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Monte Argento: Gold vs Red - 4

Salve a tutti.
Vi lascio brevemente con l'ultimo capitolo di questa minisaga. Hoenn's Crysis arriva.
Martedì 13 Maggio.
A presto!

Andy Black




Gold guardava Red negli occhi. Sapeva di essere in svantaggio. Aveva il solo Exbo, il suo bellissimo esemplare di Typhlosion, a combattere contro uno Snorlax, ed un altro Pokémon, allenato dal migliore allenatore di sempre.
Red.
Red di Biancavilla.
Gold sospirò e cercò di calmarsi, anche se riconobbe che per lui una cosa del genere fosse parecchio difficile.
Calmarsi...aveva i nervi che ballavano la samba, come faceva a calmarsi?!
"Exbo!" urlò Gold, e la corona di fiamme che c'era sul suo collo incrementò esponenzialmente il calore prodotto. La neve sulla cima si sciolse, diventando acqua, chiara e limpida.
"Snor! Dobbiamo sconfiggerlo! Andiamo con Cozzata Zen!"
Snorlax si avvicinò all'avversario, cercando di colpirlo con una testata, ma Exbo era superiore in fatto di velocità, e senza neanche aver sentito l'ordine di schivarsi del suo allenatore si era già spostato sulla destra.
"Exbo! Usa Marchiatura!"
Velocemente, dal lato dell'avversario, Typhlosion fece uno scatto, portandosi alle sue spalle. Dopodichè dalla sua bocca ne fuoriuscì una fiamma ad altissima temperatura, che lo colpì tra le scapole.
Snorlax soffriva.
"Lo hai scottato" sospirò Red.
"Già! Che ne dici, Exbo? Usiamo Muro di fumo?"
Il Pokémon di Gold lasciò fuoriuscire del fumo nero e denso, che nè la neve nè il vento riuscivano a diradare.
"Snor...Riposo"
Gold spalancò gli occhi, sorpreso. Non vedeva il suo avversario, ma ci sentiva benissimo. Ed aveva sentito Red ordinare al suo Pokémon di addormentarsi in battaglia.
"Più semplice per noi! Comete!"
Exbo sapeva dove si trovasse il suo avversario. Ma tanto l'attacco Comete sarebbe andato a segno lo stesso. Delle stelle di energia raggiunsero Snorlax, colpendolo. Tuttavia quello dormiva beato.
"Russare!" urlò Red.
Gold portò le mani alle orecchie e digrignò i denti. "Exbo! Aumenta la temperatura al massimo!"
L'avversario dal cappello rosso sorrise. Era una strategia intelligentissima. Il rumore delle fiamme così vicino all'apparato uditivo di Typhlosion gli impediva di sentire il forte attacco di Snorlax. In più il calore continuava ad aumentare, e l'energia che stava per fuoriuscire dal corpo di Exbo sembrava assurda, anche per un Pokémon così ben allenato.
"Ok, Exbo! Vai adesso con Eruzione!"
Le fiamme sul dorso del Pokémon si acuirono ulteriormente, fino a riempire ogni cosa. Snorlax, nonostante l'abilità Grassospesso, fu letteralmente arrostito e messo fuori combattimento.
"Exbo..." sorrise Gold, quasi commosso. Il fumo si diradò.
Red era scioccato, incredulo. Non riusciva a capire come fosse possibile quello che era successo. Vedeva quel fortissimo esemplare di Typhlosion, affaticato per lo sforzo dell'ultimo attacco.
"È...è incredibile..." fece il ragazzo dagli occhi rossi.
"Lo so. Credo sia la lotta più incredibile che abbia mai fatto"
"Non è ancora finita. Vai Saur!"
Il Venusaur di Red. E Gold già gioiva dentro, covando nel profondo la convinzione che un Pokémon d'erba non avrebbe mai potuto sconfiggere Exbo, per quanto potente fosse stato. Le fiamme del suo Typhlosion lo avrebbero arrostito.
"È ammirabile quello che stai facendo" disse Red. "Per Yellow hai rischiato la vita, e ti sei messo a lottare contro di me. Sicuro di non amarla?"
"No, Red. Non lo so. Forse. Forse mi piace, è vero, ma da qui ad amarla è un passo gigante. Io sono suo amico, e voglio vederla stare bene. E starebbe bene solo tra le tue braccia. Per quale motivo non puoi tornare da lei?"
"Te l'ho già spiegato. Saur, usa Fangobomba!"
Venusaur sputò dalla bocca del liquame violaceo e puzzolente, acido, che si mischiò all'acqua limpida, un tempo neve fredda. Typhlosion fu colpito sulla zampa posteriore destra. Cominciò a dolergli.
"Cazzo, cominciamo bene! Exbo, rendiamogli la partita più difficile, usa Nitrocarica!"
Exbo era provato, ma sapeva quanto il suo allenatore tenesse a vincere quell'incontro, e si abbassò sulle quattro zampe, accendendo il fuoco sulla schiena. S'infiammò letteralmente, prendendo a correre verso l'obiettivo.
"Saur, attenzione...come in allenamento..."
Venusaur ruggì, e si ritrovò a farsi colpire bellamente dall'avversario.
"Ottimo Exbo! Avanti così! Potenza pura! Ed ora...ma che?!"
Exbo prese a barcollare, quindi si schiantò per terra, addormentato. Saur poi esplose, creando tanto fumo, per poi riapparire quattro metri più indietro. Red sorrideva.
"Che succede?!"
"Succede semplicemente che Saur ha usato Sostituto unito ad un attacco Sonnifero. Non appena Typhlosion ha attaccato Saur, o almeno credeva di averlo fatto, ha respirato le spore soporifere lasciate nell'aria dal mio Pokémon. Quindi si è addormentato. Direi che possiamo chiuderla qui..."
"Già" sospirò Gold, facendo rientrare Exbo nella sfera. "Complimenti..."
Red fece rientrare Saur nella sfera e sorridente e consapevole si avvicinò all'avversario.
Gold stava a testa bassa.
"Ora non andrai da Yellow..." sospirò ancora il ragazzo.
"Gold...ho bisogno di allontanarmi da tutto e da tutti"
E poi un enorme sibilo li spaventò entrambi. Un’ombra enorme li oscurò, e poi una folata di vento si abbattè su di loro.
Moltres si era alzato in volo, e stava andando verso Smeraldopoli.
“Wow...” sorrise Red.
“Beh...complimenti”
Red gli tese la mano. L’istinto primario di Gold fu quella di prendere la scimitarra che non aveva e tagliargli il polso. Ma poi la razionalità lo fece di nuovo suo, e afferrò la mano dell’amico.
“È ammirevole quello che hai fatto, Gold”
“Non ti posso dire niente. I patti sono patti, ed io rispetto la parola data, quindi me ne andrò e ti lascerò solo. Ma vorrei che parlassi a te stesso, con il tuo cuore, e ti ponessi qualche domanda. Solo allora potrai sorridere di nuovo”
Red fissò Gold come un bambino fissa la madre che lo puniva. Lo vide girarsi e scendere le scale, ormai disastrate, della vetta.
E poi sparì.

Yellow era ormai seduta al tavolino del solito bar, a guardare il sole coricarsi dietro l’orizzonte, mentre leggeva, si fa per dire, un libro di Jane Austen.
Leggeva, sì, ma non riusciva a concentrarsi. Era troppo presa.
Gold ancora doveva tornare. Era in ansia.
Sbuffò, cercando di tirare fuori dallo stomaco e dalla pancia quella fastidiosa sensazione di angoscia.
Per rilassarsi aveva deciso di ascoltare anche un po’ di musica, e quindi mise gli auricolari. Nelle cuffiette suonava Changes di Faul&Wad. Musica solare, musica rilassante, musica tranquilla.
Riflettè, però, e pensò che avrebbe dovuto tenere su soltanto una cuffietta. Qualcuno avrebbe potuto chiederle qualcosa, e lei non l’avrebbe sentito.
Sarebbe stato scortese.
Quindi rimase lì, a sentire la musica, a leggere, con una cuffietta che pendeva sul collo lungo e decorato con una collana molto sobria, una catenina con un ciondolo.
Solita coda di cavallo, cappotto lungo di pelle, nero. Era pur sempre Dicembre, e non poteva permettersi di stare sempre a mezze maniche o in abitini corti.
Il mare davanti a lei sussurrava parole incomprensibili, e sembrava volerla venire a prendere, per poi cambiare idea, e ritirarsi indietro.
Però poi cambiava idea di nuovo, e tornava.
Chiuse le pagine di quel libro che tanto voleva leggere. Ma senza voglia non si fa nulla.
“Hey...Yellow...”
Una voce la chiamava. Dapprima pensò che aveva fatto bene a pensare di non alzare entrambi gli auricolari.
Poi si ricordò che qualcuno aspettava di dirle qualcosa. Probabilmente era Gold.
E quando si voltò, e ad attendere il suo sguardo del color del grano vi trovò Red, schiuse le labbra, per permettere all’aria di entrare in quantità maggiore.
“Red...”. La voce della ragazza era bassissima e lasciva, quasi fosse un promemoria per se stessa, per non dimenticare il nome dell’individuo che aveva davanti.
“Posso sedermi qui con te?”
Yellow lasciò qualche secondo per permettere alle parole di sedimentarsi per bene sul fondo della sua mente, quindi gli indicò con il dito sottile la sedia accanto alla sua.
Lui sorrise e si sedette.
La ragazza lo guardava sbalordita. Non credeva lui fosse lì davvero.
“Come stai?” chiese quello.
“...”
“Rispondi, no?”
Yellow lo guardò meglio. Indossava un caldo maglione di lana, rosso. Stesso colore e materiale anche per sciarpa e cappello. Un jeans sotto, ed un paio di comode scarpe da ginnastica ai piedi. Non aveva più la tenuta da allenatore.
“Sono stanca. Tu?”
“Letto troppo?”
“Pensato troppo”
“A cosa hai pensato?”
“A tutto, Red. Ma soprattutto mi sono chiesto perché il ragazzo che amo tanto è sparito”
“Il ragazzo che ami tanto ha fatto una brutta cosa. Ed ha dovuto passare tanto tempo da solo per comprendere bene l’errore che ha fatto”
“Il ragazzo che amo mi ha fatta del male. Forse lui non mi ha amata poi così tanto”
“Sai...ti capisco. Ti senti tradita, distrutta, soggiogata. Ma pensa soltanto che io mi sento peggio di te”
“Perché ti sentiresti tradito?! Io non ho fatto niente!” si irritò la bionda.
“Non intendo questo. Intendo dire che l’averti fatto stare così mi ha spezzato il cuore. Vedere il tuo amore frantumato in tanti piccoli pezzi mi ha fatto del male. E mi sono reso conto di aver fatto una cosa che non è da me”
“Hai fatto...”
“Sì, con Blue. E se tornassi indietro non lo rifarei mai più”
Lo sguardo di Yellow si pietrificò, e fu come se il sole si ghiacciasse. Poi quello di Red, caldo come il fuoco, lo sciolse.
“Dov’eri?” chiese lei.
Red sospirò e si levò la sciarpa, poggiandosela sulle gambe.
“Mi sono detto così tante cose, dopo averti tradita che avevo vergogna persino di respirare. Ed in un certo senso mi sono punito. Ho intrapreso un viaggio, e sono rimasto sulla cima del Monte Argento, ad allenare mente e corpo. Ho pensato, ho ragionato. Ed anche se so che non tornerà subito tutto come prima, mi sono reso conto che non potevo perderti”
“Hai distrutto i miei sogni”
“Sono qui per ricostruirli, Yellow. Con amore ed impegno. E con la certezza, stavolta, che niente potrà più separarmi da te”
Red ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, e fissarla in volto. Righe nere di trucco si proiettavano sulle guance, e ancora più giù, fino alle labbra rosee e carnose. Gli occhi si gonfiarono di lacrime, le labbra invece stavano per esplodere di parole non dette.
Tuttavia, quando il ragazzo le porse la mano, lei non potè far altro che sorridere, ed afferrarla, sentendo morire quel fantasma che viveva ormai da tempo dentro di lei.
Yellow decise di perdonare Red.
Di essere superiore. Di capire, di ascoltare. In fondo lui era un buono.
E come avrebbe potuto non fidarsi di un buono?

Un'altra mattina monotona, un'altra volta aprire gli occhi forzatamente, un'altra volta aprire la finestra e vedere che il tempo si sente proprio come te: grigio.
E sentirsi grigio, per uno che si chiamava Green, era un po' come una crisi d'identità.
La nuvole formavano un denso piano di marmo, in cui tutto sembrava immobile. Nulla si muoveva, niente si generava. Neanche sembrava stesse per piovere.
Quelle nuvole dovevano solo nascondere il sole.
Appoggiato con i gomiti sullo stipite della finestra, guardava l'istantanea che quel calmo paesino, che altro non era che Biancavilla, gli regalava alle sette e mezza del mattino, quando si svegliava.
Sbadigliò, aveva il volto stropicciato e tanta stanchezza addosso.
Forse era il caso di calmarsi.
Forse era il caso di rendere tutto un po' più fermo.
Di trovare lo spunto per smettere di cadere, di trovare le basi per una stabilità, mentale soprattutto.
Che tanto i soldi ce li aveva... e manco gli interessavano.
Sbuffò, e levò la maglia del pigiama. Faceva un freddo dannato.
Non si era reso conto, una volta giratosi, che Moltres, l'enorme uccello leggendario, aveva lasciato il Monte Argento per fare chissà cosa.
E tutto sommato neanche quello gli sarebbe importato.
Nulla gli importava più, da quando, in casa sua c'era una voce in meno. Da quando sulla spalliera della sedia accanto alla cassettiera nella sua stanza non c'era più nessun reggiseno, nè le pantofole gettate via, e sempre nel posto meno opportuno. Sì, le pantofole usate come arma di distruzione di massa, che ti facevano inciampare e ti uccidevano.
Blue mancava davvero.
Mancava lo spazzolino nel bagno, l'odore in quella casa quando passava. Mancava la pila di piatti che lei lasciava lì apposta, per far sì che, quando lui tornasse da lavoro, potessero passare un po' di tempo insieme, a parlare del più e del meno.
Uno lavava ed uno asciugava.
Uno spazzava ed uno passava lo straccio.
La coppia vincente.
"Io preparo il primo" faceva lei.
"Io l'insalata"
Sorrideva, Green, ricordando la voce di lei. Ormai era nudo, davanti quello specchio che aveva bisogno di essere pulito, e mentre la doccia riscaldava le sue acque, pensava alle pantofole di quella, al fatto che fossero armi di distruzione di massa, e a quanto lei per lui fosse un'arma di distrazione di massa.
Non riusciva a non pensare a lei.
La doccia era pronta, il vapore saliva in aria, e lui si gettò sotto quel getto bollente.
E quando anche tutti i pensieri scesero giù con l'acqua nello scarico sotto i suoi piedi, e fu pronto, uscì di casa. Addosso il suo cappotto lungo, quello nero. Tra le mani la sua ventiquattr'ore ed una busta con il camice pulito, che era andato a ritirare il giorno prima in lavanderia.
Il cielo era ancora grigio. Il suo umore pure. Diede tre mandate alla porta e si avviò a piedi verso la collina dell'osservatorio.
Si sorprese del fatto che davvero non ci fosse qualcuno in strada, perchè di solito per quell'ora una macchina passa, ogni tanto.
Invece nisba. Sentiva i suoi passi rimbombare nella testa, mentre in realtà si percepiva solo un lieve crepitio, quello delle suole delle sue scarpe di cuoio che scricchiolavano.
E poi ancora il pensiero di lei.
"Green..."
Quasi sentiva la sua voce.
"Green"
Lui si fermò. La voce c'era davvero.
Si voltò lentamente, sperando di esser diventato pazzo, perchè onestamente, per quanto forte fosse con i Pokémon, non era in grado di sostenere una conversazione con quella ex ladra, che continuava a rubare parole, emozioni e situazioni.
Non appena si voltò, la ebbe davanti. Era a pochi metri da lui, bella come sempre, ma più triste.
Indossava un maglioncino a collo alto blu navy, di lana, aderente quanto bastava per mostrare le curve prosperose di cui madre natura l'aveva dotata. Sotto un paio di jeans, quindi degli stivali. I capelli erano pettinati da una parte, non aveva più la frangetta di sempre, ma il volto era lo stesso. Tuttavia i suoi occhi, blu come il mare, come il cielo (non quel giorno), come il suo maglione, erano spenti.
Proprio come quelli di Green.
"Capita..." disse lui, come se in quel momento lei avesse appena finito di chiedergli scusa.
Alzò il volto, con le lacrime che bruciavano come sale su di una ferita, mantenute attorno alle pupille con tenacia.
"Io...io sono pessima"
"È vero" annuì Green.
"Non sono in grado di mantenere stabile questa relazione, e più in generale non sono in grado di mantenere nulla stabile, ma...ma con te ci ho provato sul serio..."
Green abbassò il capo. Cosa significava? Che non voleva più provarci? Ed anche se avesse voluto provarci non era del tutto sicuro che il suo orgoglio si fosse lasciato assalire in quel modo.
Lei rimaneva lì, occupando quanto meno spazio possibile nel mondo che la circondava, perchè si sentiva piccola e non voleva che gli altri la guardassero. Perchè lei non era stata buona.
Lei aveva tradito.
"Quindi?" chiese lui.
"In realtà non so nemmeno io perchè sono venuta qui..." sorrise, quasi per liberare la tensione che il suo volto contrito teneva da quando lo aveva visto. Un minuto in pratica, ma sembravano dieci anni.
E dieci anni di soggezione sono un po' scomodi.
"Vuoi scusarti vero?"
Lei annuì lentamente, non riuscendo a sostenere il peso dello sguardo dell'uomo che aveva di fronte.
"Mi spiace che tu e Red ora abbiate litigato"
Lui fece spallucce.
"Non so...non so che dire"
"Stavi andando a lavoro?"
Lui annuì.
"E se ti accompagnassi?"
Lui fece cenno con la testa di andare.
Aspettò che la raggiungesse, e cominciarono a camminare. Non appena mossero insieme il primo passo, lui si sentì più calmo, come se fosse davanti ad un camino, vivo del suo fuoco scoppiettante, mentre fuori nevicava.
Si sentiva coperto.
Non era più solo.
Blue non lo avrebbe mai ammesso, ma di tanto in tanto si girava a guardarlo. Ed osservava i suoi occhi, e quelle labbra contrite, mantenute al volto come se fossero tirate, perchè Green non voleva esprimere alcuna emozione, nemmeno per sbaglio.
Poi lui allungò la mano verso la sua, cercando col mignolo le sue dita sottili. E alla fine lo vide sorridere.
Blue abbandonò totalmente quella sensazione disagevole, e gli strinse la mano. Per non lasciarla mai più.

Gold sorrideva, con le mani nelle tasche del giubbotto, mentre vedeva Red baciare Yellow. Un momento splendido, mentre la soddisfazione lo investiva come un camion. Aveva appena finito di curare i Pokémon dopo lo scontro con Red. Il centro Pokémon di Cassandra era chiuso quando scese dal Monte Argento e dovette farlo non appena tornato a casa. Tuttavia ripensava alla scena della sua discesa dal monte, e alla delusione di non aver potuto rivedere negli occhi la bella infermiera.
Rivedeva la scena. Un cartello affermava che il centro rimaneva chiuso fino a data da destinarsi, scritto in bella grafia.
Peccato, avrebbe voluto salutare quella donna dai capelli lunghi e dalle labbra sicuramente morbide.
Perché era un romantico. Un uomo innamorato delle donne, e dei loro sorrisi.
Yellow sorrideva, e questo era quello che contava.
Poi il Pokégear squillò, e lo fece sobbalzare.
Era il Professor Oak.
“Gold, diamine, ma dove sei stato in questi giorni?!”
“Professor Oak, salve. La sento allarmato, che succede?”
“Devi assolutamente raggiungere Silver e Crystal ad Hoenn. Sta per scoppiare l’apocalisse”
Gold non ebbe nemmeno il tempo di rispondere un “che?!” oppure un “cosa è successo?”, che Oak già aveva attaccato.
Hoenn aveva bisogno di lui.
Crys e Silver avevano bisogno di lui.


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