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Come home, Mewtwo



Ciao a tutti! Periodo di grosse novità, questo mese ci sta regalando emozioni inaspettate. Una nuova miniserie è quello che ci ha investiti, In The Shadows, con Ryan ed Alma, fuori martedì, ma intanto ecco un'altra piccola One Shot, firmata da Rachel.
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Inoltre volevo che passaste su - QUESTA - pagina. Il manga di Back To The Origins

Stay Ready...
Go.

Andy $



La nave procedeva pigramente lungo la superficie dell’acqua.
Ondeggiava in modo tanto lieve che, se non fosse stato per i piccoli tremolii della sua sfera, Mewtwo non se ne sarebbe nemmeno reso conto. Ma intanto se ne accorgeva, e ad ogni live ticchettio della ball sul ripiano, alzava la testa, guardingo.Era passata la parte più fredda dell’inverno, e adesso il tempo iniziava a mostrare clemenza, donando già uno stralcio di primavera. Quel freddo Mewtwo non l’aveva mai sopportato, chiuso quasi tutto il tempo nella sua sfera e, raramente, in compagnia della ragazza che lo aveva riportato al suo tempo.
Le ferite che si era procurato durante la battaglia contro Arceus erano state lente a guarire, ma entro la fine di gennaio era tornato al pieno della sua forma.
Aveva visto il lento cambiamento, la ricostruzione delle città. Sia la ragazza che il suo compagno avevano aiutato, ove potevano, a risistemare.
Avevano vagato abbastanza per la regione e alla fine erano tornati a casa loro, per poter riorganizzare il loro futuro.
Mewtwo aveva decisamente preferito quella fase. Molto più rilassata della precedente. Aveva anche iniziato a legare con la ragazza, il suo essere l’Oracolo non sembrava essere mutato, ma in un certo senso era un’emanazione diversa. Evidentemente la distruzione del cristallo nel tempo passato aveva avuto le sue ripercussioni nel presente.
Eppure, qualcosa lo lasciava inquieto, gli impediva di apprezzare quella calma.
Era una frustrazione sottile, che il Pokémon Genetico sopportava con malcelata sofferenza. E che tuttavia cercava di non far pesare sui suoi ospiti.
Alla fine, però, fu proprio la sua allenatrice a farglielo notare.
“Sei frustato, non è vero?” chiese Rachel.
Il Pokémon abbassò lo sguardo. Non c’era rimprovero o rabbia nella sua voce.
“Sì, ma io stesso non ne comprendo il motivo”
Il Pokémon parlò direttamente nella sua mente, come era solito fare.
All’inizio a Rachel era sembrato strano, ma alla fine vi aveva fatto l’abitudine, ed i due parlavano spesso tramite la telepatia.
La ragazza non aveva preteso nulla dal Pokémon, sentendosi quasi in colpa verso di lui per le azioni compiute da suo padre.
C’aveva messo un po’ per superare l’imbarazzo e comportarsi con lui in modo normale. Nonostante la strana sensazione di star parlando con un Pokémon che quasi nessun altro sente o che mima alcun gesto in segno di risposta. Probabilmente era stata quella la cosa più imbarazzante.
Quella lo guardò con tristezza. Forse si sentiva ancora responsabile. Mewtwo stava per aggiungere qualcosa quando lei lo precedette.
“Andiamo a Kanto.”
Lo disse a voce ferma, guardandolo con aria convinta.
Mewtwo la osservò, stupito.
“Non è che sia una cosa decisa sul momento, sia chiaro... io e Zack ci stavamo pensando da qualche giorno, ma, vista la situazione, anticiperemo”
Gli sorrideva, tranquilla. Il Pokémon psico si sorprendeva sempre di quanto il suo umore cambiasse rapidamente, sospettava che fosse a causa dello stress che quella situazione le aveva lasciato addosso e gli sembrava una conseguenza normale del tutto.
“Insomma... ti avevo detto che ti avrei riportato a casa. è questo il motivo per cui sei venuto con me, ma ancora non l’ho fatto. Siamo tornati nel tempo giusto... ma nel luogo sbagliato.”
Quella si sedette sul divano, abbandonandosi al riposo e socchiudendo gli occhi.
“Ti riporteremo a casa, Mewtwo, poi lì deciderai tu stesso cosa fare”
Il Pokémon aveva annuito, trovandosi inconsciamente già sollevato dal peso che gli opprimeva il petto.


Era stato catturato tre anni prima. I suoi ricordi di quel giorno erano abbastanza confusi e buona parte del periodo successivo era un buco nero, nella sua mente.
Ricordava solo dell’uomo biondo, accompagnato da un altro strano uomo in camice bianco. Mewtwo l’aveva messo in guardia, consigliandogli caldamente di andarsene, ma quello aveva fatto tutt’altro. Aveva chiamato a combattere un Charizard, un Gengar ed un Alakazam, attaccandolo spietatamente.
Di per sé quella non sarebbe stata che un’inutile scaramuccia per il Pokémon psico, abituato ad avversari ben più potenti, ma evidentemente ad una certa si entra intromesso l’altro uomo, usando un bizzarro macchinario era riuscito a bloccare i movimenti di Mewtwo, rendendolo incapace di evitare il massiccio attacco combinato degli altri tre Pokémon. Dopodiché, la sua memoria procedeva a scatti. La sensazione era quella di qualcosa che risucchiasse la sua volontà, quasi costringendolo al sonno. Non sapeva di preciso cosa la causasse. Ad ogni modo, per sua fortuna, erano rare le volte in cui si svegliava o veniva risvegliato. Più spesso veniva lasciato rinchiuso nella sua sfera, a riposo, in vista probabilmente del giorno in cui attuare il piano per cui era stato catturato.
Il resto cercava di non ricordarlo. La battaglia contro Arceus per lui era stata pesante, e le ustioni che lo Chandelure di Rachel gli aveva inflitto erano sparite solo dopo una settimana, e aveva anche usato buona parte del suo potere per amplificare le capacità di Celebi e riportare tutti i presenti nel loro asse temporale di appartenenza.
Dopodiché, lui era rimasto con la giovane allenatrice, l’Oracolo, per rimettersi in forze.

E ora si trovava su una nave. A mille miglia nel mezzo dell’oceano, in attesa di rimettere piede a Kanto.

L’ennesimo ondeggiamento della sfera lo riportò alla veglia.
Rachel sonnecchiava. Ai piedi del letto si trovava Zoroark, appisolato anch’esso. Il post evoluzione del Pokémon era stata una fonte di svago per Mewtwo. Forse il Pokémon Mutavolpe non si rendeva conto delle sue nuove dimensioni e caratteristiche, o forse certi gesti per lui erano semplicemente meccanici, ma spesso tentava di addormentarsi sulla sua allenatrice, o di appoggiarsi sulle sue gambe.
Cosa che chiaramente risultava più difficile, adesso che pesava circa 80 chili.
Ora però riposava tranquillo, vicino al letto.
Zack era sul ponte, conosceva vagamente il proprietario della nave, e era riuscito a trattare la traversata. L’imbarcazione era di per sé specializzata nel trasporto merci, ma visto che per brevi tratte portava anche qualche passeggero, erano riusciti a farsi accettare a bordo.
Il giorno successivo, dopo un viaggio di circa 3 giorni, sarebbero arrivati ad Aranciopoli, e finalmente il Pokémon Genetico sarebbe tornato nella sua terra natia.

La nave ondeggiò un’ultima volta, mollando gli ormeggi e venendo ancorata al porto. Il gruppo scese rapidamente dalla barca, trascinandosi dietro i bagagli e aspettando che fossero al di fuori della zona abitata per lasciar uscire Mewtwo.
Il Pokémon si guardò attorno, osservando e riconoscendo la zona in cui si trovavano.
L’odore, il cielo, che sembrava eterno ed immutabile, e la terra, che silenziosa sosteneva tutto, non erano cambiati da quando li aveva lasciati. Anzi, probabilmente non erano mai cambiati da quando li aveva visti la prima volta.
Era una giornata in cui la primavera sembrava arrogarsi prepotentemente il diritto sul tempo, e che aveva invaso l’aria con la sua brezza tiepida.
Guardò i giovani che lo avevano scortato fin lì, grato.
“Sei finalmente a casa”
Fu lui a parlare, stavolta.
“Già”
I pensieri si impressero nella mente di entrambi i ragazzi.
“Grazie per tutto quello che avete fatto. Non solo per me, ma per aver placato Arceus. Semmai  avrete bisogno di me, in futuro, chiamatemi. Nonostante tutto, ho un debito nei vostri confronti.”
Rachel scosse la testa, poggiando una mano sulla spalla del Pokémon e ordinando poi a Zorua di distruggere la sfera in cui aveva tenuto Mewtwo.
“Mi dispiace, per ciò che hai dovuto subire a causa di mio padre, per lo scontro a cui sei stato forzato a partecipare... Queste sono cose a cui non potrò mai porre rimedio, nessuno potrà farlo.”
Mewtwo si allontanò da lei.
“Sei diversa da tuo padre tanto quanto sei simile all’oracolo del tempo passato. Ma ricorda, sei tu a scegliere chi essere e un legame di sangue è sì qualcosa che ci lega a qualcuno,ma non è un segno d’appartenenza, né tantomeno un obbligo. Scegli tu i legami da costruire, e lascia che poi sia la tua anima ad edificarli.”
Quello si allontanò, iniziando a fluttuare in aria.
“Spero di rivedervi, Eroi di Adamanta, grazie per avermi riportato al luogo a cui appartengo.”
Rapidamente, il Pokémon psico si alzò in volo, sparendo oltre le nubi. Una macchia rosa, gli apparve davanti agli occhi mentre oltrepassava lo strato candido, per sparire tanto velocemente quanto era apparsa.
L’ultima prova che era veramente tornato a casa.

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