere sempre più forte mi ossessiona.
Tutti gli sportivi (o meglio, tutti gli sportivi di talento) sanno che il traguardo più importante è superare i propri limiti. Io agli occhi degli altri sono già l’uomo più forte di Unima, non ho bisogno di mostrarglielo ancora.
Ma ho bisogno di mostrare a me stesso che posso ancora migliorare, che non ho finito il mio percorso. Eppure mi sembra di sbattere contro un muro: più mi impegno e meno riesco a combinare qualcosa.
Sono anche arrivato al punto di controllare pedissequamente ogni cosa che mangio per essere certissimo di seguire la dieta migliore, ma non aiuta affatto.
Ogni tanto gli altri Superquattro mi consigliano di riposarmi, di staccare, di fare una mangiata come si deve. Ma loro non conoscono il fuoco che brucia dentro di me, non possono capire come mi sento: per loro è facile.
Loro sono soddisfatti così come sono, non cercano mai di migliorare un minimo. Rimangono nel loro limbo e se ne beano.
Mentre esco dalla doccia, però, mi attraversa il pensiero che forse non sono loro ad essere in torto.
Scuoto la testa: seguo la strada delle arti marziali da quando ero piccolo, so io quello che è meglio per me e quello che devo fare. L’unica persona che può capirmi sono io stesso.
Esco dalla palestra e una brezza quasi fredda mi accarezza il volto. Alzo lo sguardo: il sole sta tramontando.
Mi incammino di buon passo verso la Lega Pokémon, riflettendo già sulla routine di domani.
Cerco di essere ottimista e di pensare che sicuramente domani andrà meglio e inizierò a vedere dei risultati ulteriori, ma una parte di me è sicura che ancora una volta sarà tutto inutile: forse mi sono veramente infilato in una cosa più grande di me.
Forse la vera sfida da vincere è riuscire ad accettare i miei limiti.




 
13.
  Cannabis addiction...





Sono buttata sul divano. Ho tolto le scarpe, slacciato i pantaloni e allentato la giacca.
Non ho voglia di pensare a nulla, né tantomeno di alzarmi. Chiudo gli occhi e porto vicino alle mie labbra la sigaretta.
L’odore è ottimo, come al solito, ma inspirare mi fa bruciare i polmoni. Tossisco un pochino, ma non ci faccio tanto caso. Non è così terribile come potrebbe sembrare.
Mi rigiro sul lato e il mio sguardo si perde fuori dalla finestra di casa mia. Senza occhiali faccio molta fatica a distinguere qualsiasi cosa, ma non mi interessa.
Perlomeno ogni volta mi posso godere un panorama diverso: quella macchia verde là fuori a volte è un albero, a volte una persona in abiti verdi, a volte un Pokémon misterioso mai visto da nessuno.
In questo preciso momento mi ricorda della muffa.
Scoppio a ridere e riesco solo a pensare che sono veramente fatta.
Non dovrebbe essere una cosa di cui andare fieri, ne sono consapevole, ma non riesco a farne a meno: la mia vita non mi piace.
Non mi piace il controllo che mio padre ha su di me, non mi piace l’essere sempre un passo indietro rispetto a Black e White, non mi piace nulla.
Mi metto seduta e continuo a tenere lo sguardo verso la finestra, anche se ormai ho già iniziato a pensare a tutt’altro.
Una volta non vedevo l’ora di uscire e vivere nuove avventure, esplorare posti nuovi, anche mettermi nei guai. Il tutto ovviamente all’insaputa di mio padre. Se ero triste, mi bastava correre a piedi nudi su un prato, guardare le nuvole o accarezzare un Pokémon per sentirmi meglio.
Non so dire quando tutto questo ha iniziato a cambiare, so solo che a un certo punto non mi bastava più. Anche se uscivo e cercavo di distrarmi, non riuscivo a togliermi la malinconia e la tristezza di dosso.
E allora ho cercato altre scappatoie. Finora l’erba è quella che ha funzionato di più: quando fumo, per un po’ riesco veramente a non pensare a nulla. Mal che vada, mi concentro sulle mosche che volano e cerco di prevedere dove andranno o di seguire il loro volo col dito indice. Altrimenti crollo addormentata e mi sveglio dopo diverse ore.
Mio padre non ha mai sospettato niente, o comunque non ha mai dato cenno di aver capito qualcosa. Adesso che vivo da sola è anche molto più facile nascondersi.
Certo, è passato un po’ di tempo: avrei dovuto risollevarmi e trovare qualcosa da fare con la mia vita.
Ma la verità, anche se odio ammetterlo, è che è più comodo così: soffrire un po’ e poi dimenticare tutto fumando marijuana. Il fatto che me ne serva sempre di più per dimentare è secondario, o almeno mi piace credere che sia così.
Semplicemente non tutti sono fatti per avere successo nella vita: se nessuno fallisse, i talenti passerebbero inosservati.
Mi bruciano gli occhi, ormai: strofinandomeli, li sento bagnati. Forse dovrei fumare qualcosa di più, mi potrebbe aiutare.
Faccio per alzarmi e andare a cercare qualcosa da bere (sballarsi è una sensazione fantastica, ma dà un fastidio terribile alla gola e ai polmoni), ma il cellulare che squilla mi distrae.
Afferro la borsa e ne rovescio l’intero contenuto per terra: cercare il telefono in altro modo è troppo difficile nelle mie condizioni.
Effettivamente non ci metto molto a trovarlo: è la professoressa Aralia.
Forse dovrei lasciarlo squillare e richiamarla dopo, quando sarò più lucida, ma il mio dito scorre automaticamente verso il tasto verde.
- Bianca!
Sembra molto contenta di sentirmi. La lascio parlare, rispondendo a monosillabi alle sue domande: non mi è molto facile concentrarmi.
- Ti ho chiamata per farti una proposta.
Sbatto le palpebre un paio di volte e mi concentro meglio che posso per ascoltarla. Vuole che vada ad aiutarla nelle sue ricerche al laboratorio. Dice che sono la prima persona a cui ha pensato, che non potrebbe assolutamente fare a meno di me, che sarò assolutamente all’altezza del compito. Non so se mi sono messa a piangere mentre ero ancora al telefono, ma ricordo di aver pensato che forse c’è spazio anche per me.


COMMENTO PERSONALE
Con un ritardo immenso (che dipende solo da me e dalla mia incapacità di gestire gli impegni) siamo giunti all’ultima puntata di Addictions. Ho scelto di portare la dipendenza dallo sport e quella dalla droga. Abbinare Marzio alla dipendenza da sport è stato abbastanza facile, potete immaginare tutti i motivi che mi hanno spinta a farlo. Per Bianca ci ho un po’ rimuginato, ma alla fine l’ho scelta per chiudere con un pochino di leggerezza, offrendole anche un’occasione di riscatto che praticamente nessuno ha avuto in questa serie.
Che dire? Grazie a voi di avermi seguita e un grazie grandissimo a Andy per avermi concesso di pubblicare qui (e che faranno santo per essermi corso dietro con immensa pazienza). È stata una grande occasione per confrontarmi con altri scrittori e crescere un po’. Spero ci rivedremo presto, anche se per un bel po’ sarò completamente immersa in un altro progetto che non c’entra coi Pokémon.
Grazie mille a tutti e alla prossima!
Sakichan

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