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Levyan - ILCC: V - La ballata dei punk



V
La ballata dei punk


«Gold, la ragazzina!» esclamò Platinum, facendo da scudo ad una coppia di turisti che erano stati bersagliati da un gruppetto di teppisti.
«Polibo!» chiamò il Dexholder di Johto. L’anfibio estese la lingua, afferrando una bambina con un fiocchetto in testa che era in mezzo al marciapiede, tra due tizi armati di piede di porco e ben poche buone intenzioni.
«Jingle! Atterrali!» gridò Celia. Il suo Garchomp li abbatté con le sue muscolose zampe anteriori, mentre la ragazzina si ritirava al sicuro, dietro le spalle di Gold.
«Idronda!» ordinò il ragazzo, mandando a gambe all’aria il tizi che avevano circondato Platinum.
«Froslass, usa Geloraggio!» esclamò Lady Berlitz. Il fascio di energia criogenica congelò il marciapiede davanti a tre individui che si stavano avventando su una donna che aveva tra le braccia due buste della spesa. Ci fu uno scivolone collettivo e la signora poté allontanarsi sana e salva.
«Un auto!» gridò Celia.
Gold lanciò la sfera di Sudowoodo, che intercettò con un Martelpugno una berlina che aveva imboccato la via gremita di persone a gran velocità, bloccandola sul posto e facendo scattare gli airbag «quelli là, Celia!» indicò il ragazzo.
«Sybil!»
Il suo Clefable, chiamato a rapporto, emise un raggio di luce che accecò due individui intenti a prendere il controllo di un autobus colmo di passeggeri.
«Va bene ora basta!» esclamò Gold, lanciando la Ball di Thyplosion più lontano che poté, verso la fine della via. Il Pokémon ruggì e punto i piedi a terra, dando vita ad un’alta cortina di fiamme che cominciò a fondere l’asfalto sotto i suoi piedi. Il muro di fuoco avvolse l’intera carreggiata e il calore rendeva impraticabili persino i marciapiedi. A distanza di cinquecento metri, invece, la strada terminava con una curva ad angolo retto e il parapetto che dava sul fiume. Tutti i pedoni che erano in quel momento in quella avenue si trovarono in un rettangolo chiuso da ogni lato. Più o meno al centro di questo segmento: Gold, Celia e Platinum si stavano schierando schiena contro schiena, con tutte le loro squadre di Pokémon che mostravano i muscoli, pronte a mettere fuori combattimento ogni singolo uomo che si azzardasse ad accennare il minimo comportamento minaccioso. Nella via, tutti si immobilizzarono, la violenta reazione di Gold aveva impressionato persino civili e poliziotti. Il caos parve calmarsi per alcuni secondi, ma dagli altri angoli della città era ancora possibile udire esplosioni, colpi metallici e grida ben poco rassicuranti.
«Basta così!» esclamò il ragazzo, saltando sul tetto di un auto «l’intera città è in pericolo, non lo capite?! Dobbiamo rimanere uniti, dobbiamo fare il possibile per evitare l’autodistruzione!» ringhiava, a pieni polmoni «per i civili, cercate rifugio all’interno delle abitazioni, andate da persone fidate, non vi nascondete nei negozi e in altri luoghi che potrebbero attrarre l’attenzione dei criminali che si aggirano per strada»
Qualche testa che spuntava da quella insolita platea annuì, smettendo di tremare di paura. I civili più coraggiosi cominciarono a raccogliere le proprie cose e ad imboscarsi nei vicoli e nelle vie adiacenti, nel tentativo di sottrarsi a quella situazione al più presto possibile.
«Per coloro che soltanto pensano di fare del male agli altri, approfittando di questa situazione, sappiate che dovrete vedervela con me. Non temete i terroristi, bene... è me che dovete temere! Sarò ovunque, in questa cazzo di città, sarò in ogni piazza, in ogni strada, in ogni merdoso vicolo! Vi tengo d’occhio, sono la fottuta CIA, sono il vostro angelo custode! E ora mettete giù le armi e tiratevi l’uccello nei pantaloni, pensate a me prima di rubare anche solo una mela da un ortofrutta! E se proprio non riuscite a resistere, mettete una mia foto come sfondo del cellulare... magari sarò più clemente quando deciderò di far calare il mio giudizio sopra di voi» concluse. Thyplosion abbassò le fiamme, lasciando libero il passaggio, ma rimase vigile e attento, in prossimità dell’incrocio. «Aria!» ruggì Gold.
Quelle due dozzine di teppisti che erano nella via se la diedero a gambe levate, mollando a terra piedi di porco e altre armi improprie, lasciando in pace negozi e vetrine. In meno di dieci secondi, la strada era sgombra, rimaneva solamente qualche poveraccio che tentava di riprendersi dopo le botte incassate. Gold scese dal tettuccio dell’auto, tornando a camminare sull’asfalto. Aveva il fiatone e le tempie imperlate di sudore. Non solo per il discorso, ma anche per il combattimento.
Celia e Platinum non riuscivano a staccagli gli occhi di dosso, come se lo avessero appena visto estrarre un coniglio dalle mutande, fare la muta come un rettile o gridare di essere omosessuale di fronte ad una platea di bionde.
«Vi siete bagnate, eh?» chiese alle due.
«Ok, no, sei lo stesso deficiente di prima. Però caspita...» commentò Celia.
«Volevo iniziare con “Mi chiamo Massimo Decimo Meridio...” ma poi ho optato per la seconda idea» continuò lui.
Platinum continuava a fissarlo, come se ancora non credesse di averlo visto fare ciò che aveva fatto. Gold se ne accorse, ma continuò ad evitare il suo sguardo.
«Andiamo, forse la situazione è più grave di quanto pensiamo» li riportò alla realtà Celia, incitandoli a seguirla.
I tre salirono in groppa ai loro Pokémon volanti. Si tennero a bassissima quota, rasentando quasi l’asfalto, per evitare di attirare l’attenzione dei cecchini. Sorvolarono due isolati, lasciandosi alle spalle l’incrocio con la cinquantatreesima strada e giungendo finalmente alla zona più caotica della città: Riverside Street. La sede della borsa di Austropoli era diventata un campo di battaglia decisamente più cruento rispetto a quello in cui si erano ritrovati poco prima. Non c’erano teppisti o criminali di strada a seminare il panico, tutto il lungo viale a quattro corsie era affollato di soldati: uomini attrezzati con giubbotti antiproiettile, pantaloni tattici e fondine per armi. Entravano nei palazzi, li evacuavano e lasciavano terra bruciata di quelli che un tempo erano gli uffici dei broker e dei commercialisti più affermati del mondo. Erano decine e decine, forse centinaia. Ben armati, organizzati, determinati. I pochi poliziotti che erano riusciti ad accorrere sul posto o erano stati messi fuori combattimento o avevano gettato la spugna, smettendo di fare resistenza e limitandosi a mettere in salvo i civili in pericolo.
Celia e i due Dexholder scesero a terra. Con i piedi sull’asfalto, nel centro esatto di quell’inferno di grida, esplosioni e colpi di pistola, si sentirono pesci piccoli in mezzo ad un banco di squali affamati.
«Sono troppi» commentò Platinum, terrorizzata, mentre un isolato dietro di lei una finestra esplodeva, lasciando cadere in mezzo alla carreggiata due scrivanie avvolte dalle fiamme.
I soldati sembravano non notarli, così come non si curavano di tutti coloro che non li stavano direttamente ostacolando. Avevano una missione ed erano ben coscienti del fatto che nessuno sarebbe stato in grado di fermarli prima di essere costretto alla resa dalla loro netta superiorità numerica e tattica.
«Non ci riusciremo mai...» commentò Celia.
Gold non parlava, digrignava i denti. Stringeva una Poké Ball in mano, ma non pensava di utilizzarla. La sua mente stava elaborando l’idea di cogliere di sorpresa uno dei guerriglieri, allungare una mano verso la sua fondina e fare ciò che andava fatto.
«Voi!» esclamò qualcuno.
I tre si voltarono, era un poliziotto. Faceva parte di una piccola formazione di casacche blu che stavano portando al sicuro una dozzina di uomini in giacca e cravatta.
«Venite dalla cinquantaquattresima strada, ci hanno detto cosa avete fatto!» disse, riconoscendoli «dovete andarvene da qui, non c’è niente da fare!» parlava di fretta, non voleva rallentare la squadra di soccorso.
«Possiamo combattere!» ringhiò Gold, voltandosi verso di lui, col fuoco negli occhi.
«No, quello che voglio dire... non stanno facendo del male a nessuno! Questi individui sono qui per dare alle fiamme gli uffici, ma fanno evacuare i civili prima, non hanno ucciso nessuno, usano le armi soltanto per spaventare! Andate a piazza centrale, dovete fermare tutti i criminali che si stanno riversando nelle vie di Midtown, la maggior parte vengono da nord, siete più utili lì che qui!»
Inizialmente quello che il poliziotto disse sembrò quantomeno assurdo. Platinum rimase interdetta ma, guardandosi intorno, si rese conto che non c’erano cadaveri per le strade, niente sangue, niente morti, nessun civile in pericolo.
Il poliziotto si avvicinò a loro, parlando a voce più bassa, come in confidenza: «Noi abbiamo l’ordine di mettere al sicuro queste persone, ma voi potete ancora fare qualcosa per gli altri cittadini» si distaccò, tornando sui suoi passi «muovetevi! O potrebbe non restare più nessuno da salvare!» gridò, ricongiungendosi con lo schieramento.
«Ha ragione» commentò la Dexholder di Sinnoh, attirando l’attenzione dei due compagni «dobbiamo concentrarci sulle reali priorità.
«Non possiamo lasciarli distruggere tutta Riverside Street!» esclamò Gold.
«Stanno bruciando degli uffici! Se quello che dice il poliziotto è vero, dobbiamo andare dove ci sono delle persone in pericolo!» ribatté Celia.
Le ragazze erano già di nuovo in groppa alle loro cavalcature. Gold impiegò qualche istante in più per placare la collera e mettersi in testa che avrebbe dovuto lasciar ardere quell’inferno senza poter fare niente. Con le mani che tremavano dal nervosismo, le seguì.
Percorsero tutta Riverside Street nell’intera lunghezza, volando a pochi metri dalla strada, evitando le granate, tra auto date alle fiamme e civili abbandonati in mezzo alla strada, impotenti di fronte all’azione devastatrice dei guerriglieri. Piazza Centrale si fece sempre più vicina e, isolato dopo isolato, ricominciava a spuntare qua e là qualche teppista di strada che, approfittando dell’assenza di controllo da parte delle forze dell’ordine, si divertiva a sfondare vetrine, rubare auto, sradicare bancomat. I tre cercavano di non curarsene. La parola priorità risuonava nella loro testa come un mantra. Facevano tappa solo quando sembravano esserci dei civili in pericolo, ma furono davvero poche le situazioni in cui il loro intervento sembrava indispensabile: passanti e turisti si erano già rintanati al sicuro e a nessun criminale interessava uccidere gratuitamente. La guerriglia urbana era scoppiata da quasi un’ora e tutti i maniaci assassini erano già stati freddati da qualcuno, il caos sembrava essersi stabilizzato nel suo perverso ordine naturale. Restavano solo gli sciacalli, i riottosi, i classici criminali affamati e vigliacchi.
«Ci siamo» fece Celia.
Qualche colpo di arma da fuoco, grida indistinte, vetri che venivano infranti. Questi erano i suoni che si udivano una volta messo piede in Piazza Centrale. C’erano vere e proprie falangi di scudi in vetroresina che si opponevano a gruppi mal assortiti provenienti da Via Magra. Il centro dell’incrocio sembrava un locale chiuso dopo il termine di un concerto. Qualche poliziotto lanciava dei lacrimogeni, alzando una fitta nebbia che si dipanava tra le auto parcheggiate e le vetrine. I riottosi rispondevano con delle molotov di fattura casalinga. Al fianco delle forze dell’ordine agivano anche dei Pokémon, i Growlithe erano ottimi nel gestire le folle, creando dei muri di fuoco e di fumo che arginavano i gruppi più numerosi, gli Arcanine invece atterravano i criminali che sembravano più pericolosi e si occupavano anche degli altri Pokémon ostili. Le forze dell’ordine erano ben armate, ma si trovavano in schiacciante inferiorità numerica. Era evidente che gli ordini ufficiali avevano concentrato ben pochi agenti in luoghi come quello, favoreggiando i quartieri bene e le sedi finanziarie, come Riverside Street.
Di nuovo, i tre Allenatori si trovavano di fronte ad una situazione troppo più grande di loro in cui avrebbero dovuto schierarsi dalla parte giusta. E sopravvivere, magari.
«Attenti!» esclamò Platinum, lanciando la prima Ball che le capitò tra le mani.
Un tizio con la boccia rasata a zero e una giacca di pelle sul petto nudo stava puntando su di loro un revolver, ma Froslass lo fermò in tempo investendolo con un potente Geloraggio in modo da impedirgli qualsiasi movimento, lasciandolo mezzo congelato sul marciapiede, in preda a tremori incontrollabili.
«Porca puttana» commentò Gold.
Fiatone, tachicardia, gambe che tremavano.
«Sono troppi...» mormorò Celia.
Platinum rivolse lo sguardo verso la ragazza di Sidera. Non percepiva più alcun suono, vedeva tutto come attraverso un vetro opaco, percepiva il caos intorno senza rendersi davvero conto della situazione. Identificò un tizio vestito di una casacca dipinta con una bomboletta spray comparire alle spalle della sua amica, un tubo di ferro stretto nelle mani. Provò a gridare, ma dalla sua faringe uscì solo un suono gutturale. Non fece in tempo a lanciare un'altra Ball né a dare ordini a Froslass, che peraltro si trovava dall’altra parte della piazza.
Clunk.
Celia cadde a terra, perdendo conoscenza all’istante. Gold intervenne, anche se in ritardo: Sudowoodo si lanciò a testa bassa sull’aggressore rovesciandolo con facilità e mettendolo fuori combattimento. Quello cominciò a strillare, ad agitarsi a sbattere le braccia e le gambe sull’asfalto. Sembrava imbottito di qualche droga mescalina, era incontrollabile.
«Platinum, proteggi Celia!» esclamò il Dexholder di Johto.
La ragazza di Sinnoh non reagì alle parole del ragazzo, rimanendo bloccata con la bocca semiaperta a fissare il vuoto sfocato.
«Berlitz, porca puttana!»
Fortunatamente, i Pokémon della ragazza di Sidera si raccolsero spontaneamente attorno al corpo privo di sensi della ragazza, proteggendola dal caos che si stava scatenando attorno. Garchomp e Skarmory si tenevano in quota e sorvegliavano l’intera piazza, Reuniclus e Clefable fermavano oggetti contundenti e arginavano gli attacchi, Samurott e Flareon attaccavano sfruttando i loro elementi caratteristici, abbattendo squadre d’assalto e bande di teppisti.
La guerriglia continuava ancora. Gold si schierò in difesa di Platinum, che sembrava ancora paralizzata. Mentre Thyplosion teneva testa a dei Garbodor nemici, si voltò verso di lei e le mise le mani sulle spalle.
«Platinum, fa’ qualcosa! Che diavolo ti succede?!» le urlò in faccia.
Le aveva gli occhi vuoti, come se la sua mente fosse su un altro pianeta. Gold stava quasi per rinunciare, quando sentì la ragazza rispondere con appena un filo di voce.
«Ho paura...»
Il Dexholder di Johto ebbe un blocco improvviso. Aveva appena realizzato di star gridando in faccia ad una ragazzina spaventata nel bel mezzo di una guerra civile. Le casse esplosero, gli altoparlanti fischiarono, si sentì un potente e penetrante stridio in tutta Piazza Centrale. Era già successo, in corrispondenza del primo comunicato dei terroristi.
«Cittadini di Austropoli» gridò qualcuno nel silenzio. Era la voce gracchiante, quella dell’uomo che faceva da portavoce ai terroristi. La sua immagine ricomparve sullo schermo, come prima aveva il volto coperto da una maschera di Yamask e un abito completamente nero.
«Vogliamo chiedere a tutti i cittadini di combattere per la libertà. Lottate per ciò che è vostro, riprendetevi il controllo! Come ci aspettavamo, sono stati dispiegati gli squadroni delle forze dell’ordine, ma la maggior parte di loro si sono concentrati nei quartieri più ricchi, dove vive la classe dirigente, i borghesi, coloro che potrebbero utilizzare il loro denaro per il bene pubblico ma lo accumulano avaramente. Vogliamo che vi chiediate se tutto questo è giusto... e se pensate che non lo sia: ribellatevi. Il potere deve tornare in mano al popolo e, perché questo sia possibile, il popolo deve riprenderselo con la forza!»
Come infusi da una nuova grinta, tutti gli schieramenti di civili che stavano combattendo contro le squadre di poliziotti, ripresero l’assalto con più audacia di prima. Sfondavano le linee, colpivano con armi di fortuna, prendevano pugni e manganellate, ma rimanevano in piedi. Lentamente, passo dopo passo, i berretti blu cominciarono ad avere la peggio.
Celia era a terra, Platinum non reagiva, la situazione era sempre meno controllabile e il caos stava progressivamente aumentando. Non c’erano poi molte alternative tra cui scegliere. Il Dexholder di Johto diede l’ordine a Skarmory e Togekiss. I due Pokémon alati accorsero immediatamente. Gold ebbe il tempo di afferrare le Ball della cintura di Celia e ritirare al loro interno la sua intera squadra. Lanciò un’occhiata a Platinum che, mantenendo la sua espressione persa nel vuoto, fece lo stesso. La ragazza di Sidera fu caricata sul suo Pokémon, il quale la assicurò per bene tra le due ali cromate. Gold tornò da Platinum, le prese il volto tra le sue mani, guardandola fissa negli occhi.
«Ho bisogno di te, adesso» le intimò «Sali su Togekiss, dobbiamo trovare un luogo sicuro e occuparci di Celia».
Platinum sembrava annuire debolmente.
«Mi fido di te» continuò il ragazzo «faremo in modo che vada tutto bene».
Insieme, tornarono in groppa ai due volatili, alzandosi pochi metri sopra l’asfalto e fuggendo verso il vicoletto più vicino. La folla in Piazza Centrale si stava disperdendo. I poliziotti fuggivano, sconfitti. Teppisti e altri criminali vari si incanalavano nelle vie, entrando nei negozi, razziando e derubando. Ormai dominavano l’intera Midtown, non c’era più niente da fare. I civili si erano rintanati nelle loro abitazioni, abbandonando le strade e i luoghi pubblici. Austropoli stava cadendo.
Gold stava volando poco sopra i tettucci delle macchine parcheggiate lungo una avenue di cui non aveva neanche letto il numero. Qualche cartello con una croce colorata di rosso sembrava indicare l’ospedale più vicino e lui seguiva i cartelli con l’aria che gli agitava i capelli scompigliati. Aveva ancora addosso lo smoking su misura che Platinum gli aveva fatto confezionare, la cravatta svolazzava dietro la nuca come una sciarpa leggera, il colletto era strappato, la giacca aveva qualche bruciatura sulla spalla destra e un bottone in meno. La ragazza di Sinnoh era dietro di lui, lui teneva un occhio su di lei e uno sulla strada, tenendosi a Skarmory e controllando anche che Celia non rischiasse di cadere.
Poco sotto di loro un auto esplose. Passarono oltre senza neanche voltare lo sguardo.

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