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Terzo Interludio

E dopo la mitica mangiata pasquale, lo staff di Pokémon Adventures ITA ed il sottoscritto è qui, con un nuovo importantissimo interludio, riguardante l'oracolo di Arceus.
Prima.
Che fine ha fatto?
Ricordate di passare su Facebook, di mettere un mi piace, e di continuare a seguire la storia. A sabato, con la pubblicazione della rubrica CONSIGLI UTILI.
Stay Ready. Go.

Andy $




E’ indescrivibile la paura che si prova poco prima di morire. La coscienza che hai del fatto, di morire s’intende, è qualcosa che ti cambia la vita.
Ci si rende conto di aver passato tanto tempo a non far niente.
Tempo che si era molto vicini a perdere.
Il tempo è importante. Non bisognerebbe perderne.
Anzi.
A guadagnare tempo certe volte ci si potrebbe sentire sollevati.
E a non morire ci si sente grati.
Prima aprì gli occhi dopo che un enorme fascio di luce aveva inondato il uso volto. Era tutta intera, forse un po’ di fuliggine aveva sporcato la sua lunga tunica, ma niente che una buona lavata non curasse. I suoi piedi toccavano la roccia. Umida e fredda. Lo scroscio dell’acqua di una cascata, che scorreva proprio davanti l’ingresso di quell’antro, era un rumore persistente, ma rilassante, che le dava voglia di sdraiarsi ed addormentarsi.
Forse non era lo scroscio.
Forse era la stanchezza psicologica, o le tante notizie ricevute in così poco tempo.
La prima di queste risiedeva nel suo ventre.
Abbassò il volto, toccandosi la pancia. Li c’era suo figlio. Un misto di gioia e dolore partì dal suo cuore, impetuoso come quella cascata che aveva accanto, scorreva fino a riempirla di confusione.
Timoteo non c’era più. Timoteo era morto. E questo le uccideva il cuore.
Abbassò un momento lo sguardo. Poi si rese conto che non era più nel tempio.
“Prima...” la chiamò Sandra.
Prima girò la testa verso di lei, la vide, anch’ella a piedi scalzi, anch’ella con la tunica sporca di fuliggine.
“Sandra...dove siamo?”
“Olimpia ha ordinato tempo addietro di far scavare una caverna dietro le cascate Armonia, per momenti come questo”
“Quindi siamo in una caverna?”
“Già”
Abra cominciò a fluttuarle davanti.
“Abra” sorrise Prima. Era li con lei.

La mente era confusa ed annebbiata, non ricordava bene le fasi che avevano scandito i momenti precedenti al teletrasporto.
La curiosità prese a fare il suo corso, e si guardò attorno. La caverna era abbastanza in alto, scavata in un monte minore. Un piccolo sentiero nascosto permetteva di raggiungere l’antro in totale sicurezza. Era grande abbastanza per le due donne ed Abra. Tutto era fatto di granito, la pietra della montagna in cui chi di dovere aveva scavato. Alcuni pezzi di roccia erano stati volutamente lasciati e levigati, in modo da servire come appoggi, sedie o mensole. Un cesto di provviste era lontano dal sole.
“Olimpia...” sorrise amaramente l’oracolo. Aveva fatto organizzare tutto. Ed era morta. Sarebbe potuta venire lei, lasciando Sandra li, ma aveva preferito salvare una giovane donna, in grado di accudirla.
“Ciao Olimpia...” disse Prima, quasi in un sussurro. Poi si voltò verso Sandra. Aspettava a testa bassa delle direttive, come era sempre stata abituata a fare. I capelli castani, ricci, lunghi, avevano le parvenze della cascata limitrofa alla grotta.
Lineamenti delicati, labbra doppie, a cuoricino, ed un naso quasi inesistente facevano di quella ragazza qualcosa di irresistibile agli occhi lussuriosi dei templari, che puntualmente ricevevano prova della sua castità non ricevendo neanche un sorriso o una risposta.
“Sandra...”
Quella alzò la testa.
“Non stare più a testa bassa. Non mi piace”
“Come vuole, Prima”
“E dammi del tu. Abbiamo quasi la stessa età”
“Ok, Prima” sorrise Sandra. “Prima. Questo è tuo” fece poi, dandole il cofanetto dal prezioso contenuto.
Prima lo afferrò velocemente, e lo aprì quel tanto che bastava da farne fuoriuscire il bagliore di cui era illuminata la pietra.
“Il cofanetto ti era caduto dalle mani non appena teletrasportati. E l’ho preso io”
“Hai fatto benissimo”
“Il cristallo si è rotto?” domandò l’ancella.
“No, credo che sia tutto intero”
“Ok. Vuoi che faccia qualcosa per te?”
“Ora dobbiamo riposarci. E’ tarda notte, tra poco albeggerà. Domani vedremo”
Si stesero su due stuoie, fatte di morbide foglie.
L’oracolo pensò un po’, prima di cadere nel sonno. Si chiese se ce l’avrebbe fatta a vivere li dentro. Portare avanti una gravidanza, e partorire in una caverna. Le mancava la sua finestrella, dalla quale guardava Adamanta tutte le mattine e i pomeriggi. E poi aspettava la mezzanotte, per vedere la lanterna che Timoteo liberava in cielo.
Ora non ci sarebbero state più lanterne. Non ci sarebbe stato più nessun Timoteo a farle sognare una vita migliore.
Poi però toccò ancora il suo ventre, e capì che Timoteo era li, e che non l’avrebbe mai abbandonata, per nessuna ragione. Sogni di vita normale e piaceri mai ottenuti si alternarono nella testa della donna, che stringeva forte il cofanetto tanto prezioso. La poca luce che filtrava da un’apertura di esso la fece tranquillizzare.
Ma è quando tutto si sta per fermare che succede sempre qualcosa a movimentare il tutto. Lo scrigno si spalancò all’improvviso, ed il cristallo si illuminò dieci volte tanto. Sandra si svegliò, cercando di allontanarsi, senza un motivo che non dipendesse dall’improvviso spavento.
Prima prese ad urlare, ma non poteva, non doveva, l’avrebbero scoperte. Allora cercò di abbassare i toni, lasciando che l’energia entrasse forte in se stessa, la rapisse, la soggiogasse e prendesse il controllo di lei.
Gli occhi di Prima erano interamente ricoperti da una patina luminosa, dello stesso colore candido del cristallo.
Sandra era con le spalle contro la parete fredda della grotta, spaventata. Poi ricordò Olimpia e tutti i suoi insegnamenti, ed abbassò la testa, mettendosi in posizioni di prostrazione. La sua paura era rappresentata dal fatto che alla fine di tutto il cristallo si rompesse, o che Prima non uscisse correttamente da quello stato.
Era spaventata, Sandra, ma per forza di cose ora era la vergine più anziana.
Prima allargò le braccia, cercando di trattenere le sue urla, e riuscendoci.
“Prima...” la voce, quella voce speciale e profonda, riecheggiava nei meandri della sua testa. “...il mio appello alla pace non è stato ascoltato. E questo vuole dire che entro mille anni avverranno fatti. Fatti preparatori alla distruzione di questo mondo. Tra mille anni questa terra, come voi la conoscete, non esisterà più. La salvezza è perduta, e la mia parola è questa”
“Mi spiace, grande Arceus”
“Il dispiacere non potrà mai sostituire urla e latrati di dolore di umani e Pokémon”
“Ma c’è stato chi ha provato a combattere gli ingiusti, grande Arceus. C’è chi è morto per salvare altri Pokémon, e persone. Tanti innocenti hanno perso la vita. La collettività di pensiero non è qualcosa di realizzabile”
“Ma il buonsenso è qualcosa di tangibile, Prima”
“Non è giusto che paghino tutti per le azioni di alcuni!”
“Tutti voi avete avuto la possibilità di poter cambiare. Di arrivare a qualcosa di diverso, che io stesso vi ho richiesto. Ed il vostro rifiuto non può non scatenare le mie ire. La terra che calpestate, e che ricoprite di sangue, non sarà più un privilegio che vi riserverò. E finché non sarà ricoperta di lacrime e sangue, di nuovo, non avrete possibilità di dormire con beata tranquillità. Il cielo si ribellerà, la terra si ribellerà, il mare si ribellerà. Il fuoco dilanierà il vostro creato, e la morte e la distruzione saranno l’unico premio per la vostra insolenza”
“Grande Arceus, le ripeto che non tutti volevano arrivare a questo punto”
“La mia parola è questa”
Prima alzò gli occhi verso l’alto, il bagliore la investiva rendendola agli occhi di Sandra una macchia scura indefinita su di una tenda di luce.
“Ci dia l’ultima possibilità. I responsabili devono essere puniti”
“E saranno puniti”
“Ma così saremo puniti anche noi, che reputiamo i Pokémon come amici, e non come armi!”
“La mia parola è questa” ripeté Arceus, per l’ultima volta.
Poi il contatto si interrusse, la luce piano sparì e Prima si adagiò delicatamente per terra. Il cristallo ricadde nelle mani abili e pronte di Sandra, che si era affrettata per non farlo distruggere al contatto col pavimento della pietra.
Depositò il cristallo nel cofanetto, e tornò da Prima.
Quella si teneva la testa tra le mani, e si muoveva con estrema lentezza. La caduta le aveva fatto strappare l’abito vicino alle ginocchia.
“Prima...come stai?” domandò la vergine.
“Bene...Sandra...” e poi l’oracolo prese coscienza del fatto che il suo tentativo di salvare il mondo era andato a farsi benedire. Si sentiva spacciata. Sapeva che prima che i mille anni fossero scaduti lei sarebbe già morta e sepolta, ma nutriva un senso di responsabilità non piccolo, in quanto rappresentante della popolazione umana nei confronti della divinità. Le lacrime scivolarono lente sul suo volto, fino a toccare la fredda pietra. Sandra le teneva una mano, mentre le accarezzava il ventre.
“Povero mio figlio. Vivrà in un mondo senza giustizia divina”

Le giornate passavano, i mesi passavano ed il ventre di Prima si ingrossava ogni giorno di più.
“Buongiorno” le sorrise un giorno Sandra.
Prima allungò le braccia e le gambe, stiracchiandosi. Aveva voglia di un bagno. Ma erano riuscite solo nel creare una sorta di doccia.
Sandra aveva trovato nella grotta un pannello di pietra non molto ampio. Messo sotto la cascata, deviava il corso dell’acqua, in minima quantità, che ricadeva su chi ne beneficiava.
Si erano adeguate alle condizioni. Sandra si faceva in quattro per rendere l’ambiente più confortevole possibile. Del resto avere a che fare con una donna pregna non era facile. Prima passava da evidenti stati di euforia, per via della creatura che portava in grembo, a forti stati emozionali in cui le lacrime scendevano copiose.
Dal canto suo, Prima capiva quanto potesse essere difficile per Sandra occuparsi di lei. E quindi cercava di limitarsi.
Capitò poi che durante un pomeriggio nuvoloso, Prima ebbe un dubbio.
“Sai...se il cristallo non esistesse, in forma fisica intendo, non ci sarebbero più guerre”
Era un semplice ragionamento. E Sandra lo sapeva. Si limitò a guardarla mentre lavava la veste sacra della donna in una tinozza accanto alla cascata. Lo scroscio era un sottofondo perenne in quel luogo, ma nessuna delle due se n’era mai lamentata.
“Già...ma purtroppo per noi è qui, in questa scatoletta”
“E’ strano pensare come un piccolo pezzo di pietra abbia causato tanti problemi”
“Cosa vuoi dire, Prima?”
“Io ho paura. E sono stanca di averne. Tra un po’ avrò anche un figlio...non posso vivere con questo patema d’animo per tutta la mia vita”
“Tu sei la prescelta. Arceus ha scelto te per colloquiare con noi. Dovresti esserne onorata”
“E lo sono, non fraintendermi. Vorrei solo che il cristallo non...fosse con me...ecco tutto”
“Ma vorresti continuare a parlare con Arceus?”
“Esatto”
“Non credo sia possibile”
“Tutto è possibile” fece l’oracolo, cercando di muoversi a fatica e di cambiare posizione. Un letto di foglie non era minimamente paragonabili ai materassi fatti di piume di Swablu ed Altaria, a cui era abituata. Si alzò all’in piedi. Una camminata per l’antro le avrebbe fatto rifluire il sangue alle gambe.
Poi accarezzò Abra.
“Spiegati meglio, Prima”
“Vorrei che il cristallo cessasse di esistere di per se. Vorrei che fosse celato. Nascosto da qualche parte”
Sandra si alzò. La guardò negli occhi.
“Forse...forse posso fare qualcosa...aspetta qui e non muoverti per alcuna ragione al mondo”
“Come al solito”
“Già. Come al solito”
Era stanca di stare in quella grotta. Non che facesse la bella vita nel tempio, ma l’unico momento di vita, in quei mesi, era quando, tempo permettendo, si sedeva a guardare Adamanta che andava avanti. Di Nestore non c’era più notizia. In pochi mesi i Templari avevano rimpolpato le proprie fila, e riconquistato tutte le città che Nestore e gli ingiusti avevano convertito.
Il mondo aveva ripreso ad adorare il dio Arceus.
Ma era troppo tardi. Si chiedeva in che modo quello si sarebbe ripreso tutto, così come aveva detto durante il loro ultimo incontro.
Un bruciore intenso, il senso di colpa, maturava accanto alla sua prole. Di tanto in tanto scalciava, regalandole un momento di inaspettata simpatia. C’era della vita, dentro di lei.
E avrebbe dovuto proteggerla da chiunque. Timoteo avrebbe fatto così.
“...Timoteo...” fece, dopo un sorriso. Le mancava quell’uomo. Di tanto in tanto saliva su, al tempio, e ridevano, scherzando su ogni cosa. Timoteo rideva di lei, trovava ogni assurdo motivo per prenderla in giro. Ma lo faceva con dolcezza. E lei faceva finta di offendersi, per poi prendersi un suo abbraccio, lontana dai severi occhi di Olimpia. Lei chiedeva sempre come fosse andare al mare.
Aveva sempre voluto andare al mare.
Ma dall’età di quattro anni Olimpia entrò nella sua povera casetta, e la portò al tempio. Ricordava il volto di suo padre. Era felice. Contento. E lo era anche sua madre, nonostante velasse del risentimento verso quella scelta. Col senno di poi capì che non voleva allontanarsi da lei.
Sua madre non voleva abbandonarla.
Prima si toccò la pancia. Quel bambino. Sarebbe diventato un guerriero.
O forse era una bambina. Ed in quel caso sarebbe stata nominata da Prima stessa oracolo di Arceus.
Avrebbe volentieri evitato. Ma era il dono migliore che potesse farle.
L’avrebbe dirottata sulla via della purezza, e se un giorno il popolo avesse ricostruito il tempio, ella avrebbe dimorato li.
Prese la spazzola, e guardando il cielo tramontare, passò il tempo.

Due ore più tardi, Sandra tornò nell’antro.
In mano aveva un piccolo cofanetto di pietra.
“Ciao, Prima. Hai fame?”
“Un po’...”
“Tra poco preparo”
“Dove sei stata?”
“A prendere questo”. Sandra aprì il cofanetto, e Prima fu in grado di vederne il contenuto. Era il frammento di una stella.
“Cos’è?”
“I mercanti lo chiamano pezzo stella. E’ proprio una frammento di stelle”
“E...cosa c’entrerebbe con la mia situazione?”
“Una leggenda dice che esiste un Pokémon primitivo, in grado di leggere nell’animo delle persone, e di imparare tutte le mosse utilizzabili. Si chiama Mew. È un Pokémon quasi estinto, gli avvistamenti si contano sulle punte di una mano. C’è chi crede che sia venuto dallo spazio, tramite un’enorme stella. E questo è un frammento di quella stella. Beh, gli alchimisti mi hanno detto che bruciando questo pezzo di stella, assieme a del sangue di una vergine dovrei riuscire a produrre un profumo irresistibile per Mew...che verrà qui”
“Non ho intenzione di sanguinare...”
Sandra la guardò con sufficienza. “Ehm...tu non sei più vergine, Prima. Ma io ho mantenuto la mia virtù”
“Meno male. E Mew che farà?”

“Non ne ho idea...ma è un Pokémon dagli straordinari poteri. Provare non costa nulla”
E fu così che il pezzo di stella fu immerso in un pentolone dove bolliva dell’acqua. Prima guardò inorridita quando Sandra, riluttante, incise il polpastrello del suo pollice destro per ottenere un po’ di sangue.
Andò a mettere il dito sotto la cascata, la donna con i capelli ricci.
“Beh...non resta che aspettare” fece poi.
Le due si addormentarono. E come ogni mattina fu il sole a svegliarle. Il cielo era di un colore strano, siccome albeggiava. Tra il nero della notte, il celeste ed un bianco luminoso. Quel sole non riscaldava. Quel sole illuminava.
Sandra aprì leggermente gli occhi, carezzandosi una guancia e stropicciandosi gli occhi. Sbadigliò, nell’aria si era espanso un profumo leggero, dolce, quasi come se fosse stata messa a bollire una pentola di arance e fragole. Forse un odore ancora più dolce.
Anche Prima aprì gli occhi. Ma lo fece con poca voglia di farlo. Aveva ancora sonno, e quel dannatissimo sole dava fastidio.
Nonostante tutto, però, ringraziava Arceus per aver creato tale prodigio di bellezza.
Il sole. Caldo per l’inverno e luce per il buio.
Luce indisponente.
Come la mattina precedente allungò gli arti, e si alzò. Il silenzio era quasi monumentale in quel momento, ma le venne da urlare quando vide il volto impietrito di Sandra.
“Hey! Che c’è?!”
Quella non si mosse. Si limitò ad allungare una tra le sue dita affusolate, e a puntare una figura dormiente che fluttuava nell’aria.
Prima voltò la testa di scatto. Era Mew.
Sandra si alzò, dopodiché aiutò Prima a fare altrettanto.
L’oracolo si avvicinò al Pokémon, toccandolo con la punta dell’indice sulla testa. Quello aprì dolcemente gli occhi.
Prima sorrise quando i suoi occhi verdi si tuffarono nel blu di quelli del Pokémon.
Poi, istintivamente, Mew li spalancò, e spaventato si nascose, diventando invisibile.
“No! Mew! Mew ti prego! Ho bisogno del tuo aiuto!”
Si sentì il verso del Pokémon. Sandra fu sollevata, perché pensava che fosse scappato.
“Io...mi chiamo Prima. E qui dentro c’è il mio bambino...o la mia bambina”
Mew apparve a pochi metri dalle due donne, facendo il suo dolce verso. Prima sorrise, si carezzò la pancia.
“Io sono l’oracolo che il dio Arceus ha prescelto. Mesi fa il tempio dove vivevo, sul monte Trave è bruciato. Ed io ho paura, perché cercavano questo cristallo. Sandra, passamelo per cortesia”
Sandra si chinò sulle sue esili gambe, raccolse il cofanetto e lo consegnò alla donna in dolce attesa.
“Ecco” disse poi Prima, aprendolo. “Questo è il cristallo di Arceus. E’ questo che cercano. Quelle persone sono malvagie e vanno fermate”
Mew svolazzò rapidamente verso il cristallo. Inclinò di lato la testa, emettendo ancora il suo verso.
“Tu sei un Pokémon potentissimo. E da quello che mi ha spiegato Sandra sei in grado di utilizzare ogni mossa”
Abra era nascosto dietro la breve sagoma di Sandra. Era impaurito da Mew. “Tranquillo” cercò di tranquillizzarlo quest’ultima.
“Puoi, Mew, celare questo cristallo, in modo che nessuno lo trovi più? E fare in modo che ci sia ancora un modo per contattare il dio Arceus quando ce n’è il bisogno”
Mew emise ancora una volta il suo verso, dopodiché i suoi occhi si illuminarono di un azzurro acceso, ed il blu delle sue iridi scomparve. Il cristallo si alzò di colpo, mentre Prima, come anche Sandra, sentiva il suo corpo fermo ed immobile. I poteri psichici del Pokémon erano incredibili.
Di getto il cristallo uscì dal cofanetto, e si illuminò anch’esso di bianco. Il bagliore costrinse i presenti a chiudere gli occhi.
Una forte energia stava fuoriuscendo dal Pokémon rosa,  una forte luce faceva lo stesso dal cristallo, ed un’enorme confusione si espandeva come il fuoco sulla legna secca.

Fu un momento.
Prima e Sandra ritornarono a sbattere le palpebre, che forse traumatizzate dalla luce cercavano di cancellare tutto quello che era successo chiudendosi ed aprendosi velocemente.
Il verso di Mew riecheggiava in lontananza, ma entrambe avevano capito che quello era andato via.
Il cofanetto ricadde dalla mano di Prima, sul pavimento della grotta. Ed il cristallo al suo interno non c’era più.
“Prima!” urlò Sandra, muovendosi ed afferrandola per le spalle.
“Sandra, tranquilla, sto bene”
“Hai visto il bagliore?! Arceus ti ha detto qualcosa?”
“No. Non era Arceus. Non mi ha detto niente. Ma...il cristallo è sparito?”
“Tu hai chiesto questo a Mew, no?”
“Chissà che cosa avrà fatto?”
“Già. Chissà ora dov’è quel cristallo?”
“Non ne ho idea...so solo che ora non rischiamo più la vita, perché il cristallo non c’è più. Posso lo stesso parlare con Arceus, ma non rischiamo di morire in un agguato. Voglio andarmene da questa grotta, e dare alla luce il figlio di Timoteo in un posto più accogliente. Mi seguirai, vero?”
“Certo!” sorrise Sandra.
E fu così che Prima e Sandra, aiutati dal teletrasporto di Abra, si materializzarono nel bosco. Il bosco Memoria.
“Dove siamo?” domandò Prima.
“Siamo vicine ad un piccolo centro abitato. Nuovaluce, si chiama”
Beh. Col senno di poi, Nuovaluce sarebbe diventata Primaluce, in onore della donna.

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