troppi giorni passati I tacchi dei suoi stivali segnavano un ritmo serrato, cadenzavano all’orecchio ogni passo, infrangevano le superfici intatte delle pozzanghere formatesi dalle piogge precedenti. In quel momento non pioveva ma il cielo era una lastra di pietra, di quel grigio scuro, e tutto prediceva che presto la tetra e nembosa tavola che aveva sulla testa s’infrangesse, crollando verso il basso in miliardi di piccole gocce. Doveva sbrigarsi, ma le mattonelle di Porto Alghepoli, le vecchie mattonelle con le fughe profonde, non erano assai compatibili con i Chelsea che aveva ai piedi. Tuttavia cercava di mostrare estrema grazia, con quel suo femminilissimo modo di portare la borsetta all’altezza del gomito, evitando scivoloni e stando ben attenta ovunque mettesse i piedi. Faceva freddo. Non era quel freddo che ti faceva lacrimare gli occhi; no, quello è il freddo del mese di gennaio, verso la metà, magari di primissimo mattino
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