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Ottavo Capitolo - 8

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Per il resto... che dirvi?
La vicenda brucia. Ci siamo.
Ricordo che sabato uscirà un pezzo della rubrica consigli utili. Non perdetevelo, mentre lunedì ci sarà il consueto appuntamento con la fan fiction.
Stay ready.
Go!

Andy $





Come un martello pneumatico, i battiti del cuore rimbombavano nella testa di Alma. Era la pressione sanguigna, talmente alta, da manifestare delle pulsazioni alle vene ai lati della testa.
Chiuse la porta di casa sua, e senza nemmeno accendere la luce, diede tre mandate alla serratura, poggiandosi di schiena. Sospirò, e tirò fuori tutta l’ansia che aveva.
O forse no. Forse qualcosa era rimasta dentro.
La paura per Rachel e Zack; doveva avvisarli assolutamente.
Tuttavia le sue gambe si rifiutavano di muoversi. Capì che doveva calmarsi. Lentamente, strusciando la schiena contro la porta, si accasciò, cominciando a piangere.
Quel ragazzo l’aveva spaventata, e fatta sentire inerme, più di quanto non fosse già.
Le mancava la stretta di qualcuno.
Qualcuno che la difendesse, che la facesse sentire protetta e le permettesse di non sentirsi così. Impotente.
Senza alcuna speranza di farcela.
Quel giorno, il mondo le aveva mostrato che a dispetto della sua bellezza, i malintenzionati passavano su ogni cosa.
Rabbrividì pensando a cosa sarebbe potuto succedere se quelle aule non avessero montato i pulsanti per le emergenze.
Sospirò, e cercò il cellulare nella sua borsetta, nel buio più che totale del salotto del suo appartamento, eccezion fatta per qualche raggio di luce che proveniva da un lampione bianco in lontananza. Di profilo risaltavano i suoi lineamenti delicati, il suo naso piccolo, e le labbra morbide.
Tirò fuori il cellulare, e, con le mani tremanti, compose il numero di Zack.
Suonava. E ancora.
“Avanti! Rispondi, Zack!” urlò Alma.
Ma niente. Gli squilli continuarono, fino a che la sua speranza fu convogliata solo su Rachel.
“Si... devo chiamare Rachel”

Il fuoco divampava forte, bruciava il palazzo, e tra il fruscio delle fiamme che inghiottivano tutto e lo scoppiettio ritmico che esse producevano, il viso di Rachel fu investito da una forte zaffata di aria calda. Lo abbassò, guardando lo zaino di Zack. Lo raccolse e lo tenne vicino a se, ma non fu in grado di sentire la suoneria del cellulare mentre squillava, per via dell’evidentissimo e giustificato caos.
La gente urlava, scappava, mentre lei stava ferma, e vedeva la sagoma di Zack diventare sempre più indefinita dietro al muro di fiamme che aveva attraversato.
Era preoccupata.
Ascoltava le urla della ragazza in preda al panico imprigionata nel palazzo. Dietro una fitta colonna di fumo riusciva persino ad intravederne la sagoma.
Sembrava avesse i capelli lunghi, e cercasse di respirare quanta più aria è possibile. Non riusciva a vedere nient’altro.
Abbassò la testa e sospirò, portando le mani ai fianchi. Voleva aiutare, doveva aiutare, ma non sapeva che fare. Dopotutto la testa matta del duo era Zack. Lei era quella pacata. E soprattutto quella più impressionabile.
Quella che non si sarebbe mai sognata di entrare in un palazzo in fiamme dopo un terremoto, quella che non avrebbe mai dormito in una grotta con fuoriuscite di gas, quella che doveva andare a portare soltanto una cosa dagli zii a Timea, e nient’altro.
Il fumo saliva verso l’alto, quando un rumore familiare la risvegliò dai suoi pensieri. Le vibrava la gamba.
Era il cellulare.
“Pronto?” rispose, comprensibilmente scossa.
“Rachel?! Stai bene?!”
“Io... io si. Alma, è successo qualcosa?”
“Oggi sono stata avvicinata un ragazzo che chiedeva di te. Mi ha minacciata, ha detto che doveva cercarti e che era importante. Aveva un Bisharp con lui”
“Bisharp?!”. Ok, obiettivamente il pensiero che aveva fatto era stato quello di collegare al misterioso possessore di Bisharp che la cercava la figura di Ryan, suo fratello. O quello che era.
Ma Ryan non aveva un Bisharp.
“E com’era fatto?”
“Alto. Molto alto. E biondo”
Rachel spalancò gli occhi. Poi respirò profondamente. Ryan non era l’unico ragazzo alto e biondo del pianeta. E soprattutto possedeva solo Gallade e Trapinch. Niente Bisharp.
“I suoi occhi... io li sento ancora addosso” continuò Alma.
La giovane si rese conto che quella difficile domanda che stava per porre alla professoressa avrebbe messo in crisi anche lei. In cuor suo sperava che fossero azzurri. Insomma, molti biondi hanno gli occhi azzurri. O anche marroni. Sarebbero potuti essere anche totalmente bianchi, non l’avrebbero sconvolta più di tanto.
“Di... di che colore erano i suoi occhi?”
Rachel deglutì un groppone di sabbia, arido e pesante, pieno di detriti appuntiti.
“Rossi. Come il fuoco. Come il sangue, e la rabbia. E ti chiamava per nome, dicendo di essere tuo fratello”

Rachel si lasciò cadere col sedere per terra, immobile, mentre vedeva le fiamme divampare.
Sembrava quasi un ossimoro gigantesco il fatto che lei stesse immobile in quel modo quando tutte le persone sane di mente scappavano preoccupate ed impaurite dopo il terremoto ed il crollo della ruota.
“Rachel?” chiese Alma, atterrita quasi quanto lei.
“Alma”
“Allora?”
“Allora niente... grazie”
“È davvero tuo fratello?”
“Si”
“E perché ti cerca?”
“Vorrà dirmi qualcosa”
“Mi ha fatto morire mille volte, in pochi minuti... il suo sguardo... Rachel, non ho mai visto un uomo con quello sguardo. Sembrava pronto a tutto pur di ottenere quello che voleva”
“Stai calma, ora. Dove sei?”
“A casa mia, seduta davanti alla porta, sul pavimento”
“Direi che è il caso di alzarsi. Fatti una bella doccia, preparati una cena che non ti concedi mai, magari ingrassi un po’ e fai aumentare la mia autostima, e poi vai a dormire. Non vogliono niente da te. Cercano me. Stai tranquilla”
“Zack dov’è?”
“In un palazzo in fiamme”
“Oh... sta bene?”
“E chi lo sa... spero di si. Se lo rivedo gli porgo i tuoi saluti...”
“Ehm... ok...”
“Grazie... devo andare”
“Ciao, Rachel... fammi sapere”
Rachel attaccò e gettò il telefono tra le fiamme che aveva di fronte.
Inorridì capendo che Ryan la stava cercando. La stupiva il fatto che avesse minacciato Alma con un Bisharp, la cosa non la rendeva per nulla entusiasta.
Le parole, la voce di Alma, la lasciavano spiazzata.
Ryan era sulle sue tracce.
Doveva fuggire da lui. Ed il motivo non era nemmeno tanto chiaro, lo conosceva solo lei, e lo proteggeva come una fiammella, viva dentro la sua anima.
Si sentiva offesa. Offesa e spaventata da quella persona. Aveva sempre reputato Ryan come suo fratello.
Ora non cambiava molto, probabilmente se non fosse stata così orgogliosa la loro vita sarebbe andata avanti come sempre, perché in fin dei conti gli voleva bene.
Ma lui sapeva. Lui lo sapeva, sapeva tutto, da sempre, e le aveva celato quel segreto, così inutile per forza di cose, ma così importante e vitale per lei.
Aveva intenzione di rompere i ponti col passato, scappare via, crearsi una nuova vita, dove non ci fosse più nessuna Rachel. Non voleva più essere così debole. Aveva voglia di correre, e di affrontare le situazioni con orgoglio e fierezza.
Si sentiva piccola.
E questo non andava bene, perché sapeva di aver bisogno di tanta fiducia in se stessa per andare avanti e combattere contro le sue remore.
Guardò all’uscita.
Sapeva che Ryan sapeva.
Lo stava aspettando. Aspettava solo il momento in cui avrebbe dovuto scontrarsi con lui. Era stanca di scappare.

“Ecco che Alma ha telefonato” Marianne sorrise con una smorfia di sollievo sul volto.
Erano nel furgoncino dell’Omega Group. Una recluta guidava, mentre altre due erano dietro con la ragazza e Ryan, nell’intento di rintracciare la chiamata.
“Porta a Plamenia” concluse una della due reclute.
“Dove di preciso?” chiese Ryan.
Marianne premette un pulsante, e la telefonata tra Alma e Rachel venne messa in vivavoce.
Alma parlava, e Rachel rispondeva.
Ryan invece sorrideva. “È lei! È Rachel!”
“Si. L’abbiamo rintracciata davvero” sorrise tronfia Marianne.
“Ma non abbiamo ancora capito dove si trova...”
“Sei sicuro?”
Ryan aguzzò l’udito. C’erano le parole di Alma, e quelle di Rachel. Ed in sottofondo un rumore.
“Questo è... una giostra. Al parco divertimenti! Rachel è al parco divertimenti!”
“Già”
“Ma come arriviamo li?! È quasi il tramonto, e ci vogliono almeno 4 ore di auto!”
“Ci vorrà meno di mezz’ora con i nostri Salamence”
“Salamence?”
“Si. Li utilizziamo per gli spostamenti aerei rapidi, quando non possiamo perdere tempo. Sono davvero veloci in volo” fece Marianne.
“Oh... ok. Quando partiamo?”
“Direi anche subito. I Salamence sono qui”
Marianne tirò fuori una valigetta d’acciaio da un vano del furgoncino, e la aprì. Dentro c’erano 5 ultraball. Lei ne prese 3, dandone una a Ryan e l’altra ad uno degli scagnozzi.
“Possiamo anche andare. Stiamo per riportarti Rachel”
“Già!” esclamò euforico Ryan. Stavano per riportargli Rachel.

Solo fumo. Fumo e fiamme. Quel palazzo era davvero diabolico, sembrava di stare al pianoterra dell’inferno.
Zack abbassò la bandana che portava, sul naso e sulla bocca, in modo da proteggersi contro il fumo e la cenere.
Ragionamenti rapidi. Il calore era altissimo, si superavano tranquillamente i sessanta gradi in quel posto. Faceva davvero molto caldo.
Inoltre era da annotare mentalmente che il palazzo aveva appena subito, oltre ad una grande scossa di terremoto, un’esplosione veemente, probabilmente di qualche serbatoio del gas.
Terza annotazione, ma non meno importante, tre o quattro piani sopra la sua testa c’era una ragazza impaurita ed in preda al panico.
Gli serviva la visuale libera, almeno per qualche secondo, per capire dove si trovasse la scalinata che conduceva al piano superiore.
“Braviary!”
L’aquila sbatteva velocemente le ali, rimanendo a pochi metri da terra.
“Vai con raffica, e cerca di incanalare il fuoco verso la parete a nord!”
Gli sembrò che Braviary avesse capito. Fece qualche passo indietro, giusto per passare alle spalle del Pokémon, che poi cominciò con l’attacco. Aguzzò quindi la vista.
Davanti aveva una grande parete. Era proprio li che Braviary stava spingendo le fiamme. C’era inoltre un piccolo corridoio, ma era sicuro che non avrebbe condotto da nessuna parte degna di importanza in quel contesto. A destra aveva l’ingresso al palazzo. Rachel era seduta per terra, la sua figura ardeva attraverso le fiamme al di fuori del palazzo.
“A sinistra!”. La vide. La scalinata per il piano superiore. Corse, noncurante del pericolo, e velocemente mise mano alla Poké Ball per far rientrare Braviary. Si promise di ringraziarlo in seguito, mentre si immetteva lungo la tromba delle scale. Un boato sordo lo avvertì che le fiamme avevano nuovamente ripreso posizione al pianterreno.
Gli scalini erano stretti, la tromba delle scale anche. Alzò la testa per un momento. C’erano più di sei piani. Sarebbe stata davvero dura.
“...” arrivò al primo piano. Le fiamme erano molto più forti, che del piano terra, e sembrava avessero inghiottito tutto. Ragionò, pensò che la ragazza non potesse essere nascosta li, aveva sentito la sua voce, non era così vicina.
Provò a chiamarla.
“Hey!”
Quella urlò. “Aiuto! Aiuto!”
“Calmati! Dove sei?!”
“Al quinto piano! Fai presto, qui crolla tutto!”
“Crolla?! Sto arrivando!”
Si fermò per un momento, prima di immettersi nuovamente nella tromba delle scale, per i piani superiori.
Sospirò. Stava elaborando una strategia. Poi, come se fosse il microonde, un campanello suonò.
“Lucario! Absol!” esclamò.
L’esemplare di Absol di Zack si girò con eleganza in quel contesto poco armonioso, ed assieme a Lucario guardò Zack.
“C’è una ragazza, su, al quinto piano. Ora ci arriveremo insieme. Attenzione, mi raccomando”
Zack era benissimo in grado di capire che, salendo le scale con i suoi Pokémon, li avrebbe messi in pericolo. Sapeva anche però che se si fosse trovato in grave difficoltà, l’abilità di premonizione di Absol sarebbe risultata utile. Ed anche la forza e l’agilità di Lucario.
“Ok. Partiamo!”
Salirono la prima parte della scalinata che divideva il primo ed il secondo piano senza alcuna difficoltà. Ebbero forse un po’ più di problemi quando si trovarono, durante la seconda rampa, delle travi infuocate a formare una sorta di X.
“Quanto mi avrebbe fatto comodo Larvitar ed un po’ di terra, adesso! Allora... valutiamo la situazione. Lucario, non avvicinarti. Il fuoco non è per niente il tuo elemento. Absol, usa Ventagliente!”
Absol fece qualche passo indietro, poi ruggì, inclinò la testa, e dalla lama sulla sua testa partirono dei fendenti d’aria che distrussero le travi in vari punti, estinguendo l'incendio.
“Ottimo. Forza!”
“Aiutami!” urlava la ragazza.
“Sto arrivando, cerca di non respirare il fumo!”
“Ci... ci provo. Ma qui brucia tutto!”
“Non hai Pokémon con te?”
“Chikorita!” urlava ancora quella.

“Non permetterti di tirarlo fuori, se non vuoi vederlo morto!”
“Dove sei?!”
“Al secondo piano!”
“Ancora?!” e poi una finestra esplose per l’alto calore, e la ragazza urlò.
“Calmati! Come ti chiami?” disse Zack, cercando di farla calmare, mentre salivano senza difficoltà anche la scalinata tra il secondo ed il terzo piano.
“Mia!”
“Ciao, Mia, mi chiamo Zack! Io ed i miei Pokémon stiamo venendo a salvarti!”
“Fai presto!” e poi un’altra esplosione.
Erano arrivati al terzo piano. Lì le fiamme sembravano non aver colpito molto l’arredamento. Uffici e macchinari erano ancora intonsi. Ma la scalinata era totalmente crollata, e non si poteva passare.
“Dannazione... ed ora?”
“C’è qualche problema?!” urlava Mia, da sopra.
“No, niente, tranquilla...” disse a bassa voce, senza rendersene conto Zack. Si girava, ma non riusciva a vedere un modo per attraversare quell’enorme voragine nella scalinata.
Lucario poi attirò la sua attenzione. Zack ed Absol lo seguirono velocemente. Una finestra dava sulla scala antincendio. Absol abbaiò, e colpì con l’attacco azione Zack, spingendolo fuori dalla finestra.
“Absol! Ma sei matto?!”
Il Pokémon catastrofe saltò fuori giusto in tempo di vedere il soffitto infuocato crollare proprio dove prima c’erano le loro teste.
Zack spalancò gli occhi. Stava davvero per morire. Erano sulla scala antincendio, e Zack si toccava leggermente dolorante il fianco: Absol non c’era andato piano.
Si rimise in piedi e carezzò la testa di quest’ultimo, poi velocemente seguì Lucario sulla scalinata.
Sarebbero saliti direttamente al quinto piano se non che la scala antincendio era letteralmente spezzata in prossimità del collegamento tra il quarto ed il quinto piano. Probabilmente l’effetto di qualche esplosione.
Erano costretti ad entrare al quarto piano, e salire l’ultimo piano per la scala normale, affrontando le fiamme.
Avrebbe potuto anche tirare Gyarados in ballo, con qualche mossa d’acqua, ma il palazzo, già pericolante di suo, avrebbe risentito del peso dell’enorme drago d’acqua.
Non era il caso di morire. Aveva troppi impegni per farlo.
Lucario sfondò la finestra, che incredibilmente era ancora intera, quindi entrarono con cautela.

Le fiamme divampavano forti li, forse più che in ogni piano che avevano visitato.
Lucario a sinistra, Absol a destra e Zack al centro. Era la formazione iniziale.
“Dove siete?!” urlava Mia.
“Siamo al quarto piano!”
“Non riesco quasi più a respirare!”
“Stiamo arrivando!”
Le scale erano proprio di fronte a loro. I corridoi laterali erano impraticabili, ma sembrava che l’accesso al quinto piano, tranne che per le mura sporcate di fuliggine, fossero in buono stato. Sarebbe bastato camminare dritti, e non ci sarebbe stato alcun problema.
Lo fecero. Zack prima di tutti, e poi i due Pokémon.
Il fuoco divampava a pochi centimetri dai loro volti. Zack era sudatissimo ed accaldato, senza contare la grande quantità di polvere nera che aveva addosso.
Absol abbaiò ancora.
Tutti si fermarono. Quello cominciò a ringhiare e balzò davanti a Zack.
Un’esplosione molto potente fece tremare il palazzo. Ed urlare Mia.
“Non preoccuparti!” cercò di tranquillizzarla Zack. “Sto arrivando!”
Ma ancora non capiva il motivo del balzo di Absol.
Poi se ne rese conto.
Un’ombra enorme cominciò a diventare sempre più nitida, passando attraverso le fiamme.
Fino a che non fu ben visibile.
“È un Magmortar...” fece Zack, digrignando i denti.
Quello lasciò partire un forte Lanciafiamme dalle braccia, diretto contro il soffitto.
Sembrava di essere in una gabbia di fuoco.
“Dobbiamo levarti di mezzo. Absol. Doppioteam! E poi Danzaspada!”
Absol abbaiò, poi creò un’illusione tramite le sue abilità, formando attorno a Magmortar altri 19 Absol. E tutti e 19 cominciarono ad usare l’attacco Danzaspada.
“Lucario, ritorna”. Il fuoco era troppo, non voleva rischiare che quello rimanesse ferito. In fondo era un tipo acciaio, profondamente debole alle fiamme.
Magmortar, vedendosi decuplicare gli avversari si innervosì, e cominciò ad attaccare a casaccio chiunque vedesse. Compreso Zack, costretto a lanciarsi a terra.
“Devo finire in fretta questa incombenza pratica... Absol, usa Ultimocanto”
Il Pokémon si esibì in una melodia melensa. “Magmortar spalancò gli occhi. Aveva capito da dove proveniva la voce. Si girò ed attaccò quello che secondo lui fosse l’Absol prescelto.
Ma niente, sbagliò.
“Absol, usa Psicotaglio!”
Magmortar non si rese conto che, dopo essere andato a vuoto, uno degli Absol che riteneva un’illusione lo attaccò alle spalle, con un attacco potentissimo, che lo fece ruzzolare per terra.
Magmortar sembrava arrabbiato. Era un esemplare davvero forte. Usò l’attacco Fuocobomba, e lo scagliò rapidamente contro Absol.
“Absol, Individua!”
Absol fissò per bene la sagoma di fuoco, e balzò verso destra, evitando abilmente l’attacco.
“È così che si fa!” esclamò entusiasta Zack. “Ora utilizza Ritorno!”
Absol camminava lentamente verso Magmortar, mentre lui cercava di fermarlo, con attacchi di tipo fuoco, ma sembrava aver perso la concentrazione. Absol ruggì, fece un balzo, saltando un muro di fiamme di circa un metro, e colpì con la lama sulla sua testa Magmortar, che cercò di proteggersi col suo braccio.
E ci riuscì.
“Ha una difesa altissima...” ringhiò, stavolta Zack.
Poi però, qualcosa li sorprese. La melodia che Absol aveva cantato in precedenza cominciava a farsi sentire. Era l’Ultimocanto.
“Absol, rientra” fece Zack, lasciando Magmortar da solo, mentre lentamente si accasciava al suolo ed andava fuori combattimento.
“Ok. Vai, Ultraball”

 La sfera andò a cozzare contro il Pokémon, ormai K.O., e lo catturò, adagiandosi dolcemente su quel pavimento rovente.
“Bene così!” esclamò Zack.
Lucario uscì fuori dalla sfera, e corse sopra, seguito da Absol e Zack. Questo aveva bisogno di Lucario. Lui era in grado di captare l’aura delle persone, e quindi localizzare Mia sarebbe stato più semplice.
Salirono senza difficoltà all’ultimo piano. Il fumo ristagnava sul soffitto, le fiamme si muovevano alte e sinuose, mentre il calore aumentava sempre di più.
“Mia! Siamo qui! Dove sei?”
Zack acuì l’udito, ma non riuscì a sentire la voce dolce della ragazza.
“Lucario... tocca a te”
Quello fece un passo in avanti, e chiuse gli occhi, allungando le braccia davanti a lui. Zack si avvicinò ad Absol, e lo carezzò sulla testa. Era stato davvero molto bravo.
Lucario spalancò gli occhi, quindi guardò Zack. Cercò di fargli capire che Mia si trovasse dietro nella stanza che avevano di fronte.
“Mia!” la chiamò ancora il ragazzo, ma quella non rispondeva. “Sarà svenuta. Dobbiamo fare presto!”
Zack scattò, aprendo la porta, ma un denso lenzuolo di fuoco cominciò a ballare sinuoso davanti ai suoi occhi. Non poteva penetrare li. L’ossigeno stava finendo davvero, anche per lui.
Doveva salvare i suoi Pokémon.
“Bravissimi...” li fece rientrare nelle loro sfere.
La finestra che aveva di fronte era distrutta.
“Braviary! Andiamo!”
Saltò nel vuoto, e l’aquila gli comparve sotto le gambe.
“Giriamo il palazzo e cerchiamo di entrare nella stanza dove c’è Mia!” fece Zack. Si abbassò, per rendere il volo più aerodinamico e veloce, mentre Braviary virò, girando velocemente l’angolo del palazzo, mentre l’aria faceva vibrare le sue piume.
Si fermarono davanti alla scala antincendio. Zack saltò giù e fece rientrare l’aquila, chiamò quindi ancora Lucario.
Cercarono di entrare per la finestra, ma era bloccata. Accanto c’era il muro.
“Breccia! E fai attenzione a non ferire Mia!”
Lucario velocemente creò un’apertura nel muro abbastanza grande da permettere a Zack di entrarvi e di far uscire un po’ di fumo.
Si tuffò dentro, facendo una capriola e rialzandosi agilmente in piedi. Il fuoco era poco, ma il fumo rendeva l’ambiente irrespirabile. La ragazza era per terra, incosciente. I capelli biondi erano sparsi sul pavimento a raggiera, e qua e la erano sporchi di cenere e fuliggine. Gli occhi erano serrati, mentre la bocca schiusa cercava di attirare il poco ossigeno rimasto.
 “Eccoti qua”
Zack le si avvicinò, e la raccolse da terra, caricandosela in spalla. Lucario attendeva fuori, sulla scala, ed aiutò Zack a far passare la ragazza.
Un’altra esplosione, stavolta davvero forte, spaventò non poco Zack. Sentiva dei rumori. Il palazzo stava per crollare.
“Dobbiamo fare presto! Lucario ritorna! Vai Braviary!”
E prima di una spettacolare esplosione, Zack stringeva Mia tra le braccia, mentre raggiungevano Braviary in caduta libera.

Rachel li vide. E non potè nascondere un piccolo sorriso compiaciuto. A poca distanza, vide Braviary planare e poi scendere lentamente vicino a lei.
Zack balzò giù, stringendo Mia esanime tra le mani. La adagiò lentamente sul vicino prato, e prese un po’ d’acqua dalla sua borsa, accanto a Rachel, per poi gettarla sulla faccia della ragazza bionda.
Fu un attimo, quella spalancò gli occhi in preda al panico, e prese a tossire nervosamente, e poi ad affannare, come se avesse appena finito di fare i 100 metri.
Zack la strinse tra le braccia, in modo da farla calmare.
“Stai calma... sei fuori... sei salva” fece il ragazzo, quasi in grado di sentire il battito accelerato del suo cuore.
Rachel guardava stupita ma immobile la scena.
“Tieni, bevi un po’ d’acqua” le porse poi la bottiglia Zack.
Mia la afferrò, e bevve ad ampie sorsate.
“Oddio. Oddio. Oddio” ripeteva. Ed in effetti la reazione pareva piuttosto ponderata: era più morta che viva.
“Ciao. Sono Zack. Hai parlato con me prima, ricordi?”
“Si... oddio” fece poi, lasciandosi cadere sull’erba, affondando sui morbidi fili verdi.
“Ora sei salva. Probabilmente hai respirato una grande quantità di fumo, ma a quanto pare non hai subito danni al cervello... credo...”
“Dovremmo chiamare un’ambulanza” sospirò Rachel.
“Già... ma che hai? Sei strana”
“Vuoi davvero sapere che ho?”
Mia prese a piangere, e strinse Zack, che ricambiò l’abbraccio ma intanto guardava Rachel.
“Certo che voglio sapere che hai! Hai trovato la prescelta?”
“No. In compenso Ryan mi sta cercando”
“Cosa?!”
“Ha telefonato Alma. È stata minacciata da Ryan. Dice che non ha detto niente riguardo la nostra destinazione... ma...” e Rachel sospirò.
“Hai bisogno anche tu di un abbraccio, eh?”
Rachel sorrise, e si girò verso l’uscita. Lo stava aspettando. Sapeva benissimo che sarebbe arrivato.
Arrivò un infermiere, e raccolse Mia, che con le sue gambe andò fino all’unità mobile di pronto soccorso.
“Ok... sono pronta” fece Rachel.
“Pronta per cosa?”
“Per lui”
Dietro la testa dell’infermiere, in lontananza, Ryan camminava spavaldo tra la folla. Accanto a lui due persone indossavano una strana uniforme. Una era una donna di colore.


Il gruppo di giovani dell’Omega Group era arrivato a Plamenia in pochissimo tempo. I Salamence, molto più veloci di quanto Ryan si aspettasse, volarono a piena potenza per ben metà dell’intera regione, tagliando l’aria a velocità superiore a qualunque altra cosa che il ragazzo avesse mai visto. La distanza fra Edesea e la città dei divertimenti era stata quindi coperta in una manciata di minuti. Dentro di sé il ragazzo si sentiva vivo, dopo un lungo periodo in cui credeva non avrebbe mai più provato questa sensazione.
La vista della città lo scosse per un istante. Il terremoto non era stato avvertito da Edesea e la vista di quella distruzione per un momento lo lasciò impietrito. Scosse la testa, passandosi un braccio su occhi e fronte, cercando la concentrazione necessaria per fare il suo dovere.
Rachel.
Scacciò ogni pensiero dalla mente eccetto quello della sorella. Prese un lungo respiro e incurante del caos in cui era caduta la città si diresse verso la zona del parco. Marianne lo affiancò rapidamente, per capire cosa avesse intenzione di fare.
“Ci sono un mucchio di feriti, in questi casi vengono organizzate delle zone di soccorso, dove occuparsi dei feriti meno gravi per non intasare inutilmente ospedali o simili” Ryan le parlava di fretta, muovendosi lentamente e guardandosi attorno con molta calma
“Potrebbero essere rimasti feriti, o comunque essersi rifugiati in un posto sicuro, quindi inizieremo dai campi medici” era sicuro di sé e della sua strategia.
Marianne annuì, soddisfatta della logica mostrata dal ragazzo e continuò a seguirlo, tenendosi a qualche passo di distanza da lui, per evitare di intralciarlo nei suoi movimenti.
Un’altra recluta li seguiva, a debita distanza. Era un ragazzo, appena vent’enne, capelli rossicci e riccioluti lunghi appena qualche centimetro, con un viso dai profondi occhi ambrati. Sembrava provare un certo timore verso i due e li seguiva tenendosi una manciata di passi indietro, e continuando a fissare lo spettacolo di distruzione con aria sgomenta.
Ryan arrivò nello spiazzo centrale del parco. I suoi occhi cremisi sembravano passare oltre i corpi delle persone, alla ricerca del suo unico obiettivo. Poi la trovò.
Si chiese come avesse potuto non notarla prima. La ragazza era ferma, immobile e fissava nella loro direzione. Non era sicuro che l’avesse visto, vista la folla che li separava, ma ormai era più che sicuro che non l’avrebbe persa.
Si fece largo fra la folla facendo cenno a Marianne di restare indietro, non voleva che la sua presenza potesse allarmare la sorella.
Continuò ad incamminarsi, li separavano appena una decina di metri, quando lei lo vide. I suoi occhi di quel misto fra l’azzurro e il grigio s’incupirono per un istante, velandosi d’inquietudine, mentre lo fissavano. Fu solo un instante, poi lo sguardo della giovane si fece duro, impenetrabile.
Ryan la osservò, dubbioso.
Aveva ascoltato la chiamata, aveva sentito l’ansia nella sua voce, ma non si aspettava di trovarla nei suoi occhi. Sapeva che era una ragazza orgogliosa e immaginava quanto dolore quella vicenda le potesse aver causato, ma non credeva che sarebbe riuscita a covare risentimento tanto a lungo.
Scrollò le spalle. Era pronto anche a quest’evenienza.
Ciò che doveva fare ora era solo riportarla a casa, col tempo, le sarebbe passato.
Avvicinandosi notò anche l’altro. Il ragazzo di nome Zack, era ancora accovacciato a terra, con la bandana legata intorno al collo, il volto annerito dalla fuliggine e i capelli scompigliati. Non aveva niente da vedere con lui. Se fosse restato in disparte, non l’avrebbe attaccato.
Non voleva perdere tempo inutile.
Sentiva i passi di Marianne a qualche metro da lui, troppo lontana perché potesse interferire.
Si fermò solo quando fra i due gruppi erano rimasti una manciata di metri.
La zona man mano si spopolava, i feriti venivano trasportati verso il tendone del pronto soccorso, mentre i vigili del fuoco si dirigevano verso la zona interna del parco, dove i danni erano stati maggiori.
La gente gli correva vicino, senza badare a loro, senza notare la tensione che man mano andava creandosi nell’aria.
“Finalmente ti ho trovata” furono le uniche parole di Ryan. Il suo tono sorprese Marianne. Era dolce. Stanco, a causa dell’esasperazione e dello stress di quei giorni, ma dolce.
“Già” fu la risposta, rassegnata, della ragazza. Non sorrideva, diversamente dal ragazzo, i suoi occhi erano impenetrabili, e nascondevano il turbinio di emozioni che la ragazza provava.

Rachel tergiversava. Aveva immaginato quel momento dal giorno della sua partenza, l’aveva analizzato in ogni minimo dettaglio, ma ora che era arrivato, si rese conto di essere impreparata. Gli occhi di fuoco del fratello indugiavano nei suoi. Si sentiva nuda, di fronte a quegli occhi. Avrebbe voluto indietreggiare, abbassare lo sguardo, scusarsi.
Ma per cosa?

Aveva deciso di scappare d’impulso, sfuggendo a quella casa che non era sua e fuggendo da quel fratello che non era un vero fratello. Non era stata tanto la mancanza di quel legame di sangue ad angustiarla, ma il castello di bugie che vi era stato costruito sopra.
Ryan, con la stessa voce calma di poco prima, la riportò alla realtà.
“Torniamo a casa, Rachel” Il suo sguardo era carico di speranza.
“Non voglio”. Si sentì incredibilmente leggera dopo averlo detto. Tuttavia il malumore era evidente sul suo viso.
Gli occhi di Ryan s’incresparono, dapprima un misto di insicurezza, poi una maschera di perplessità gli si formò in volto. Rachel non gli diede tempo di controbattere.
“Non voglio tornarci, a casa.” Lo sguardo basso, come se cercasse la concentrazione nel pavimento. “Vorrei dirti che non è colpa tua, che sono solo io quella che non va, e probabilmente in parte è così. Ma, Ryan, io non riesco ancora ad accettare quella menzogna” le tremava la voce, in parte se ne vergognava, era una debolezza che non voleva lasciar trasparire, ma non poteva farci nulla.
Ryan abbassò lo sguardo, era davvero dolore quello che gli vedeva dipinto in volto? Sembrava che qualcuno avesse posato un macigno sulle sue spalle.
Rialzò di nuovo lo sguardo, indicando Zack.
“Però le menzogne che ti dicono questi tizi vanno bene?” il suo tono era sprezzante. La ragazza per un attimo vacillò. Di che cosa stava parlando? Fu Zack a chiederlo, prima di lei. Si era messo in piedi, e si era ripulito il volto annerito, macchiando la sua bandana.
“Che cosa stai cercando d’insinuare?” sibilò.
Gli occhi verdi erano gelidi, osservavano quello che ormai aveva catalogato come nemico con malcelato disprezzo.
“Esattamente quello che ho detto.” rispose Ryan, come se fosse l’ovvio “Perché mai Rachel dovrebbe accettare le vostre menzogne, quelle che le avete detto sia tu, sia la dottoressa che ho avuto il piacere d’incontrare qualche ora fa, riguardo questa situazione?”
“Non mi risulta di aver mentito su nulla” la tensione che si stava creando fra i due era divenuta palpabile.
“Di che cosa stai parlando, Ryan?” gli occhi di Rachel erano dubbiosi, la sua voce non riusciva a nasconderlo.
Zack si voltò verso di lei, stupito.
“Gli credi?” la sua voce era quasi irritata.
“Voglio solo sapere cosa sta cercando dire.” la ragazza si era messa sulla difensiva.
“Saranno stronzate inventate sul momento!” stava iniziando ad alzare la voce.
“Non ne sarei proprio sicuro” la pacatezza di Ryan irritò ulteriormente Zack. “Rachel, prima di poter anche solo fidarti di loro e del loro piano di salvataggio del mondo, sai che il primo, vero studio sulla profezia di Arceus fu fatto da nostro padre?” era sicuro delle sue conoscenze, e non si creava problemi a mostrarlo.
Alla parola nostro Rachel sussultò un poco, avrebbe voluto dire qualcosa, ma il resto della frase l’aveva già colpita abbastanza.
“E con questo?” il ringhio di Zack sovrastava ogni altro pensiero della ragazza.
Ryan lo ignorò.
“Ti sembra un caso che proprio tu, la figlia di colui che ha fondato la ricerca, sia stata avvicinata e circuita in modo da cooperare con loro?” la sua voce insinuava in Rachel il veleno del dubbio.
“Stai dicendo che l’abbiamo ingannata per farci aiutare? Ma se nemmeno lei sapeva nulla al riguardo!” Anche la logica di Zack non era fallace. Rachel osservava sbigottita i due ragazzi discutere.
“Già, immagino che per voi sia stato un bel problema scoprire che Rachel era all’oscuro di tutto. Era troppo piccola per interessarsi in qualche modo alle ricerche di nostro padre. Troppi libri polverosi e noiosi, diceva”
Era vero, con una punta di nostalgia ricordò di averli davvero definiti così, una volta. In realtà non le piaceva il mestiere del padre, lo costringeva a lunghi periodi lontano da casa, e quando tornava era spesso sommerso di scartoffie, e si chiudeva nel suo studio a lavorare.
“No che non è stato un problema, visto che non è mai stata avvicinata con secondi fini simili!” Zack era esasperato, forse in parte si rendeva conto di quante insignificanti possibilità ci fossero che la ragazza salvata nel bosco fosse casualmente la figlia dello scopritore della teoria del Cristallo e che questa venisse coinvolta in quella stessa storia. Per essere una coincidenza era veramente assurda. Ma lo era.
“Rachel, lasciali perdere. Stanno solo cercando un modo per usarti, credimi. Ti getteranno via non appena avranno ciò che cercano, ossia il cristallo e la persona per utilizzarlo, puoi starne certa” la sua voce era calda, c’era un misto di affetto e di disprezzo in quel tono. Il primo indirizzato alla sorella, il secondo verso il ragazzo.
Rachel deglutì. Si fidava di Zack, ovvio. Ma fino a che punto? Era davvero stata trascinata in quella storia a causa di un’ignota macchinazione? E di che tipo?
Fu nuovamente Zack a distrarla. Aveva messo mano alle sue Poké Ball, mandando in campo il suo Braviary.
“Adesso basta, non tollero insinuazioni simili sul mio conto! Non ti permetto di parlare di me in questo modo!  Non puoi dire falsità su di me così come stai facendo!” tremava, il suo corpo era scosso dalla rabbia. Quel tipo era venuto da chissà dove e senza conoscerlo si permetteva di affermare quelle idiozie come se fossero verità rivelate. Non poteva sopportarlo. Non importava se fosse il fratello di Rachel o chiunque altro. Non poteva sopportarlo.
Braviary dominava il campo, con le ali spiegate. Ryan prese nota di quel Pokémon, ma non se ne preoccupò, era affaticato, quindi non sarebbe stato difficile per lui sconfiggerlo.
Mandò in campo Bisharp,  accogliendo la sfida di quello.
“Non so cosa speri che possa fare il tuo uccellino, ma non pensare di potermi battere con quel Pokémon malconcio!”
Il Pokémon Fildilama osservava il suo avversario con la stessa aria sicura del suo allenatore.
Zack lo scrutava, cercando di analizzarlo.
Era un buon esemplare, e i tipi giocavano a suo favore.
“Non credere che quei due graffi possano creargli qualche problema! Braviary inizia con Rocciotomba!”. L’ordine di Zack fu preciso e chiaro, quindi l’aquila si scagliò verso il Pokémon avversario in velocità, lanciandogli rocce che sebbene non ebbero un grosso effetto in quanto a potenza, furono bastevoli per rallentarlo.
Non era il suo solito stile minare alle abilità dell’avversario, di solito giocava d’attacco, ma davanti ad un avversario simile si rese conto di non poter far altro che dare davvero il meglio di sé.
Ryan lasciò che il suo Pokémon incassasse il colpo, come a dimostrargli che non era affatto preoccupato delle sue abilità.
“Bisharp, non perdiamo tempo, vai con Ripicca!” Il Pokémon Acciaio si mosse veloce, sebbene rallentato dal precedente attacco, sfruttando l’enorme potenziale offensivo di Braviary e rivoltandoglielo contro. Fu solo l’incredibile esperienza che il Pokémon volante aveva accumulato a permettergli di ammortizzare il colpo, nonostante il danno ricevuto fosse in ogni caso notevole.
“Braviary, presto Trespolo!” Zack strinse i denti, sapeva che utilizzare Trespolo rendeva il suo Pokémon vulnerabile, ma la fatica accumulata durante il salvataggio di Mia aveva stancato troppo il suo Pokémon. L’Aquila si posò a terra, recuperando in breve tutte le sue energie.
“Pensi che basti? Bisharp, Tuononda!”
Il Pokémon metallico attaccò con una scarica elettrica Braviary, momentaneamente indifeso, paralizzandolo.
“Non sarei mai riuscito a centrarlo in volo, onestamente confidavo in questa tua mossa” lo schernì.
Zack ebbe un gesto di stizza, non era davvero il caso di prendere alla leggera quel tipo.
Fece rientrare Braviary nella sua sfera.
“Avrei preferito evitarlo, ma a quanto pare non mi lasci altra scelta. Concludiamo questo match in fretta, Lucario!” Dalla seconda Ball del giovane uscì in campo Lucario.
Nonostante anche il Pokémon Aura fosse stato impegnato nel palazzo in fiamme, non sembrava risentirne quanto Braviary.
Ryan valutò nuovamente il Pokémon avversario. Stavolta la partita si giocava su tutto un altro livello. Si arrischiò a continuare ad usare Bisharp, nonostante il calo di velocità, almeno per cercare di testare le abilità avversarie. Sapeva bene che i tipi pendevano a suo sfavore.
“Bisharp, non facciamoci pregare, vai con Ghigliottina!”
Bisharp scattò, cercando di stringere il nemico fra le sue innumerevoli lame, ma non fu abbastanza veloce, Lucario evitò facilmente il colpo, piazzandosi sotto il braccio del’avversario.
“Vai, Palmoforza!” l’ordine di Zack non si fece attendere, il Pokémon era posizionato esattamente doveva voleva, nel punto in cui avrebbe fatto più male.
Il colpo prese in pieno Bisharp, che finì a terra a diversi metri di distanza dall’avversario. Si rialzò traballante, usando le sue ultime energie.
“Non puoi ancora arrenderti! Vai con Metalscoppio!” Ryan incalzava il suo stesso Pokémon. Sapeva che non ce l’avrebbe fatta, ma doveva stancare Lucario quanto più possibile.
Bisharp si mosse di nuovo, stavolta centrando il Pokémon nemico con il colpo, che incassò stringendo i denti.
“Hai sfruttato la potenza del mio stesso attacco come contromossa...riconosco la tua abilità come allenatore, sul serio, ma credimi...hai bisogno di molto più allenamento per mettere in difficoltà il Campione della Lega Pokémon di Adamanta!”
Per un istante sul campo scese il gelo, la dichiarazione di Zack era arrivata inaspettata per tutti, ma fu Rachel a mostrarsene più sorpresa.
“Tu sei... cosa?” Gli occhi chiari erano sgranati, e osservavano quel ragazzo con un’espressione stupefatta.
“Io... non te l’avevo detto, scusa” le rispose senza distogliere gli occhi dal campo di battaglia “Ma di solito non è qualcosa di cui piace vantarmi” borbottava più che parlare. In un certo senso era davvero imbarazzato.
Ryan indurì lo sguardo. Quindi era questo quello che non gli avevano detto su di lui all’Omega Group? E perché tenerglielo nascosto? Scacciò quei pensieri con rabbia. Non era quello il momento adatto.
Zack aveva di nuovo preso in mano le redini dello scontro e grazie ad un secondo attacco Palmoforza aveva mandato definitivamente Bisharp fuori combattimento.
Ryan lo richiamò nella sua sfera.
“Per essere uno a cui non piace vantarsi direi che ti messo in mostra più che a sufficienza. Ma non credere che urlare un titolo ai quattro venti basti a far vincere gli scontri. Gallade, dimostragli di che pasta siamo fatti!”
Il Pokémon Lama adesso fronteggiava il Pokémon Aura.

I danni ricevuti da Lucario nonostante tutto erano minimi. Era come se la vera lotta stesse iniziando solo ora che i due allenatori avevano svelato i propri assi nella manica.
“Lucario, Vuotonda!”
Zack fu di nuovo il più veloce a chiamare la prima mossa. L’attacco prioritario di Lucario si scontrò con l’attacco Riflesso di Gallade, giungendo a lui indebolito.
“Gallade, Nemesi!”
Di nuovo Ryan contrattaccò a piena potenza, Gallade colpì Lucario, con un colpo di potenza raddoppiata grazie alla precedente sconfitta di Bisharp.
“A quanto pare sei abile a sfruttare le mosse nemiche...uno dei pochi che conosco che riesce ad utilizzare tecniche simili” Zack si congratulò a denti stretti, nonostante fosse più che sicuro di poter battere Gallade, Ryan era un avversario pericoloso.
“Lucario, facciamogli vedere come ce la caviamo a restituire i colpi! Contatore!”
Stavolta fu Lucario a sfruttare il colpo nemico. Nonostante l’attacco non fosse efficace sul suo tipo, Gallade accusò il colpo, indietreggiando e aumentando la distanza fra lui e l’avversario.
“Non diamogli respiro, Lucario, adesso usa Palla Ombra!”
Di nuovo il Pokémon Aura si avventò su Gallade, usando stavolta una mossa più che efficace sul suo tipo, ma poco prima dell’attacco Ryan riuscì a difendersi.
“Gallade, Protezione!”
La sfera di energia oscura si abbatté sullo scudo del Pokémon psico, dissolvendosi.
Nonostante l’attacco Riflesso avesse protetto Gallade da buona parte dei colpi fisici ricevuti, il Pokémon Lama non era in buone condizioni. Ryan se ne rese conto. Dalle ricerche della mattinata, allo stress subito nei giorni precedenti, le condizioni di Gallade erano andate peggiorando. Tuttavia non sembrava disposto ad arrendersi.
“Gallade, adesso usa Focalcolpo! Non farti abbattere!”
Gallade restò per qualche istante fermò. Ryan percepì il pericolo di quell’attacco.
“Lucario, preparati”. Fu un sussurro.
Quello annuì, pronto a difendersi dall’attacco nemico. Gallade interruppe la concentrazione, lanciandosi contro l’avversario e concentrando tutta la potenza che aveva nel proprio attacco.
Lucario evitò l’attacco, abbassandosi.
“Dannazione! Gallade, Introforza!”
Gallade interruppe il Focalcolpo, caricando invece l’aria con l’energia che lasciava scaturire dal suo corpo. L’attacco, di natura elettrica investì Lucario con una potenza tale da creare una piccola esplosione.
Il fumo aveva invaso il campo di battaglia, ma dopo alcuni secondi svanì, mostrando un illeso Lucario e un esausto Gallade.
“Gallade! Com’è possibile!?”
Ryan era esterrefatto. Aveva calcolato tutto. La finta preparazione del Focalcolpo e il caricamento dell’Introforza di modo che risultasse più potente della norma.
“Ho semplicemente usato Individua per proteggere il mio Pokémon. Non c’era nessun bisogno di infierire sul tuo Gallade ulteriormente, era già esausto di suo. Tuttavia, essendo un Pokémon molto protettivo nei confronti dell’allenatore, ha continuato a combattere. Semplice.”
La ritrovata calma di Zack spazzò via la tensione di quello scontro.
“Ora sparisci. Hai già creato fin troppi casini. Rachel non vuole venire con te. Per quanto sia duro accettalo.” il suo tono non ammetteva repliche.
Ryan suo malgrado richiamò il suo Pokémon nella sfera. Il suo sguardo prometteva vendetta.
Marianne stava per raggiungerlo, ma si bloccò. Ryan aveva voltato le spalle al campo di battaglia.
“Rachel, renditi conto il prima possibile della situazione in cui ti trovi. Torna a casa, davvero, ti prometto che ci penserò io a trovare le risposte alle tue domande. L’ho già fatto” La sua voce era indecifrabile.
Quindi si voltò, ed assieme ai componenti dell’Omega Group si allontanarono nel continuo caos scemato, lasciando i due ragazzi in silenzio, troppo stanchi o confusi per parlare.

Marianne vide Ryan sbattere i pugni contro le pareti metalliche del furgone che avevano raggiunto dopo essersi rimessi in volo da quella città devastata. Ogni colpo la faceva sobbalzare. Le nocche del giovane dai capelli dorati erano scorticate e sanguinavano.
Il suo sguardo tradiva un dolore che sembrava arrivare dal profondo. Lo sentiva anche lei, nello stomaco. Ma vedeva anche il fuoco dell’odio che lo divorava.
“Perché non me l’avevate detto?”
Le urlò contro.
“Non credevamo fosse un’informazione rilevante. Tutto qui” fu la sua piatta risposta.
“Il fatto che fosse il Campione della Lega Pokémon per voi non è una dannatissima informazione rilevante?!” urlava al punto che Marianne credeva avrebbe tossito sangue.
Lei restò in silenzio, accettando gli urli di quell’incomprensibile e spaventoso ragazzo come fossero acqua.
Quando ebbe finito di sfogarsi, lo lasciò solo, scendendo e dirigendosi al posto di guida. Le altre reclute erano spaventate.
Ryan si lasciò scivolare sul pavimento, coprendosi gli occhi con le mani insanguinate.
“Rachel...torna. Sei in pericolo” furono le sue ultime parole prima che il sonno lo facesse suo.


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