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Hoenn's Crysis - Prologo



Ci siamo fatti gli auguri, insomma. L'anno scorso, esattamente il 12 febbraio, usciva il prologo di Back to the Origins. Non dico che uscirà a breve la nuova storia, di cui sotto il prologo, ci vorrà un mesetto, forse anche di più, ma su questo blog non si sta mai fermi. La nuova storia si chiama Hoenn's Crysis. Ed è più o meno la cronaca di quanto succede ad Hoenn durante la saga di Back to the Origins. Ed i protagonisti...beh. Li conoscete.
Detto questo, ho scritto di mio pugno questo prologo, in meno di mezz'ora avevo già completato. Ragazzi. Questa storia vi farà diventare re e regine.
Ringrazio Pokémon Adventures ITA. Ed ora sotto con la lettura. Martedì uscirà il nuovo capitolo di In the shadows, non perdetelo.

Keep calm, stay ready and go...

Andy $





Presto o tardi non sarai più quel che eri...


Avanti! Veloce, dobbiamo andare!”
I respiri della ragazza diventavano sempre più pesanti, ma venivano annullati dal rumore della pioggia, che cadendo pareva sfracassasse i timpani.
C’è a chi la pioggia piace, indubbiamente altera i sentimenti e le sensazioni, e quello scorrere continuo fa sì che i pensieri cadano con essa, attaccati al vetro di chissà quale metropolitana.
La pioggia è buona.
La pioggia serve.
Inoltre è un ottimo pretesto per rimanere a casa, sotto alle coperte, magari a bere una cioccolata calda e a leggere un buon libro.
Ma essere al caldo e all’asciutto non esula dal fatto che stia comunque piovendo.
E che magari qualcuno, lì fuori, corre.
“Ci stanno raggiungendo!”
L’affanno li aveva investiti come fosse un tir, e l’aria fredda di Dicembre bruciava nei loro polmoni, sverginati solo da quella sigaretta sporadica che entrambi fumavano di tanto in tanto.
“Ruby, andiamo! Dobbiamo scappare!”
Il ragazzo alzò gli occhi verso Sapphire, che correva a perdifiato, affondando il passo in un numero indefinito di pozzanghere. O forse era un’unica, gigante, infinita pozzanghera che durava da ormai un paio di chilometri. L’acqua schizzava ovunque, alzata dalle caviglie rapide di Sapphire ed atterrando direttamente sui pantaloni di Ruby, che stranamente non sembrava preso da quella cosa.
“Dobbiamo metterci in salvo!” urlò la ragazza, superando la strettoia che portava al Deserto di Hoenn. Virarono verso sinistra, in direzione del Cammino Ardente.
“Forse lì non ci troveranno!” continuò lei. I capelli bagnati, totalmente fradici i suoi vestiti, e delle linee nere sul viso. Sì, pioveva, ma probabilmente quelle gocce d’acqua sul suo viso non erano dovute soltanto alla pioggia.
Piangeva lei.
Aveva paura, lei.
“Ruby...” piagnucolò Sapphire, superando gli arbusti, dove si nascondevano sempre degli esemplari di Numel.
“Sono dietro di noi!” fece Ruby, voltandosi, e vedendo gli Houndoom che li raggiungevano. Dietro soltanto quelle figure scure, che non accennavano a distanziarsi.
“Ma chi sono?!” urlò Sapphire, d’improvviso.
“Che importa?! Non si tratta più di fare una lotta, qui! Questi vogliono ammazzarci!”
Sapphire continuò a piangere, e Ruby nascose che aveva tanta voglia di emularla.
“Forse dobbiamo dividerci!” fece quella.
“Non se ne parla! Non permetterò che ti facciano qualcosa!”
Entrarono nel Cammino Ardente, e continuarono a correre. Dovevano per forza, o le loro suole si sarebbero sciolte a contatto con l’alto calore del pavimento della grotta.
“Dai! Ci siamo quasi, l’uscita è lì! Poi saremo vicini a Ciclamipoli!” Ruby pareva speranzoso, ma tutto sommato capiva che le speranze di uscirne in salvo erano basse. Sapphire correva, ma lui non sapeva quanto ancora la ragazza potesse continuare a farlo. Lui era distrutto, ora oltre al bruciore nei polmoni, per via del forte freddo, si era aggiunto il bruciore agli occhi, causato dalla cenere del vulcano.
“Sapphire...io non ce la faccio più...”
Lo sguardo blu della ragazza si spalancò, e vedendo il ragazzo rallentare gli afferrò la mano e lo tirò. Ciò bastò a Ruby per dargli una spinta in più. Doveva arrivare alla fine di quel percorso. Non potevano vincere i cattivi.
I cattivi non vincono mai.
“L’uscita!” urlò la ragazza, e l’imbucarono. La pioggia prese di nuovo a battere sulle loro teste. Era una pioggia marrone, sporcata dalla cenere del vulcano. In poco tempo i volti dei due si trasformarono in maschere lorde di paura ed ansia. Gli Houndoom continuavano indefessi l’inseguimento, senza sentirsi minimamente turbati dalla pioggia.
“Ruby! Dai, giriamo l’angolo! C’è la casa della famiglia Vinci!”
“Cosa?!”
“Andiamo!”
Ma l’acqua a terra era tanta, e Ruby perse l’equilibrio.
“No!” urlò la ragazza. Uno dei due Houndoom gli si avvicinò, avventandosi con le fauci aperte sulla gamba del ragazzo.
“Oddio, no!”
“Ruby!” urlò a squarciagola Sapphire, tirandolo per mano, e facendo sì che le mandibole di Houndoom si chiudessero violentemente sul nulla cosmico. Ruby ebbe il tempo di tirargli una pedata sul muso, e tirato dalla ragazza riprese a correre.
Stavolta però la distanza era quasi nulla. Un paio di metri dividevi gli inseguitori dai due Dexholder.
Sapphire piangeva abbondantemente, singhiozzando, e sciogliendo ulteriormente quello che restava del suo mascara.
“Non ce la faccio più!” urlava lei. Ruby sentiva ridere alle sue spalle, mentre gli Houndoom continuavano ad abbaiare.
“Dobbiamo farcela! Non abbandonarmi ora!”
Non avrebbero neanche potuto sfidarli. Non avevano nemmeno le Pokéball con loro, cosa del tutto innaturale per un Dexholder.
Ma sono cose che capitano.
Le nuvole nere nel cielo cantavano, aprendo i boccaporti ed aumentando l’acqua. S’infrangeva su di loro fredda ed incandescente allo stesso tempo.
Ruby stringeva i denti, ed ormai si era lasciato andare al pianto. Non aveva belle sensazioni, e la cicatrice gli bruciava. Guardava la gonnellina di Sapphire, un tempo bianca, ora sporca di sangue e fango. La camicetta, dello stesso colore, strappata e le mani e le ginocchia sbucciate. Le scarpe affondavano nelle pozzanghere d’acqua e fango, spingevano fuori l’acqua, prepotenti, si appropriavano dello spazio a loro disposizione, allontanando il tempo di qualche secondo l’acqua di troppo. Che poi sarebbe ritornata, come prima.
“Non ce la faremo...” piangeva lui.
“Corri, dannato!” urlava a sua volta la ragazza, tirandolo per mano. Dietro l’ultima fila d’alberi videro l’agognata meta.
“La casa della famiglia Vinci! Avanti, Ruby, non demordere!”
“Non ce la faccio più! Mi fanno male i polmoni!” tossiva, piangendo e singhiozzando.
“Un piccolo sforzo ancora!”
Sapphire era sempre stata più coraggiosa di lui, glielo doveva. Lui lo sapeva. Si sarebbero salvati, ed avrebbero riso fieramente anche di quella situazione.
Gli Houndoom avevano praticamente meno di tre metri di vantaggio, ma ormai erano fuori la porta di quella casa. Le luci erano accese, ed un fumo nero fuoriusciva dal comignolo sul tetto, battuto incessantemente dalla pioggia incandescente.
Sapphire saltò i tre scalini e cominciò a battere i pugni sulla porta.
“Aiuto! Aiutateci! Aiuto!”
Ruby la raggiunse, la emulò per un secondo esatto, ma poi si girò. Gli Houndoom erano arrivati da loro, e ringhiavano. Ancora le risate di quei due uomini d’ombra.
Ruby si voltò, a fare da scudo per la ragazza, allargando le braccia. A lei non sarebbe dovuto succedere nulla.
“Chi siete?”
Un Houndoom abbaiò.
La foschia alzata dalla pioggia celava i volti dei due, che ormai avevano rallentato. Il loro passo adesso era decisamente più calmo.
“Ma perché non apre nessuno?!” urlava Sapphire, continuando a battere i pugni sulla porta.
“Chi siete?!” domandò Ruby, stavolta più forte. Levò il cappello e lo gettò per terra.
“Chi siamo? Beh, non ci conosci...” disse la prima di quelle ombre. La voce era femminile, suadente. La silhouette di quella era lunga e sottile. Quella affianco era pressoché alta uguale, ma più doppia. Non troppo.
“...ma sai da dove veniamo” fece, proprio quest’ultimo.
Sapphire a quel punto si girò, sporgendosi e stringendo il corpo di Ruby. Era spaventata.
L’acqua cadeva pesante sulle loro teste, gocciolando dalla grondaia.
La foschia alla fine rimase alle spalle di quelle due figure losche e tetre.
Ruby spalancò gli occhi.
L’uomo, prima della donna. Fu lui il primo a definirsi all’occhio color rubino del ragazzo, che anche se traboccante di lacrime e pioggia, metteva tutto a fuoco con i suoi 576 megapixel.
Il tizio era alto, una montagna di muscoli. In testa il solito cappuccio del Team Magma, ma stavolta era differente. Non assomigliava a quello canonico, quello di 10 anni prima. Una felpa attillata nera, con il simbolo del Team Magma giusto al centro colorato di rosso, aveva quello strano cappuccio con le orecchie. Le gambe erano vestite con un pantalone nero, elasticizzato, aderente anche quello, ed ai piedi un paio di stivali. Ruby le notava queste cose.
Il volto invece era quello di un fotomodello. Dal cappuccio calato si intravedevano dei ciuffi biondi, spettinati. Gli occhi verdi, di un verde molto acceso, illuminavano quel volto solido. Naso dritto, labbra carnose.
Se fosse stata una donna se ne sarebbe innamorato.
E poi dalla foschia uscì anche l’altra figura in ombra. La donna.
“...” Ruby spalancò la bocca. Stessa giacca del ragazzo, la zip lasciata a metà, da cui fuoriusciva la scollatura abbondante di quella ragazza alta e snella. Fianchi generosi quanto bastava, stessi pantaloni attillati, stessi stivali neri. Il cappuccio rimaneva alzato, ma i capelli castani, mossi, né ricci né lisci, fuoriuscivano dai lati della testa. Il ciuffo ben pettinato sugli occhi, dello stesso colore del ragazzo.
Era incredibilmente bella.
“Che...che volete da noi?” chiese brevemente Ruby, cercando di farsi sentire sopra al rumore fatto dai cani, e non riuscendo a produrre più di un sussurro.
“Vi vogliamo fuori dai piedi” disse quello losco e bello.
“Che cosa volete ancora da Hoenn! Max è morto! Finitela e lasciateci stare!” urlò Sapphire, stringendo le mani al petto di Ruby.
Lui guardava concentrato la donna che aveva di fronte. Sentiva la pressione delle mani di Sapphire sul suo petto, stringerlo forte sul cuore, sperando che non gli succedesse niente.
Ma la sua stretta lentamente si fece sempre più molle, e vide le mani della ragazza scivolare in basso, fino all’addome, per poi lasciare la presa.
Ruby avvertì che era caduta, esanime.
“Sapphire!”
Ma neanche il tempo di girarsi che un fazzoletto si poggiò sulla sua bocca. Quell’odore era troppo forte, tanto da spingerlo a chiudere gli occhi. Le gambe non gli davano più la forza per sorreggerlo, e lo costrinsero ad abbandonarsi per terra, accanto a Sapphire. Prima di perdere proprio conoscenza però gli occhi riuscì ad aprirli.
La porta di casa Vinci era aperta. Ed una voce maschile riempì le sue orecchie.
Disse:

“Ottimo. Ora nessuno potrà fermarci...”



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