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Quindicesimo Capitolo - 15



Salve ragassuoli, mi dispiaccio ogni volta per il ritardo nella pubblicazione, e mi rendo conto che sta diventando un disagio. Ecco perchè, dalla settimana prossima, per problemi di lavoro, la fan fiction sarà pubblicata il MARTEDì. Chiedo ancora scusa, e spero di non aver recato disagio.
Ringrazio tutti quelli che hanno messo mi piace alla pagina  Pokémon Adventures ITA.
Vedere il seguito crescere ogni giorno di più è una grande soddisfazione.
Sei su EFP? Vieni a recensirci anche lì!  Andy Black, autore su EFP
Ricordo sempre che il nostro progetto, Pokémon Courage ha bisogno di sostegno da parte vostra...niente soldi, tranquilli, basta solamente un po' di partecipazione. Siamo davvero così pochi a leggere questa bellissima storia? Entrate anche voi a far parte della famiglia di Pokémon Courage.
Ho finito con le raccomandazioni. Cominciamo.
Stay Ready...Go!

Andy $

 

“Rachel...sei davvero tu?” chiese sgomento Ryan, quasi commosso.
Zorua fece un passo avanti e ringhiò forte, prima di abbaiare.
“Rachel...” lui si gettò quasi esanime su di lei, stringendola. Zorua spaventato fece un passo indietro, ma poi percepì il timore della sua amica, e prese a mordere le scarpe di Ryan, senza recargli alcun danno.
Rachel aveva le mani larghe, quasi la stessero crocifiggendo, e non capiva appieno cosa succedesse.
“Staccati...” disse poi, realizzando.
“Rachel... come stai?”
“Prima stavo meglio”
“Ce l’hai ancora con me?”
“Non voglio più vederti”
“Andiamo... smettila”
“Hai sentito cosa ho detto?! Sparisci dalla mia vita!”
Ryan abbassò gli occhi, affranto. Si sentiva male. “Perché non mi vuoi più nella tua vita?”
“Perché nella mia vita tu non ci saresti dovuto essere”
Rachel spintonò Ryan, colta da un impeto di rabbia, facendo ruzzolare il ragazzo nell’erba.
“Rachel...”
“Vattene via! Vattene via dalla mia vita!”
“Ma io voglio soltanto tornare a vivere come un tempo! Qui! A casa nostra!”
Rachel portò le mani ai fianchi. Ryan allontanò pensieri maliziosi, ma non fu in grado di farlo una seconda volta. Stava diventando proprio bella. Con i capelli legati, e quel fisico asciutto.
“Devi venire con me, allora” fece serio.
“Non verrò da nessuna parte”
“Rachel. Devi venire con me!” urlò poi Ryan, facendola sobbalzare. Fu a quel punto che Pupitar si presentò davanti a lei, creando una tempesta di sabbia. Cercava di tenere lontano Ryan.
“Non sarà questo a spaventarmi! Facciamo una lotta! Se vinci tu, sarai libera. Ma se vinco io tu verrai con me”
Rachel fu spaventata dal tono di voce del ragazzo. “Tu sei un maniaco”
“Accetti?”
Rachel sapeva che Ryan era molto più abile di lei con i Pokémon. Ma doveva dare una chance a quei fedeli amici che la stavano proteggendo.
“Pupitar... aiutami tu, per questa lotta”
“E così accetti” disse sorridente Ryan, facendo qualche passo indietro.
“Perché hai quella tuta?”
“Faccio parte dell’Omega Group”
“Che roba è?”
“Ci occupiamo di cose buone. Ora vai, scelgo te, Tyranitar!”
Rachel spalancò gli occhi. In che guaio si era messa?
Come suo solito, partì sconfitta mentalmente. Secondo lei, non sarebbe mai riuscita a sconfiggere quel Pokémon.
Tyranitar. Lo guardò meglio. Era strano. Di solito i Tyranitar sono di un colore simile al verde. Quello no.
“È nero...”
Era vero. Era davvero nero. Gli occhi rossi, la corazza al centro del petto anche. Ruggiva e perdeva bava dalla bocca, sembrava avesse contratto la rabbia.
“Cavolo...” si lasciò scappare Rachel.
“Tyranitar! Portiamoci Rachel con noi! Facciamole vedere cos’è una vera Terrempesta!”
La tempesta di sabbia fu investita da un fenomeno che assomigliava quasi ad un tifone. La sabbia si ammucchiava in ogni punto, mentre Tyranitar sembrava indemoniato.
Pupitar sembrava stesse subendo l’attacco della sua forma evoluta.
“Fermati, Ryan!” urlava Rachel. Ma niente poteva turbare quell’attimo di follia del ragazzo.
Adesso aveva un solo obiettivo: portare Rachel con sé.
Sarebbero tornati alla base, avrebbero condiviso la stanza e... e basta.
Doveva finirla.
L’importante, però, era che si sarebbe ricongiunto con lei. Con il tempo non le sarebbe più pesata quella situazione, ed avrebbe ripreso a volergli bene.
Doveva vincere, Ryan. Doveva vincere a tutti i costi.
“Tyranitar! Distruggiamo quel Pupitar! Usa subito Frana!”
Rachel sospirò. Aveva studiato, e quella mossa non sarebbe stata molto efficace sul suo Pupitar.
Poi guardò meglio. Tyranitar lasciò cadere su Pupitar dei massi grandi quanto automobili, aguzzi e cattivi.
Forse avrebbe avuto più danni del previsto.
“Perché questo Tyranitar è nero?!” urlò Rachel, per farsi sentire. La tempesta di sabbia rumoreggiava e sibilava fortemente, con picchi di suoni altissimi.
“Perché noi dell’Omega Group vogliamo il meglio! Il meglio per tutti!”
“E cosa c’entra questo?! Perché dovrei venire con te?!”
“Perché tu sei mia!”
“Io non sono tua!”
“Avanti Rachel! Sai bene come andrà a finire! Tyranitar, scava tra le macerie e prendi Pupitar tra gli artigli!”
Tyranitar muoveva lenti passi, che rimbombavano rumorosi ovunque, mentre la tempesta di sabbia continuava ad imperversare. Gli artigli tra le macerie, prese a scavare, a cercare. Pupitar era lì, quasi esanime.
“Ora lancialo via!”
“Fermo!” urlò Rachel, quando la terra cominciò a tremare. Ancora un terremoto, che fece irrigidire Ryan e Rachel, come anche Tyranitar. Una grossa crepa si aprì sotto i suoi piedi e lui cadde, liberando Pupitar dagli artigli.
“Ma che...?!” Ryan si guardava attorno, non voleva che qualcosa potesse crollargli addosso.
Il terremoto terminò, e nelle orecchie dei ragazzi un solo sibilo, oltre agli antifurto delle automobili. Poi una voce familiare.
“Ryan! Lascia stare Rachel!”
Quella spalancò gli occhi. Sul guscio di Torterra, Zack sostava in piedi, tronfio, e Mia si manteneva al grosso albero su di esso.
“Zack!” esclamò Rachel.
Lui saltò giù dal suo Pokémon, e corse a stringere Rachel.
Ryan ribollì vedendo i loro sguardi incrociarsi.
“Recket...” digrignò i denti.
“Sei ancora qui?!” urlò Zack, nei confronti del ragazzo dagli occhi rossi.
“Tyranitar, ferma questa tempesta. Devo parlare col giovanotto...”
“Abbiamo quasi la stessa età...”
“Si. Ma non in testa. Lì non sei maturo. Lì sei solo un poppante che gioca a fare il campione di Adamanta”
“Se permetti è un po’ più di un gioco. Ho combattuto contro i migliori allenatori della regione per avere quel titolo”
“Ed oggi perderai contro di me. Guarda un po’ che strana la vita...”
“Non resta che vedere”
Tyranitar si rimise in piedi, e ruggì. Mia rabbrividì e scese da Torterra, per raggiungere Zack e Rachel. Strinse la ragazza.
“Rachel! Stai bene, che sollievo”
“Mia... come stai?”
“Bene, ma ci hai fatto preoccupare”
“Novità sul cristallo?”
“Niente di niente... ma non credo sia il momento per parlarne...” disse quella. Rachel guardò la ragazza. Mia, l’oracolo. Al collo aveva il ciondolo di Zack. Dovevano proteggerla.
“Torterra! Usa Radicalbero!”
“No, Recket! Non stavolta!”
Le radici di Torterra presero la via di Tyranitar. Quello continuava a ruggire, sembrava Godzilla.
“Tyranitar! Iperraggio!”
Dalla sua bocca partì un puntino luminoso cominciava ad ingrandirsi sempre di più. L’energia che accumulava si accresceva secondo dopo secondo fino a quando prese la forma di una sfera abbastanza ampia.
“Ora!”
Tyranitar piantò bene i piedi per terra, e lasciò partire l’attacco. Una forte luce si espanse inizialmente, costringendo i presenti a chiudere gli occhi per un momento.
Zack fu in grado di vedere la radici di Torterra venire spazzate via dall’attacco. L’Iperraggio si stava dirigendo verso Torterra.
“Torterra, Ritirata!”
Quello rientrò nel guscio, ma sobbalzò quando sentì l’attacco colpire forte il guscio. Ruggì.
Poi finì, e Tyranitar sospirava forte.
“Torterra, Ora! Usa le liane per immobilizzarlo!”
Delle liane verdi, vive, andarono ad avviluppare il corpo del Pokémon mastodontico, che prese a ruggire, rabbioso, furioso.
Ma Ryan aveva la soluzione.
“Tyranitar! Usa Pietrataglio!”
Delle rocce comparvero dal nulla, e taglienti, liberarono Tyranitar da quella morsa.
“Non demordiamo, Torterra! Usa Verdebufera!”
Un vento, colorato di verde dalle foglie e dai detriti si abbattè su Tyranitar.
Quello ruggì forte, l’attacco lo stava colpendo in pieno.
“No! Reagiamo! Usa Terrempesta!”
“Ora, Torterra! Terremoto!”
E mentre i primi granelli di sabbia svolazzavano all’interno della bufera verde, Torterra fece aprire di nuovo la terra sotto i piedi di Tyranitar, che cadendo, con la coda distrusse vari alberi e parte dello steccato.
“No, Ryan! L’albero di papà!” urlò Rachel.
Quello non se ne curò, ma sobbalzò all’enorme rumore provocato dalla caduta di Tyranitar.
Del suo Tyranitar.
Del suo Tyranitar fuori combattimento.
“No! No! Recket, maledetto! Dannazione!” Ryan sembrava fuori di sé. Gli occhi colmi di lacrime, mentre Rachel si avvicinò a Zack, prendendogli la mano.
Quel gesto a Ryan bruciò come un marchio a fuoco.
“Sparisci!” urlò Zack.
“Non è finita qui” fece l’altro, con calma apparentemente piatta, e schioccò le dita. Da dietro la casa si alzò d’improvviso un silenziosissimo elicottero cargo, di quelli in dotazione all’esercito. Tutti rimasero scioccati alla vista del mezzo.
“Ma cosa...?” Rachel si strinse a Zack, e d’improvviso un urlo li fece saltare di nuovo.
“Mia!” urlò Zack.
La donna di colore con i dread che videro a Plamenia aveva messo un panno con del cloroformio sotto il naso di Mia, che aveva cercato di reagire, prendendo una Poké Ball, ma le energie la abbandonarono.
Fu un attimo. Salirono sull’elicottero e scomparvero.
Lasciando Zack e Rachel davanti alla staccionata rotta.

Un senso di vuoto rapì i ragazzi, mentre l’elicottero dell’Omega Group scappava via. Zack aveva negli occhi ancora il volto spaventato di Mia, le sue lacrime, vedeva le mani di uno dei ceffi metterle una benda alla bocca e trascinarsela via.
Strinse i pugni, quindi sospirò. Lasciò uscire tanta brutta rabbia, che in realtà era solo anidride carbonica.
Riviveva quei momenti, riviveva quella strane fasi della battaglia, ed ancora Emily saltò nella sua testa, decidendo di ballargli un tip tap sulla fronte.
Mia ed Emily. E Rachel. Si prendeva tutte le responsabilità, di ogni cosa.
Avrebbe dovuto stare più attento, avrebbe dovuto mettere Mia al sicuro, prima di salvaguardare sé stesso e Rachel, che bene o male aveva dei Pokémon e se la stava cavando.

Quando però si accorse davvero di quello che era successo, la desolazione lo prese per mano, bastonandogli le gambe, e facendolo inginocchiare per terra.
Rachel guardava Zack, pochi passi accanto a lui. Lo vedeva piangere, ma senza produrre un solo rumore che fosse più forte del suo respiro.
“Zack...” in quel momento non le veniva in mente alcuna frase di circostanza. L’unica cosa che trovò giusto, fu avvicinarsi e tendergli una mano.
Zack la guardò. Guardò gli occhi lucidi di quella, guardò le sue labbra, i suoi capelli lunghi, la sua mano piccola e poco curata. Non era una mano. Era un’ancora, una scaletta di salvataggio.
Rachel gli stava offrendo un attimo di salvezza in quella folle corsa contro il destino.
E prendersi la responsabilità di rimettere tutto a posto era da corsia di centro d’igiene mentale.
Ma Zack era un supereroe, doveva farlo.
Era il campione. Adamanta era la sua terra, e non poteva permettere che qualcuno ci lasciasse le penne. Non era per niente il caso.
Allungò la mano, ed afferrò quella di Rachel. Si alzò, e la tirò al suo petto, aprendo i boccaporti delle lacrime, e piangendo insieme come due cretini.
“Mi spiace, Rachel! Non volevo che succedesse tutto questo!” Zack la strinse al petto, mentre lei faceva di tutto per mostrarsi forte, e non far pendere su di lui anche la responsabilità di farla sentire meglio.
“Non...non preoccuparti. Sistemeremo tutto”
“Torna con me. Torna con noi. Mia ha bisogno di noi”
“Si. Tranquillo, partiremo di nuovo insieme, domani, ed andremo a salvare Mia” tra le lacrime e lunghi sospiri, che mantenevano il pianto legato con le funi, i due si rialzarono a vicenda.
Ma quell’abbraccio non stentava a diminuire.
“Mi sei mancata” disse lui, sembrando un ragazzino.
Rachel non potè far altro che sorridere. “Anche tu”
“Perchè sei scappata?”
“Che ne dici se entriamo dentro e ci sediamo comodi? Starei più tranquilla, e mi rilasserei un attimo”
“Si. Oh, guarda...” Zack lasciò dalla stretta Rachel, e fece qualche passo. “Questo è il Metang di Mia”. Raccolse una Pokéball, nascosta nell’erba incolta e bruciata dal freddo della casa della ragazza.
“Oh...e che dovremo farci?”

“Io ho già sei Pokémon, ora. Mantienilo tu, quando andremo da lei glielo ridarai”
“Va bene”
Ed insieme, Rachel e Zack entrarono nella casa della ragazza. I Pokémon giravano per casa tranquilli.
“Perché sono liberi?” chiese il ragazzo.
“Avevo paura...ero da sola, e volevo protezione”
“Hai fatto bene. Ma non dovevi scappare...com’è grosso questo Carracosta!”
Rachel rise, tra le lacrime. “Si. È di Rupert, il capopalestra di Edesea”
“Sul serio?!”
“Si. Ci siamo incontrati a Solarea, ieri. C’erano anche Milla ed uno dei Superquattro”
“Mi stai prendendo in giro?”
“No! Abbiamo salvato Solarea da un maremoto...”
“Ho visto...al telegiornale”
“Conosci i capipalestra?”
“Molto bene. Sembra quasi che tutti rispondano a me...” sorrise ancora leggermente Zack.
“Come mai Mister Kendrick sta zitto?”
“Non ne ho idea. Ginger dice che fa parte del suo personaggio”
“Chi è Ginger?”
“Un’altra dei Superquattro”
“E serve a qualcosa essere un personaggio?”
“Non proprio. Ma i Superquattro ad Adamanta sono persone che non bisogna far arrabbiare, quindi meglio lasciarli fare come vogliono” sorrise lui, ricordandosi delle sue sfide prima di diventare il campione.
I due si sedettero sul divano, l’uno a destra e l’altro a sinistra. Rachel levò le scarpe, e stese i piedi sulle gambe di Zack.
“Perché piangevi, prima?” domandò la ragazza.
Zack non voleva parlarne. Si limitò a tornare cupo e a spostare lo sguardo verso la finestra.
“Ti prego...dimmi chi sei. Dimmi che hai fatto, dimmi cosa sei diventato e come ci sei riuscito...basta con i segreti”
La predica della moretta suonò quasi come una lamentela.
Zack guardò ancora Rachel, le lacrime adornavano il suo viso nuovamente, mentre i ricordi lo assalivano, gli tiravano i capelli, gli mettevano le mani al collo e stringevano.
“Zack...”
“Io ho ucciso una ragazza”
Rachel sbiancò. Tirò i piedi dalle gambe di Zack e lo guardò impaurita. Zorua d’improvviso fece uno scatto, ed analizzò la situazione. Il suo istinto non gli imponeva di ringhiare contro Zack. Ma sentiva Rachel impaurita.
Non sapeva perché, ma Rachel un po’ se lo sentiva che Zack nascondesse un segreto del genere. Per un attimo inorridì. Aveva dormito nella stessa tenda con un assassino.
“Davvero?”
“Si...”
“Sei pericoloso? Hai problemi mentali?”
“No. Sono una persona normalissima”
“E...” Rachel si rilassò sensibilmente. “...come? Quando?”
“Diversi anni fa. Ero ad Hoenn, nella torre dei cieli. Lì con me c’era...”
“Emily White” lo anticipò lei.
“...Emily White. Era una ragazza meravigliosa, ed io la amavo”
“Eravate fidanzati?”
“No. Era una ragazza incredibile. L’estroversione in persona...era bellissima”
Rachel guardava Zack fissare il vuoto, davanti a sé, come se vivesse davanti a sé le immagini di quella ragazza.
“E poi?”
“E poi eravamo nella Torre dei Cieli...ad Hoenn”
“E cos’è?”
“Il luogo dei miei incubi, Rachel. Io...io sapevo che lei si sarebbe messa in pericolo...ma...”
“Zack. Calmati”
La voce distesa di Rachel impose al ragazzo di guardarla. “Spiegami” aggiunse poi.
Il pavimento della torre era molto malandato. Absol mi aiutava a capire quando succedeva qualcosa. Contavo su di lui per capire quali parti del pavimento calpestare o meno, ma Emily non si fidava di nulla che non fosse il suo istinto”
“E tu come l’avresti uccisa?”
Zack la guardò. Era spaventata a morte, la voce a testimoniare la tensione che c’era nell’aria.
Una lacrima fuggì poi dalla morsa delle ciglia di Zack.
“Absol non sbaglia. Absol non sbaglia mai”
“E quindi?! Zack!” Rachel lo prese per le spalle e lo scosse.
“E quindi dovevo impedirle di camminare dove sapevo che il pavimento sarebbe crollato!” rispose lui, a tono, facendo sbiancare Rachel. Quella si bloccò immediatamente, inginocchiata sul divano, pochi centimetri da lui, totalmente immobile.
“Cioè...tu non le hai fatto del male?”
“Dovevo fermarla, Rachel”
“Ma l’hai avvertita?”
“Certo! Ma avrei dovuto insistere, Rachel! Ed ora lei non è più qui!”
“...Zack...” Rachel sospirò, levandosi un macigno enorme dallo stomaco. Aveva davvero pensato che Zack potesse essere stato un assassino. “...mi hai fatto credere che fossi stato tu ad uccidere Emily...”
“Ed infatti è così”
“No, Zack. Non è così” Rachel sorrise dolcemente, e carezzò Zack sulla guancia. Lui si voltò verso di lei.
“Perché dici così?”
“Perché tu hai fatto quello che dovevi. Se mi puntassi una pistola alla tempia, e tu mi dicessi che sparando morirei, e poi mi sparassi, di chi sarebbe la colpa della mia morte? Mia, che ho premuto il grilletto, o tua, che non hai fatto niente?”
“Appunto, Rachel...non ho fatto niente”
“Non massacrarti più. Non piangere più sul latte versato. Ora...”
E fu quello il momento in cui Zack la strinse tra le sue braccia, strappandole un altro sorriso.
“...dicevo, ora dobbiamo concentrarci su Mia. E dobbiamo chiedere ad Alma come parlare con Arceus”
“Già...”
“Stai meglio?”
“Beh...sempre uno straccio. Ma un po’ meglio...”
“Non puoi vivere tenendoti tutto dentro. Io ti voglio bene, ti sono amica. Con me puoi confidarti...”
Zack lasciò la presa dall’abbraccio, in modo da vedere gli occhi di quella.
“...con me puoi parlare di tutto”
E se Emily fosse stato solamente un capitolo della sua vita, e non l’atto conclusivo della pace della sua anima? E se l’atto conclusivo fosse stata invece Rachel?
Questo ed altri quesiti si contrapponevano nella sua mente, alternando ricordi crudi e macabri ad immagini dolci e costruttive. La confusione lo stava attanagliando, ma si rese conto che le parole di Rachel funsero da ammortizzante per i suoi sensi di colpa.
Dentro aveva ancora tanto peso da reggere, certo. Ma sentiva che qualcuno stava lavorando per alleggerirlo.
Rachel.
Quella ragazza, che in quel momento le sembrava così bella. Così dolce, così comprensiva.
Con quegli occhi blu.
E quelle labbra.
“Grazie” disse lui, prendendole le mani. Poi Zack si avvicinò a lei, e lentamente poggiò le labbra sulle sue.


Rachel spalancò gli occhi per un attimo, poi li richiuse, toccando rapidamente il paradiso ed il fondo del baratro. Non riusciva a dare un nome esatto a quelle emozioni ambigue che nascevano in quel momento nella zona incerta che sta tra i polmoni e lo stomaco, fatto stava che sentiva la mani di Zack stringere le sue, carezzare le sue labbra con le proprie, entrare debolmente in lei con un soffio, un alito di speranza.
Speranza di vita. Speranza di cambiamento.
Quel bacio terminò infiniti secondi dopo, ed i loro occhi si riaprirono.
Nessuna parola, né niente.
I loro cuori battevano all’unisono, e martellavano nei petti, trascinando i loro respiri incatenati, impossibilitati a lasciare quel luogo magico.
Quel luogo mistico.
Zack le guardò il volto. Un piccolo sorriso spuntò fuori dal nulla, mentre le guance avevano preso lo strano colorito roseo che di tanto in tanto vedeva quando aveva freddo.
Si specchiò negli occhi azzurri di quella, e vide nuova linfa, nuova vita, nuova speranza.
Crescere, diventare grandi.
E quella volta Zack riuscì a vedere il suo futuro negli occhi di qualcun altro.
Rachel si sentiva strana. Quel bacio aveva scombussolato tutti i suoi pensieri, e le sue sicurezze.
Ora si chiedeva chi aveva davanti.
Zack. Il bellissimo ragazzo dagli occhi verdi e dal torbido passato.
“Zack...”
“Shh...” quello la zittì, mettendole l’indice sulla bocca. Si avvicinò ancora, e la baciò nuovamente, stringendola ancora a sé.
Sì, stava per succedere. Il calore aumentava sempre di più, come se un fuoco divampasse proprio davanti ai loro volti. Zack la spinse, lei cadde sotto di lui, stesa sul divano.
Lui le sciolse i capelli, legati sulla testa, che si riversarono sul divano come raggi di sole. Il profumo di Rachel catturava Zack e lo costringeva a restare li. Le mani della ragazza cercarono le braccia forti di lui e diventarono strumenti di avanscoperta, per conoscere e meglio comprendere la morfologia di quei corpi ancora poco maturi.
Zack la carezzò, ovunque, la spogliò, poi salirono di sopra, e fecero l’amore.

Ryan era appena rientrato nella base dell’Omega Group. Non sapeva cosa fosse successo a Mia, né aveva intenzione di saperlo.
L’ennesima sconfitta subita contro Zackary Recket bruciava come un marchio a fuoco.

“Ora ha anche Rachel...” disse sottovoce, come se sussurrasse alle ombre della sua stanza.
Nonostante avesse messo in conto di poter perdere di nuovo, non pensava che Rachel accettasse di riabbracciare il ragazzo da cui era fuggita.
Sospiri e sbuffi si alternavano, mentre la pazienza, piccola porzione di una personalità ormai stracciata dai dubbi e dalle ingiustizie, diminuiva sempre più.
Tutto era immobile lì, tutto era così anonimo da far risaltare solo lui.
Si spogliò velocemente, e si lavò. Si godette l’acqua. Era calda, e fuori faceva freddo. Gli piaceva quando poi sarebbe uscito dalla cabina della doccia e tutto il vapore sarebbe rimasto nel bagno, quasi ci fosse stata nebbia.
E poi no, non vide Rachel. Almeno non come l’altra volta.
Non nuda.
E non stavano per baciarsi.
La rivide solo nei suoi pensieri, e capì quanto alta fosse la voglia di stringerla. E di baciarle il collo.
No.
Non doveva pensarci. Scosse la testa, e spazzò via questi pensieri.
“È mia sorella, porca puttana!” urlò, come per far capire alla sua testa che non doveva più fare pensieri del genere.
E sembrava quasi di averla convinta.
Sospirò, quando l’acqua prese a scivolare dietro la sua schiena, donandogli sensazioni simili a brividi.
Tremori.
L’ansia cominciò a crescere d’improvviso, e la rabbia lo assalì vandala.
“Cazzo!” urlava lui. “No! Cazzo, no!”
La sua voce rimbombava nel bagno e terminò con un sibilo. “No!”
Rachel e Zack ora erano insieme di nuovo. Ricordava lo sguardo che i due si erano dati, la sorpresa della ragazza quando il Campione era venuto a salvarla, le loro mani che si toccavano.
Chiuse l’acqua, e grondante, infilò l’accappatoio. Uscì fuori, nella stanza. Voleva stendersi sul letto, e farsi una dormita degna di questo nome. Ma aperta la porta del bagno sobbalzò.
Zack e Rachel.
Zack e Rachel erano lì, davanti ai suoi occhi.
Zack e Rachel erano lì, davanti ai suoi occhi, e lui stava profanando la sua purezza.
Stavano facendo sesso.
Era troppo.
Ryan urlò di rabbia, quasi stesse per partorire l’anima, strappò la lampada dalla presa e la lanciò su quei due.
La lampada esplose, ed il letto prese fuoco rapidamente. Le fiamme non arrossivano ulteriormente gli occhi di quello, già pieni di ira e di lacrime.
Il fumo raggiunse in sensori antincendio, e le bocchette dell’acqua presero a spruzzare il prezioso liquido ovunque, infradiciando ancora il ragazzo.
Almeno così le sue lacrime sarebbero passate inosservate.

Il mattino arrivò forse troppo in fretta. Il sole entrò a svegliare Zack. Non si mosse, si godeva quel torpore piacevole, e quella sensazione di rilassatezza che viveva addosso ogni qualvolta finiva di fare del sesso.
Si corresse da solo, pensando. Era amore, non sesso.
L’amore lo si fa con sentimento. Il sesso serve unicamente a svuotarsi dagli ormoni in eccesso.
Poi sospirò, godendosi quell’aria frizzantina nei polmoni. Il Natale era davvero vicino. Era il 21 Dicembre, ed intanto il mondo stava per finire.
Grazie per il regalo, Arceus.
Non aveva mai provato una simile pulsione verso un’altra persona. Nemmeno per Emily.
Non le era mai saltato addosso in quel modo, e non aveva mai desiderato stringerla così.
Mosse il braccio destro, carezzando la testa di Rachel. I capelli scarmigliati di quella emanavano un profumo assurdo.
Riguardava davanti ai suoi occhi tutte le scene di quella notte, eppure ricordava con nitidezza solo quelle in cui c’erano gli occhi della bella.
Che begli occhi...
Era davvero bella. E lei che non aveva mai fatto nulla per aiutare la sua bellezza era una sciocca. Come una gemma che si rifiuta di diventare un fiore, di aprire i suoi petali.
Zorua era sul letto, tranquillo, appallottolato ai suoi piedi. Zack sorrise, immaginandolo lì anche in momenti meno opportuni.
Sapeva che per Rachel fosse la prima volta, ma non sembrò avere alcun peso, quella faccenda. Ognuno faceva quello che faceva per il piacere dell’altro, per regalare all’altro un sorriso, un attimo di gioia e di distrazione da quella brutta situazione.
“...buongiorno...” fece Rachel, muovendosi lentamente. Alzò gli occhi, e vide Zack, mentre la osservava. Osservava il suo corpo, i suoi movimenti, i suoi respiri.
“Ciao, Rachel. Buongiorno”
“Dormito bene?”
“Si. Accanto a te non ho avuto incubi”
Rachel sorrise, poi si voltò a pancia sotto, per guardarlo meglio. “Che cosa strana...”
“No. Sapevo fin dal primo momento che tu mi avresti cambiato la vita”
Un sorriso timido comparve sul volto della ragazza. Zack si avvicinò e la baciò ancora. Nessuno dei due si capacitava del fatto che stesse accadendo quella cosa, sul serio.
Accadeva e basta. Come lo scorrere del tempo, o un battito di ciglia.
Non ci andavano a riflettere più di tanto.
“Ho bisogno di usare il bagno...” fece lei, tirandosi la coperta, ed avvolgendosela alla vita. Pratica che da sempre Zack aveva ritenuto inutile. Che senso ha coprire ciò che è già stato visto scoperto?
Rachel si alzò ed andò in bagno, seguita da Zorua, e Zack si stese ancora, affondando nei cuscini del letto dei genitori di Rachel.
Il letto cominciò ad inclinarsi, come quando qualcuno si siede ai piedi del letto. Zorua forse si era svegliato, e si era alzato in piedi. (non cancellare questa parte)
“No... Zorua è con Rachel...” ragionò ad alta voce.
Alzò la testa, ma gli occhi incontrarono i raggi del sole a combatterli con tenacia. Mano sulla fronte e problema risolto. Bolle di luce fluttuavano qua e là, e forse era il sonno a suggestionarlo in quel modo.
Ma non si sarebbe mai sbagliato nel vedere il suo volto.
Nel riconoscerlo.
“Emily...” Zack inclinò la testa, per vedere meglio.
Quella sorrise, e si mosse verso di lui, gattonando. Aveva indosso i vestiti che portava il giorno del disastro.
Zack spalancò gli occhi.
“No... Emily!”
Quella sorrise di nuovo, accovacciandosi lì.
“Rachel! Corri, Rachel! Non è morta!”
Allarmata, la ragazza tornò correndo dal bagno, e vide Zack, con gli occhi spalancati, a fissare un punto indefinito.
“Zack! Che succede?!”
“Emily! Emily è qui!”
“Dove?!”
“Come dove?! Sul letto! Rachel, Emily è sul letto!”
Rachel allora sospirò, calmandosi. Si avvicinò a Zack, e gli baciò la guancia.
“No, Zack. Non è Emily”
“Ma è qui. È davanti a me”
“Zorua ti ha ingannato...”
“Zorua... Zorua cosa?!”
La mano di Rachel passò apposta sul petto di quello. Il cuore batteva come un metronomo impazzito. Era letteralmente agitato.
“Zorua è piccolo, ma è molto abile nell’usare l’illusione. Io lo vedo come un bambino. Tu lo hai visto come Emily, perché sfrutta le nostre debolezze”
“Cosa?”
“Può sembrarti cattiva come cosa...ma non lo fa neanche apposta. È semplicemente il suo modo di allenarsi, e di passare il tempo”
“Emily non è qui?”
“No. Questo è Zorua”
Zack si avvicinò lentamente, con la mano. Anche Emily faceva lo stesso.
“Lei è qui...”
“No”
Tutto prese a muoversi a scatti. Rachel prese Zorua in braccio, poi cominciò a morderla, e lei urlò forte.

Zack gridò come un forsennato, facendo sussultare Rachel al suo fianco.
Entrambi nudi, entrambi nel letto dei genitori di lei, nella sua casa. Avevano finito da poco di fare l’amore.
“Zack?! Zack, che succede?!”
“Rachel! Stai bene?!”
“Si... sì, che sto bene... anzi no, mi stavi facendo venire un attacco di cuore...”
“Scusami...” ansimava quello.
“Calmati. Hai fatto solo un incubo...”
Zack alzò gli occhi, mentre vedeva il ciuffo rosso di Zorua illuminato dalla luna, mentre dormiva.
Il ragazzo si voltò a guardare l’orologio.
5 : 24.
“Torniamo a dormire, che domani abbiamo tanto da fare... Timea ci aspetta” sospirò Rachel, stringendolo al suo petto, sperando di regalargli un po’ di sicurezza nella morbidezza dei suoi seni.


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Ciao ragazzi! Finalmente è arrivato il momento di leggere come va a finire l'avventura, ambientata nel recente passato di Zack, in cui sfida la Lega Pokémon di Adamanta. Come semrpe troverete tutte le informazioni sui nostri blog ed altro sulla pagina Facebook Pokémon Adventures ITA , dove DOVETE passare! Troverete di tutto! Martedì prossimo uscirà il nuovo capitolo del manga di Pokémon Back To the Origins! Non mancate! Andy $ Ok. L’ultima porta era stata chiusa. Ora l’unica cosa da fare era calmarsi un attimo e rilassarsi. Quella giornata aveva regalato fin troppe emozioni. Una piccola anticamera buia, poco illuminata, precedeva un lungo corridoio, che si concludeva con un’enorme porta dorata. Zack decise di tirar fuori tutti i suoi Pokémon. Gyarados, Torterra, Lucario, Braviary ed Absol. E Growlithe, naturalmente. Tutti lì, tutti fermi, tutti in   ansia, tutti in attesa che qualcosa fosse accaduto. Aspettavano che le parole uscissero dalla bocca di ...

Frammenti - Shot 1 - Levyan

Frammenti - Orizzonte Frammenti. Deboli soffi di vita nella violenta tempesta che è l’esistenza. A volte destinati a sparire, a volte pronti a moltiplicare. Come un soffio di vento trasporta il polline che andrà a fecondare un'altra pianta dalla quale nascerà la vita, alcuni momenti, per quanto brevi, danno il via a qualcos’altro, qualcosa di più grande.   L’aria era fredda, il gelido inverno era alle porte e i sempreverdi costellavano i boschi innevati che circondavano la cittadina di Nevepoli. Quell’anno, le grandi nevicate erano arrivate prima e già, il ventesimo giorno di dicembre, i fiocchi di neve scendevano copiosi sui tetti della città. Lo spettacolo che davano quelle minuscole e complesse opere d’arte di cristalli di ghiaccio, passando di notte sotto la luce dei lampioni per poi andare a posarsi a terra sciogliendosi, era qualcosa di meravigliosamente inquietante. Un gelido calore pervadeva le strade, ridotte ormai a soffici torrenti di neve. Nell’attimo...