VI Un attimo di calma Celia riaprì lentamente le palpebre. Vide una luce artificiale e alcune sagome che piegate su di lei. Aveva un tremendo mal di testa, percepiva il mondo circostante come fosse completamente ovattato: gli analgesici ottundevano ogni suo senso. Era circondata da pareti bianche, ma riusciva a sentire la presenza di un numero indefinibile di estranei. Sentiva un brusio: forse solamente delle voci che non riusciva a decifrare. Sentiva la bocca impastata e gli arti deboli e privi di forza. «Meno male, chissà che abito del cavolo mi avrebbe fatto mettere Platinum al tuo funerale...» disse Gold a pochi centimetri da lei. Le uniche parole che riuscì a distinguere, l’unico volto che fu in grado di mettere a fuoco. Sorrise, gli mostrò il dito medio facendo uno sforzo incredibile e chiuse di nuovo gli occhi, piegandosi al sonno. Gold alzò gli occhi dal corpo addormentato della sua amica. Si trovavano in una corsia di ospedale, il suo giaciglio erano dei cusc
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