9. Moto perpetuo Johto, Olivinopoli, Il faro L’ennesimo tuono rombò e fece vibrare le finestre. Riempì le sue orecchie e lo costrinse a schiudere gli occhi, sospirando. La luce c’era. E non era quella del faro, perché ormai era arrivato il giorno. Con una velocità impressionante. Era ancora stanco, Corrado, che irrigidì tutti i muscoli e sbadigliò, respirando profondamente e rilassando i muscoli, affondando la testa nei guanciali. Quei cuscini erano troppo sottili, forse anche il materasso. Il letto non aveva doghe, ma era una tavola di legno rigida su cui si poggiavano le coperte. Si mosse leggermente, la schiena doleva un po’ ma niente che una corsetta non avrebbe sistemato. Se solo avesse avuto voglia di farlo. Rifletté, pensando che forse quel dolore era frutto delle tante ore di viaggio che aveva affrontato per mare; insomma, Arenipoli e Aranciopoli erano lontane, e nonostante lo sbarco al porto in tarda serata preferì prendere subito il bus per Zafferanopol
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