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KomadoriZ71; - Sinking Madness: The beast and the diary - Cap 4

yoyoyoy






31 Ottobre, Mercoledì



Leilani non aveva chiuso occhio durante la notte precedente, la stanchezza l'aveva indotta a trascorrere l'intero arco della giornata nel suo angolo di fortuna. Era rinvolta nella coperta massiccia, addosso sentiva la leggera pressione provocata dal corpicino di Wimpod. Ogni tanto faceva uscire la mano dal torpore del tessuto, accarezzava il piccolo Pokémon per ritrovare un po’ di conforto e poi tornava a rintanarsi sotto a ciò che considerava come una barriera protettiva.
Leilani era innervosita dalla violenza mostruosa dimostrata dalla tempesta, temeva di soccombere per colpa di un mostro privo di identità e, a quel teatrino degli orrori, si erano aggiunti gli episodi sinistri e macabri racchiusi nel diario. Non riusciva a cancellare i dettagli, a dimenticare il peso delle sensazioni descritte dallo sventurato protagonista. In quel momento si sentiva al pari dello sfortunato proprietario, era da sola in una situazione che non riusciva a controllare o spiegare con una certa razionalità.
Almeno poteva fare affidamento sulla compagnia di Rudy e del suo piccolo Rockruff, ma i due non si dimostravano d'aiuto, combinavano danni e facevano dispetti ai Meowth con una naturalezza quasi glaciale. Leilani non era in grado di capire i sentimenti o i pensieri del compagno, ma notava le volte in cui questo si fermava per scrutare il paesaggio spoglio al di là della finestra.
Lei sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto, sussultava a ogni rumore provocato dagli agenti atmosferici e gli occhi le schizzavano da una parte all’altra della stanza. Respirava a fatica mentre provava a stringere il piccolo coleottero tra le braccia, quelle sensazioni di profondo disagio la facevano sentire come una pazza a piede libero. Ma lei era sicura di non esserlo, non aveva mai sofferto di un disturbo mentale prima di allora.
«Leilani...».
Le parole di Rudy echeggiarono nella stanza silenziosa. «Leilani?»
«Dimmi...» bisbigliò lei, a malapena riuscì a fare capolino dalla coperta.
La mancanza di sonno e la fame mettevano a dura prova la sua resistenza fisica, costringendola ad abbandonare la sua postazione con una certa difficoltà. Notò Rudy avvicinarsi con l'intento di dare una mano, ma lei si scostò dalla figura mascolina per operare da sola. «Non ho bisogno del tuo aiuto, ce la faccio» sospirò e si levò il cappello dalla testa, passandosi una mano tra i capelli scuri. «Cosa volevi dirmi?».
«Niente di che» borbottò lui, infilandosi le mani nelle tasche dei calzoncini scuri prima di chinare la testa verso il basso. Come se non avesse apprezzato il rifiuto silenzioso dell'amica. «Il tramonto si avvicina, dovresti darmi una mano con le candele, come facciamo ogni sera da quando siamo arrivati qui»
«Sì, hai ragione» sospirò, avviandosi verso il cassettino per recuperare i lumi inutilizzati.
«Se vuoi stasera posso cominciare io il turno di notte, così ti riposi un po'»
«Non preoccuparti, farò del mio meglio per rimanere sveglia»


Leilani non riusciva a scrollarsi di dosso tutte le paure e i pensieri negativi provati durante il giorno, credeva che quella condizione fosse alimentata dalle superstizioni della festività in corso. Era Halloween, la notte in cui le streghe e gli spiriti danzavano insieme ai vivi.
Si mordicchiò il labbro per reprimere il disagio interiore e spostò le iridi cristalline sulla figura addormentata di Rudy, lui aveva un aspetto così angelico e pacifico da sembrare un bambino, stringeva il cagnolino di tipo Roccia tra le braccia e russava. Era una scena piuttosto buffa e piena di tenerezza, i Meowth davano un serio contributo, non smettevano di sfruttare come materassino il corpo maschile e muscoloso della Recluta.
Un po' era dispiaciuta di aver trascinato l'amico in una situazione spiacevole, gli aveva impedito di prendere parte a dei festeggiamenti che lui reputava tradizionali e divertenti. Dentro di sé si dava la speranza di uscire da quel posto, si prometteva di far recuperare il tempo perso al giovane amico. In più occasioni Rudy l'aveva aiutata, si era dimostrato un'ottima guida nel periodo in cui aveva messo piede dentro alla Villa Losca, lei pensò che era giunto il momento di ricambiare il favore anche se negli ultimi giorni si era atteggiata come una bambina impaurita, l'aveva trattato male e senza un motivo apparente. Sospirò e cominciò a stringere i pugni, voleva sfogare la rabbia sul cuscino e vedere se era in grado di scaricare la tensione, ma si fermò nel momento in cui Wimpod si avvicinò a lei.
Il piccoletto trasportava il diario sul guscio, un episodio che riuscì a sorprenderla.
Ma accettò la sfida, si accomodò a gambe incrociate e agguantò il quadernetto anonimo. Mancavano poche pagine al termine della narrazione, si sentiva in dovere di andare avanti con la lettura e scoprire come terminava la vicenda.
Forse aveva la possibilità di imparare qualcosa.






Diario di XXX
( scrittura manuale )






20 ottobre



Ore 9,00 am – Sono sveglio da ormai quattro ore, ma nessuno è venuto a portarmi da mangiare. Sono a digiuno da ieri. La tempesta imperversa ancora. Attendo.

Ore 12,00 am – Ancora nessuno si è degnato di portarmi il pasto. Che si siano dimenticati di me? Non mi sorprenderebbe, è da ore che sento un gran trambusto a bordo, saranno tutti molto impegnati a mantenere la rotta. Mi sento inutile e nervoso, se non arriverà qualcuno entro le tre, sfonderò la porta, ho deciso.

Ore 10,30 pm – Nessuno arrivava, dunque ho sfondato la porta a suon di calci e disperazione. Ho raggiunto il ponte della nave, trovandovi il nostromo intento ad impartire ordini ad altri tre uomini. Tre. Erano sei il giorno prima…
Mi son fatto avanti e ho chiesto, a gran voce "vi siete forse dimenticati di me?"
Il nostromo allora mi ha gettato un'occhiata di disprezzo e speranza, dicendomi "non c'è tempo per discutere, prendi il timone, disgraziato!"
E aveva ragione, stavamo per sbattere contro uno scoglio. Senza fiatare ho riportato la nave sulla rotta giusta, e qualche ora dopo l'uomo è tornato da me, dicendomi "io non so che diavolo sta succedendo qui sopra, ma se scopro che tu c'entri qualcosa, non esiterò  a farti diventare cibo per Sharpedo".
Come se io fossi più informato di lui!
Gli ho chiesto del capitano, poiché m'è sembrata alquanto strana la sua assenza in un momento così cruciale, e ha detto che è chiuso nella sua camera da ieri notte, insieme al commissario di bordo.
Che stiano pianificando qualcosa? O forse stanno cercando di contattare i soccorsi? Voglio avere fiducia.
Abbiamo provato a bussare più e più volte, ma non ci hanno risposto. Uno strano cigolio metallico si ode a intermittenza provenire da quella camera.
Attenderemo. Non è la prima volta che il capitano si chiude in una pausa riflessiva.

Indubbiamente qualcosa di sinistro e inspiegabile aleggia su questo natante, tre uomini non possono essere spariti così nel nulla! E questa volta non possono nemmeno accusare me, dal momento che ho passato il mio tempo sottochiave. Da un lato, però, il fatto che siamo di meno mi consola: meno bocche da sfamare.
Finalmente infatti mi sono concesso un'abbondante cena, ne avevo proprio bisogno, ero allo stremo delle forze.
Adesso meglio che vada a riposarmi, domani ci sarà tanto da fare.


21 ottobre



Ore 7,00 am – La tempesta non ci lascia tregua. Ho deciso che porterò questa agenda sempre con me, per aggiornare il prima possibile, e tenerla al sicuro. Si inizia il lavoro.

Ore 11,00 am – Nonostante le varie difficoltà, stiamo riuscendo a gestire bene la situazione. Ancora nessuna traccia dei tre uomini scomparsi, e il comandante non vuole uscire. Siamo tutti un po' preoccupati da questa sua assenza. Il nostromo è andato a controllare.

Ore 3,00 pm – Altra agghiacciante scoperta. Il nostromo è riuscito a forzare la porta della camera del comandante: lo abbiamo trovato impiccato insieme al commissario. Le loro mani erano legate da alghe, le funi anch'esse fatte d'un intreccio di alghe, e ancora alghe sparse in tutto l'ambiente.
Non abbiamo parole.
Non sappiamo cosa stia succedendo.
Tutto ciò non ha senso, non so darmi una spiegazione logica. Che ci sia uno psicopatico tra noi? No, non può essere così, non voglio sospettare dei miei compagni.
Le mani ancora mi tremano, come potrai vedere dalla mia calligrafia. Ma non posso lasciarmi andare alla disperazione, devo unire le mie forze  a quelle dei superstiti e sopravvivere, e lo faccio soprattutto per te, Giulietta!

Ore 10,00 pm – La strumentazione di bordo è andata. Non funziona più nulla, abbiamo perso la rotta, il GPS non manda più segnale, siamo persi! Non possiamo affidarci neppure ai nostri sensi: il rombo del mare ci assorda i timpani, la fitta nebbia offusca i nostri occhi. Probabilmente ci andremo a schiantare contro uno scoglio. Ho molta paura.



22 ottobre


Ore 8,00 am – Solo questa mattina abbiamo avuto tempo di spostare i due defunti. Come se non bastasse, lo scafo si è riempito di alghe verdi venute a bordo a causa di un'onda alta svariati metri. Ci tocca pulire, o sarà impossibile camminare. Queste alghe sono urticanti.


Ore 11,00 am – Non è stato facile ripulire tutto lo scafo. Sono stanchissimo. Adesso inizia il mio turno per tenere il timone. Devo resistere.


Ore 11,00 pm – Ho paura. Sto tremando. Sono tutti impazziti.  Credono che sia io la causa. Vogliono uccidermi.
Mentre ero al timone, il nostromo ha rinvenuto il cadavere del medico di bordo e di un altro uomo. Sono accorso subito. I loro corpi erano stati perfettamente tranciati in due. Da cosa non lo so. Dalle loro ferite fuoriuscivano alghe verdi. Le stesse alghe che poco fa appestavano il ponte.
I superstiti si sono voltati nella mia direzione. Mi hanno guardato, furenti di collera. Mi hanno detto che è colpa mia, perché sono maledetto. Non so che cosa voglia dire. Siamo tutti maledetti su questa nave. Questa nave è maledetta. Questo mare è maledetto. Siamo tutti vittime. Perché non capiscono?
Hanno provato ad uccidermi. Sono scappato. La fitta nebbia ha protetto la mia fuga. Adesso sono barricato nella sala macchine. Sono nascosto tre due motori, l'odore di morte è ancora presente.
Qui non mi troveranno.
Ma ho paura, tanta paura.
Ti amo tanto, Giulietta.










«Yo, Leilani, svegliati!».
Quelle furono le parole che spronarono Leilani ad aprire gli occhi.
Non aveva resistito fino alla fine, il tempo di leggere le ultime righe della pagina che si era addormentata. Lei sbadigliò e aggrottò le sopracciglia, gettando un occhio sull'euforia dimostrata dal compagno.
Guardò l'orologio, non mancava molto alla mezzanotte.
«Cosa c'è? Perché mi hai svegliato?».
«C'è il Boss!».
Leilani impallidì. «Come, c'è il Boss?!»
«Ti dico di sì, non è uno scherzo!» Rudy iniziò a indicare la finestra con una certa frenesia. «Sta proprio lì a fissarci!»
Leilani sentì il cuore scoppiarle nel petto.
Si alzò dal suo giaciglio di corsa, sgomitò per levarsi di torno Rudy e il suo Rockruff per correre in direzione della finestra. Il temporale non aveva smesso di devastare la natura selvaggia del Percorso, ma doveva ammettere che anche lei aveva visto qualcosa davanti alla stazione. Ma non si trattava di Guzma.
Era una creatura sconosciuta e dalla fisionomia non sembrava un Pokémon, questa sfiorava i tre metri d'altezza e il corpo slanciato sembravano dei cavi dell'alta tensione intrecciati tra loro, questi si univano a un bulbo chiaro di un bianco acceso e ricoperto da spunzoni da cui fuoriuscivano delle scariche elettriche.
Leilani rabbrividì a quella visione, discostandosi dalla finestra per fare qualche passo indietro.
«Quello non è il Boss!»
Esclamò, soffocando un urlo. «È il mostro che ho visto l'altro giorno!»

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