Salve ragassuoli, mi dispiaccio ogni volta per il ritardo nella pubblicazione, e mi rendo conto che sta diventando un disagio. Ecco perchè, dalla settimana prossima, per problemi di lavoro, la fan fiction sarà pubblicata il MARTEDì. Chiedo ancora scusa, e spero di non aver recato disagio.
Ringrazio tutti quelli che hanno messo mi piace alla pagina Pokémon Adventures ITA.
Vedere il seguito crescere ogni giorno di più è una grande soddisfazione.
Sei su EFP? Vieni a recensirci anche lì! Andy Black, autore su EFP
Ricordo sempre che il nostro progetto, Pokémon Courage ha bisogno di sostegno da parte vostra...niente soldi, tranquilli, basta solamente un po' di partecipazione. Siamo davvero così pochi a leggere questa bellissima storia? Entrate anche voi a far parte della famiglia di Pokémon Courage.
Ho finito con le raccomandazioni. Cominciamo.
Stay Ready...Go!
Andy $
“Rachel...sei davvero
tu?” chiese sgomento Ryan, quasi commosso.
Zorua fece un passo
avanti e ringhiò forte, prima di abbaiare.
“Rachel...” lui si gettò
quasi esanime su di lei, stringendola. Zorua spaventato fece un passo indietro,
ma poi percepì il timore della sua amica, e prese a mordere le scarpe di Ryan,
senza recargli alcun danno.
Rachel aveva le mani
larghe, quasi la stessero crocifiggendo, e non capiva appieno cosa succedesse.
“Staccati...” disse poi,
realizzando.
“Rachel... come stai?”
“Prima stavo meglio”
“Prima stavo meglio”
“Ce l’hai ancora con me?”
“Non voglio più vederti”
“Andiamo... smettila”
“Hai sentito cosa ho detto?! Sparisci dalla mia vita!”
Ryan abbassò gli occhi, affranto. Si sentiva male. “Perché non mi vuoi più nella tua vita?”
“Perché nella mia vita tu non ci saresti dovuto essere”
“Non voglio più vederti”
“Andiamo... smettila”
“Hai sentito cosa ho detto?! Sparisci dalla mia vita!”
Ryan abbassò gli occhi, affranto. Si sentiva male. “Perché non mi vuoi più nella tua vita?”
“Perché nella mia vita tu non ci saresti dovuto essere”
Rachel spintonò Ryan,
colta da un impeto di rabbia, facendo ruzzolare il ragazzo nell’erba.
“Rachel...”
“Vattene via! Vattene via dalla mia vita!”
“Vattene via! Vattene via dalla mia vita!”
“Ma io voglio soltanto
tornare a vivere come un tempo! Qui! A casa nostra!”
Rachel portò le mani ai
fianchi. Ryan allontanò pensieri maliziosi, ma non fu in grado di farlo una
seconda volta. Stava diventando proprio bella. Con i capelli legati, e quel
fisico asciutto.
“Devi venire con me,
allora” fece serio.
“Non verrò da nessuna
parte”
“Rachel. Devi venire con me!” urlò poi Ryan, facendola sobbalzare. Fu a quel punto che Pupitar si presentò davanti a lei, creando una tempesta di sabbia. Cercava di tenere lontano Ryan.
“Rachel. Devi venire con me!” urlò poi Ryan, facendola sobbalzare. Fu a quel punto che Pupitar si presentò davanti a lei, creando una tempesta di sabbia. Cercava di tenere lontano Ryan.
“Non sarà questo a
spaventarmi! Facciamo una lotta! Se vinci tu, sarai libera. Ma se vinco io tu
verrai con me”
Rachel fu spaventata dal
tono di voce del ragazzo. “Tu sei un maniaco”
“Accetti?”
Rachel sapeva che Ryan era molto più abile di lei con i Pokémon. Ma doveva dare una chance a quei fedeli amici che la stavano proteggendo.
“Accetti?”
Rachel sapeva che Ryan era molto più abile di lei con i Pokémon. Ma doveva dare una chance a quei fedeli amici che la stavano proteggendo.
“Pupitar... aiutami tu,
per questa lotta”
“E così accetti” disse
sorridente Ryan, facendo qualche passo indietro.
“Perché hai quella tuta?”
“Faccio parte dell’Omega Group”
“Faccio parte dell’Omega Group”
“Che roba è?”
“Ci occupiamo di cose buone. Ora vai, scelgo te, Tyranitar!”
“Ci occupiamo di cose buone. Ora vai, scelgo te, Tyranitar!”
Rachel spalancò gli
occhi. In che guaio si era messa?
Come suo solito, partì
sconfitta mentalmente. Secondo lei, non sarebbe mai riuscita a sconfiggere quel
Pokémon.
Tyranitar. Lo guardò
meglio. Era strano. Di solito i Tyranitar sono di un colore simile al verde.
Quello no.
“È nero...”
Era vero. Era davvero
nero. Gli occhi rossi, la corazza al centro del petto anche. Ruggiva e perdeva
bava dalla bocca, sembrava avesse contratto la rabbia.
“Cavolo...” si lasciò
scappare Rachel.
“Tyranitar! Portiamoci Rachel
con noi! Facciamole vedere cos’è una vera Terrempesta!”
La tempesta di sabbia fu
investita da un fenomeno che assomigliava quasi ad un tifone. La sabbia si
ammucchiava in ogni punto, mentre Tyranitar sembrava indemoniato.
Pupitar sembrava stesse
subendo l’attacco della sua forma evoluta.
“Fermati, Ryan!” urlava
Rachel. Ma niente poteva turbare quell’attimo di follia del ragazzo.
Adesso aveva un solo
obiettivo: portare Rachel con sé.
Sarebbero tornati alla
base, avrebbero condiviso la stanza e... e basta.
Doveva finirla.
L’importante, però, era
che si sarebbe ricongiunto con lei. Con il tempo non le sarebbe più pesata
quella situazione, ed avrebbe ripreso a volergli bene.
Doveva vincere, Ryan.
Doveva vincere a tutti i costi.
“Tyranitar! Distruggiamo quel
Pupitar! Usa subito Frana!”
Rachel sospirò. Aveva
studiato, e quella mossa non sarebbe stata molto efficace sul suo Pupitar.
Poi guardò meglio.
Tyranitar lasciò cadere su Pupitar dei massi grandi quanto automobili, aguzzi e
cattivi.
Forse avrebbe avuto più
danni del previsto.
“Perché questo Tyranitar
è nero?!” urlò Rachel, per farsi sentire. La tempesta di sabbia rumoreggiava e
sibilava fortemente, con picchi di suoni altissimi.
“Perché noi dell’Omega
Group vogliamo il meglio! Il meglio per tutti!”
“E cosa c’entra questo?!
Perché dovrei venire con te?!”
“Perché tu sei mia!”
“Io non sono tua!”
“Avanti Rachel! Sai bene come andrà a finire! Tyranitar, scava tra le macerie e prendi Pupitar tra gli artigli!”
“Avanti Rachel! Sai bene come andrà a finire! Tyranitar, scava tra le macerie e prendi Pupitar tra gli artigli!”
Tyranitar muoveva lenti
passi, che rimbombavano rumorosi ovunque, mentre la tempesta di sabbia
continuava ad imperversare. Gli artigli tra le macerie, prese a scavare, a
cercare. Pupitar era lì, quasi esanime.
“Ora lancialo via!”
“Fermo!” urlò Rachel, quando la terra cominciò a tremare. Ancora un terremoto, che fece irrigidire Ryan e Rachel, come anche Tyranitar. Una grossa crepa si aprì sotto i suoi piedi e lui cadde, liberando Pupitar dagli artigli.
“Fermo!” urlò Rachel, quando la terra cominciò a tremare. Ancora un terremoto, che fece irrigidire Ryan e Rachel, come anche Tyranitar. Una grossa crepa si aprì sotto i suoi piedi e lui cadde, liberando Pupitar dagli artigli.
“Ma che...?!” Ryan si
guardava attorno, non voleva che qualcosa potesse crollargli addosso.
Il terremoto terminò, e
nelle orecchie dei ragazzi un solo sibilo, oltre agli antifurto delle
automobili. Poi una voce familiare.
“Ryan! Lascia stare
Rachel!”
Quella spalancò gli
occhi. Sul guscio di Torterra, Zack sostava in piedi, tronfio, e Mia si
manteneva al grosso albero su di esso.
“Zack!” esclamò Rachel.
Lui saltò giù dal suo
Pokémon, e corse a stringere Rachel.
Ryan ribollì vedendo i
loro sguardi incrociarsi.
“Recket...” digrignò i
denti.
“Sei ancora qui?!” urlò
Zack, nei confronti del ragazzo dagli occhi rossi.
“Tyranitar, ferma questa
tempesta. Devo parlare col giovanotto...”
“Abbiamo quasi la stessa età...”
“Si. Ma non in testa. Lì non sei maturo. Lì sei solo un poppante che gioca a fare il campione di Adamanta”
“Se permetti è un po’ più di un gioco. Ho combattuto contro i migliori allenatori della regione per avere quel titolo”
“Ed oggi perderai contro di me. Guarda un po’ che strana la vita...”
“Abbiamo quasi la stessa età...”
“Si. Ma non in testa. Lì non sei maturo. Lì sei solo un poppante che gioca a fare il campione di Adamanta”
“Se permetti è un po’ più di un gioco. Ho combattuto contro i migliori allenatori della regione per avere quel titolo”
“Ed oggi perderai contro di me. Guarda un po’ che strana la vita...”
“Non resta che vedere”
Tyranitar si rimise in
piedi, e ruggì. Mia rabbrividì e scese da Torterra, per raggiungere Zack e
Rachel. Strinse la ragazza.
“Rachel! Stai bene, che
sollievo”
“Mia... come stai?”
“Bene, ma ci hai fatto preoccupare”
“Novità sul cristallo?”
“Mia... come stai?”
“Bene, ma ci hai fatto preoccupare”
“Novità sul cristallo?”
“Niente di niente... ma
non credo sia il momento per parlarne...” disse quella. Rachel guardò la
ragazza. Mia, l’oracolo. Al collo aveva il ciondolo di Zack. Dovevano
proteggerla.
“Torterra! Usa
Radicalbero!”
“No, Recket! Non
stavolta!”
Le radici di Torterra
presero la via di Tyranitar. Quello continuava a ruggire, sembrava Godzilla.
“Tyranitar! Iperraggio!”
Dalla sua bocca partì un
puntino luminoso cominciava ad ingrandirsi sempre di più. L’energia che
accumulava si accresceva secondo dopo secondo fino a quando prese la forma di
una sfera abbastanza ampia.
“Ora!”
Tyranitar piantò bene i
piedi per terra, e lasciò partire l’attacco. Una forte luce si espanse
inizialmente, costringendo i presenti a chiudere gli occhi per un momento.
Zack fu in grado di
vedere la radici di Torterra venire spazzate via dall’attacco. L’Iperraggio si
stava dirigendo verso Torterra.
“Torterra, Ritirata!”
Quello rientrò nel
guscio, ma sobbalzò quando sentì l’attacco colpire forte il guscio. Ruggì.
Poi finì, e Tyranitar
sospirava forte.
“Torterra, Ora! Usa le
liane per immobilizzarlo!”
Delle liane verdi, vive, andarono
ad avviluppare il corpo del Pokémon mastodontico, che prese a ruggire,
rabbioso, furioso.
Ma Ryan aveva la
soluzione.
“Tyranitar! Usa Pietrataglio!”
“Tyranitar! Usa Pietrataglio!”
Delle rocce comparvero
dal nulla, e taglienti, liberarono Tyranitar da quella morsa.
“Non demordiamo,
Torterra! Usa Verdebufera!”
Un vento, colorato di
verde dalle foglie e dai detriti si abbattè su Tyranitar.
Quello ruggì forte,
l’attacco lo stava colpendo in pieno.
“No! Reagiamo! Usa
Terrempesta!”
“Ora, Torterra! Terremoto!”
“Ora, Torterra! Terremoto!”
E mentre i primi granelli
di sabbia svolazzavano all’interno della bufera verde, Torterra fece aprire di
nuovo la terra sotto i piedi di Tyranitar, che cadendo, con la coda distrusse
vari alberi e parte dello steccato.
“No, Ryan! L’albero di
papà!” urlò Rachel.
Quello non se ne curò, ma
sobbalzò all’enorme rumore provocato dalla caduta di Tyranitar.
Del suo Tyranitar.
Del suo Tyranitar fuori
combattimento.
“No! No! Recket,
maledetto! Dannazione!” Ryan sembrava fuori di sé. Gli occhi colmi di lacrime,
mentre Rachel si avvicinò a Zack, prendendogli la mano.
Quel gesto a Ryan bruciò
come un marchio a fuoco.
“Sparisci!” urlò Zack.
“Non è finita qui” fece
l’altro, con calma apparentemente piatta, e schioccò le dita. Da dietro la casa
si alzò d’improvviso un silenziosissimo elicottero cargo, di quelli in
dotazione all’esercito. Tutti rimasero scioccati alla vista del mezzo.
“Ma cosa...?” Rachel si
strinse a Zack, e d’improvviso un urlo li fece saltare di nuovo.
“Mia!” urlò Zack.
La donna di colore con i dread
che videro a Plamenia aveva messo un panno con del cloroformio sotto il naso di
Mia, che aveva cercato di reagire, prendendo una Poké Ball, ma le energie la
abbandonarono.
Fu un attimo. Salirono
sull’elicottero e scomparvero.
Lasciando Zack e Rachel
davanti alla staccionata rotta.
Un senso di vuoto rapì i
ragazzi, mentre l’elicottero dell’Omega Group scappava via. Zack aveva negli
occhi ancora il volto spaventato di Mia, le sue lacrime, vedeva le mani di uno
dei ceffi metterle una benda alla bocca e trascinarsela via.
Strinse i pugni, quindi
sospirò. Lasciò uscire tanta brutta rabbia, che in realtà era solo anidride
carbonica.
Riviveva quei momenti, riviveva quella strane fasi della battaglia, ed ancora Emily saltò nella sua testa, decidendo di ballargli un tip tap sulla fronte.
Riviveva quei momenti, riviveva quella strane fasi della battaglia, ed ancora Emily saltò nella sua testa, decidendo di ballargli un tip tap sulla fronte.
Mia ed Emily. E Rachel.
Si prendeva tutte le responsabilità, di ogni cosa.
Avrebbe dovuto stare più
attento, avrebbe dovuto mettere Mia al sicuro, prima di salvaguardare sé stesso
e Rachel, che bene o male aveva dei Pokémon e se la stava cavando.
Quando però si accorse
davvero di quello che era successo, la desolazione lo prese per mano,
bastonandogli le gambe, e facendolo inginocchiare per terra.
Rachel guardava Zack,
pochi passi accanto a lui. Lo vedeva piangere, ma senza produrre un solo rumore
che fosse più forte del suo respiro.
“Zack...” in quel momento
non le veniva in mente alcuna frase di circostanza. L’unica cosa che trovò
giusto, fu avvicinarsi e tendergli una mano.
Zack la guardò. Guardò
gli occhi lucidi di quella, guardò le sue labbra, i suoi capelli lunghi, la sua
mano piccola e poco curata. Non era una mano. Era un’ancora, una scaletta di
salvataggio.
Rachel gli stava offrendo
un attimo di salvezza in quella folle corsa contro il destino.
E prendersi la
responsabilità di rimettere tutto a posto era da corsia di centro d’igiene
mentale.
Ma Zack era un supereroe,
doveva farlo.
Era il campione. Adamanta
era la sua terra, e non poteva permettere che qualcuno ci lasciasse le penne.
Non era per niente il caso.
Allungò la mano, ed
afferrò quella di Rachel. Si alzò, e la tirò al suo petto, aprendo i boccaporti
delle lacrime, e piangendo insieme come due cretini.
“Mi spiace, Rachel! Non
volevo che succedesse tutto questo!” Zack la strinse al petto, mentre lei
faceva di tutto per mostrarsi forte, e non far pendere su di lui anche la
responsabilità di farla sentire meglio.
“Non...non preoccuparti.
Sistemeremo tutto”
“Torna con me. Torna con noi. Mia ha bisogno di noi”
“Torna con me. Torna con noi. Mia ha bisogno di noi”
“Si. Tranquillo,
partiremo di nuovo insieme, domani, ed andremo a salvare Mia” tra le lacrime e
lunghi sospiri, che mantenevano il pianto legato con le funi, i due si
rialzarono a vicenda.
Ma quell’abbraccio non
stentava a diminuire.
“Mi sei mancata” disse
lui, sembrando un ragazzino.
Rachel non potè far altro
che sorridere. “Anche tu”
“Perchè sei scappata?”
“Che ne dici se entriamo dentro e ci sediamo comodi? Starei più tranquilla, e mi rilasserei un attimo”
“Si. Oh, guarda...” Zack lasciò dalla stretta Rachel, e fece qualche passo. “Questo è il Metang di Mia”. Raccolse una Pokéball, nascosta nell’erba incolta e bruciata dal freddo della casa della ragazza.
“Oh...e che dovremo farci?”
“Perchè sei scappata?”
“Che ne dici se entriamo dentro e ci sediamo comodi? Starei più tranquilla, e mi rilasserei un attimo”
“Si. Oh, guarda...” Zack lasciò dalla stretta Rachel, e fece qualche passo. “Questo è il Metang di Mia”. Raccolse una Pokéball, nascosta nell’erba incolta e bruciata dal freddo della casa della ragazza.
“Oh...e che dovremo farci?”
“Io ho già sei Pokémon, ora. Mantienilo tu, quando andremo da lei glielo ridarai”
“Va bene”
Ed insieme, Rachel e Zack
entrarono nella casa della ragazza. I Pokémon giravano per casa tranquilli.
“Perché sono liberi?”
chiese il ragazzo.
“Avevo paura...ero da
sola, e volevo protezione”
“Hai fatto bene. Ma non dovevi scappare...com’è grosso questo Carracosta!”
“Hai fatto bene. Ma non dovevi scappare...com’è grosso questo Carracosta!”
Rachel rise, tra le
lacrime. “Si. È di Rupert, il capopalestra di Edesea”
“Sul serio?!”
“Si. Ci siamo incontrati
a Solarea, ieri. C’erano anche Milla ed uno dei Superquattro”
“Mi stai prendendo in giro?”
“No! Abbiamo salvato Solarea da un maremoto...”
“Mi stai prendendo in giro?”
“No! Abbiamo salvato Solarea da un maremoto...”
“Ho visto...al
telegiornale”
“Conosci i capipalestra?”
“Molto bene. Sembra quasi che tutti rispondano a me...” sorrise ancora leggermente Zack.
“Conosci i capipalestra?”
“Molto bene. Sembra quasi che tutti rispondano a me...” sorrise ancora leggermente Zack.
“Come mai Mister Kendrick
sta zitto?”
“Non ne ho idea. Ginger dice che fa parte del suo personaggio”
“Chi è Ginger?”
“Un’altra dei Superquattro”
“Non ne ho idea. Ginger dice che fa parte del suo personaggio”
“Chi è Ginger?”
“Un’altra dei Superquattro”
“E serve a qualcosa
essere un personaggio?”
“Non proprio. Ma i Superquattro ad Adamanta sono persone che non bisogna far arrabbiare, quindi meglio lasciarli fare come vogliono” sorrise lui, ricordandosi delle sue sfide prima di diventare il campione.
“Non proprio. Ma i Superquattro ad Adamanta sono persone che non bisogna far arrabbiare, quindi meglio lasciarli fare come vogliono” sorrise lui, ricordandosi delle sue sfide prima di diventare il campione.
I due si sedettero sul
divano, l’uno a destra e l’altro a sinistra. Rachel levò le scarpe, e stese i
piedi sulle gambe di Zack.
“Perché piangevi, prima?”
domandò la ragazza.
Zack non voleva parlarne.
Si limitò a tornare cupo e a spostare lo sguardo verso la finestra.
“Ti prego...dimmi chi
sei. Dimmi che hai fatto, dimmi cosa sei diventato e come ci sei
riuscito...basta con i segreti”
La predica della moretta
suonò quasi come una lamentela.
Zack guardò ancora
Rachel, le lacrime adornavano il suo viso nuovamente, mentre i ricordi lo
assalivano, gli tiravano i capelli, gli mettevano le mani al collo e
stringevano.
“Zack...”
“Io ho ucciso una ragazza”
“Io ho ucciso una ragazza”
Rachel sbiancò. Tirò i
piedi dalle gambe di Zack e lo guardò impaurita. Zorua d’improvviso fece uno
scatto, ed analizzò la situazione. Il suo istinto non gli imponeva di ringhiare
contro Zack. Ma sentiva Rachel impaurita.
Non sapeva perché, ma
Rachel un po’ se lo sentiva che Zack nascondesse un segreto del genere. Per un
attimo inorridì. Aveva dormito nella stessa tenda con un assassino.
“Davvero?”
“Si...”
“Sei pericoloso? Hai problemi mentali?”
“No. Sono una persona normalissima”
“E...” Rachel si rilassò sensibilmente. “...come? Quando?”
“Diversi anni fa. Ero ad Hoenn, nella torre dei cieli. Lì con me c’era...”
“Emily White” lo anticipò lei.
“Si...”
“Sei pericoloso? Hai problemi mentali?”
“No. Sono una persona normalissima”
“E...” Rachel si rilassò sensibilmente. “...come? Quando?”
“Diversi anni fa. Ero ad Hoenn, nella torre dei cieli. Lì con me c’era...”
“Emily White” lo anticipò lei.
“...Emily White. Era una
ragazza meravigliosa, ed io la amavo”
“Eravate fidanzati?”
“No. Era una ragazza incredibile. L’estroversione in persona...era bellissima”
“Eravate fidanzati?”
“No. Era una ragazza incredibile. L’estroversione in persona...era bellissima”
Rachel guardava Zack
fissare il vuoto, davanti a sé, come se vivesse davanti a sé le immagini di
quella ragazza.
“E poi?”
“E poi eravamo nella Torre dei Cieli...ad Hoenn”
“E cos’è?”
“Il luogo dei miei incubi, Rachel. Io...io sapevo che lei si sarebbe messa in pericolo...ma...”
“Zack. Calmati”
“E poi eravamo nella Torre dei Cieli...ad Hoenn”
“E cos’è?”
“Il luogo dei miei incubi, Rachel. Io...io sapevo che lei si sarebbe messa in pericolo...ma...”
“Zack. Calmati”
La voce distesa di Rachel
impose al ragazzo di guardarla. “Spiegami” aggiunse poi.
Il pavimento della torre
era molto malandato. Absol mi aiutava a capire quando succedeva qualcosa.
Contavo su di lui per capire quali parti del pavimento calpestare o meno, ma
Emily non si fidava di nulla che non fosse il suo istinto”
“E tu come l’avresti
uccisa?”
Zack la guardò. Era
spaventata a morte, la voce a testimoniare la tensione che c’era nell’aria.
Una lacrima fuggì poi
dalla morsa delle ciglia di Zack.
“Absol non sbaglia. Absol
non sbaglia mai”
“E quindi?! Zack!” Rachel lo prese per le spalle e lo scosse.
“E quindi?! Zack!” Rachel lo prese per le spalle e lo scosse.
“E quindi dovevo
impedirle di camminare dove sapevo che il pavimento sarebbe crollato!” rispose
lui, a tono, facendo sbiancare Rachel. Quella si bloccò immediatamente,
inginocchiata sul divano, pochi centimetri da lui, totalmente immobile.
“Cioè...tu non le hai
fatto del male?”
“Dovevo fermarla, Rachel”
“Ma l’hai avvertita?”
“Certo! Ma avrei dovuto insistere, Rachel! Ed ora lei non è più qui!”
“Certo! Ma avrei dovuto insistere, Rachel! Ed ora lei non è più qui!”
“...Zack...” Rachel
sospirò, levandosi un macigno enorme dallo stomaco. Aveva davvero pensato che
Zack potesse essere stato un assassino. “...mi hai fatto credere che fossi
stato tu ad uccidere Emily...”
“Ed infatti è così”
“No, Zack. Non è così”
Rachel sorrise dolcemente, e carezzò Zack sulla guancia. Lui si voltò verso di
lei.
“Perché dici così?”
“Perché tu hai fatto quello che dovevi. Se mi puntassi una pistola alla tempia, e tu mi dicessi che sparando morirei, e poi mi sparassi, di chi sarebbe la colpa della mia morte? Mia, che ho premuto il grilletto, o tua, che non hai fatto niente?”
“Perché tu hai fatto quello che dovevi. Se mi puntassi una pistola alla tempia, e tu mi dicessi che sparando morirei, e poi mi sparassi, di chi sarebbe la colpa della mia morte? Mia, che ho premuto il grilletto, o tua, che non hai fatto niente?”
“Appunto, Rachel...non ho
fatto niente”
“Non massacrarti più. Non piangere più sul latte versato. Ora...”
“Non massacrarti più. Non piangere più sul latte versato. Ora...”
E fu quello il momento in
cui Zack la strinse tra le sue braccia, strappandole un altro sorriso.
“...dicevo, ora dobbiamo
concentrarci su Mia. E dobbiamo chiedere ad Alma come parlare con Arceus”
“Già...”
“Stai meglio?”
“Già...”
“Stai meglio?”
“Beh...sempre uno
straccio. Ma un po’ meglio...”
“Non puoi vivere tenendoti tutto dentro. Io ti voglio bene, ti sono amica. Con me puoi confidarti...”
“Non puoi vivere tenendoti tutto dentro. Io ti voglio bene, ti sono amica. Con me puoi confidarti...”
Zack lasciò la presa
dall’abbraccio, in modo da vedere gli occhi di quella.
“...con me puoi parlare
di tutto”
E se Emily fosse stato solamente un capitolo della sua vita, e non l’atto conclusivo della pace della sua anima? E se l’atto conclusivo fosse stata invece Rachel?
E se Emily fosse stato solamente un capitolo della sua vita, e non l’atto conclusivo della pace della sua anima? E se l’atto conclusivo fosse stata invece Rachel?
Questo ed altri quesiti
si contrapponevano nella sua mente, alternando ricordi crudi e macabri ad
immagini dolci e costruttive. La confusione lo stava attanagliando, ma si rese
conto che le parole di Rachel funsero da ammortizzante per i suoi sensi di
colpa.
Dentro aveva ancora tanto
peso da reggere, certo. Ma sentiva che qualcuno stava lavorando per
alleggerirlo.
Rachel.
Quella ragazza, che in
quel momento le sembrava così bella. Così dolce, così comprensiva.
Con quegli occhi blu.
E quelle labbra.
“Grazie” disse lui,
prendendole le mani. Poi Zack si avvicinò a lei, e lentamente poggiò le labbra
sulle sue.
Rachel spalancò gli occhi
per un attimo, poi li richiuse, toccando rapidamente il paradiso ed il fondo
del baratro. Non riusciva a dare un nome esatto a quelle emozioni ambigue che
nascevano in quel momento nella zona incerta che sta tra i polmoni e lo
stomaco, fatto stava che sentiva la mani di Zack stringere le sue, carezzare le
sue labbra con le proprie, entrare debolmente in lei con un soffio, un alito di
speranza.
Speranza di vita.
Speranza di cambiamento.
Quel bacio terminò
infiniti secondi dopo, ed i loro occhi si riaprirono.
Nessuna parola, né
niente.
I loro cuori battevano
all’unisono, e martellavano nei petti, trascinando i loro respiri incatenati,
impossibilitati a lasciare quel luogo magico.
Quel luogo mistico.
Zack le guardò il volto.
Un piccolo sorriso spuntò fuori dal nulla, mentre le guance avevano preso lo
strano colorito roseo che di tanto in tanto vedeva quando aveva freddo.
Si specchiò negli occhi
azzurri di quella, e vide nuova linfa, nuova vita, nuova speranza.
Crescere, diventare
grandi.
E quella volta Zack
riuscì a vedere il suo futuro negli occhi di qualcun altro.
Rachel si sentiva strana.
Quel bacio aveva scombussolato tutti i suoi pensieri, e le sue sicurezze.
Ora si chiedeva chi aveva
davanti.
Zack. Il bellissimo
ragazzo dagli occhi verdi e dal torbido passato.
“Zack...”
“Shh...” quello la zittì, mettendole l’indice sulla bocca. Si avvicinò ancora, e la baciò nuovamente, stringendola ancora a sé.
“Shh...” quello la zittì, mettendole l’indice sulla bocca. Si avvicinò ancora, e la baciò nuovamente, stringendola ancora a sé.
Sì, stava per succedere.
Il calore aumentava sempre di più, come se un fuoco divampasse proprio davanti
ai loro volti. Zack la spinse, lei cadde sotto di lui, stesa sul divano.
Lui le sciolse i capelli,
legati sulla testa, che si riversarono sul divano come raggi di sole. Il
profumo di Rachel catturava Zack e lo costringeva a restare li. Le mani della
ragazza cercarono le braccia forti di lui e diventarono strumenti di
avanscoperta, per conoscere e meglio comprendere la morfologia di quei corpi
ancora poco maturi.
Zack la carezzò, ovunque,
la spogliò, poi salirono di sopra, e fecero l’amore.
Ryan era appena rientrato
nella base dell’Omega Group. Non sapeva cosa fosse successo a Mia, né aveva
intenzione di saperlo.
L’ennesima sconfitta
subita contro Zackary Recket bruciava come un marchio a fuoco.
“Ora ha anche Rachel...”
disse sottovoce, come se sussurrasse alle ombre della sua stanza.
Nonostante avesse messo
in conto di poter perdere di nuovo, non pensava che Rachel accettasse di
riabbracciare il ragazzo da cui era fuggita.
Sospiri e sbuffi si
alternavano, mentre la pazienza, piccola porzione di una personalità ormai
stracciata dai dubbi e dalle ingiustizie, diminuiva sempre più.
Tutto era immobile lì,
tutto era così anonimo da far risaltare solo lui.
Si spogliò velocemente, e
si lavò. Si godette l’acqua. Era calda, e fuori faceva freddo. Gli piaceva
quando poi sarebbe uscito dalla cabina della doccia e tutto il vapore sarebbe
rimasto nel bagno, quasi ci fosse stata nebbia.
E poi no, non vide
Rachel. Almeno non come l’altra volta.
Non nuda.
E non stavano per
baciarsi.
La rivide solo nei suoi
pensieri, e capì quanto alta fosse la voglia di stringerla. E di baciarle il
collo.
No.
Non doveva pensarci.
Scosse la testa, e spazzò via questi pensieri.
“È mia sorella, porca
puttana!” urlò, come per far capire alla sua testa che non doveva più fare
pensieri del genere.
E sembrava quasi di
averla convinta.
Sospirò, quando l’acqua
prese a scivolare dietro la sua schiena, donandogli sensazioni simili a
brividi.
Tremori.
Tremori.
L’ansia cominciò a
crescere d’improvviso, e la rabbia lo assalì vandala.
“Cazzo!” urlava lui. “No!
Cazzo, no!”
La sua voce rimbombava
nel bagno e terminò con un sibilo. “No!”
Rachel e Zack ora erano
insieme di nuovo. Ricordava lo sguardo che i due si erano dati, la sorpresa
della ragazza quando il Campione era venuto a salvarla, le loro mani che si
toccavano.
Chiuse l’acqua, e
grondante, infilò l’accappatoio. Uscì fuori, nella stanza. Voleva stendersi sul
letto, e farsi una dormita degna di questo nome. Ma aperta la porta del bagno
sobbalzò.
Zack e Rachel.
Zack e Rachel erano lì,
davanti ai suoi occhi.
Zack e Rachel erano lì,
davanti ai suoi occhi, e lui stava profanando la sua purezza.
Stavano facendo sesso.
Era troppo.
Ryan urlò di rabbia,
quasi stesse per partorire l’anima, strappò la lampada dalla presa e la lanciò
su quei due.
La lampada esplose, ed il
letto prese fuoco rapidamente. Le fiamme non arrossivano ulteriormente gli
occhi di quello, già pieni di ira e di lacrime.
Il fumo raggiunse in
sensori antincendio, e le bocchette dell’acqua presero a spruzzare il prezioso
liquido ovunque, infradiciando ancora il ragazzo.
Almeno così le sue
lacrime sarebbero passate inosservate.
Il mattino arrivò forse
troppo in fretta. Il sole entrò a svegliare Zack. Non si mosse, si godeva quel
torpore piacevole, e quella sensazione di rilassatezza che viveva addosso ogni
qualvolta finiva di fare del sesso.
Si corresse da solo,
pensando. Era amore, non sesso.
L’amore lo si fa con
sentimento. Il sesso serve unicamente a svuotarsi dagli ormoni in eccesso.
Poi sospirò, godendosi
quell’aria frizzantina nei polmoni. Il Natale era davvero vicino. Era il 21
Dicembre, ed intanto il mondo stava per finire.
Grazie per il regalo,
Arceus.
Non aveva mai provato una
simile pulsione verso un’altra persona. Nemmeno per Emily.
Non le era mai saltato
addosso in quel modo, e non aveva mai desiderato stringerla così.
Mosse il braccio destro,
carezzando la testa di Rachel. I capelli scarmigliati di quella emanavano un
profumo assurdo.
Riguardava davanti ai
suoi occhi tutte le scene di quella notte, eppure ricordava con nitidezza solo
quelle in cui c’erano gli occhi della bella.
Che begli occhi...
Che begli occhi...
Era davvero bella. E lei
che non aveva mai fatto nulla per aiutare la sua bellezza era una sciocca. Come
una gemma che si rifiuta di diventare un fiore, di aprire i suoi petali.
Zorua era sul letto,
tranquillo, appallottolato ai suoi piedi. Zack sorrise, immaginandolo lì anche
in momenti meno opportuni.
Sapeva che per Rachel
fosse la prima volta, ma non sembrò avere alcun peso, quella faccenda. Ognuno
faceva quello che faceva per il piacere dell’altro, per regalare all’altro un
sorriso, un attimo di gioia e di distrazione da quella brutta situazione.
“...buongiorno...” fece
Rachel, muovendosi lentamente. Alzò gli occhi, e vide Zack, mentre la
osservava. Osservava il suo corpo, i suoi movimenti, i suoi respiri.
“Ciao, Rachel.
Buongiorno”
“Dormito bene?”
“Si. Accanto a te non ho avuto incubi”
Rachel sorrise, poi si voltò a pancia sotto, per guardarlo meglio. “Che cosa strana...”
“No. Sapevo fin dal primo momento che tu mi avresti cambiato la vita”
“Dormito bene?”
“Si. Accanto a te non ho avuto incubi”
Rachel sorrise, poi si voltò a pancia sotto, per guardarlo meglio. “Che cosa strana...”
“No. Sapevo fin dal primo momento che tu mi avresti cambiato la vita”
Un sorriso timido
comparve sul volto della ragazza. Zack si avvicinò e la baciò ancora. Nessuno
dei due si capacitava del fatto che stesse accadendo quella cosa, sul serio.
Accadeva e basta. Come lo
scorrere del tempo, o un battito di ciglia.
Non ci andavano a
riflettere più di tanto.
“Ho bisogno di usare il
bagno...” fece lei, tirandosi la coperta, ed avvolgendosela alla vita. Pratica
che da sempre Zack aveva ritenuto inutile. Che senso ha coprire ciò che è già
stato visto scoperto?
Rachel si alzò ed andò in
bagno, seguita da Zorua, e Zack si stese ancora, affondando nei cuscini del
letto dei genitori di Rachel.
Il letto cominciò ad
inclinarsi, come quando qualcuno si siede ai piedi del letto. Zorua forse si
era svegliato, e si era alzato in piedi. (non cancellare questa parte)
“No... Zorua è con
Rachel...” ragionò ad alta voce.
Alzò la testa, ma gli
occhi incontrarono i raggi del sole a combatterli con tenacia. Mano sulla
fronte e problema risolto. Bolle di luce fluttuavano qua e là, e forse era il
sonno a suggestionarlo in quel modo.
Ma non si sarebbe mai
sbagliato nel vedere il suo volto.
Nel riconoscerlo.
“Emily...” Zack inclinò
la testa, per vedere meglio.
Quella sorrise, e si
mosse verso di lui, gattonando. Aveva indosso i vestiti che portava il giorno
del disastro.
Zack spalancò gli occhi.
“No... Emily!”
“No... Emily!”
Quella sorrise di nuovo,
accovacciandosi lì.
“Rachel! Corri, Rachel!
Non è morta!”
Allarmata, la ragazza
tornò correndo dal bagno, e vide Zack, con gli occhi spalancati, a fissare un
punto indefinito.
“Zack! Che succede?!”
“Emily! Emily è qui!”
“Dove?!”
“Come dove?! Sul letto! Rachel, Emily è sul letto!”
“Emily! Emily è qui!”
“Dove?!”
“Come dove?! Sul letto! Rachel, Emily è sul letto!”
Rachel allora sospirò,
calmandosi. Si avvicinò a Zack, e gli baciò la guancia.
“No, Zack. Non è Emily”
“Ma è qui. È davanti a me”
“Zorua ti ha ingannato...”
“Ma è qui. È davanti a me”
“Zorua ti ha ingannato...”
“Zorua... Zorua cosa?!”
La mano di Rachel passò
apposta sul petto di quello. Il cuore batteva come un metronomo impazzito. Era
letteralmente agitato.
“Zorua è piccolo, ma è
molto abile nell’usare l’illusione. Io lo vedo come un bambino. Tu lo hai visto
come Emily, perché sfrutta le nostre debolezze”
“Cosa?”
“Può sembrarti cattiva
come cosa...ma non lo fa neanche apposta. È semplicemente il suo modo di
allenarsi, e di passare il tempo”
“Emily non è qui?”
“Emily non è qui?”
“No. Questo è Zorua”
Zack si avvicinò
lentamente, con la mano. Anche Emily faceva lo stesso.
“Lei è qui...”
“No”
Tutto prese a muoversi a scatti. Rachel prese Zorua in braccio, poi cominciò a morderla, e lei urlò forte.
“No”
Tutto prese a muoversi a scatti. Rachel prese Zorua in braccio, poi cominciò a morderla, e lei urlò forte.
Zack gridò come un
forsennato, facendo sussultare Rachel al suo fianco.
Entrambi nudi, entrambi
nel letto dei genitori di lei, nella sua casa. Avevano finito da poco di fare
l’amore.
“Zack?! Zack, che
succede?!”
“Rachel! Stai bene?!”
“Rachel! Stai bene?!”
“Si... sì, che sto
bene... anzi no, mi stavi facendo venire un attacco di cuore...”
“Scusami...” ansimava
quello.
“Calmati. Hai fatto solo
un incubo...”
Zack alzò gli occhi,
mentre vedeva il ciuffo rosso di Zorua illuminato dalla luna, mentre dormiva.
Il ragazzo si voltò a
guardare l’orologio.
5 : 24.
“Torniamo a dormire, che
domani abbiamo tanto da fare... Timea ci aspetta” sospirò Rachel, stringendolo
al suo petto, sperando di regalargli un po’ di sicurezza nella morbidezza dei
suoi seni.
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