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Sakichan - Addictions: 9/10




Sakichan24
ADDICTIONS
 
 
9.
  Sugar addiction...




 
- Allora andate! Buona fortuna ad entrambi!
Il professore congeda così me e Moon, salutandoci da quella vecchia barca scalcagnata che si ostina ad utilizzare. Lylia ci saluta a sua volta, guardandoci un po’ preoccupata.
Si preoccupa sempre: teme che i nostri Pokémon si facciano male, che noi ci facciamo male, che qualsiasi cosa si faccia male. È troppo apprensiva.
Mi giro verso Moon, con un largo sorriso, che però non rispecchia quello che provo dentro di me.
- Allora, tu cosa farai adesso?
Andrà al centro Pokémon ed esplorerà la città, come sempre fa quando arriva su una nuova isola. Cerco di trattenermi, di augurarle buona fortuna e basta, ma non ce la faccio.
- Non vieni con me a mangiare qualche malasada?
Dovevi stare zitto, Hau. Ti prego, Moon, vieni con me. Non puoi farti vedere in quello stato. Tirami fuori da quel dannato negozio.
Mi stupisco sempre di come la mia testa possa formulare così tanti pensieri in contrasto tra di loro in quei pochi centesimi di secondo che separano la domanda dalla risposta.
- No, grazie. Magari un’altra volta.
Certo che no. Lei non verrebbe mai. Lei è normale.
Le sorrido ancora - fingere è così facile! - e la saluto, avviandomi verso le strade illuminate dai lampioni.
Io non voglio andare a mangiare malasade. Non voglio più. Lo stomaco mi brucia tantissimo, spesso mi viene da vomitare e quando mangio altri piatti non riesco a sentirne il sapore.
Eppure devo. Anche se cerco di non mangiarne sto male: tremori, brividi, sudori freddi, sensazione di capogiro e cose simili.
Ogni tanto mi chiedo cosa succeda, non riesco a capire: mi sembra che io sia malato e che le malasade siano l’unica medicina. Eppure proprio loro l’hanno causata: un tempo non stavo così.
Se n’è accorta anche la mamma. All’inizio cercava di tenermi il più lontano possibile dai dolci, ma spesso mi venivano delle crisi così violente che me li comprava per paura che mi facessi troppo male. Era davvero imbarazzante: bastavano poco più di due giorni senza e pur di averne mi buttavo a terra, strillavo, piangevo.
Facevo i capricci come un bambino piccolo.
Alla mia età non dovrei più: dovrei contenermi, stare tranquillo, sapere che non posso vivere solo di dolci. Ma l’autoconvincimento non funziona per nulla, non so perché.
Ormai mi sono messo quasi a correre. Spero che il negozio di malasade sia chiuso: almeno sarò costretto a cercare altro da fare. Nemmeno il viaggio e le lotte mi aiutano a distrarmi: i dolci sono sempre nella mia testa, non posso farne a meno.
Il negozio invece è aperto: muovo qualche passo all’interno, titubante, mentre la commessa mi saluta con un sorriso. Non riesco nemmeno a registrare quello che la mia mente fa: vado al bancone e ordino due malasade.
Non posso, non devo. Fermati, Hau!
Mi accomodo al tavolino e in pochi minuti arrivano. Solo quando affondo i denti nel dolce e sento il sapore dello zucchero nella mia bocca riesco a calmarmi. Per pochi secondi sono in paradiso: i muscoli del mio corpo si rilassano completamente, il mio respiro si fa più calmo, il cuore rallenta e la mente si svuota. Vorrei rimanere così per sempre.
Ma subito dopo torna l’ansia: Moon potrebbe scoprirmi. O se non lei, il Professor Kukui o Lylia. Potrei incrociare qualcuno che conosco.
L’unico modo per calmare questi pensier è mangiare di nuovo, ed ecco che prendo un altro boccone.
Ormai la mia vita è così: zucchero, ansia, zucchero, ansia. Pensavo sarebbe stata diversa.
Le malasade finiscono troppo in fretta, ma cerco di impormi autocontrollo. Mi alzo e ne ordino tre per il viaggio.
Spero che riescano a resistere fino a domani.






10.
  Caffeine addiction...



Guardo tutte le carte sparpagliate sulla mia scrivania e il computer davanti a me. È un caso veramente difficile da risolvere, speravo che riordinare i miei appunti mi potesse aiutare.
In realtà si sta rivelando più una seccatura che altro: devo continuamente scorrere avanti e indietro tra le pagine del documento di testo, correggere le informazioni, spostare dati da una parte all’altra.
Con la mano sinistra scrivo, mentre la destra va automaticamente alla tazza di caffè che tengo sempre accanto a me.
Ne bevo un sorso: ormai è freddo. Il sapore amaro della bevanda è ormai diventato insopportabile e mi dà anche un bruciore di stomaco non indifferente, ma non posso farne a meno. Faccio girare il caffè con dei leggeri movimenti del polso, come se servisse a cambiarne il gusto, e lo riappoggio.
Immediatamente gli occhi viaggiano verso l’orologio che si trova nella parte bassa dello schermo: le quattro meno dieci.
Dovrei mettermi a dormire, sono sveglio da più di ventiquattro ore. Ma i criminali non mi aspettano: mentre dormo, continuano ad agire e a tramare. Devo stare più sveglio possibile per combatterli.
Mio malgrado, il caffè è l’unica cosa che mi può aiutare in questo: all’inizio non mi sembrava un problema. Lo preparavo nella mia caffettiera, lo versavo nella tazza, lo zuccheravo e lo diluivo un pochino, poi lo bevevo per il resto della nottata.
Ma non è l’ideale tutte le notti per diversi mesi consecutivi: dopo un po’ il suo sapore annoia e sono costretto a mangiucchiare caramelle o a lavami i denti per cacciarlo. Anche il mio stomaco non ne è contento: brucia spesso, ogni tanto addirittura vomito.
Mi fa anche dormire poco. Il che è ironico, se penso che lo prendo proprio per stare sveglio, ma quando finisco finalmente di lavorare e mi stendo nel letto non riesco mai a prendere sonno. Passo diverse ore a rigirarmi a destra e a sinistra, a leggere qualche libro per cercare di conciliare il sonno, a guardare programmi noiosi in TV solo per ammazzare il tempo. E quando finalmente riesco ad addormentarmi, si tratta sempre di un sonno agitato e leggero, costellato di sogni strani e inquietanti. Non ricordo nemmeno più l’ultima volta in cui abbia fatto una dormita decente.
E, nonostante tutto, non riesco a fare a meno del caffè: è la prima cosa che bevo al mattino e l’ultima prima di andare a dormire. Quando riposo particolarmente male, ne bevo diverse tazze anche durante la giornata. Ho provato a variare, a prendere del tè invece del caffè, ad assumere quei beveroni energetici di cui decantano le lodi nelle pubblicità.
Ma nulla può sostituire l’effetto della bevanda scura di cui ho appena preso un altro sorso. È come se mi chiamasse, quasi, come se mi dicesse che l’unica cosa di cui ho bisogno è lui.
Ormai è più che un’abitudine: lo bevo senza neanche accorgermene, come si berrebbe dell’acqua in una calda giornata estiva.
Mi riscuoto e tento di concentrarmi: far riposare ogni tanto il cervello va bene, ma devo riuscire a compiere questo ultimo sforzo.
Riabbasso la testa sugli appunti: faccio fatica a leggerli dal sonno che ho. Mi sembra che le parole saltino da una riga all’altra, che i numeri cambino forma, il tutto condito da delle fastidiose lucine colorate che pulsano sul foglio.
Forse per stanotte dovrei smettere qui.
Il pensiero ha tempo solo per una frazione di secondo di attraversare la mia mente, prima che finisca annegato da una sorsata di caffè più lunga delle altre.
Non posso fermarmi adesso, devo finire almeno di riordinare gli appunti. Domani li leggerò con la mente più, si fa per dire, fresca e riposata, e magari mi verrà un’intuizione vincente.
Per il momento continuo a lavorare, a passare gli occhi dallo schermo alla carta, col fido compagno di ogni notte che mi fissa invitandomi a berlo.







NDA.
Ciao a tutti e bentornati a questa edizione di Addictions! Non preoccupatevi, non manca molto alla fine, prevedo solo altre due uscite.
Comunque, in questa edizione ho scelto di trattare due sostanze che tutti assumiamo ogni giorno (e non fate finta di no), ma che se prese in grandi quantità possono dare problemi. Il caffè non parecchio, in realtà, ma gli zuccheri possono diventare molto pericolosi.
Perché Bellocchio e Hau? Beh, Hau, soprattutto se avete giocato a Sole/Luna/Ultrasole/Ultraluna, vi sarete resi conto che ha effettivamente qualche problema con le malasade. Insomma, arrivi su un’isola e la prima cosa che fai è assaggiare una malasada?! Quindi dipendenza da zuccheri e buonanotte.
Bellocchio è un detective abbastanza stakanovista, per mantenere quei ritmi sicuramente si inietta caffè in endovena come se non ci fosse un domani. In realtà la dipendenza da caffeina non dà problemi gravissimi come la dipendenza da altre sostanze (almeno non si è ancora osservato un fenomeno del genere), perciò la parte su Bellocchio è un pochino più tranquilla delle altre. C’era anche bisogno di staccare un attimo dalle altre cose tragiche che ho scritto, no?
Comunque, grazie a voi di avere letto e ad Andy Black per avermi concesso questo spazio!
Alla prossima!

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