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Come Home, Mia

Salve a tutti, Pokéfans!
Abbiamo indetto un sondaggio per conoscere il protagonista della nuova One Shot che scriverò personalmente, e che pubblicheremo più avanti. Qui, sulla sinistra, troverete varie opzioni. Sceglietene una, basterà cliccarci, non bisogna necessariamente essere iscritti.
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Martedì la programmazione sarà sospesa, ci prendiamo un attimo di tregua. Ma torneremo la settimana dopo, con le borse pronte per affrontare il lungo viaggio che ci porta sul Monte Argento.
Stasera, invece, scritto da Rachel, c'è il pezzo Home, che conclude Backt to the Origins. Focalizziamoci meglio sui personaggi della storia. Oggi c'è Mia.

Stay Ready! Go!

Andy $




Il pesante scatolone e le altrettanto cariche buste che portava le stavano segando le mani.
Mia per un istante si ritrovò a valutare come totalmente errata la sua scelta di far prevalere il desiderio d’indipendenza. Desiderio che l’aveva portata ad andare ad abitare da sola, anche se sempre a Miracielo, in un antico palazzo risparmiato dalla catastrofe. Una sistemazione tanto bella quanto poco pratica, visti i quattro piani di scale, ovviamente privi di ascensore, da percorrere ogni volta.
Ma non erano i gradini a pesarle, quanto ciò che trasportava, accuratamente impacchettato e sistemato nelle buste che le segavano le mani e nella scatola che sembrava volerle staccare le braccia dalle spalle.
Arrivò finalmente al suo pianerottolo, dirigendosi verso l’appartamento che aveva scelto di occupare e poggiando delicatamente i suoi pacchi a terra.
Stirò le spalle, sentendo i muscoli dolerle per lo sforzo, poi guardò il suo prezioso carico.
La vita della scrittrice era dura, lo sapeva, ma nessuno l’aveva preparata a quanto potesse essere massacrante l’inizio.
Quando aveva contattato la casa editrice l’aveva fatto sotto pseudonimo, Lucette Frida. Non voleva sfruttare il nome della sua famiglia, ricca ed influente da generazioni. Né tantomeno voleva che qualcuno pensasse che lo avesse fatto.
Armeggiò nella borsa per alcuni minuti, estraendone poi il mazzo di chiavi, ornato da un ingombrante peluche di un Munchlax. Lo avevo comprato nel tentativo di facilitare il ritrovamento delle chiavi nella grande borsa, ma stranamente continuavano a nascondersi.
Sbloccò la serratura ed aprì la porta sul piccolo ingresso, caricandosi di nuovo i pesanti bagagli addosso.
Dentro era caldo, più di quanto non si aspettasse. Si liberò del cappotto, appendendolo all’apposito gancio all’ingresso e levò le scarpe, godendosi la sensazione dei pieni nudi sulla morbida moquette.
La sala principale, provvista di un ampio tavolo tondo da un lato, e di un divano ed una poltrona dall’altro, sistemati davanti ad un televisore. Aveva anche un lungo mobile, abbastanza alto, su cui la ragazza aveva disposto un gran numero di fotografie.
La più grande rappresentava tutta la sua famiglia: suo padre, sua madre e suo fratello maggiore. Era sempre stata la sua preferita. Le pose erano rigide e fin troppo innaturali, ma le ricordava uno di quei maestosi ritratti presenti nei libri di storia dell’arte, pieni di giovani lord, cavalieri, accompagnati da Pokémon altrettanto maestosi.
“Eroi, eh...?” sussurrò appena.
Guardò la pila di libri, con un sorriso malinconico sul volto. Alla fine non era di quello che parlava la sua storia? Certo, forse non erano esattamente quelli delle fiabe, ma erano sicuramente più realistici.
Controllò le altre foto, soffermandosi su un primo piano del fratello. Raymond era partito parecchi anni prima... e non era più tornato. Prese la foto, rannicchiandosi sul divano. Il tessuto caldo le riscaldò le gambe, mentre un velo di lacrime iniziava ad arrossarle gli occhi. La comunicazione le era arrivata poco dopo il ritorno a casa da Sinnoh. Suo padre l’aveva guardata negli occhi e l’aveva stretta mentre quella si abbandonava al pianto.
L’immagine di Raymond si era più volte sovrapposta a quella di Zack, nella sua mente. Due spiriti liberi, con dentro quella fiamma che gli impediva di star troppo tempo fermi nello stesso luogo. Per questo, sia lei che suo padre, erano stati concordi nello scegliere di cremare il corpo che era tornato e di spargerne le ceneri al vento. Thomas Vernon, il padre, era rimasto con il volto impassibile, ma con gli occhi stretti dal dolore, vittime di un pianto che non sarebbe mai arrivato a respirare aria.
Abbracciò a sé la foto, chiedendosi cosa avesse provato suo fratello. Era ad Hoenn, nel pieno del cataclisma, quando accadde. Era morto da solo? O qualcuno era rimasto al suo fianco mentre spirava?
Gli carezzò il viso, seguendo la linea del volto sul vetro gelido. Dopodiché posò la foto di lato, asciugandosi con forza gli occhi.
Si alzò dal divano, dirigendosi verso la pila dei libri. Se voleva sperare di veder pubblicata la sua storia, doveva vendere le prime cento copie da sola. Pagando anche le spese della tipografia che le avrebbe stampate.
Per quello aveva sfruttato il patrimonio di famiglia, ma aveva giurato che avrebbe ripagato tutto, fino all’ultimo centesimo. Zack e Rachel erano da poco tornati da Kanto, una piccola vacanza per far conoscere alla ragazza la madre di Zack e per ridare la libertà al Mewtwo che la ragazza aveva preso con sé. Mia l’aveva visto solo poche volte, quando i ragazzi erano venuti a trovarla, per darle consolazione nel lutto e quando Mia li aveva invitati all’inaugurazione della casa, futile pretesto per far loro domande sugli eventi accaduti prima di conoscerla, e su quelli avvenuti nel passato.
I nomi usati nel libro erano fittizi, ma non c’era un singolo evento narrato che non fosse realmente accaduto, e di questo Mia si sentiva orgogliosa. Li dispose ordinatamente in pile sul mobile, ognuna da cinque volumi, altri erano stati ordinati all’interno del mobile, in attesa di trovare acquirenti.
Zack e Rachel si erano già detti disposti a comprarne tre. Una l’avrebbero tenuta loro, un’altra sarebbe finita in regalo a Ryan e Marianne, ed un’altra alla madre di Zack, a Kanto, che lo avrebbe pubblicizzato agli ospiti del B&B che gestiva. Lo aveva chiuso durante la permanenza dei giovani, ma adesso aveva già un nuovo cliente.
Mia era soddisfatta, altre copie sarebbero andate ad alcuni suoi amici, altri ad alcuni degli impiegati di suo padre, con cui era solita chiacchierare quando passava negli uffici, ed altre ancora li avrebbe venduti in strada, se necessario.
Dopo aver sistemato tutto, Mia fece uscire il suo Chikorita dalla sfera. Il piccolo Pokémon la guardò, gli occhi di quel rosso vivo esplosero in un sorriso alla sua vista. Quella guardò le altre Pokéball, Magmortar non veniva lasciato libero spesso, solo per mangiare e per far sgranchire un po’ i muscoli, mentre Metagross... beh, lui non l’ascoltava già da prima, sarebbe stato sciocco sperare che iniziasse a farlo adesso, evoluto con l’esperienza di un’altra allenatrice. Tuttavia Mia gli voleva bene lo stesso, nonostante lo considerasse, alla pari di Magmortar, più come un coinquilino che un suo Pokémon. Sospirò accarezzando la foglia di Chikorita, respirando il lieve profumo che emanavano le gemme che portava al collo, e che, una volta evoluto in Bayleef, avrebbero inondato l’ambiente con una fragranza unica.
Sistemò lo scatolone, appiattendolo e posandolo in un angolo, le sarebbe stato utile per il trasporto dei libri, mentre le buste furono ordinatamente ripiegate. Anche la foto di Raymond tornò al suo posto, da dove l’avrebbe ripresa di nuovo qualche sera dopo, quando il dolore si sarebbe riaffacciato più prepotente. Poi sicuramente sarebbe accaduto sempre meno spesso, ma Mia non si metteva fretta.
Amava suo fratello e l’avrebbe amato per sempre, così come immutabile sarebbe stato l’affetto per suo padre e sua madre. E in quella casa, il suo rifugio, avrebbe sicuramente accolto anche qualcun altro a cui voler bene, qualcuno che si sarebbe fatto spazio fra le foto di famiglia, fra le pile di libri in ordine ed il portatile. Qualcuno che Mia avrebbe amato, venendo amata a sua volta, di quel sentimento che era diventata così brava a descrivere e che non vedeva l’ora di provare.

 

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