Halloween, gente, Halloween! Stasera uno speciale!
Seguite tutte le novità su Pokémon Adventures ITA! Vi aspettiamo con le nuove uscite del manga di Back to the Origins! A martedì!
Andy $
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Andy $
Sì, la notte è bella.
Silenziosa, piena di angoli per nascondere i difetti nel buio, per lasciare che
sia soltanto la luna ad illuminare tutto.
La notte.
Omaggiata dai migliori
poeti, suonata dai cantautori di mille paesi, sognata dagli amanti di tutto il
mondo.
Poetica, innamorata,
stanca e riposata, viva e spenta contemporaneamente.
Ma poi...poi c’è il
rovescio della medaglia, perché tutto ha due facce.
E mentre la prima faccia
della notte la mostra graziosa, la seconda ti pone una domanda.
Cosa si
nasconde sotto al tuo letto?
Mike e Lizzy
erano un po’ alticci. Quella sera Johnny Preston aveva dato un party a casa
sua, e quando Johnny Preston dava un party a casa sua, l’alcool scorreva a fiumi.
E Mike e
Lizzy vi si erano tuffati dentro senza né salvagente ne costume.
Ed in
effetti erano rimasti seminudi, perché in quella notte d’ottobre, in quella calda
notte d’ottobre, in quel di Violapoli, Mike non aveva la maglietta, e Lizzy le
mutande.
Cercavano un
posto per appartarsi, e Mike correva, perché la gonnellina a balze di Lizzy gli
sembrava avesse un timer di chiusura.
“Presto”
faceva lui, camminando con la maglietta in mano molto frettolosamente, e
tirando con l’altra mano la sua fidanzatina, che rideva come un ebete ogni
qualvolta inciampava sulla pavimentazione a mattonelle di Violapoli.
Qualche
sporadico lampione illuminava qua e là il paese, che a quell’ora, e con i suoi
tetti di quello strano viola, pareva macabro.
Sangue,
pensava Mike.
E poi Lizzy
gli diceva che pensava troppo.
Superò il
centro Pokémon, dove un debole bagliore proveniente dai neon fuoriusciva dalle
finestre, colorando di bianco i pochi centimetri in cui la luce usciva ed
evadeva da quel posto.
Lizzy aveva
sempre pensato fosse macabro.
Infatti non
possedeva Pokémon. Le facevano un po’ impressione.
Un piccolo
lamento si levò dall’interno del centro Pokémon, ma i due non ci fecero
attenzione, continuando la loro marcia solitaria.
Superarono
di conseguenza anche la casa di Tim, lo scontento, lo scemo del villaggio.
Mike non
riusciva a credere che fosse disposto a cedere un Onix in cambio di un
Bellsprout.
Un
Bellsprout.
Quella città
venerava un Pokémon assurdamente brutto.
Bastò voltare
il capo di poco, infatti, per vedere la Torre Sprout pendere su Violapoli,
incombente.
“Tsk...Bellsprout”
“Che
problemi hai con i Bellsprout?!” chiese Lizzy, frivola ed oca.
“Tu odi i
Pokémon più di me, silenzio”
“Oh, ma
dai...dove stiamo andando?” chiese quella, spostandosi i capelli dal volto. Era
sudaticcia, l’alcool le faceva questo effetto.
Ma non
pensava minimamente di aver esagerato con la sangria.
No. La
sangria era buona.
Superarono
il varco per uscire da Violapoli, immettendosi nel Percorso 31, e si gettarono
nell’erba alta.
Forse era un
po’ pericoloso, ok, ma Mike aveva con se il suo Croconaw, e non temeva nulla. E
poi in quel momento non era nel pieno delle facoltà mentali.
Quindi non
ragionava con il cervello.
Lui la
strinse, spostandole di nuovo i capelli dal volto, e la baciò, per poi
tirarsela a sé e buttandosi nell’erba.
Sentirono un
lieve fruscio, i Pokémon selvatici che fuggivano, niente di cui temere, erano
solo Weedle e Caterpie. E Bellsprout. Quegli odiosi Bellsprout.
Lui la
baciò, poi scese, carezzandole il collo con le labbra. Il calore aumentava, ed
i due si univano in un abbraccio di passione, quando qualcosa fece fermare
Mike.
Un fruscio
dell’erba.
Un fruscio
continuato.
“Che
succede?” chiese Lizzy, sgranando gli occhi azzurri luminosi.
“Niente...tranquilla,
niente”
Ma un altro
fruscio mise Lizzy sugli attenti. Aveva già sentito parlare di quei maniaci
sessuali che approfittavano della distrazione delle coppiette appartate per
fargli del male.
“Mike...andiamo
via”
“Non preoccuparti...non è niente”
Ma Mike sapeva di mentire a sé stesso, e cercava di mantenere la calma. Dovevano allontanarsi di lì.
“Non preoccuparti...non è niente”
Ma Mike sapeva di mentire a sé stesso, e cercava di mantenere la calma. Dovevano allontanarsi di lì.
Era
intimorito da quello strano luccichio tra gli alberi.
Il sudore
grondava dal suo volto, gli addominali lucidi rimbalzavano la luce della luna
come fossero uno specchio. Sgranò gli occhi, quel bagliore non c’era.
Era solo
frutto della sua immaginazione.
Chiuse gli
occhi ancora, per accertarsene. Non c’era nulla.
Lo fece di
nuovo, non si era mai troppo sicuri. Ora c’era.
E poi scosse
la testa ancora.
Non c’era.
“Stupida
fantasia. Andiamo via” fece lui, rinfilandosi i pantaloni con calma.
Un soffio di
vento si levò, facendo venire i brividi ai due.
“Ho
freddo...” disse lei.
“Andiamo a
riscaldarci, tranquilla. Ma in un altro posto. Qui non...” lo sguardo ancora
sugli alberi. La luce c’era.
Gli riuscì
così difficile deglutire che gli parve di aver ingoiato sabbia. “...non sono
tranquillo” fece ancora, mentre una gocciolina di sudore cadde lenta fino a
raggiungere lo zigomo.
“Che
succede?!” si allarmò Lizzy. Lo sguardo spiritato di Mike la inquietava.
Il volto del
ragazzo era impietrito.
Il bagliore
c’era. Lo vedeva. E si avvicinava. Il rumore del vento si univa ad una sorta di
fischio, un sibilo.
E poi un
verso squarciò il silenzio.
Bastò poco.
Lizzy
strillò. Vide il pesante corpo di Mike, quell’ammasso massiccio di muscoli,
volare spinto da qualcosa, ed atterrare una decina di metri davanti a lei,
sbattendo contro un albero.
La paura la
paralizzò, ma lei fu in grado di sentire le urla di Mike, e lo strano rumore di
quella cosa. Poi quello della carne di Mike che si lacerava.
Infine c’era
solo odore di sangue. Ed una bellissima ragazza seminuda paralizzata nel prato
del Percorso 31.
Halloween Special
Capitolo uno
– Sto...
Lontano da
tutto, lontano da tutti. Una nuova vita. Una nuova vita.
Yellow era
davanti allo specchio, e si pettinava. I capelli biondi e lunghi erano
cresciuti, e stavolta non aveva intenzione di tenerli coperti.
Stavolta
tutti avrebbero dovuto vedere che era una donna.
Le delusioni
del passato le bruciavano cocenti sulla pelle, come se ci fosse qualcuno a
sussurrarle nell’orecchio quanto vicina fosse stata a tenere il suo amore per
mano.
Ma così non
era.
Era solo la
sua mente, malvagia, a fare tutto questo.
Uscì dal
bagno in mutande e reggiseno, e si vestì. Quel giorno, come gli altri giorni di
quell’Ottobre stranamente caldo del resto, era molto soleggiato.
Un’occasione
unica per allenare i suoi Pokémon, dato che si era data come obiettivo la
vittoria della Lega Pokémon. Tante cose erano cambiate, da quei giorni matti,
quelli in cui assieme a Red e Green, senza dimenticarsi della sgualdrina, di
Blue, avevano sconfitto il Team Rocket.
Ricordava.
Era una bambina
E adesso,
dalla sua casa di Fiorpescopoli, usciva una donna, piena di orgoglio e di amore
per sé stessa.
Non sarebbe
mai più stata messa in disparte, da nessuno.
Lasciò la
coda di cavallo a pendere alta, sulla sua testa, come una palla appesa ad una
corda, ed uscì di casa.
Sorrise. Si
piaceva. Non che fosse mai stata attaccata all’aspetto esteriore, anzi. Però
doveva ammettere che con un po’ d’impegno, forse, sarebbe stata più bella di
Blue. Forse.
I capelli si
erano allungati, ora un paio di ciuffi pendevano ai lati del volto, e
scendevano lunghi. La frangetta che aveva davanti agli occhi aveva bisogno di una
regolata, ma per ora andava bene così. Quando avrebbe avuto tempo sarebbe
volata a Fiordoropoli, sarebbe andata a fare un taglietto. Piccolo. Ci teneva
ai capelli, lei.
Il volto si
era inspessito, cosa che succede a chiunque passi dall’essere una bambina a
diventare una donna, in tutti i sensi.
Il fisico
era maturato, e gli stava dando delle soddisfazioni. Alta, snella, con tutto al
posto giusto. La infastidivano, ma al contempo la riempivano di piacere quegli
sguardi increduli che i ragazzi le davano.
Gold la
tartassava. Si poteva dire quasi che venisse una volta al giorno a darle
fastidio, cercando il modo di corrompere la sua innocenza.
Senza
riuscirci.
In quel
momento l’obiettivo era la Lega Pokémon. Non a caso era scappata da Kanto. Lì
troppe scene, troppi ricordi, troppe situazioni gli riportavano alla mente lui.
E non voleva
più ricordare nulla.
Indossava
una blusa, stile marinaio, bianca con rifiniture gialle, e con i bordi alle
braccia di nero. La pancia scoperta ed un pantaloncino nero. A completare un
paio di stivali dello stesso colore. E poi un piccolo fiocco bianco.
Era pronta,
la borsa a tracolla attorno al corpo e via, pronti ad allenarsi.
I suoi
Pokémon erano cambiati. Certo, Chuchu era rimasta. Non avrebbe potuto respirare
senza la sua Pikachu. Ma per quanto riguardava gli altri, aveva preferito
lasciarli al Professor Oak, con la promessa malcelata e sussurrata che sarebbe
tornata a prenderli.
E lo avrebbe
fatto.
Quello che
stava facendo non era un tradimento, e non si era dimenticata dei suoi amici.
Stava semplicemente scrivendo un’altra pagina della sua vita, con altri
protagonisti ed altre situazioni, in un altro scenario.
Ora aveva un
Hoothoot. Ed uno Spinarak.
“Bene...”
aprì la porta di casa e vide Fiorpescopoli nel vivo del mercato della domenica.
Quel giorno, accanto al mare, i pescatori stavano vendendo tutta la merce che
quella notte le loro reti avevano tirato su. La folla accorreva festante, i
ragazzini giocavano con palloni colorati e con piccoli Pokémon.
Camminò
lentamente, superando il centro Pokémon e salutando Nuncius, un ragazzino che
viveva lì.
“Stamattina
Gold non s’è visto” disse lui.
“Grazie
piccolo” sorrise Yellow, carezzandogli la testa ed arruffandogli i capelli. La
ragazza proseguì camminando verso Violapoli lungo il Percorso 30. I soliti
allenatori che combattevano tra di loro, ormai la conoscevano e non le si
accostavano più.
Perdevano
sempre, aspettavano fosse lei a chiedere di lottare, sperando che non
accadesse.
Yellow si
guardò davanti, mentre stagni d’acqua limpida si alternavano a zone d’erba
alta.
Camminò,
allenando il suo Spinarak. Era un simpatico ragnetto verde, e sebbene non
avesse tutta questa simpatia per i ragni, il suo le piaceva.
Allenò i
Pokémon per qualche ora, poi decise che dovevano riposarsi, e siccome si
trovavano vicino Violapoli, avrebbe fatto una capatina al centro Pokémon per
mettere qualcosa sotto i denti e far riposare i suoi amici.
Passò dal
Percorso 30 al Percorso 31 e mise i piedi ancora nell’erba alta. Uno strano
odore aleggiava nell’aria, e sembrava viziarla.
Puzzava.
Camminava
lentamente, con la Poké Ball di Chuchu a portata di mano, dato che era il
Pokémon più esperto ed allenato.
Sentiva che
qualcosa stava per accadere.
E mentre
camminava, inciampò, finendo con la faccia nell’erba. Yellow lanciò un urlo,
quindi si rialzò. Si ripulì il volto dai fili verdi e quindi si voltò, per
maledire il sasso che l’aveva gettata per terra.
“Oddio!”
esclamò poi, lanciandosi parecchi metri indietro con un salto. Per terra
giaceva una ragazza, con gli occhi azzurri sbarrati, seminuda e tremante.
“Che diavolo
è successo?!” fece poi, avvicinandosi con cautela.
Quella era
distesa sul fianco, le braccia conserte ed il seno nudo a vista. Tremava, e non
si muoveva.
“Hey...”
Yellow si muoveva cauta. Aveva paura. “Hey... tutto bene?”
Quella era
immobile, ma il suo diaframma si muoveva.
Non era
morta. Era solo la brutta copia di un essere umano.
Yellow mosse
ancora un piccolo passo, mentre un soffio di vento l’attraverso, raffreddando
il calore che aveva accumulato allenandosi sotto al sole.
L’erba
scricchiolava sotto i suoi passi, quasi calpestasse dei pezzi di vetro, e fu
allora che quello si risvegliò, metaforicamente parlando.
Scattò, e
passò alla posizione seduta, noncurante del fatto che non avesse il reggiseno,
con le labbra che tremavano, come le dita delle mani, sporche per il terreno
che c’era in quella zona. Quasi subito aprì la bocca e prese una grossa boccata
d’aria, come se fosse stata in apnea per sei minuti, e quando espirò le labbra
si serrarono e gli occhi azzurri le si riempirono di lacrime, che colarono giù
nere, per via del mascara sciolto.
Yellow
doveva ragionare in fretta. La vedeva guardare un punto fisso davanti a lei, e
piangere come una bambina a cui avevano tolto un giocattolo da mano.
“Scusami... come
stai?”
Quella non parlava.
Quella non parlava.
Yellow
ragionò, doveva fare qualcosa per lei. E la prima che pensò fu quella di
coprirla. Girò un po’ nell’erba, e trovò i suoi intimi, la sua borsa e la sua
maglietta. Tutto fradicio.
“Ti hanno
stuprato?!” chiese Yellow. In effetti era un’ipotesi plausibile, seminuda in
mezzo all’erba. Ma quella continuava a piangere guardando dritto. Non guardava
altro.
Yellow aprì
la sua tracolla e ne tirò fuori un giubbino di jeans, lo mise sulle spalle
della ragazza, che continuava a comportarsi come se stesse guardando in diretta
tv lo sterminio della sua famiglia.
La puzza
aumentava mano a mano che si avvicinava alla ragazza. Le tese la mano, sperando
lei si accorgesse che voleva aiutarla.
Ma tutto ciò
che lei riusciva a fare era guardare
dritto, piangendo. E tremare.
Solo per
riflesso Yellow seguì il suo sguardo, e per la terza volta quel giorno urlò. Ma
stavolta di più. Stavolta era un urlo sovraumano quello che lanciò la bionda.
Pidgey e
Spearow si allontanarono dagli alberi, volando via.
Davanti ad
un albero c’erano i resti di un ragazzo.
Gli occhi di
quello erano sbarrati, ma spenti. Un grosso squarcio tra il collo e la spalla
scendeva lungo la clavicola in diagonale fino a recidere l’ombelico.
Il taglio
era netto, profondo, e pulito. Il sangue era sgorgato fin quando non era
finito.
Tutto
attorno a lui, insetti ed altri piccoli animali si cibavano dei suoi resti.
“Cazzo!
Cazzo!”
Yellow aveva fatto dieci passi indietro fino a raggiungere la siepi alle sue spalle.
Yellow aveva fatto dieci passi indietro fino a raggiungere la siepi alle sue spalle.
Pochi
istanti, ed un Pidgeot lanciò un grosso strillo. L’erba si mosse come se ad
atterrare fosse un elicottero, invece del Pokémon Uccello. Yellow pareva
spaventata.
“Vai
Chuchu!”
Era stato
quel Pidgeot a squartare quel ragazzo, ne era sicura Yellow.
Ma poi il
Pidgeot enorme sparì, rientrando nella sua sfera. Sfera che era mantenuta dalle
mani di Valerio.
Yellow diede
un sospiro di sollievo, e si inginocchiò, per recuperare le forze. La vista le
si era appannata.
“Chi è che
ha urlato?!” chiese allarmato Valerio.
Yellow lo
guardò. Era un ragazzo abbastanza giovane, non molto alto, e neanche piazzato.
Aveva una corporatura normale, ed i capelli blu, che pettinati in quel modo gli
nascondevano l’occhio destro.
“I-io...”
fece la ragazza.
Valerio le
si avvicinò, mantenendo sempre una debita distanza. Si girò, e guardò tutto.
Prima la ragazza pallida, poi il cadavere.
“Bene...c’è
un bel po’ da fare...” si avvicinò alla ragazza tremante e le si accasciò
davanti. Provò a metterle una mano sulla spalla, lei non si muoveva. A Valerio
parve di essere trasparente, almeno fino a quando il suo dito indice si
appoggiò sulla spalla di quella, che prese ad urlare in preda al terrore.
“No! Ti
prego no! Lasciami!”
Valerio ritrasse la mano velocemente, spaventato dalla reazione, e vi si allontanò.
Valerio ritrasse la mano velocemente, spaventato dalla reazione, e vi si allontanò.
“Ma che
succede?!” chiese poi spazientito verso Yellow.
“Io non lo
so! Stavo passando di qui per andare a Violapoli e d’improvviso mi sono trovata
a questa scena davanti!”
“Mi sembra
di conoscerti” osservò poi Valerio.
“Mi chiamo Yellow”
“Già ho sentito questo nome”
“Già ho sentito questo nome”
Yellow pensò
le parole E VORREI BEN VEDERE, HO SALVATO L’AMBARADAN PER BEN DUE VOLTE, quindi
sospirò.
“A ogni modo
io sono Valerio, commissario della polizia locale, nonché capopalestra di
Violapoli. E adesso devo riuscire a risolvere questo caso”
“Cosa è successo a quel ragazzo?”
“È quello che devo scoprire. Probabilmente la ragazza ha visto tutto, ma nelle condizioni in cui versa non sarà facile ottenere una deposizione. Devo analizzare bene la scena”
“Cosa è successo a quel ragazzo?”
“È quello che devo scoprire. Probabilmente la ragazza ha visto tutto, ma nelle condizioni in cui versa non sarà facile ottenere una deposizione. Devo analizzare bene la scena”
Yellow
ragionò. Si girò e guardò la ragazza. Non si era mossa di lì. L’aveva trovata
distesa per terra, con i piedi rivolti verso l’albero, seminuda.
“I due
probabilmente erano una coppia” disse poi.
“Da cosa lo
deduci?”
“Dal fatto che il giubbotto che ha addosso gliel’ho messo io, perché sopra non portava niente. E che il ragazzo morto, anche lui senza maglietta, sembra che stesse tentando di infilarsi alla bene e meglio i pantaloni, prima che quella cosa gli sia accaduta”
“Dal fatto che il giubbotto che ha addosso gliel’ho messo io, perché sopra non portava niente. E che il ragazzo morto, anche lui senza maglietta, sembra che stesse tentando di infilarsi alla bene e meglio i pantaloni, prima che quella cosa gli sia accaduta”
Valerio
annuì attentamente, poi si avvicinò al corpo esanime. Attorno al corpo c’erano
tracce di legno. Alzò gli occhi, l’albero presentava un’ammaccatura sul tronco.
“...proprio
dove manca la corteccia... il ragazzo è stato trascinato e spinto fino a qui.
Chi ha fatto questa cosa deve aver preso il ragazzo e averlo sbattuto con forza
immane all’albero. Gli esami ulteriori che farà il medico legale evidenzieranno
sicuramente questa cosa. Troveranno graffi e schegge di legno dietro la sua
schiena dovute all’impatto, ne sono certo”
L’analisi di
Valerio sembrava non fare una piega.
“Erano
qui... sicuramente, dov’era lei. A fare... a fare...” Yellow provava imbarazzo.
“Sì, hai
ragione. E qualcuno l’ha spinto qui, l’ha squartato e se n’è andato... ma
perché? E soprattutto, chi?!”
Yellow si
sistemò i vestiti e si pulì dall’erba rimasta, poi ragionò ancora. “Credo sia
un Pokémon. Questo ragazzo è enorme, e pesante. Non deve essere facile alzarlo
e trascinarlo con forza fino a farlo sbattere sull’albero. L’albero dista sette
metri dalla ragazza”
“La ragazza,
a proposito...portiamola in centrale e cerchiamo di fare un riconoscimento.
Magari amici e parenti ci potranno dire di più riguardo lei e la vittima”
Arrivarono a
Violapoli. Quella città era molto bella, e le foglie arancioni che cadevano
dagli alberi e volavano ovunque, volteggiando come delle nobili farfalle. La
pavimentazione curata era antica, e tutte le case possedevano dei tetti viola,
che donavano allegria e quant’altro. Il centro Pokémon aveva il tetto di un
rosso un po’ più scuro, un bordeaux. E poi c’era il laghetto, sormontato dal
ponticello che portava direttamente alla Torre Sprout.
La torre era
altissima, e sebbene sembrasse pendere verso destra, e poi verso sinistra, gli
abitanti erano tutti certi che questa non sarebbe mai caduta.
“E no, cara
mia” fu spiegato a Yellow da un vetusto ed anziano signore. “La leggenda narra
che il pilastro centrale attorno al quale è costruita la torre sia proprio il
corpo di un enorme Bellsprout. Le sue radici arrivano fino al lago, e si
nutrono dei sali minerali e di tutte le altre cose che servono ad una pianta”
Yellow
annuiva, ma non ci capiva poi molto. Non aveva molta voglia di ascoltare, quel
giorno.
La centrale
della polizia era proprio accanto alla palestra di Valerio.
Yellow e
quest’ultimo vi entrarono, e si sedettero. La ragazza era stata ricoverata al
centro Pokémon, dove il pronto soccorso le aveva somministrato dei
tranquillanti. La sua carnagione era rimasta sempre pallida, ma i suoi occhi si
erano riempiti di una vita che precedentemente sembrava essere stata smarrita.
Tutto
sommato non sembrava agitata, o forse era solo l’effetto dei tranquillanti.
La ragazza
era seduta ad un tavolo, mentre stringeva tra le mani un giubbino rosso,
appartenuto sicuramente al suo fidanzato, stretta nelle spalle e coperta dal
giubbino di Yellow.
“Devo
interrogarla” disse poi Valerio.
“Andiamo”
“Non puoi
entrare nella sala interrogatori. Non sei un poliziotto”
“Ma ho visto per prima il cadavere e la ragazza! Posso essere d’aiuto!”
“Non se ne parla, le regole sono regole”
“Ma ho visto per prima il cadavere e la ragazza! Posso essere d’aiuto!”
“Non se ne parla, le regole sono regole”
Valerio le
poggiò il palmo della mano sulla fronte quando lei provò a muoversi,
lasciandola da sola, e sbattendo la porta.
Yellow
sbuffò.
Quella cosa
l’aveva incuriosita più di quanto pensasse. E doveva sapere che cosa la ragazza
che stavano interrogando stesse per rivelare.
Dimenticò
per un attimo chi fosse, vestendosi dei panni di qualcun altro, comodi, che non
aveva mai messo. Aiutare nelle indagini la faceva sentire utile, la manteneva
viva.
Tuttavia gli
sviluppi erano dietro quella porta di legno nero.
“Uhm... Spinarak”
fece, facendolo uscire. Il ragnetto sibilò, poi salì su di una parete, e si
fermò.
“Sgattaiola
dentro, ed ascolta quello che Valerio dirà alla ragazza. E dopo mi dirai tutto,
ok?”
Spinarak aveva capito. Saltò per terra ed entrò nella sala interrogatori passando sotto la porta, quindi si sedette ed aspettò.
Spinarak aveva capito. Saltò per terra ed entrò nella sala interrogatori passando sotto la porta, quindi si sedette ed aspettò.
Pensò,
riflettè al fatto che avesse un potere straordinario. Il fatto di capire la
volontà dei Pokémon, i bisogni, le opinioni, era una cosa che la rendeva
speciale.
Speciale per
tutto il mondo.
Conosceva
solo un’altra persona in grado di farlo, e quello era Lance. Non a caso
entrambi erano originari del Bosco Smeraldo.
Forse quella
cosa era collegata... intanto arrovellava i propri pensieri attorno e ancora,
girandoci in tondo, mantenendoli per mano, sperando che il tempo passasse più
velocemente di quanto non avesse mai fatto.
Valerio
camminava attorno al tavolo degli interrogatori, poi si sedette. La ragazza era
evidentemente ancora sotto shock, ma sembrava capace di intendere e di volere.
“Ciao. Sono
Valerio, e mi sto occupando di quello che è successo a quel ragazzo... era il
tuo ragazzo, vero?”
Il silenzio che aveva inondato le orecchie dei due venne meno quando il respiro della ragazza cominciò a diventare dapprima greve, quindi spezzettato. Valerio vide le labbra di quella schiudersi, e la ragazza prese a respirare dalla bocca. Stava per avere un attacco di panico.
Il silenzio che aveva inondato le orecchie dei due venne meno quando il respiro della ragazza cominciò a diventare dapprima greve, quindi spezzettato. Valerio vide le labbra di quella schiudersi, e la ragazza prese a respirare dalla bocca. Stava per avere un attacco di panico.
“Calmati...”
“Scusi...”
fece, mentre il ventre si rigonfiava ritmicamente e le lacrime apparivano sui
suoi occhi, e sostavano, come tuffatori sul trampolino. “...comunque sì. Era il
mio ragazzo”
“Uhm... Mike
si chiamava, giusto?”
Quella prese a piangere, poi annuì.
Quella prese a piangere, poi annuì.
“E... e che
ci facevate stanotte nel Percorso 31?”
“Beh... ecco... eravamo appena usciti da una festa, da Johnny Preston, ed eravamo un po’ alticci. Volevamo soltanto divertirci, ecco”
“Beh... ecco... eravamo appena usciti da una festa, da Johnny Preston, ed eravamo un po’ alticci. Volevamo soltanto divertirci, ecco”
“Quindi
siete andati nell’erba alta, sprovvisti di Pokémon con il quale difendervi”
“No. Mike aveva un Croconaw”
“E perché non l’ha utilizzato per difendersi?”
“Non... non lo so” fece quella, singhiozzando. “È successo tutto così velocemente che sicuramente non sarebbe riuscito a prendere la Pokè ball”
“Era capitano della squadra di football” osservò Valerio.
“No. Mike aveva un Croconaw”
“E perché non l’ha utilizzato per difendersi?”
“Non... non lo so” fece quella, singhiozzando. “È successo tutto così velocemente che sicuramente non sarebbe riuscito a prendere la Pokè ball”
“Era capitano della squadra di football” osservò Valerio.
“Sì”
“Quindi era molto popolare”
La bionda annuì velocemente. “Sì” fece poi. “Era sempre benvoluto tra i suoi compagni di squadra, e... e non nascondo che più volte ho dovuto mettere a posto sgualdrinelle in cerca di popolarità”
“Come vi siete conosciuti?”
“Faccio la cheerleader...”
“Classico” sorrise Valerio.
“Quindi era molto popolare”
La bionda annuì velocemente. “Sì” fece poi. “Era sempre benvoluto tra i suoi compagni di squadra, e... e non nascondo che più volte ho dovuto mettere a posto sgualdrinelle in cerca di popolarità”
“Come vi siete conosciuti?”
“Faccio la cheerleader...”
“Classico” sorrise Valerio.
“Però per me
era diverso. Lo vedevo bello come il sole, e volevo stargli accanto. Non per
popolarità o altro, ero popolare anche io... ma... sentivo che dovevo passare
con lui la mia vita”
Valerio
annuì, poi guardò il muro. Un piccolo Spinarak pendeva silenzioso. Non era il
caso di dargli peso.
“Essere
molto popolari è bello. Ma comporta dei rischi. C’è sempre qualcuno che vuole
farti le scarpe. Conosci qualcuno che avrebbe voluto fargli del male?”
Lizzy si strinse nelle spalle, quindi sospirò. Poi spalancò gli occhi. “Forse sì. Forse c’era qualcuno che voleva fargli del male. Tim Dorsin”
“Il figlio di Charlie Dorsin?”
“Esatto”
“E come mai?”
“Perché Mike... beh, forse esagerava, però per divertirsi lo prendeva in giro”
“Era un bullo, più che normale” sorrise ancora Valerio, pescando dal cilindro l’ennesimo cliché.
Lizzy si strinse nelle spalle, quindi sospirò. Poi spalancò gli occhi. “Forse sì. Forse c’era qualcuno che voleva fargli del male. Tim Dorsin”
“Il figlio di Charlie Dorsin?”
“Esatto”
“E come mai?”
“Perché Mike... beh, forse esagerava, però per divertirsi lo prendeva in giro”
“Era un bullo, più che normale” sorrise ancora Valerio, pescando dal cilindro l’ennesimo cliché.
“No, non era
un bullo... cioè, gli era antipatico, ma si sa com’è... anche a me una persona
che non conosco, di primo impatto può sembrarmi antipatica... ma poi...”
“Ma poi?”
“Ma poi ti piace”
“Lizzy... voglio sapere se Tim Dorsin potrebbe essere coinvolto in questa faccenda”
“Non ne ho idea”
“Perché in tal caso avrebbe lasciato te come testimone. E potrebbe tornare per completare il suo lavoro”
Lizzy sgranò i grossi occhi azzurri.
“Ma poi?”
“Ma poi ti piace”
“Lizzy... voglio sapere se Tim Dorsin potrebbe essere coinvolto in questa faccenda”
“Non ne ho idea”
“Perché in tal caso avrebbe lasciato te come testimone. E potrebbe tornare per completare il suo lavoro”
Lizzy sgranò i grossi occhi azzurri.
“Sì, hai
sentito bene”
“Potrebbe uccidermi?”
“Sì”
“Potrebbe uccidermi?”
“Sì”
“E... ed
ora?”
“Ed ora sarai sotto stretta sorveglianza. E sarà meglio tu impari ad usare qualche Pokémon, perché possono salvarti la vita”
“Ed ora sarai sotto stretta sorveglianza. E sarà meglio tu impari ad usare qualche Pokémon, perché possono salvarti la vita”
Spinarak era
uscito dalla stanza ed era apparso davanti al volto di Yellow, pendendo dal
soffitto. La bionda, seduta sulle sedie della sala d’attesa della centrale di
polizia non era ancora abituata a quelle comparsate repentine e fulminee di
Spinarak, ed abortì velocemente un urlo quando la curiosità superò la sorpresa.
Yellow
allargò la mano, e Spinarak vi si posò sopra.
“Allora?”
chiese Yellow?
D’improvviso
i due, Pokémon ed allenatrice, erano allineati sulla stessa lunghezza d’onda.
L’uno e l’altra riuscivano a sentire perfettamente le sensazioni, quasi i
pensieri, dell’altro.
E Yellow
prese a leggere nell’animo del suo ragno.
Spinarak
diceva che Lizzy era sconvolta.
Diceva che
la ragazza amava tanto il ragazzo.
Che il
ragazzo era morto quella notte in una situazione stranamente rapida.
E che forse
c’entrava qualcosa Tim Dorsin.
“Tim
Dorsin...” ripetè quel nome Yellow. “Chi è Tim Dorsin?”
Si alzò all’improvviso, con ancora il ragno in mano, e si avviò verso l’esterno della centrale. Il sole pallido illuminava quella fine di Ottobre in maniera esemplare, mentre le famiglie cominciavano ad intagliare le zucche per Halloween. Yellow vedeva le persone nei giardini e nelle cucine, intente a rappresentare nel modo migliore Jack O’Lantern.
Si alzò all’improvviso, con ancora il ragno in mano, e si avviò verso l’esterno della centrale. Il sole pallido illuminava quella fine di Ottobre in maniera esemplare, mentre le famiglie cominciavano ad intagliare le zucche per Halloween. Yellow vedeva le persone nei giardini e nelle cucine, intente a rappresentare nel modo migliore Jack O’Lantern.
“Tim
Dorsin... Tim Dorsin... chi è Tim Dorsin?” chiedeva a sé stessa la bionda,
cercando di orientarsi in quella città che non visitava spesso. Era andata lì
meno di cinque volte, figurarsi se conosceva un ragazzo del luogo, più piccolo
di lui per giunta. Non avrebbe mai avuto niente a che vedere con Tim Dorsin,
Yellow, se Spinarak non fosse sgattaiolato dentro la sala degli interrogatori.
E mentre
camminava, con Spinarak sulla testa, la targhetta “Famiglia Dorsin” suggerì
antichi canti di fortune e vittorie alla mente di Yellow, che celere si
precipitò verso la porta di quella casa.
Era una casa
normale, non troppo grande né troppo piccola. Senza infamia né lode. Una casa
normale. Che dentro nascondeva un serial killer.
Arrivò
davanti alla porta di Mogano dell’abitazione. Vi era fissato il numero 2 sulla
porta. Era la seconda casa di Violapoli. La prima, con ogni probabilità era il
centro Pokémon.
Yellow
bussò, poi fece un passo indietro, scendendo il piccolo scalino che precedeva
la porta.
Attendeva,
fremendo.
Sentì dei
passi avvicinarsi, e quasi in un’attesa orgasmica, le sue dita non poterono
fare a meno di stringersi in un pugno.
La porta si
spalancò, e si manifestò un ragazzino piuttosto magrolino, con un po’ di
peluria a rappresentare il principio di barba che ogni uomo ha alla sua età.
Diciassette
anni circa. Ed uno sguardo piuttosto sveglio.
“Cerco Tim.
Tim Dorsin”
“Sono io...” rispose stralunato il ragazzino. Non si aspettava di trovarsi davanti agli occhi una così bella ragazza.
“Sono io...” rispose stralunato il ragazzino. Non si aspettava di trovarsi davanti agli occhi una così bella ragazza.
“Ciao, mi
chiamo Yellow e sono...”. Panico e gocciolina di sudore dalla tempia destra
allo zigomo. “Sono un agente della polizia di Violapoli... sto indagando su di
un caso e...”
“Parla di Mike Leslie, vero?”
“Immagino che le voci corrano” sorrise timidamente Yellow, grattandosi la testa.
“Parla di Mike Leslie, vero?”
“Immagino che le voci corrano” sorrise timidamente Yellow, grattandosi la testa.
“Violapoli è
un piccolo paesino. Qui le voci volano” fece cupo il ragazzo.
“In ogni
caso vorrei sapere che facevi ieri sera?”
“Ero qui, a casa mia”
“Che facevi?”
“Allenavo i miei Bellsprout...”
“Hai dei Bellsprout?”
“Sì. Quattro per la precisione”
“...devono piacerti molto...”
“Li adoro” sorrise divertito.
“Ero qui, a casa mia”
“Che facevi?”
“Allenavo i miei Bellsprout...”
“Hai dei Bellsprout?”
“Sì. Quattro per la precisione”
“...devono piacerti molto...”
“Li adoro” sorrise divertito.
“C’è
qualcuno che può testimoniare questa cosa?”
I due si
guardarono per un attimo. Lo sguardo interdetto di Tim Dorsin costrinse Yellow
a rettificare la sua domanda.
“Intendo il
tuo alibi, non la tua adorazione per Bellsprout”
“Beh... mamma
dormiva al piano di sotto, e papà lavorava”
Non bastava.
Quell’alibi non era completo. Una madre addormentata al piano di sotto avrebbe
potuto tranquillamente non essere un deterrente per un agile ragazzino magro e
sottile in grado di scappare dalla finestra del primo piano non appena un paio
di ragazzi di sua conoscenza, del tutto ubriachi, fossero passati davanti casa
sua.
Restava il
fatto che Mike Leslie pesava quasi un quintale, e Tim Dorsin forse raggiungeva
i cinquanta chili. Con tutta la forza che ci avrebbe messo forse sarebbe
riuscito ad alzare una gamba del deceduto. Ma non sarebbe mai riuscito a
sbatterlo con forza contro l’albero. Quella cosa era davvero impossibile.
Dubitava anche potessero essere stati i suoi Bellsprout. Quella creatura si era
cibata del sangue di Mike Leslie, dopo aver reciso il torace del ragazzo con un
taglio netto.
I Bellsprout
non sono carnivori.
Ragionava la
bionda, ed intanto tutto diventava sempre più complicato. Storse il labbro,
poi. “Non lasciare il paese, Dorsin. Ti tengo d’occhio”
Il ragazzino
inarcò un sopracciglio, quindi chiuse la porta, camminando ancora lentamente
verso la sua stanza.
Forse un po’
era contento che Mike Leslie fosse morto.
Forse un po’
non sarebbe dovuto esserlo, perché non si può essere contenti della morte di
qualcuno: non si piange per le disgrazie altrui.
Ma, e sempre
forse, un po’ era convinto che sarebbe stato più tranquillo senza quell’omone
grande e grosso senza un briciolo di cervello che lo punzecchiava ogni tre
minuti. Il fatto che fosse più grosso sembrava giustificasse Mike nel
mortificare Tim, nonostante lui non avesse fatto nulla per cercarsi quel
trattamento. Anzi. Prima del primo approccio di Mike a Tim, che era terminato
con quest’ultimo a testa in giù nel bidone dell’organico, il mingherlino
apprezzava il quarterback per le sue capacità atletiche.
Ed ora, solo
perché Mike lo maltrattava, la poliziotta carina era venuta a casa sua,
dubitando apertamente della sua buona fede.
Si sedette
sulla poltrona.
Mike Leslie
era morto. Adesso sarebbe cambiato tutto.
Ma...
Ma aveva un
rimpianto. Un piccolo rimpianto.
Avrebbe
voluto vedere un’ultima volta la faccia di quel bastardo che soffriva, e di
quella zoccola della sua ragazza mentre piangeva. Quasi rimpiangeva di non
essere stato lui ad ammazzare quello stronzo.
La porta
risuonò ancora poi, sotto i colpi possenti delle mani di qualcuno.
Lui si
risvegliò dai suoi pensieri brutali, e lentamente avvicinò l’ingresso di casa
sua.
Era
sicuramente di nuovo la poliziotta carina. Non sapeva se essere compiaciuto del
fatto di poter guardare di nuovo i suoi occhi oppure essere dispiaciuto perché
lei sospettava di lui.
Lui non era
un assassino.
Era solo
vittima, seppur ipotetica, delle apparenze.
La porta si
aprì, ma non era la poliziotta carina. Era Valerio.
“Valerio,
ciao” sorrise Tim. Era felice di vederlo, perché Tim stimava molto Valerio. Era
il capopalestra della città, ed in più era socialmente attivo in quanto
poliziotto.
Ma poi fece
due più due e capì che se Valerio, quel Valerio, era a casa sua era solo per
via di Mike Leslie.
...fottutissimo Leslie. Gli rovinava la vita anche da morto.
...fottutissimo Leslie. Gli rovinava la vita anche da morto.
“Tim
Dorsin?” chiese Valerio, spostandosi una ciocca davanti al volto.
“Sì...”
“Ciao, sono
Valerio, e mi sto occupando del...”
“Del caso di Mike Leslie, lo so. La sua collega è venuta prima e mi ha chiesto tutto. Parli con lei”
“Collega?!”
“Del caso di Mike Leslie, lo so. La sua collega è venuta prima e mi ha chiesto tutto. Parli con lei”
“Collega?!”
“Sì. La
poliziotta carina, con i capelli biondi e la coda di cavallo”
“Yellow...” sospirò Valerio, poi si voltò, alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia al cielo col volto.
“Yellow...” sospirò Valerio, poi si voltò, alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia al cielo col volto.
Capitolo 2 -
...venendo a...
Yellow era
rimasta nel Centro Pokémon quasi tutto il pomeriggio, e quando era ormai il
tempo dei vespri aveva deciso di avvicinarsi al Percorso 31, per continuare la
sua indagine.
Certo, Tim
Dorsin avrebbe tranquillamente potuto uccidere Mike Leslie, aveva il movente
per farlo e non aveva un alibi forte.
Ma il metodo
era abbastanza insolito, e questo lo scagionava.
Quando entrò
nel Percorso 31 la calma era piatta. La zona era stata transennata, e senza il
cadavere, l’aria non era più viziata.
L’erba alta
era tornata a brulicare di vita. C’era ancora la forma dei corpi dei due
ragazzi, e questa cosa la turbava un po’.
Immaginava
la scena sotto i suoi occhi.
I due in
posizioni particolarmente bollenti, i loro corpi che si univano, poi qualcosa,
proprio alla sua destra deve aver spinto con forza immane Mike contro l’albero,
che si trovava proprio alla sua sinistra.
Alla sua
destra...
Magari aveva
lasciato qualche traccia lì, quella persona. O quella cosa.
Si avvicinò
lentamente alla siepe abbastanza alta, e la attraversò. Ancora uno spiazzale
d’erba alta. Ma sembrava integra, non come quella dove Mike e Lizzy avevano
provato a consumare i loro corpi.
No, non era
oltre la siepe.
“Forse... forse
nella siepe...”
Yellow fece
qualche passo indietro, ma oltre a qualche rametto spezzato dal suo precedente
passaggio, quel cespuglio era intonso. E ragionando non avrebbe potuto
nascondere qualcosa di abbastanza grosso e forte da alzare Mike, che pesava
quasi cento chili, divisi in muscoli ed ossa.
Si appoggiò
alla quercia che aveva affianco e sospirò. Non ne riusciva a venire a capo.
Doveva per
forza essere un Pokémon. Un uomo così forte, pieno di pesanti ossa e muscoli,
non sarebbe potuto essere anche così veloce.
E a quanto
aveva detto Spinarak, cioè, Lizzy, tutto era successo nel giro di un secondo.
Yellow
guardò la corteccia di quell’albero, rugosa e dura.
Se davvero
era un Pokémon, allora la cosa si complicava. Esistevano tante di quelle specie
di Pokémon che complicavano in maniera esponenziale il caso.
Valerio
arrivò alle sue spalle e le infilò un dito nel fianco.
Yellow
sobbalzò, lanciando un piccolo urlo. L’eco rimbalzò sulle pareti della Grotta
Scura, e si disperse.
“Dov’eri
finita?! Che ci fai qui?! E soprattutto, perché sei stata da Tim Dorsin?!”
Yellow si voltò repentinamente, spalle alla quercia, e sorrise imbarazzata. Non avrebbe mai rivelato il suo piccolo segreto a Valerio.
Yellow si voltò repentinamente, spalle alla quercia, e sorrise imbarazzata. Non avrebbe mai rivelato il suo piccolo segreto a Valerio.
“In... intuizioni...”
“Ti avevo
detto di aspettarmi fuori la porta della stanza degli interrogatori”
“Lo so, lo
so, ma credevo di aver trovato un punto d’appoggio, e invece...”
“E invece sei ancora a zero”
“Già”
“Allora ti do un’informazione che non dovresti sapere” fece il Capopalestra, spostandosi il ciuffo dai capelli. “Le analisi fatte dal medico legale hanno evidenziato la presenza di schegge di legno nello strato sottocutaneo, ed anche in quello inferiore. Ciò significa che la vittima è stata spinta su quel tronco...” Valerio lo indicò con lo sguardo “...con una forza che non può essere nelle facoltà umane. Ad uccidere la vittima non è stato un uomo”
“Bensì un Pokémon” riprese Yellow, collegandosi ai suoi schemi mentali.
“Non c’è da escludere, però, l’ipotesi che il Pokémon killer potesse avere avuto un allenatore”
“E invece sei ancora a zero”
“Già”
“Allora ti do un’informazione che non dovresti sapere” fece il Capopalestra, spostandosi il ciuffo dai capelli. “Le analisi fatte dal medico legale hanno evidenziato la presenza di schegge di legno nello strato sottocutaneo, ed anche in quello inferiore. Ciò significa che la vittima è stata spinta su quel tronco...” Valerio lo indicò con lo sguardo “...con una forza che non può essere nelle facoltà umane. Ad uccidere la vittima non è stato un uomo”
“Bensì un Pokémon” riprese Yellow, collegandosi ai suoi schemi mentali.
“Non c’è da escludere, però, l’ipotesi che il Pokémon killer potesse avere avuto un allenatore”
“In quel
caso la faccenda si complica ancora di più”
“Non tanto. Le analisi hanno evidenziato un altro particolare, che purtroppo non c’è del tutto chiaro... è stato trovato un dente” fece Valerio, alzando il braccio, mostrando un sacchetto con il dente. Un lungo dente affilato.
“Non tanto. Le analisi hanno evidenziato un altro particolare, che purtroppo non c’è del tutto chiaro... è stato trovato un dente” fece Valerio, alzando il braccio, mostrando un sacchetto con il dente. Un lungo dente affilato.
“Beh... quello...
quello che potremmo fare è un’analisi del Pokédex per fare una scrematura dei
Pokémon presenti in questo territorio...”
“Aspetta! Hai detto Pokédex?!”
“Sì...” fece Yellow, tirando fuori l’enciclopedia Pokémon dalla borsa. “Me lo diede il Professor Oak tanto tempo fa”
“Quindi tu sei quella Yellow! Ecco dove avevo sentito il tuo nome!”
“Ehm... non so di cosa tu stia parlando”
“Ma sì! Tu sei quella che ha lottato contro i Super4! Assieme a Red!”
“Aspetta! Hai detto Pokédex?!”
“Sì...” fece Yellow, tirando fuori l’enciclopedia Pokémon dalla borsa. “Me lo diede il Professor Oak tanto tempo fa”
“Quindi tu sei quella Yellow! Ecco dove avevo sentito il tuo nome!”
“Ehm... non so di cosa tu stia parlando”
“Ma sì! Tu sei quella che ha lottato contro i Super4! Assieme a Red!”
Yellow
sospirò, e la testa tornò a roteare attorno al pensiero di quel ragazzo che
tanto le aveva aperto il cuore, infilandosi lì dentro, scaldandosi per bene,
nutrendosi delle emozioni della giovane ragazza, per poi lasciare quel
giaciglio, quel cuore, facendolo raffreddare e asciando aperta quella grossa
squarciatura e aveva usato per entrare.
Red faceva
parte di una vita che lei aveva volutamente messo da parte.
Red faceva
parte di un passato in cui, per essere presa sul serio, Yellow si era
travestita da maschio, annullando la sua femminilità.
Ricordava
quei momenti di imbarazzo quando, durante le avventure di una decina di anni
prima, Yellow toccava le mani di Red. I due arrossivano. Qualcosa di grande
nasceva già da allora, da quegli sguardi, dalle loro gote rosee, dalle labbra
tirate in dentro per nascondere quei sorrisi, nonostante fossero poco più che
bambini.
Bambini
speciali, certo, ma pur sempre bambini.
La vita
andava avanti, e quando Red capì che quella ragazza bionda con la coda di
cavallo, piccolina e dolce doveva essere sua, si dichiarò.
Con una
flemma insolita per il suo carattere, si avvicinò a lei, con una mano a reggere
il cappello sulla pancia ed un’altra a grattarsi la nuca. Il volto rosso per
l’imbarazzo, e gli occhi aperti al massimo, come per captare ogni singolo
movimento.
“Yellow...”
disse avvicinandosi.
Lei
ricordava perfettamente quello che faceva. Stava con i piedi nell’acqua a
pescare.
La
ragazzina, ormai aveva diciassette anni, si girò e guardò l’amico di cui
segretamente era innamorata.
“Sì, Red?”
“Mi piaci”
Yellow
trasalì, quasi come se fosse tornata a galla dopo un’apnea di venti minuti, e
con gli occhi lucidi si voltò.
Si chiedeva
solo il motivo per cui ad un certo punto, un punto in cui tutto sembrava andare
per il meglio, lui sparì.
Niente più.
E poi le
parole di quella lurida.
Blue. Aveva
grossi problemi a gestire quella ragazza. Un po’ smorfiosa, dal suo punto di
vista, troppo sveglia per darle fiducia. Il trascorso aveva mostrato in lei
anche il suo lato buono, ma si era messa in mezzo alla sua storia con Red. Non
aveva capito in che modo avrebbe spinto Red a scomparire dalla circolazione,
sta di fatto che da quando lui era scomparso, aveva deciso di abbandonare per
sempre Kanto, e le persone che ci vivevano.
Tranne che
con Crystal, non aveva cercato di farsi amico nessuno. Viveva aiutando il
Professor Elm, e settimanalmente portava dati su particolari Pokémon su cui il
giovane studioso necessitava di approfondimenti. Lui le dava dei soldi, che le
permettevano di campare e di pagare le utenze nella sua casetta a
Fiorpescopoli.
Poi decise
che non doveva vivere di ricordi, e doveva fare della sua esistenza qualcosa di
grande, qualcosa che gli altri avrebbero invidiato. E con le sue abilità
curative, e mentali, in grado di leggere nella mente dei Pokémon, e di
percepirne le sensazioni, le emozioni, credeva di poter arrivare in alto. Di
arrivare a vincere la Lega Pokémon di Johto.
Era
cresciuta, ed erano anni che non vedeva Red. Ormai era diventata una donna, e
questa cosa un po’ la faceva sentire più forte, come se i seni che aveva
fungessero da scudo, ma sapeva che era solo la leggera consapevolezza di essere
una ragazza fantastica a farla sentire più sicura.
Era bella e
dolce. E non tutti avevano la stessa luce di pace e grazie che c’era nei suoi
occhi.
Nonostante
questo, però, il solo nominare quel nome, Red, toccava le sue corde interne, e vibrava
tutta, e quella sensazione non le piaceva.
“Yellow... tutto
bene?”
“Sì...sì Valerio, tutto bene”. La voce della ragazza era scossa, quasi fosse successo qualcosa di invisibile a tutti davanti ai suoi occhi, e lei potesse vederla.
“Sì...sì Valerio, tutto bene”. La voce della ragazza era scossa, quasi fosse successo qualcosa di invisibile a tutti davanti ai suoi occhi, e lei potesse vederla.
“Beh... con
il Pokédex si potrebbe fare... ma c’è prima da escludere Tim Dorsin”
“Io direi che non può essere stato lui, fisicamente a commettere l’omicidio. Troppo mingherlino. In più possiede solo Bellsprout...”
“Ed un Onix”
“Beh... credo che Lizzy si sarebbe accorta di un Onix, per quanto grosso possa essere stato”
“Sì, è vero...” Valerio poi si voltò verso l’albero, ed attraversando l’erba alta arrivò verso il punto preciso in cui aveva trovato il corpo esanime di Mike.
“Io direi che non può essere stato lui, fisicamente a commettere l’omicidio. Troppo mingherlino. In più possiede solo Bellsprout...”
“Ed un Onix”
“Beh... credo che Lizzy si sarebbe accorta di un Onix, per quanto grosso possa essere stato”
“Sì, è vero...” Valerio poi si voltò verso l’albero, ed attraversando l’erba alta arrivò verso il punto preciso in cui aveva trovato il corpo esanime di Mike.
Il suo
cervello lavorava sodo, probabilmente di lì a poco Yellow avrebbe visto del
fumo nero uscire dalle sue orecchie.
“Hai notato
una cosa, però?”
La ragazza
sbattè le lunghe ciglia truccate un paio di volte, quindi schiuse le labbra.
“Cosa?”
“Non c’è sangue, qui”
Yellow aggrottò fronte e sopracciglia, quindi inclinò leggermente la testa e raggiunse Valerio. Superò le transenne, e vide che in effetti, attorno alla sagoma del corpo di Mike non c’era alcuna macchia di sangue.
“Non c’è sangue, qui”
Yellow aggrottò fronte e sopracciglia, quindi inclinò leggermente la testa e raggiunse Valerio. Superò le transenne, e vide che in effetti, attorno alla sagoma del corpo di Mike non c’era alcuna macchia di sangue.
“Ma... ma
con un taglio netto e doppio come quello che aveva la vittima il sangue sarebbe
dovuto uscire tutto fuori! Avrebbe dovuto perdere anche qualche organo!”
“Esattamente. Ciò vuol dire che qualcuno, il sangue a Mike l’ha levato di proposito”
“Un vampiro?”
“Beh, probabilmente sì, almeno nella definizione. Tutto ciò che succhia sangue è un vampiro”
“Zubat? Qui vicino c’è una grotta”
Valerio sospirò, quindi prese una Pokéball dalla cintura, da cui uscì un Crobat. Il suo Crobat.
“Esattamente. Ciò vuol dire che qualcuno, il sangue a Mike l’ha levato di proposito”
“Un vampiro?”
“Beh, probabilmente sì, almeno nella definizione. Tutto ciò che succhia sangue è un vampiro”
“Zubat? Qui vicino c’è una grotta”
Valerio sospirò, quindi prese una Pokéball dalla cintura, da cui uscì un Crobat. Il suo Crobat.
“Questa è
l’ultima evoluzione di Zubat. È più facile che a fare quello che è stato fatto
sia stato un Crobat”
“Già... ma non ne vivono in questa grotta”
“Può anche essere che uno Zubat che vive qui si sia evoluto, no?”
“Sì, può essere, però è strano. Cioè... l’alimentazione dei Crobat è abbastanza limitata e circoscritta a piccoli insetti e frutta”
“Già... ma non ne vivono in questa grotta”
“Può anche essere che uno Zubat che vive qui si sia evoluto, no?”
“Sì, può essere, però è strano. Cioè... l’alimentazione dei Crobat è abbastanza limitata e circoscritta a piccoli insetti e frutta”
Yellow non sapeva
dove sbattere la testa. “Dovremmo cercare altri indizi. Potremmo portare questo
dente al Professor Elm, magari ci dirà se può essere davvero di un Crobat”
“Ok.
Occupatene tu. Ci vediamo domani a mezzogiorno alla centrale”
“Ok. Ciao Valerio”
“Ok. Ciao Valerio”
Yellow attraversò
il percorso 30 molto velocemente, approfittandone per allenare il suo Hoothoot.
Siccome era quasi sera, doveva approfittarne. Magari una volta diventato un
Noctowl sarebbe cambiata la situazione, ma quell’Hoothoot odiava la luce del
giorno, e quando veniva il tramonto cominciava a diventare più arzillo.
Dopo aver
asfaltato e seppellito diversi Rattata, arrivò a Fiorpescopoli. Passò un attimo
da casa, si cambiò, si lavò, e scese di nuovo. Solo che stavolta ad aspettarla
sotto il portone non c’era Nuncius.
“Gold...”
fece stufa lei.
Il ragazzo
sorrideva, con il suo classico ghigno. Era appoggiato alla parete accanto al
portone di casa di Yellow, con le braccia conserte ed un piede alzato, poggiato
sul muro.
In testa il
cappello, girato al contrario, come sempre.
“Dolcezza”
esplose.
Yellow gli
passò davanti, snobbandolo, come aveva imparato a fare fin dalla terza o quarta
volta che la importunava.
“Eddai, non
fare sempre così!” fece, muovendosi velocemente, per raggiungerla.
Superarono
il Centro Pokémon, immettendosi nel Percorso che divideva Borgo Foglianova a
Fiorpescopoli.
“Yellow,
eddai!”
La mano di Gold raggiunse la spalla della ragazza, e quella si fermò.
La mano di Gold raggiunse la spalla della ragazza, e quella si fermò.
“Che vuoi?”
chiese poi, dopo un sospiro.
“Voglio
sapere come stai! Dove stai andando?” chiese, con un po’ di fiatone.
“Dal Professor Elm. Deve analizzare un dente”
“Dente?” chiese quello, incuriosito.
“Dal Professor Elm. Deve analizzare un dente”
“Dente?” chiese quello, incuriosito.
“Sì. Sto
lavorando ad un’indagine a Violapoli, e ci servono degli accertamenti”
“Sei una poliziotta?” chiese curioso il giovane.
“Sei una poliziotta?” chiese curioso il giovane.
Yellow lo
fissò. Se non fosse stato così fastidiosamente inopportuno, avrebbe anche
potuto accettare di uscire una volta con lui.
“No, Gold.
Mi sono trovata lì per caso, e Valerio mi ha chiesto un aiuto”
“Questo perché sei una Dexholder! E lo sono anche io, quindi voglio aiutarti!”
“Comincia con il lasciarmi stare”
“La solita burbera...”
Yellow vide il sole sbattere la porta a quella giornata pesante, e ritirarsi oltre l’orizzonte. Era sera. Le stelle risplendevano, ed una leggera brezza soffiava lieve lungo le creste degli alberi che costeggiavano il Percorso 29.
“Questo perché sei una Dexholder! E lo sono anche io, quindi voglio aiutarti!”
“Comincia con il lasciarmi stare”
“La solita burbera...”
Yellow vide il sole sbattere la porta a quella giornata pesante, e ritirarsi oltre l’orizzonte. Era sera. Le stelle risplendevano, ed una leggera brezza soffiava lieve lungo le creste degli alberi che costeggiavano il Percorso 29.
“Che ne dici
se quando finisce sta faccenda ce ne andiamo a prendere una pizza?” chiese
Gold, prendendo sotto braccio Yellow. Quella rimase immobile. Qualcosa era
nell’aria.
“Gold,
lasciami stare, non ho voglia di uscire con te”
“Cos’è?! Non ti piacciono gli uomini?!”
Dapprima Yellow sorrise, quindi annuì. “Sì, mi piacciono le donne, quindi lasciami stare”
Gold storse le labbra. “La cosa non diminuisce la mia irresistibile attrazione verso di te”
“Dovrebbe. Tra me e te non potrà mai esserci niente”
“E... perchè sei passata al lato oscuro?”
“Cos’è?! Non ti piacciono gli uomini?!”
Dapprima Yellow sorrise, quindi annuì. “Sì, mi piacciono le donne, quindi lasciami stare”
Gold storse le labbra. “La cosa non diminuisce la mia irresistibile attrazione verso di te”
“Dovrebbe. Tra me e te non potrà mai esserci niente”
“E... perchè sei passata al lato oscuro?”
Yellow
sorrise. Gold era la persona meno politicamente corretta che conosceva. Dopo
Blue, naturalmente.
“Brutta
faccenda con un uomo”
“Red, vero?”
E poi d’improvviso il flusso di coscienza che si arrotolava attorno alla colonna vertebrale sfondò i denti della ragazza ed uscì veemente.
“Red, vero?”
E poi d’improvviso il flusso di coscienza che si arrotolava attorno alla colonna vertebrale sfondò i denti della ragazza ed uscì veemente.
“Non capisco
il motivo per cui è scappato via, da un momento all’altro! Non capisco il fatto
di per sé! Perché non mi ha avvertito?!”
“E... e se lo andassi a cercare, tu accetteresti un’uscita con me?”
“No, Gold”
Poi successe qualcosa di strano. Un forte rumore, un sibilo, si espanse. Era un’onda. Yellow si tappò le orecchie, mentre sentiva i Pokémon impauriti scappare verso le loro tane.
“E... e se lo andassi a cercare, tu accetteresti un’uscita con me?”
“No, Gold”
Poi successe qualcosa di strano. Un forte rumore, un sibilo, si espanse. Era un’onda. Yellow si tappò le orecchie, mentre sentiva i Pokémon impauriti scappare verso le loro tane.
Il rumore
non accennava a diminuire, anzi, aumentava sempre di più, come il rumore di un
treno sulle rotaie in avvicinamento, ma più sottile, più alto.
Sembravano
quasi ultrasuoni.
“Yellow!”
urlò Gold, con le orecchie tappate, in ginocchio per il dolore ai timpani. Erano
praticamente da soli, al centro del Percorso 29, ed avevano entrambi paura.
Yellow
cercava di capire, mentre Gold era preoccupato per l’incolumità della ragazza,
e la tirò a sé, stringendola.
Tutto ciò
che riusciva a vedere, oltre agli alberi agitati dal vento e dai Pokémon che
fuggivano per via della potenza di quel suono, era un paio di luci rosse, poste
in orizzontale, proprio nella chioma di un albero che c’era davanti a loro.
“Yellow!”
urlò Gold, ancora.
“Che vuoi?!”
“Hai dei Pokémon per difenderti?!”
“Sì!”
“Scappa via!”
“Cosa?!”
“Scappa via!”
Yellow aprì gli occhi, del colore del sole, ed incrociarono quelli del colore del grano di Gold, che la spinse via, facendola ruzzolare lontano. Yellow inciampò e cadde irritata tra i cespugli, quando il rumore si intensificò, quasi fosse una lama che tagliava i timpani, ed un soffio di vento accompagnò quel sibilo penetrante.
“Hai dei Pokémon per difenderti?!”
“Sì!”
“Scappa via!”
“Cosa?!”
“Scappa via!”
Yellow aprì gli occhi, del colore del sole, ed incrociarono quelli del colore del grano di Gold, che la spinse via, facendola ruzzolare lontano. Yellow inciampò e cadde irritata tra i cespugli, quando il rumore si intensificò, quasi fosse una lama che tagliava i timpani, ed un soffio di vento accompagnò quel sibilo penetrante.
Quindi
un’ombra nera si abbattè su Gold.
“No! Gold!”
Quell’ombra
nera non sembrava far caso a Yellow, ed aveva aperto il torace di Gold in
maniera precisa e pulita. In mezzo alla radura, dopo l’ennesimo sibilo, o
qualunque fosse il suo verso, si gettò a capofitto sulla sua vittima.
Gold urlava,
e lo avrebbe fatto ancora per poco, prima che il suo corpo capisse che il
sangue all’interno del suo corpo non c’era più.
“Gold! Cosa
diavolo sei?!” urlò Yellow, in piedi, con la Poké Ball di Chuchu in mano e le
lacrime che cadevano dal volto.
Prese la
torcia dalla borsa, e la puntò contro quel mostro.
Quello non
si curò di nulla, continuando a banchettarsi del sangue di Gold.
Era un
enorme pipistrello. Un pipistrello dalle orecchie grosse, che assomigliavano ad
enormi casse di diffusione musicale. I denti aguzzi, il muso poco appuntito e
gli occhi vispi, gialli come quelli di Gold.
A quello
mancava un dente, e quel dente era proprio nella tasca dei pantaloni della
ragazza.
Il corpo
snello di quel pipistrello sembrava più grosso quando dispiegava le ali,
attaccate a dita ossute ed artigliate.
Il colore
era nero.
Nero come la
notte.
Il terrore
sul volto di Yellow rimase dipinto, come un’istantanea, e per minuti che
sembravano un’eternità la ragazza rimase per terra, incredula ed impotente, con
la Poké Ball di Chuchu nella mano tremante.
Le lacrime
continuavano a scendere.
Gold era
morto.
Quel mostro
aveva finito di banchettare, e satollo lanciò un urlò terrificante.
Yellow non
poteva perdersi l’occasione di sapere che Pokémon fosse.
Prese il
Pokédex dalla borsa, e lo puntò verso il pipistrello gigante.
Il Pokédex
ci metteva tempo.
Troppo
tempo.
“Non lo riconosce,
dannazione!”
Poi, siccome
il Pokédex era dotato di una fotocamera, fece vari scatti del mostro e rimase
seduta per terra, fino a quando il mostro non volò via ed il sangue riprese a
circolare in tutti i punti.
Ripose la
Poké Ball di Chuchu e si alzò all’in piedi.
Le ginocchia
le ballavano, ed il trucco sciolto malcelava il pianto disperato che si era
abbattuto su di lei.
Si avvicinò
a Gold.
Gold era
morto.
Era steso
per terra, gambe stese e braccia allargate, il giubbotto che indossava era
strappato, ed uno squarcio pulito tagliava in verticale l’addome del giovane.
Niente sangue. Solo un buco nella carne ed un ragazzo morto per terra.
Gli occhi di
Gold fissavano terrorizzati il vuoto, mentre la sua pelle aveva assunto il
colore più pallido che potesse prendere.
“Gold...”
Yellow tirò su con il naso, e poi intelligentemente pensò che non fosse molto
saggio rimanere ancora lì. Corse spedita verso Borgo Foglianova, e quando ci
arrivò, bussò con rabbia e paura alla porta del laboratorio.
Pochi
secondi dopo il Professor Elm aprì la porta. Era un uomo morigerato,
mingherlino, con un lungo camice addosso, un paio di lenti sottili ed i capelli
corti e spettinati.
“Yellow. Che
succede?!”
“Gold!” si
disperava Yellow, in lacrime e col fiatone. “Gold è morto! Gold è stato ucciso
da un mostro!”
“Che cosa stai dicendo, Yellow!”
“Che cosa stai dicendo, Yellow!”
“Gold!
Davanti è me! È successo davanti a me!”
Elm vide gli
occhi di Yellow riempirsi rapidamente di lacrime, il suo viso non riusciva a
trattenere più il pianto, e cedette, come una vecchia diga dopo anni di onorato
servizio contro la forte pressione del fiume.
Perché alla
fine il fiume vince sempre.
“Quindi... quindi
è stato questo Pokémon ad uccidere Gold?” chiese Elm, dopo aver analizzato le
fotografie fatte dal Pokédex della ragazza.
“S-sì”
“E tutto
questo davanti ai tuoi occhi”
Yellow annuì ancora, sotto una coperta di pile, gialla, mentre reggeva tra le mani un tè caldo.
Yellow annuì ancora, sotto una coperta di pile, gialla, mentre reggeva tra le mani un tè caldo.
Elm si alzò,
e vide il dente che precedentemente Yellow gli aveva consegnato.
“Non ho idea
di che Pokémon sia. Di certo non fa parte della linea evolutiva dello Zubat. Ci
sono troppe differenze di fondo, troppi tratti incompatibili tra questo ed un
Crobat. Non credo nemmeno sia una mutazione”
Yellow lo guardava, speranzosa che potesse aiutare a capire cosa avesse attentato alla sua vita.
Yellow lo guardava, speranzosa che potesse aiutare a capire cosa avesse attentato alla sua vita.
“Forse è un
Pokémon che non conosciamo ancora” aggiunse lo studioso.
“Come, scusi?”
“Lo sai, le scoperte riguardo i Pokémon non finiscono mai di stupire. Esistono zone in cui determinati Pokémon vivono piuttosto che in altre. Per esempio, un Sentret, che qui è un Pokémon comunissimo, non è molto facile da trovare ad Hoenn”
“Oh...”
“Già, lì è un Pokémon raro. Però... però potremmo chiedere un aiuto a qualcuno che sicuramente ci potrà dare delucidazioni. Per adesso vai a casa mia, e riposati. Ho chiamato la polizia, Valerio sarà qui a momenti, ma domani è certo che ti interrogheranno, per saperne di più. Quindi vai a dormire. Capiremo cosa ha ucciso Gold”
“Grazie Professor Elm”
“Buonanotte, Yellow”
“Lo sai, le scoperte riguardo i Pokémon non finiscono mai di stupire. Esistono zone in cui determinati Pokémon vivono piuttosto che in altre. Per esempio, un Sentret, che qui è un Pokémon comunissimo, non è molto facile da trovare ad Hoenn”
“Oh...”
“Già, lì è un Pokémon raro. Però... però potremmo chiedere un aiuto a qualcuno che sicuramente ci potrà dare delucidazioni. Per adesso vai a casa mia, e riposati. Ho chiamato la polizia, Valerio sarà qui a momenti, ma domani è certo che ti interrogheranno, per saperne di più. Quindi vai a dormire. Capiremo cosa ha ucciso Gold”
“Grazie Professor Elm”
“Buonanotte, Yellow”
Capitolo 3 -
...prenderti...
Quella notte
fu tormentata. Yellow strinse a sé i ricordi di quella sera come un bambino
faceva con il suo orsacchiotto.
Gold. Gold
ed il suo sguardo perso nel vuoto, che trapassava chiunque, fino a perdersi
nelle alte sommità dell’universo.
E poi quel
mostro incredibile.
Tremava. Un
po’ il freddo, un po’ la paura, doveva rimanere lucida e restare tranquilla.
Chuchu era
ai piedi del letto, qualunque cosa avrebbe chiamato lei.
Anche se non
era sicura del fatto che Chuchu avesse potuto sconfiggere quel mostro.
La testa sul
cuscino affondava morbida, ed i suoi pensieri si accumulavano tutti sul fondo
della testa, sulla nuca, e si accalcavano, spingendosi tra di loro per
risaltare nella mente della ragazza, proiettandosi immaginariamente sul
soffitto buio.
Quel mostro
uccideva.
Quel mostro
ammazzava la gente.
Quel mostro
beveva sangue.
Yellow
respirava sempre più velocemente, e l’iperventilazione non sembrava così tanto
lontana, se non fosse stato per un po’ di autocontrollo.
Alla fine
doveva solo rassegnarsi al fatto che Gold non fosse più tra di loro, e che il
caso era passato nelle esperti, o quasi, mani del Professor Elm.
La mattina
seguente la luce era poca. Il sole aveva sonno e freddo, ed aveva deciso di
scendere in ufficio con una densa coperta di nebbia. Non si vedeva molto oltre
il proprio naso.
Borgo
Foglianova, quelle tre case ed il laboratorio di Elm, erano sparite. Sarebbero
riapparse solo poco a poco, una volta avvicinatasi agli edifici.
Passò
accanto casa di Gold. Urla di pianto accompagnavano lamenti e voci rincuoranti.
“Gold è
morto per difendere Yellow...” diceva qualcuno.
Non era
proprio così. O forse no.
Forse era
così.
La
situazione era tutta sfumata, e quella nebbia davanti agli occhi non migliorava
la situazione.
Casa di Lyra
era lì accanto. Quella ragazza non era mai in casa.
Poi, a
tentoni, si avvicinò al laboratorio.
Bussò.
I passi
lenti di Elm si mischiarono ad un vociare diffuso.
La porta poi
si aprì, ed Elm la salutò con un cenno del capo. “Oh, ecco, sei arrivata.
Yellow, lui è il Professor Platan”
Da dietro ad
una colonna, interamente coperta di macchinari, uscì un bellissimo uomo, con
più o meno trent’anni.
Occhi
profondi, grigi, misteriosi, e poi quei capelli lasciati andare così, selvaggi.
Una camicia
azzurra ed un pantalone marrone, sotto quel camice che di solito
contraddistingue chi aveva intrapreso simili scelte di vita, come quella di
dedicarsi alla scienza.
Yellow ne
rimase folgorata.
“S-salve”
titubò, ancora un po’ scossa per quello che successe la notte prima.
“Ciao,
Yellow” disse serio ma nel contempo accomodante e tranquillizzante Platan. “Ho
analizzato attentamente il dente che è stato rinvenuto e...”
La porta dello studio del Professor Elm si aprì, e ne entrò Valerio, tutto sparato.
La porta dello studio del Professor Elm si aprì, e ne entrò Valerio, tutto sparato.
“Stai
bene?!” si fiondò verso Yellow, stringendola a sé. Un attimo di stupore da
parte della ragazza, prima che realizzasse dentro di sé che in quel momento
sarebbero potuti apparire più di semplici collaboratori, o amici, e davanti
agli occhi di Platan questa cosa non era molto apprezzata.
“Potevi telefonarmi
ieri!” ringhiò il poliziotto, sempre verso la bionda.
“Valerio,
calmati. La ragazza era sotto shock. Non a caso ti ho chiamato io”
Valerio si
sistemò il ciuffo azzurro davanti all’occhio destro, quindi sbuffò.
“Ad ogni
modo Gold è stato sventrato e prosciugato. Ancora”
“...se non fossi entrato con così tanta prepotenza avrei finito di dire che, dopo aver analizzato quel dente, sono riuscito a venire a capo dell’identità di quel Pokémon”
Yellow e Valerio inarcarono involontariamente le sopracciglia, entrambi contemporaneamente.
“...se non fossi entrato con così tanta prepotenza avrei finito di dire che, dopo aver analizzato quel dente, sono riuscito a venire a capo dell’identità di quel Pokémon”
Yellow e Valerio inarcarono involontariamente le sopracciglia, entrambi contemporaneamente.
Yellow era
stupita. “Ci... ci è riuscito?!”
“Era un
Pokémon?!” disse con la stessa meraviglia Valerio.
Platan
sorrise, e lento com’era nel parlare, ma anche nel muoversi e nel gesticolare,
si girò verso il dente stesso, che era in osservazione nel microscopio, e lo
estrasse con le mani.
“Questo
Pokémon vive prettamente da dove vengo io, da Kalos”
“Kalos?!” chiese Yellow.
“Kalos?!” chiese Yellow.
“Sì. È una
regione poco distante da Hoenn. Lì ci sono parecchi Pokémon che non si sono
ancora spostati”
“E... e come si chiama questo Pokémon”
“Noivern. Questo Pokémon è un Noivern. La caratteristica principale di Noivern è la grande aggressività, unita ad una velocità senza precedenti. Naturalmente essendo un Pokémon particolarmente difficile da trovare a Kalos, non credo ne sia migrato uno qui spontaneamente. Qualcuno deve avercelo portato, e poi liberato”
“Beh... gli allenatori viaggiano molto. Può essere che per qualche motivo qualche allenatore lo abbia liberato qui, a Johto” constatò Elm.
Platan sorrise, nascondendo lo sguardo sotto un ciuffo di capelli. “Qualunque allenatore con un briciolo di buon senso sarebbe capace di comprendere che liberare un Pokémon del genere precluderebbe a sé stesso ed alla sua squadra di vincere le competizioni più difficili. Non dico di aver preferenze sui tipi, ma Noivern è un Pokémon di tipo Drago, molto difficile da abbattere”
“E... e come si chiama questo Pokémon”
“Noivern. Questo Pokémon è un Noivern. La caratteristica principale di Noivern è la grande aggressività, unita ad una velocità senza precedenti. Naturalmente essendo un Pokémon particolarmente difficile da trovare a Kalos, non credo ne sia migrato uno qui spontaneamente. Qualcuno deve avercelo portato, e poi liberato”
“Beh... gli allenatori viaggiano molto. Può essere che per qualche motivo qualche allenatore lo abbia liberato qui, a Johto” constatò Elm.
Platan sorrise, nascondendo lo sguardo sotto un ciuffo di capelli. “Qualunque allenatore con un briciolo di buon senso sarebbe capace di comprendere che liberare un Pokémon del genere precluderebbe a sé stesso ed alla sua squadra di vincere le competizioni più difficili. Non dico di aver preferenze sui tipi, ma Noivern è un Pokémon di tipo Drago, molto difficile da abbattere”
Yellow non
capiva molto.
“Insomma...”
entrò Valerio in gamba tesa. “Come dobbiamo acciuffare questo coso?”
Yellow sorrise, poi guardò Platan guardare sorpreso il poliziotto.
Yellow sorrise, poi guardò Platan guardare sorpreso il poliziotto.
“Beh... generalmente
i Noivern sono ghiotti di frutta”
“Non questo” punse sarcastico Valerio.
“Non questo” punse sarcastico Valerio.
“Appunto.
Bisogna invogliarlo a farlo uscire allo scoperto. Quindi se è di sangue che si
nutre...”
“Sangue avrà...” sospirò Yellow.
“Sangue avrà...” sospirò Yellow.
Erano nel
Percorso 31, proprio dove era morto Mike. C’era più probabilità che Noivern
battesse dei territori a lui più familiari.
Nella
nebbia, Yellow si stringeva nelle spalle. Il caldo del giorno prima era
scomparso.
Valerio era
smanioso di catturare Noivern. I due professori erano rimasti a Borgo
Foglianova, ma erano certi che il piano potesse funzionare.
Valerio lo
ripassò mentalmente.
“Bisogna
piazzare un’esca. Siccome si ciba di sangue ne sentirà l’odore, e l’istinto lo
porterà dalla sua fonte di cibo. Ed è lì che voi gli tenderete una grande
trappola” furono le parole di Platan.
“Ma che trappola?” chiese Yellow.
“Ma che trappola?” chiese Yellow.
“Beh, qui si
vedrà la vostra bravura. Insomma, siete due allenatori forti” si pronunciò
anche Elm.
Valerio
guardava la nebbia fitta e densa, quasi sembrava schiuma sporca che fluttuava
nell’aria. L’albero dove era morta la prima vittima, Mike, era ancora lì,
danneggiato. Yellow era fissa a pensare a come fare per catturare Noivern, ed
intanto Valerio spargeva del sangue generosamente donato dall’ospedale accanto
a Fiordoropoli attorno ad una carcassa di manzo. L’odore penetrante del sangue
attaccava con forza le narici dei due ragazzi, mentre accorrevano insetti e
zanzare.
“Valerio...”
lo chiamò Yellow.
Quello stava
predisponendo tutto affinché funzionasse ogni cosa, e si girò verso la ragazza,
meravigliandosi di come, anche con una simile nebbia, i suoi occhi
riflettessero la luce. Ed era incredibile davvero, perché sembrava stessero
guardando il mondo con un vetro sporco davanti al volto.
“Che succede,
bionda?”
“È che ho notato una cosa...”
“Spara”
“Quando... quando tornavo con Gold verso Borgo Foglianova, prima che Gold fosse attaccato da Noivern abbiamo sentito un forte sibilo. È come se fosse un segno del suo arrivo. Come se ci chiamasse per dire hey! Sto arrivando! Ecco...”
“E allora?”
“Quando l’ho visto, però, ho notato una cosa davvero particolare”
“Cioè?”
“Le sue orecchie”
“Che avevano di strano?”
“Le sue orecchie erano lunghe, e... e sembravano cogliere ogni minimo rumore che si manifestava attorno a lui. Il suo udito era finissimo”
Valerio guardò con il volto fisso nel vuoto e nella nebbia Yellow.
“È che ho notato una cosa...”
“Spara”
“Quando... quando tornavo con Gold verso Borgo Foglianova, prima che Gold fosse attaccato da Noivern abbiamo sentito un forte sibilo. È come se fosse un segno del suo arrivo. Come se ci chiamasse per dire hey! Sto arrivando! Ecco...”
“E allora?”
“Quando l’ho visto, però, ho notato una cosa davvero particolare”
“Cioè?”
“Le sue orecchie”
“Che avevano di strano?”
“Le sue orecchie erano lunghe, e... e sembravano cogliere ogni minimo rumore che si manifestava attorno a lui. Il suo udito era finissimo”
Valerio guardò con il volto fisso nel vuoto e nella nebbia Yellow.
“Capisci?!”
esclamò lei.
“A dire il
vero no”
“Il fatto che abbia un udito sensibile significa che possiamo immaginare dove viva. Sicuramente nella Grotta Scura! Lì non ci sono forti rumori”
“Il fatto che abbia un udito sensibile significa che possiamo immaginare dove viva. Sicuramente nella Grotta Scura! Lì non ci sono forti rumori”
“Il suo
udito quindi è sensibile”
Yellow annuì.
Yellow annuì.
“Non... non
mi stupirei se gli ultrasuoni lo facessero impazzire”
“Era qui che
volevo portarti!” esclamò tutta sorridente la ragazza. Valerio la guardò ancora
e sorrise. In quel maglioncino lungo, che per inciso era del Professor Elm,
Yellow ci navigava. Ma stava di fatto che il suo fascino aumentava minuto dopo
minuto.
“Occorre che
ci nascondiamo” suggerì il ragazzo, ed entrambi si celarono dietro un
cespuglio, con vista albero e carcassa.
Yellow
guardava la carcassa, quindi Valerio, poi ripensava a Platan, dopodichè a Gold.
Ma alla fine
tutti i pensieri giravano in un vortice, come se stessero finendo nello scarico
di un lavandino.
La sua mente
gli andava contro.
Gli pareva
dirle che era inutile che lei facesse tanto la sostenuta e che pensasse a
tutt’altro, perché tanto sapeva alla perfezione che nel piccolo spazio che gli
occhi erano chiusi mentre lei li sbatteva, vedeva il viso di Red.
Lui era lì.
Anzi no.
Perché Red
non era lì? Questa cosa la stava letteralmente divorando, mentre il suo stomaco
manifestava la mancanza di cibo.
Valerio la
guardò e storse le labbra. “Non hai mangiato?”
“A dire... a dire il vero no...”
“Male” fece. Prese una merendina dallo zaino che portava con sé e la diede alla ragazza.
“A dire... a dire il vero no...”
“Male” fece. Prese una merendina dallo zaino che portava con sé e la diede alla ragazza.
Yellow lo
guardò stupita.
“Zuccheri.
Importantissimi”
Non fu
neanche il tempo di sorridere, che il sibilo, quel sibilo, si espanse nella
zona in maniera sinistra. Valerio rapidamente tirò Yellow a sé, e le mise una mano
davanti alla bocca.
La ragazza
spalancò gli occhi, spaventata.
“Silenzio.
Qualunque cosa tu faccia, falla in silenzio”
Trovarono
uno spiraglio visivo attraverso i piccoli rametti del cespuglio, e scorsero una
figura alta e voluminosa vicino alla carcassa. Era piegata.
Succhiava il
sangue.
Valerio
stringeva forte Yellow, che dal canto suo era in grado solo di respirare, ed
anche con difficoltà. I suoi occhi si spalancarono ancora di più, e quando si
trovò costretta a deglutire quel cumulo di sabbia e saliva, il terrore le
inondò il corpo:
Noivern
l’aveva sentita.
Valerio
mollò la presa dalla bocca della ragazza, e tese ogni muscolo del suo corpo,
quindi si alzò all’in piedi non appena vide il mostro girarsi.
Gli occhi di
Noivern e quelli di Valerio si incontrarono a metà strada nei loro sguardi.
Noivern spalancò le fauci, ancora grondanti di sangue, e lanciò un urlo così
forte che a Valerio stavano quasi per sanguinare le orecchie.
“Dannazione!
Crobat!” lanciò in aria una Mega ball, ed il pipistrello a quattro ali ne uscì.
Noivern
scattò velocemente verso Crobat, e lo attaccò ferocemente. Era un semplice
attacco Azione, certo, ma sembrava che il livello di quel Pokémon fosse
altissimo.
Ed un
Pokémon con un livello altissimo fa danni anche con un attacco Azione.
“Crobat, usa
Supersuono!”
Fu questione
di un attimo, e le onde ad ultrasuoni del pipistrello si riversarono lungo
l’aria, finendo nei grossi padiglioni auricolari di Noivern.
Quello si
bloccò, emettendo un gemito di dolore.
I suoi occhi
si strinsero in modo assoluto per il dolore, mostrava sofferenza tramite ogni
muscolo, quasi gli stesse esplodendo il cervello, e per un momento il mostro
succhiasangue era sparito. C’era solo un Pokémon che soffriva.
Yellow uscì
dal cespuglio, con gli occhi fissi su quell’abominio.
“Valerio...”
Quello si
girò, e la guardò. “Che vuoi?”
“Non... non fargli del male”
“Devo indebolirlo ancora, Yellow” disse il ragazzo dai capelli blu, e si girò ancora.
“Non... non fargli del male”
“Devo indebolirlo ancora, Yellow” disse il ragazzo dai capelli blu, e si girò ancora.
“Ti prego...
non...”
“Crobat, continua!”
“Crobat, continua!”
Valerio
volle snobbare la ragazza, andare avanti, fare il suo dovere.
“Basta!
Valerio basta!”
Yellow corse
vicino al poliziotto e lo scosse per le spalle, come si fa con un congegno
elettronico quando non funziona.
“Pidgeot!”
Valerio mandò in campo il suo Pokémon migliore. “Usa Baldeali!”
“No, Valerio! Lo ferirai!”
“No, Valerio! Lo ferirai!”
Pidgeot volò
in alto, mentre il vento gli tirava quel ciuffo di piume indietro, e si abbassò
velocemente in picchiata. Noivern non poteva accorgersene.
E fu così
che le ali coraggiose di Pidgeot si schiantarono contro Noivern, mettendolo al
tappeto.
“Basta
così!” urlò Yellow, stufa dal canto suo di vedere i Pokémon soffrire. “Vai
Ultra Ball!”
“Non basterà!” alzò la voce anche Valerio, allarmato.
“Non basterà!” alzò la voce anche Valerio, allarmato.
La Ultra Ball
volò lenta dalla mano della giovane fino alla testa del Pokémon Drago, e quello
per un attimo sparì nella sfera.
Un’oscillazione.
Due
oscillazioni.
Niente.
“È uscito! Crobat, continua!”
Il Supersuono continuava a bombardargli le orecchie, mentre risultava molto complicato a Noivern il mettersi all’in piedi e combattere la minaccia.
Il Supersuono continuava a bombardargli le orecchie, mentre risultava molto complicato a Noivern il mettersi all’in piedi e combattere la minaccia.
“Pidgeot!
Zuffa!”
Quello si gettò a capofitto in una lotta ali e zampe contro l’avversario, che confuso e spaesato non riusciva a difendersi.
Quello si gettò a capofitto in una lotta ali e zampe contro l’avversario, che confuso e spaesato non riusciva a difendersi.
Ma il sangue
di Noivern usciva a fiotti, e le zampe di Pidgeot graffiavano il suo corpo, ed
il suo volto: una grossa cicatrice tagliò la sua guancia verticalmente,
sfregiandolo.
“Lancia la
Ultra Ball!”
Yellow obbedì, e tirò la sfera.
Yellow obbedì, e tirò la sfera.
Un’oscillazione.
Due
oscillazioni.
Tre
oscillazioni.
Preso.
Il silenzio
si espanse, in quel momento solo i loro respiri facevano rumore.
Noivern era
in una Ultraball, era stato catturato.
E tutto era
finito.
Tutto era
finito.
“E... stop!
Ottima, taglia pure!” il regista si alzò dalla sedia, tutto esaltato,
sorridente, per via della scena ben girata. Valerio e Yellow sorrisero a mezza
bocca, perché non adoravano quel mestiere, e difficilmente una simile proposta
sarebbe stata accettata di nuovo, ma era stato un semplice divertimento, un
gioco, e non ci sarebbe stato alcun problema a divertirsi.
Almeno una
volta o due.
Valerio
guardò Yellow e sorrise. Sapeva dei suoi dissidi interiori. Sapeva di Red,
sapeva che era andato via per chissà dove.
“Smontiamo
tutto!” urlò ancora il regista.
Gold si
avvicinò a Yellow, con ancora il cerone bianco messo in faccia, per sembrare
più pallido, da buon cadavere.
“Allora
andrò a cercare Red. Te lo devo” sorrise il giovane.
“Se vuoi
fallo pure. Per quel che conta, ormai...” gli occhi della ragazza erano tristi,
mentre si allontanavano dal Percorso 31, ed entravano a Violapoli.
“Beh... tu
non perdere le speranze. Puoi sempre accettare le mie proposte. Per una pizza.
Una sera di queste...”
“Non ne ho voglia, ma grazie, sei gentilissimo”
“Allora vi saluto. Mi levo questo trucco da faccia e parto”
“Non ne ho voglia, ma grazie, sei gentilissimo”
“Allora vi saluto. Mi levo questo trucco da faccia e parto”
“Ciao Gold”
sorrise Yellow, stringendolo a sé. Quel film era finito.
Ma qualcosa
era stato lasciato per terra.
In una Ultra
Ball.
E quella
notte la Ultra Ball si aprì. E dopo aver lanciato un grosso urlo, nella notte
di Halloween, Noivern spiccò il volo, ed andò via.
Ma quella
cicatrice in faccia non era un effetto scenico. Era vera, e bruciava. Ed aveva
giurato vendetta.
Vendetta
contro Valerio ed i suoi uccellacci.
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