Sera a tutti. Ecco a voi un nuovo capitolo di Hoenn's Crysis, storia presentata da Pokémon Courage e Pokémon Adventures ITA, la pagina migliore di Facebook, che organizza la pubblicazione di immagini e del MANGA!
Avete ancora due giorni per partecipare al concorso di Pokémon Courage, scrivete una flash, una drabble o una one shot, e pubblicatela su EFP, dopodichè linkate il vostro operato sotto il post in evidenza!
Quindi affrettatevi! Giovedì 3 Luglio si chiuderanno le iscrizioni, e sabato 5 potreste vedere la vostra storia pubblicata proprio su questo blog!
In ogni caso beccatevi questa! Sto capitolo è na manata!
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Quindi affrettatevi! Giovedì 3 Luglio si chiuderanno le iscrizioni, e sabato 5 potreste vedere la vostra storia pubblicata proprio su questo blog!
In ogni caso beccatevi questa! Sto capitolo è na manata!
Il corpo tonico di Silver
si immerse nell’acqua bollente. Aveva davvero bisogno di rilassarsi, e di
levarsi da dosso cenere, polvere e sudore dopo quella mattinata di fuoco.
Seduto nella vasca del
centro Pokémon, totalmente nudo, i capelli erano legati sulla testa con un
codino. Un ciuffo, IL CIUFFO, quella dannata ciocca ribelle, gli ricadeva
davanti agli occhi, già appannati dal vapore che si innalzava dall’acqua nella
vasca. Dopo i primi tre tentativi di tenerlo fermo desistette.
Il calore dell’acqua
massaggiava i muscoli intorpiditi, stanchi, e rilassavano il sistema nervoso
del ragazzo, ultimamente troppo sovraccaricato. Come fosse un riflesso
spontaneo, il suo dito disegnava cerchi delicati sulla superficie dell’acqua.
Forse fu proprio quel
calore a fargli desiderare una vasca più stretta, ed un corpo da toccare,
proprio di fronte a sé.
Voleva il corpo di
Crystal lì di fronte, e non per soddisfare i bisogni carnali, quanto per godere
di quella vista.
Gli piaceva, non poteva
negarlo a se stesso e, sebbene avesse intimato a se stesso più volte di non
distrarsi, di rimanere concentrato, trattenere i battiti di quel “coso” che
aveva nel petto gli risultava difficile.
“…”
Stanco e stressato,
doveva andare avanti, e limitare tutti i comportamenti ambigui che il suo cuore
magnetico avrebbe avuto vedendo il ferro temperato della bellezza di Crystal.
Si sollevò con le braccia
sui bordi della vasca, ed una piccola pioggia di gocce limpide scivolarono dal
suo corpo. Uscì e prese ad asciugarsi.
“Silver! Hai fatto?”
chiedeva proprio Chris, fuori alla porta, seduta a rigirarsi i pollici.
Fu questione di pochi
secondi, il rosso uscì con l’accappatoio aperto, i boxer a coprirgli le nudità
ed ancora i capelli alzati.
“Tutto tuo...” fece
quello.
Crystal sorrise grata al
ragazzo di poter levarsi da dosso la fatica con una bella doccia. Sarebbe stata
più rapida di Silver, poco ma sicuro. Lui aveva fatto un bagno, probabilmente
non riusciva a gestire bene quel genere di stress.
Una volta entrata nel
bagno, chiuse a chiave la porta. Era da sola, quindi sfilò i vestiti da dosso e
li pose in una busta: erano da lavare, e lo avrebbe fatto al primo specchio
d’acqua dolce, a mano, come le avevano insegnato da piccola.
Si rese conto solo allora
della grande quantità di vapore nell’aria. C’era solo una luce in quel piccolo
bagno, ed era dovuta ad una lampadina a bulbo proprio sopra lo specchio. La
fissò per un attimo, per poi rendersi conto di una cosa.
Si avvicinò proprio allo
specchio, i suoi piedi calpestavano le mattonelle bianche chiazzate dall’acqua
caduta probabilmente dal corpo di Silver, ma non ci pensò.
L’unica cosa che contava
in quel momento, e che probabilmente era la causa del suo sorriso, era quel
cuore disegnato sulla condensa del vetro.
Quando tutti e tre ebbero
finito di lavarsi, si misero in marcia. Con l’aiuto di Pokémon molto potenti e
l’intervento tempestivo di Walter e Rocco, la popolazione di Mentania riuscì ad
arginare l’afflusso di lava dall’enorme cratere.
“Conviene andare avanti.
L’eruzione di Groudon potrebbe aver portato dei danni anche al paese accanto”
fece Fiammetta.
“Ciclamipoli? No, Walter ha detto che è stato tutto tranquillo” le rispose Crystal.
“No, intendo Ferrugipoli. Ci si arriva passando per il Tunnel Menferro, che è proprio lì” indicò la rossa.
“Ciclamipoli? No, Walter ha detto che è stato tutto tranquillo” le rispose Crystal.
“No, intendo Ferrugipoli. Ci si arriva passando per il Tunnel Menferro, che è proprio lì” indicò la rossa.
Silver fu il primo a
muovere i passi verso quel posto. Il bagno lo aveva decisamente rilassato, ed
avrebbero dovuto far presto ad attraversare il tunnel, dato che il sole stava
per timbrare il cartellino quel giorno.
Si sarebbero accampati
all’esterno della grotta, sicuramente, se non ce l’avessero fatta, ma a quanto
aveva spiegato poi Fiammetta, il tunnel non era molto lungo, indi per cui
affondarono i piedi nel buio iniziale dell’antro per poi rendersi conto che
varie lampade irroravano di luce debole e giallastra il circondario.
I terremoti probabilmente
avevano dato qualche problema al sistema di illuminazione, dato che,
contemporaneamente, tutte le lampadine davano segnali d’intermittenza.
Il tunnel Menferro era un
posto particolare. La pietra di quella grotta era porosa, di uno strano colore
tendente al grigio-verde e le pareti avevano dei piccoli cunicoli che fungevano
da tana per i Whismur.
Fiammetta alzò il
cappuccio del giubbino di jeans, dato che non voleva che qualche Zubat
impazzito le si impigliasse tra i capelli. Il suo sguardo scrutava curioso ed
intimorito il soffitto della grotta, dove stormi di pipistrelli a testa in giù
stavano quieti e sonnecchianti.
“Proseguendo dritto
arriveremo a Ferrugipoli”
Crystal annuì. Si era
cambiata. Ora un vestito a fascia le adornava il busto, mettendone in risalto
il seno. Il colore era il solito rosso che spesso portava nel suo vestiario.
Caldo, ma non troppo vivace, quasi lievemente sbiadito. Sotto di quello, un
paio di leggins grigio scuro le proteggeva le gambe da possibili graffi. Il
tutto era completato da un paio di scarpe da trekking dello stesso grigio,
dalla spessa suola resistente al calore. Nella borsa teneva anche un giacchetto
bianco, per proteggere le braccia e le spalle dal contatto con rocce e simili.
Silver sembrava
apprezzare molto il suo nuovo outfit, e la squadrava da capo a piedi,
sorridendo quando lui non lo fissava.
La grotta, nonostante
fosse malconcia e non messa proprio nel migliore dei modi a livello di
infrastrutture come illuminazioni ed uscite di sicurezza era attraversata
frequentemente da avventurieri e semplici pendolari che passavano per lì.
Fiammetta vedeva una
coppia di fidanzati molto giovani. Fin da piccini erano fidanzati, si amavano e
passavano i loro giorni insieme, tuttavia lui abitava a Ferrugipoli e lei a
Mentania.
Ora si abbracciavano e si
stavano salutando.
Lui non lo sapeva, dato che
non si voltava mai, ma per tutta la durata del tragitto che gli consentiva di
uscire dalla grotta, lei lo guardava sognante, braccia conserte al petto,
sorridente.
Ed anche quel giorno non
fece eccezioni.
“Ma... ma quelli chi
sono?” domandò poi Crystal, più a se stessa che agli altri.
“Che dici?” chiese
curioso Silver, distratto dai vari avventurieri che si scambiavano pareri sugli
strumenti da scalata più efficace.
“Ci sono due persone
proprio lì... lì in mezzo al percorso”
Fiammetta strinse le palpebre
per mettere meglio a fuoco. Due persone, vestiti neri, ed un macchinario enorme
tra di loro.
“Team Magma!” urlò,
correndo verso di loro. L’impulsività della ragazza lasciò i due perplessi e
bastò loro giusto il tempo di far sedimentare quelle due parole, e la
seguirono. Silver la raggiunse per prima.
“Che volete adesso?! E
cos’è questa macchina?!” urlava la rossa, agitando i pugni in aria.
I due si voltarono
immediatamente, e sorrisero.
Il primo era sicuramente
il tizio che aveva sfidato sulla cima del Monte Camino. Sorrideva, la dentatura
ben disposta lungo le labbra dell’uomo. Le braccia incrociata sui pettorali ben
turgidi ed i capelli nascosti dal cappuccio, eccezion fatta per il ciuffo
biondo che fuoriusciva galeotto.
La seconda era una
ragazza, magra, capelli scuri, con un braccio steso lungo il fianco ed uno che
premeva contro l’anca, piegato.
“Questa?” chiese lui,
carezzando l’aggeggio infernale che era stato messo lì. “Questa è una macchina
ad ultrasuoni”
“Una macchina ad
ultrasuoni?! Cosa credete di fare con quella?!”
“Sapete… Voi mi avete
stufato. E tu, non dimenticare che sei mia” puntò lo sguardo sulla rossa.
L’altra girò il volto,
sorridente, e lo spintonò leggermente.
“E così la Capopalestra è
tua...”. La voce di quella era calda e suadente, ed in quel caso allusiva.
“Già. Ha perso contro di
me, e adesso me la porterò via”
Silver pensò che quel
teatrino fosse già abbastanza. Fece un passo avanti, spostando Fiammetta,
ponendosi davanti a lei.
“Ora basta” digrignò i
denti lui.
Il biondo sorrise. “Tu...
tu sei quello con problemi nel controllare la rabbia”
“Appunto”
“Silenzioso”
“Andate via”
La ragazza sorrise, dopo una sorta di sbuffo, e guardò il compagno. “Dice che dovremmo andare via”
“Andate via”
La ragazza sorrise, dopo una sorta di sbuffo, e guardò il compagno. “Dice che dovremmo andare via”
“Non hanno capito nulla”
rispose di contro lui.
La mora fece un passo
avanti. “L’eruzione causata al di sotto di Mentania ha fatto sprofondare
Groudon in uno stato di quiete. E a noi questo non piace”
“Andate via, o saranno
guai. Sarete arrestati”
“Arrestati?!” intervenne il ragazzo, ridendo di gusto, manifestando superiorità. “E a che pro? Rinchiudere un uomo in una gabbia è come ammazzare un leone. Orgoglio e libertà che vanno via. Chi si permette di fare una cosa del genere non conosce democrazia né uguaglianza. Meno ancora giustizia”
“Arrestati?!” intervenne il ragazzo, ridendo di gusto, manifestando superiorità. “E a che pro? Rinchiudere un uomo in una gabbia è come ammazzare un leone. Orgoglio e libertà che vanno via. Chi si permette di fare una cosa del genere non conosce democrazia né uguaglianza. Meno ancora giustizia”
“Quindi sarebbe giusto
far morire milioni di persone per i vostri scopi loschi, giusto?”
“Sarcasmo portami via...
Tizio rosso” si pronunciò la bella nemica “Finchè fai parte di una giustizia
imperfetta, umana, fallace, non conoscerai mai la verità universale. La
giustizia vera e propria è quella che impone agli altri di esser tutti uguali.
Non esiste ricco né povero al di fuori delle mura amiche”
Crystal pensò che non
avesse tutti i torti. Fosse stata una politica avrebbe riscosso molto successo.
Purtroppo era una terrorista.
“Esistono anche modi e
modi. Se vuoi cambiare il mondo non puoi pensarlo di fare tutto in una volta”
“Io non posso perder
tempo. Mentre io e te stiamo parlando, qui, adesso, un uomo sta catturando un
Pokémon. Un altro lo sta rinchiudendo in una gabbia, lo sta vendendo. Qualcun
altro ne sta uccidendo un sacco. Altri stanno distruggendo le loro case. Dimmi,
tizio rosso, questa è giustizia?”
Silver deglutì.
Silver deglutì.
“Non si tratta più di
Pokémon, ora. Ora si tratta di milioni di vite umane. Voi siete degli
assassini. E dovete andare via”
“Dannazione, smettila di volerci cacciare. Non ce ne andremo” alle parole della giovane mora, lei ed il suo collega risero. “Ben detto”
“Dannazione, smettila di volerci cacciare. Non ce ne andremo” alle parole della giovane mora, lei ed il suo collega risero. “Ben detto”
“Vi sfido” fece Silver,
con sgomento da parte di Crystal. Sapeva che sarebbe andata a finire in quel
modo, ma sperava di rimediare con la diplomazia.
“Lascialo a me” sorrise
il biondo.
“Ok Andy. Fai tu”
Feraligatr vide Zoroark
apparire in campo. Non gli bastò molto per capire che avrebbe dovuto
abbatterlo.
“Mi pareva di averti
visto con un negatissimo Grovyle” sorrise quello.
“Feraligatr, Troppoforte”
L’alligatore, si gettò a
capofitto sull’avversario, pronto a sottometterlo con colpi casuali, ma il
repentino intervento di Andy lo costrinse a vedere quanto quello Zoroark fosse
veloce.
“Salta, ed andiamo... Le
paure di Feraligatr” sorrise quello.
All’improvviso tutti
alzarono gli occhi al cielo. Erano in mezzo ad una foresta di fulmini. Uno
cadde veloce vicino l’alligatore azzurro, tanto da farlo ruggire.
“Feraligatr, calmo”
strinse i denti Silver. “È tutta un’illusione”
Tuttavia Zoroark ancora
doveva presentarsi nel campo di battaglia.
I fulmini cadevano con
cadenze irregolari, ma tutti molto vicini a Silver ed al suo Pokémon. Crystal
rimase scioccata da quello che vedeva.
E ad un certo punto anche
Silver fu costretto ad aprire la bocca.
Uno Zapdos ruggì
all’improvviso, dall’alto del cielo.
Feraligatr allargò le
braccia, urlando. Aveva davvero paura. “È Zoroark! È tutta un’illusione!
Fermati!”
“Zapdos, perché non lo
attacchiamo con Fulmine!”
“Feraligatr, cazzo...”
“Feraligatr, cazzo...”
“Devi colpirlo!” urlò poi
Crystal, dalle retrovie. “Quando lo fai l’illusione svanisce!”
“Sentito Feraligatr?!”
“Sentito Feraligatr?!”
Ma intanto il suo sguardo
timoroso volteggiava sulle ali di quello Zapdos che si stava preparando a
colpire con Fulmine.
“Feraligatr!”
Fu il momento di vedere
quella saetta biancastra lasciare quell’ammasso di nuvole e dirigersi proprio
verso di lui, che quello rinsavì. Rotolò a sinistra, e si mise sulle quattro
zampe, per ottenere maggiore rapidità.
“Usa Idropompa!”
Una possente colonna
d’acqua partì dalla bocca del Pokémon Mascellone, trapassandolo letteralmente.
“Esageriamo! Tuono!” rise
Andy notando l’agitazione di Feraligatr e riempiendo i padiglioni auricolari
con le urla di Silver che cercava di calmarlo.
“L’ha totalmente
attraversato. L’attacco di Silver non ha avuto alcun effetto” osservò sgomenta
Fiammetta. Ormai non si rendeva più conto di cosa fosse apparenza e cosa
realtà.
“Non è successo nulla...”
ragionò Crystal. “E... e poi la macchina ad ultrasuoni è sparita. Ed anche la
ragazza... dove sono loro?”
“È un’illusione, lo sai”
“Sì, so che è un’illusione. La questione è che voglio sapere dove sono”
“Perché?!”
“Sì, so che è un’illusione. La questione è che voglio sapere dove sono”
“Perché?!”
E all’improvviso capì.
“Silver! Zoroark non è
Zapdos! Quella è solo una proiezione mentale!”
Il rosso si girò. “Feraligatr, non preoccuparti di Zapdos, ma usa Idrondata!”
Il rosso si girò. “Feraligatr, non preoccuparti di Zapdos, ma usa Idrondata!”
Feraligatr aveva appena
evitato l’ennesimo attacco elettrico, e nonostante avesse dei seri dubbi sul
fatto che il suo attacco fosse potuto andare a buon fine data l’altezza
dell’obiettivo, eseguì in silenzio.
Un’onda dall’altezza e
dalla potenza tremenda si espanse tutt’attorno a lui.
“No, Zoroark! Evitalo!”
urlò Andy. Si sentì soltanto il verso del Pokémon Mutevolpe sofferente.
“L’attacco è andato a
buon segno!” urlò Fiammetta, felice.
D’improvviso, proprio
come un castello di carte da gioco con una forte folata di vento, l’impalcatura
delle paure di Feraligatr si sgretolò, fino a mostrare nuovamente il Tunnel
Menferro, con Andy e la sua avvenente collega.
I loro piedi affondavano
in una fanghiglia verdognola. Zoroark vi era immerso, steso di spalle.
“Ottimo, approfittiamone,
vai con Colpo!” urlò Silver, vedendo poi il suo Pokémon gettarsi a capofitto
contro l’avversario.
Bastò poco, un paio di
pugni ben assestati, per mandare fuori combattimento Zoroark.
“Bravissimo Feraligatr”
fece asettico il rosso, facendolo rientrare nella sfera. “Ora che hai avuto la
tua lezione vai via”
Gli occhi di tutti furono
puntati su Andy. Prese la sfera del suo Pokémon e lo fece rientrare, quindi
scoccò un bacio alla plastica rossa di quest’ultima. “Scusami amico...”
“Sparisci”
Gli occhi verdi di Andy si alzarono verso Silver. “Tu... tu forse non capisci”
Gli occhi verdi di Andy si alzarono verso Silver. “Tu... tu forse non capisci”
“Probabilmente è così.
Andate via”
“L’equilibrio del mondo come oggi lo conosciamo è stato dato da innumerevoli disastri. Terremoti, estinzioni di massa, glaciazioni, desertificazioni. Il clima mitiga le nostre anime, la natura ci mette a disposizione il fabbisogno per andare avanti ogni giorno... Tuttavia distruggiamo tutto, come un cattivo ospite”
“Andate via” ripetè di nuovo lui.
“L’equilibrio del mondo come oggi lo conosciamo è stato dato da innumerevoli disastri. Terremoti, estinzioni di massa, glaciazioni, desertificazioni. Il clima mitiga le nostre anime, la natura ci mette a disposizione il fabbisogno per andare avanti ogni giorno... Tuttavia distruggiamo tutto, come un cattivo ospite”
“Andate via” ripetè di nuovo lui.
“Come vuoi” sorrise la
moretta accanto a lui, dando un pugno sul pulsante d’accensione della macchina
ad ultrasuoni, per poi cominciare a camminare verso di loro. Silver rimase
sconcertato, quasi immobile, nel vedere la lucina rossa della macchina
lampeggiare.
Andy si avvicinò a
Fiammetta, impietrita, le mise una mano sul fianco destro e la strinse a sé,
per poi assaporare il suo odore. Le diede un bacio sul collo, e quindi prese a
correre assieme alla sua collega verso l’uscita della grotta, per Mentania.
Fiammetta tremava, le
mani non riuscivano a stare ferme, le labbra neppure.
“Ha... ha attivato la
macchina, vero?” chiese Crystal.
Silver annuì, guardandosi
attorno. Tutte le persone attorno a loro erano ignare. Quando però un boato
riempì le loro orecchie, tutti si guardarono attorno. La terra cominciò a
tremare violentemente e la volta del Tunnel Menferro cominciò a precipitare
gradualmente, da destra verso sinistra, quindi partendo dall’ingresso di
Mentania.
“Cazzo!” urlò Fiammetta,
prendendo Chris per mano e cominciando a correre. I tre correvano, mentre
dietro di loro nuvole di polvere e grida si levavano verso l’alto. Pokémon ed
esseri umani rimanevano schiacciati dal soffitto della grotta.
“Scappa via!” urlò
Silver, guardando la stessa ragazza che aspettava che il fidanzato uscisse.
Quella però rimase immobile.
È la sensazione più
brutta che possa mai investire una persona: quella paura che ti rende una statua,
che ti fa stare immobile, che ti consegna tra le braccia della morte.
Colpisce solo alcuni;
difatti i ragazzi correvano, pieni d’adrenalina e d’istinto
d’autoconservazione, e non furono in grado di vedere la cruenta scena che però
rimase negli occhi del ragazzo alla fine della grotta, innamorato perso del suo
amore, della sua donna.
L’aveva vista morire.
Aveva visto morire se stesso.
“No! Mindy!” urlava.
Le enormi rocce cadevano
davvero troppo vicine per far sì che i ragazzi potessero allentare la presa e
correre con più rilassatezza. Erano costretti a premere sull’acceleratore al
massimo, fino a quando l’uscita per Ferrugipoli fu qualcosa di tangibile.
“Mindy!” urlava quello.
Silver lo tirò con tutte le sue forze e lo spinse fuori, per poi tuffarvisi come
da una scogliera.
Atterrarono sull’erba
morbida del percorso che divideva il Tunnel Menferro da Ferrugipoli. Il primo
non esisteva più.
“Mindy!” urlava il
ragazzo, sotto il corpo di Silver.
“Calmati” cercava di dire
Crystal, rimettendosi all’in piedi.
Quello non sentiva
ragioni. Si alzò all’in piedi di corsa, prendendo a scavare con le mani.
Fiammetta piangeva per
l’adrenalina. Per la seconda volta in due giorni stava per morire.
“Andiamo avanti...”
“Dovremmo avvertire Alice” fece Fiammetta, prendendo il suo Holovox dalla borsa.
“Dovremmo avvertire Alice” fece Fiammetta, prendendo il suo Holovox dalla borsa.
La chiamata fu breve.
Il tono funereo.
Il pianto dell’uomo, le
mani sanguinanti e scorticate sui massi, le unghie spezzate, si diffondeva
nell’aria. Era un suono soffocato, perché il dolore troppo grande non sempre
trovale parole per esprimersi.
Alice ascoltò in silenzio
il racconto di Fiammetta. Il bel volto, dai lineamenti gentili, era incupito,
le labbra strette, mentre i denti mordevano il labbro inferiore.
“Faremo in modo di
sgombrare il tunnel... e di recuperare i corpi. Mi dispiace che dobbiate
assistere a tutto questo.” La sua voce usciva deformata dalle casse dello
strumento, ma la sua figura sembrava richiudersi su se stessa “Ma non dovete
mollare. Fatelo per impedire che altre tragedie come questa si ripetano”
I tre si guardarono, annuendo.
Dopo la promessa che Alice avrebbe avvisato Petra del loro arrivo, la
comunicazione fu chiusa.
Silver si avvinò
all’uomo, ormai quasi in catalessi, scuotendolo timidamente per le spalle.
“Lei è lì sotto...” fu
tutto quello che riuscì a dire quello.
Silver ingoiò saliva, ma
si sentiva la bocca arida.
Non ci sono parole da
usare in questi momenti, non ci sono consolazioni, scuse o incoraggiamenti. Ciò
che è perso non può tornare e si porta dietro la speranza che le cose possano
continuare anche senza. Perché in quel momento il mondo perde il suo centro
gravitazionale, il sole brilla un po’ meno e tutto perde quel colore vivido che
solo la presenza dell’altro sa darti.
Anche gli occhi di quello
erano così. Un nocciola caldo che però si era spento, appariva quasi
opacizzato, ma non era solo l’effetto delle lacrime, era come se la luce che
venisse da dentro gli fosse stata strappata con forza, come fosse rimasta in
quel tunnel con lei.
Il Dexholder lo alzò
quasi di peso, ringraziando i lunghi allenamenti che gli avevano dato la forza
d sostenere lo sforzo. Quell’uomo era un minatore, e manteneva alto il nome
della categoria. Alto, muscoloso e massiccio. Occhi nocciola, capelli corvini.
Non era l’uomo più bello che Silver avesse mai visto, ma aveva un suo fascino.
Crystal e Fiammetta
accorsero ad aiutarlo, poco prima dell’arrivo dei soccorsi, ed una coppia di
infermieri si sostituì ai tre, nel trasportarlo. Le mani gli vennero bendate, alcune dita si erano
rotte e dovettero essere steccate.
L’uomo rimase in stato
catatonico per tutto il tempo, fino a quando le porte dell’ambulanza si
chiusero dietro di lui. Senza accorgersene, in quel momento, Crys sospirò di
sollievo.
Ciò che era successo
l’aveva scossa, ma gli occhi di quell’uomo, così vuoti, quasi la spaventarono.
“Dobbiamo muoverci, Ferrugipoli
è vicina” mormorò Fiammetta, prendendo la guida del gruppo.
Gli altri due ragazzi si
limitarono ad annuire ed a seguirla.
La città era in fermento.
Il crollo del tunnel era
stato notato in tutta la città e tutti si stavano mobilitando per andare a dare
un’occhiata, più curiosi che volenterosi di dare una mano. I ragazzi s’incamminavano
verso la palestra, dove avrebbero incontrato Petra.
E dove speravano di
ricevere un’ulteriore medaglia.
Era tutto così strano.
Tragedie capitavano tutt’attorno a loro, ma non gli era concesso fermarsi.
Fermarsi, anche se solo per piangere i morti, per dispiacersi di ciò che stava
accadendo, sarebbe stata la rovina di tutto.
Come quando cammini a
lungo, ma molto a lungo, e dopo fai una pausa. Ti siedi, magari riprendi fiato,
metti qualcosa sotto i denti per reintegrare le forze e poi, quando ti alzi, ti
rendi conto che le gambe non si muovono. Che ti rialzi a fatica, più stanco di
prima, ed ogni passo sembra sempre più incerto. E già dopo qualche metro hai
bisogno di una nuova pausa. E dopo di nuovo rialzarsi è sempre più difficile,
finché non decidi di lasciar perdere la camminata e farti venir a prendere.
Per loro non esisteva un
lusso simile. Nessuno sarebbe venuto a tirarli su se si fossero abbandonati ai
sentimenti. Ragionare di pancia non avrebbe aiutato in alcun modo, né loro, né
il resto della regione.
Per questo Fiammetta
camminava a testa alta, imprimendosi tutto nella mente. Ci sarebbe stato tempo per
piangere, avrebbe pianto la sua Cuordilava, le persone che non ce l’avevano
fatta e gli affetti che aveva perso.
Ed era lo stesso motivo
per cui Crys ricacciava indietro le lacrime, stringendo nelle mani la Poké Ball
di Marshee e quella di Meganee.
E anche di Silver, che si
concentrava unicamente sulla meta successiva, cancellandosi dalla mente le urla
ed il pianto dell’uomo schiacciato dalle rocce.
Intanto i mormorii
crescevano, sembravano circondarli.
Alcuni avevano
riconosciuto Fiammetta e la indicavano bisbigliando. I più sembravano sollevati
di vederla, di sapere che un’altra Capopalestra, per quanto avesse rinunciato
al titolo, fosse lì con loro. La città sembrava quasi più sicura.
“C’è un’aria parecchio
pesante” mormorò Silver, quasi incapace di tenere per sé quel commento.
“Il Tunnel Menferro era
importante. Ferrugipoli è una bella città, una città ricca, con la sede della
Devon SpA... ma è in una posizione scomoda per i commerci. Nonostante sia sul
mare non ha un gran porto, in più le mancano tutti i collegamenti con il centro
della regione. Quando fu creato il tunnel tutti ne furono felici, era una
ventata d’aria.” si fermò, guardando attorno la gente che percorreva le strade,
o le innumerevoli case, rimaste inabitate dall’inizio dei terremoti “Ora sembra
che stia per diventare una metropoli abbandonata...”
La sua voce calò di tono.
Era spaventoso quello che stava accadendo, e come era successo a Ciclamipoli e
Ferrugipoli era chiaro che sarebbe accaduto anche nel resto della regione.
Sarebbe diventata una terra fantasma, la terra di nessuno. Ed il team Magma non
avrebbe nemmeno dovuto lottare.
“Qui nessuno abbandona
nulla”
La voce riscosse Fiammetta,
che alzò lo sguardo, stupita. Petra si ergeva dinnanzi a lei. Le braccia
sottili erano fasciate da una camicia bianca ed erano tenute conserte, quasi a
proteggere il seno.
“Questa città non morirà,
dovessi sopportarne il peso da sola sulle spalle.”
Il tono era deciso e non
sembrava poter ammettere repliche, nemmeno fosse arrivato Arceus in persona a fargliele.
“Petra...”
“Alice mi ha chiamata. So
quello che è successo e cosa vi serve. Seguitemi” Petra si guardava attorno,
osservando chiunque camminasse per strada, quasi sospettasse che il nemico
potesse averli seguiti fin lì.
Dopo alcuni istanti
arrivarono in palestra. L’edificio, alto poco meno di quello della Devon, era
stato ristrutturato abbastanza recentemente. Sede dell’università locale,
l’atrio era in comune fra i due enti, e la palestra era separata dalla sede
degli studi da un ampio corridoio centrale, che terminava in una massiccia
porta di legno. Oltre quella, la palestra si apriva davanti ai ragazzi.
Il classico campo di
battaglia era disseminato da rocce dalle varie forme dimensioni, i muri erano
ricoperti da innumerevoli bassorilievi, che narravano su una parete la storia
di Groudon, dall’altra quella di Kyogre, fino a congiungersi nel muro frontale
nella loro lotta. Una piccola porta laterale portava poi allo studio privato
della Capopalestra, dove teneva custodite le medaglie ed i documenti relativi
ai vari incontri.
Crystal e Silver rimasero
stupefatti.
L’ambiente era talmente
augusto da sembrare quasi una profanazione l’idea di combattervi dentro.
Petra rimase in silenzio
per un po’, lasciando che i due si meravigliassero più a lungo di quello che
lei stessa considerava quasi un tempio personale. Dopodiché parlò.
“Come vi ho detto poco
fa, sono stata contattata da Alice. Mi ha parlato del risveglio di Groudon,
dicendomi che probabilmente dietro tutto questo c’è il Team Magma”
Petra ricordava il Team
Magma. Era stata sconfitta da Rossella durante il recupero di Groudon e non
l’aveva mai dimenticato. Non si riteneva una persona vendicativa, quanto amante
della perfezione. E quella sua perfezione era stata brutalmente distrutta dagli
inganni di quella donna.
Aveva combattuto tenendo
degli innocenti in ostaggio, e Petra aveva osservato i suoi Pokémon venire
sconfitti senza poter muovere un muscolo, ma con il sapore del sangue in bocca,
per come si era morsa le labbra pur di non urlare.
“Non nascondo che tutto
ciò mi preoccupa. Una parte di me vorrebbe seguirvi, ma il mio compito devo
svolgerlo qui, nella mia città. Avete già visto il clima che si respira, è così
da giorni ed il crollo del Tunnel non ha fatto che peggiorare il tutto. Purtroppo
non posso minimamente muovermi da qui”
Il suo tono era calmo, ma
si capiva che non era disposta a discutere.
“Non c’è bisogno che tu
venga con noi, è la nostra missione dopotutto” iniziò Crystal “Ma... abbiamo
comunque un favore da chiederti. Abbiamo bisogno della tua medaglia, Petra. I
Pokémon che abbiamo ottenuto qui a Hoenn potrebbero non ubbidirci, ed in
momenti critici questo può fare la differenza”
Petra abbassò un attimo
lo sguardo, in riflessione. Fiammetta la fissava tanto intensamente da pensare
che potesse trafiggerla con il solo sguardo.
Petra era intelligente,
Petra era forte, Petra era famosa ed aveva fascino. In più Petra aveva una
magnifica palestra. Ed era sua.
Dentro di sé si sentiva
inferiore. Si chiedeva cosa avrebbe fatto Petra se una catastrofe si fosse
abbattuta su Ferrugipoli. Avrebbe salvato tutti, di sicuro. Avrebbe portato
tutti al sicuro e nessuno l’avrebbe odiata. Nessuno l’avrebbe ritenuta
un’incapace. Avrebbe salvato la città, i suoi abitanti. E la sua carica.
Poi Petra alzò lo
sguardo.
“Non posso” furono le sue
uniche parole.
I tre impallidirono,
quasi non erano sicuri di ciò che avevano sentito.
“Come sarebbe a dire non puoi?” le fece Silver, trattenendo
la rabbia. “Ne abbiamo bisogno per proteggere la regione, i suoi abitanti,
sconfiggere il Team Magma e catturare Groudon!”
La donna sostenne il suo
sguardo senza batter ciglio.
“Non posso. Noi
capipalestra abbiamo il dovere di consegnare le medaglie solo a chi riteniamo
degno di possederle. Non vi ho mai visti, non vi ho mai affrontati e non ho la
più pallida garanzia delle vostre abilità. L’unica campana che ho sentito è
stata Alice, ma non mi basta.” fece.
Silver digrignò i denti,
a poi lasciò partire le braccia verso l’aria, come se stesse prendendosela con
il cielo.
“Volete la mia medaglia?
Dovrete conquistarla sul campo. Sconfiggetemi e dimostratemi di esserne degni.”
nessuna inflessione, nessuna emozione.
Forse, dentro di sé,
Petra avrebbe voluto aiutarli, pensò Fiammetta, ma Petra era una Capopalestra e
tutti sapevano che la sua fedeltà alle regole era pari solo a quella per i
libri.
“Non possiamo, sarebbe
solo un’inutile perdita di tempo!”
Silver continuava a
protestare, ma si era già tolto la felpa e stava seguendo Petra, diretta agli
estremi del campo di battaglia.
“Allora iniziamo subito,
manda in campo il tuo Pokémon e iniziamo”
Silver strinse i denti.
Non aveva mai lottato in palestra prima d’ora. Non si sentiva a suo agio. Il
campo delimitato, e, per la prima volta, il desiderio del premio della
vittoria. Aveva bisogno di quella medaglia. Lui più di tutti.
Grovyle non gli ubbidiva,
non sempre e precisamente nei momenti meno opportuni. Non poteva rischiare. Lui
aveva sempre creato un legame stabile con i suoi Pokémon, li aveva sempre
allenati. Alla perfezione. Ma Grovyle era un caso disperato. Non lo ascoltava e
ignorava i suoi sforzi.
Perciò la medaglia era
essenziale.
Ma chi mandare in campo?
Honchkrow era debole agli attacchi roccia, così come Weavile. Le uniche due
scelte logiche erano Feraligatr, stanco per lo scontro precedente, e il Grovyle
che non gli ubbidiva.
“La lotta sarà uno contro
uno. Si andrà avanti finché uno dei due Pokémon non cade a terra esausto. Visto
che Fiammetta, nonostante non sia più una Capopalestra, è ancora membro della
Lega Pokémon, arbitrerà l’incontro. Non sono ovviamente permesse sostituzioni
ed è vietato l’uso di strumenti oltre quelli che il Pokémon stesso possiede.
Tutto chiaro?”
Silver strinse il pugno.
“Chiarissimo”
Mandare in campo Grovyle
era un azzardo troppo grande, perciò prese la sfera di Feraligatr.
“So che sei stanco”
sussurrò alla sfera “ma ho davvero bisogno che tu vinca questa partita”
Una volta sceso in campo,
il Pokémon Mascellone prese nuovamente la posizione di combattimento, per l’ennesima
volta in quella giornata.
“Bene, il mio Pokémon
sarà Probopass!”
Il Pokémon Bussola fece
il suo ingresso. I tre mini-nasi roteavano velocemente attorno al suo corpo, fungendo
contemporaneamente da strumento offensivo e difensivo.
Fiammetta prese posto a metà
del campo, osservando i due Pokémon e dando inizio allo scontro.
“Muoviamoci, iniziamo con
Idropompa!” urlò il rosso.
Il coccodrillo azzurro
allargò le mascelle, sparando un getto d’acqua dalla potenza immane addosso
all’avversario, immobile.
“Difenditi con
Protezione, Probopass, poi attacca con Scarica!”
Il getto d’acqua si
abbatté sulle difese impenetrabili del Pokémon, e appena si estinse arrivò la
scarica elettrica. Sembrava espandersi in modo omogeneo per tutto il campo,
senza dare chance di fuga all’avversario.
“Non così facilmente,
Fossa, Feraligatr!”
L’ordine perentorio del
ragazzo fu perfetto. Nascosto sotto il terreno del campo Feraligatr era
protetto dagli attacchi, ed allo stesso tempo, un attacco di terra sarebbe
stato devastante per il nemico.
“Pensi che non fossi
pronta ad una mossa simile? Vai con Magnetascesa”
La voce calma di Petra
diede istruzioni al suo Pokémon che, sfruttando il magnetismo prodotto dal suo
corpo, si sollevò in aria.
“Silver si stava
spazientendo. Probopass, nonostante il peso, fluttuava leggero a pochi metri da
terra, vanificando la sua strategia.
“Esci fuori, Feraligatr,
ora!”
Il Pokémon scavò fuori
dalla terra, osservando la situazione con astio.
Quello fu probabilmente
il suo più grande colpo di fortuna.
Fu in quell’istante che
la terra tremò di nuovo.
Tremori, prima bassi, poi
sempre più insistenti, continui e ritmici. Come passi.
Ma era il ruggito a far
tremare la terra.
Groudon era stato
risvegliato, e con una pigrizia altamente distruttiva stava vagando per la zona
sotto Ferrugipoli.
C’era paura, c’erano le
grida, c’era il pianto di chi non sapeva cosa fare.
Nella palestra la
situazione era diversa. I due sfidanti avevano messo mano alle Poké Ball e
fatto rientrare i due dal campo di battaglia.
“Usciamo,
immediatamente!”. La voce di Petra sovrastò il boato della terra, mentre lei si
dirigeva nell’ufficio.
“Dove stai andando?” Fiammetta
voleva correrle incontro e contemporaneamente voleva scappare, ma non sapendo
cosa fare restò ferma.
“Dobbiamo muoverci!” le
urlò poi.
“Devo prendere le
medaglie e altri documenti, voi muovetevi!”
Silver non se lo fece
ripetere una seconda volta, afferrò l’ex Capopalestra per il braccio,
trascinandola con sé. Crys li aspettava sotto lo stipite della porta, di nuovo spaventata.
L’ingresso fu percorso in
un soffio mentre Petra, fogli e scatola delle medaglie in mano, li distanziava
di una decina di metri.
Passo dopo passo quella
seguiva le loro orme, i neri pantaloni a sigaretta che completavano il suo
abbigliamento già impolverati per la terra che si era alzata dal campo di
battaglia, frusciavano ad ogni passo. Petra si ritrovò per un istante ad odiare
quel rumore, così sottile, così delicato. Si chiedeva come facesse a sentirlo
in quel frastuono. C’erano urla in giro. L’università era deserta per la pausa
natalizia e per i terremoti, ma sentiva urla, pianti ovunque. Doveva uscire,
doveva vedere cosa stava accadendo, proteggere la sua gente.
Poi dal soffitto cominciò
a cadere polvere, si crearono delle crepe, e Petra continuò a percorrere quei
metri, così incredibilmente dilatatisi in chilometri, che la separavano dal
cielo azzurro al di fuori dell’edificio.
Voleva veramente
rivederlo, il cielo.
E anche Rudy. Oh, quando
improvvisamente si ritrovò a pensare che Rudy le mancasse, pensò che con i suoi
Pokémon di tipo Lotta avrebbe potuto sistemare tutto.
Poi il soffittò crollò.
Petra sentiva un grande
peso addosso, e c’era così tanta polvere nell’aria. Così tanta che non vedeva
nemmeno più le schiene degli altri ragazzi. Ma loro erano sicuramente fuori, le
correvano tanto davanti e non avevano nulla che li intralciasse nella corsa.
Però, per Arceus, perché
sentiva tutto quel peso addosso? Perché sentiva gli occhi inumidirsi? Era solo
qualche sasso, qualche pezzo di pietra che le stava addosso, anche se non
sentiva più le gambe e sentiva la schiena bruciarle. E cos’era, sentiva quasi
un qualcosa di viscido vicino lo stomaco. Ma c’erano i sassi, non riusciva a
vedere nulla.
E le lacrime aumentavano,
e lei continuava a pensare che sarebbe andato tutto bene, perché effettivamente
il cielo voleva davvero rivederlo, ma più di tutto voleva rivedere Rudy. Perché
voleva poterlo passare con lui il resto della sua vita, voleva vederlo
invecchiare accanto a sé. Mentre faceva surf e mentre le diceva che avrebbe
dovuto essere più elastica, a volte, ma che lui l’amava proprio perché era
fatta così.
Poi però venne il buio e
Petra, alla fine, smise di pensare a Rudy.
Fuori, correre, palazzi e
macerie.
Crys catalogava nella sua
mente tutto ciò che attraversavano durante la loro corsa. C’era Groudon lì, era
vicino, e lei doveva catturarlo. Ma si trovava sempre a diversi metri
sottoterra, sempre troppo lontano. Quindi doveva concentrarsi, correre e
guardare ciò che aveva attorno, perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta a
scappare. C’erano detriti in terra, e più di una volta Silver l’aveva presa al
volo mentre cadeva.
Erano vicini ad una
fontana. L’acqua zampillava incontrollata mentre loro si guardavano attorno.
Petra non li aveva
seguiti, c’era stato un rumore forte poco dopo essere usciti dall’università, e
Petra era tanto, troppo dietro di loro.
Fiammetta respirava a
fatica. Aveva inalato troppa polvere durante la fuga, e adesso si sciacquava il
viso nel getto della fontana.
Petra non poteva essere
morta. Petra era più brava, più forte di lei.
Petra avrebbe sostenuto
la sua città fino alla fine. Ma la città crollava e solo il palazzo della
Devon, forte dei migliori sistemi di sicurezza, sembrava resistere.
Era caduta in ginocchio,
e si sentiva gli occhi umidi. Non le è
successo nulla. Se l’avessi
trascinata via ce l’avrebbe fatta? Oppure sarei morta anch’io? Pensava a
tutto, pensava a niente. La sua mente era piena e vuota contemporaneamente.
Respirava
incontrollatamente, presa dal panico.
Si rese conto solo dopo
alcuni istanti dell’abbraccio di Crystal.
“Va tutto bene, va tutto
bene. Non fermarti, per favore rimettiti in piedi” piangeva anche lei, e che
strano suono facevano le sue parole. Non si era resa conto di essere caduta in
ginocchio.
Silver era in piedi
vicino a loro. Gli occhi scrutavano la città distrutta.
“Non c’è tempo per i
pianti, non è ancora tramontato il sole, e sotto quelle macerie c’è gente che
ha bisogno di noi”. Parlava in modo atono, e camminava fin troppo lentamente
per i suoi standard, ma doveva muoversi, dovevano tutti muoversi.
Fermarsi non era concesso
e dovevano tirare la gente fuori dalle macerie.
Continuarono per alcune
ore, aiutando i supertsiti, finché non arrivarono i soccorsi, dopodiché, stanchi
e psicologicamente distrutti, si avviarono verso la loro meta successiva, il
Bosco Petalo sulla strada per Petalipoli.
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