Eccomi
di ritorno su questa storia. Questo capitolo della raccolta è dedicato a
Lino, ed al rapporto col suo Ralts. Questa è un Borrowed Shipping,
scritta da me.
BorrowedShipping
"Ecco, Lino" la voce di Norman rimbombò peantemente in quelle stanze così luminose. "Questo è uno dei miei Pokémon, Zigzagoon".
Lino spalancò gli occhi, con il sorriso largo e la dentatura in vista.
"Grazie, Norman! Grazie davvero!". Era davvero felice per ciò che era successo: finalmente sarebbe diventato un allenatore. Tossì un paio di volte, cagionevole di salute com'era non avrebbe potuto evitarlo in alcun modo, tuttavia il fatto che il Capopalestra della sua città, Norman, gli avesse donato uno dei suoi Pokémon era fonte di gioia per lui. Avrebbe rivalutato se stesso, lo avrebbero fatto tutti.
Tutti dovevano sapere che fosse in grado di lasciare i suoi medicinali e casa sua; soprattutto quel letto infido ed appiccicoso, che lo intrappolava ogni volta che le sue condizioni di salute peggioravano.
I polmoni, pensò lui, non riuscendo a trattenere un sospiro di sconforto; i miei polmoni non funzionano bene. Io non respiro bene e potrei smettere di farlo se sopraggiungesse una nuova crisi respiratoria, di quelle violente.
Ed era per questo che voleva paritre: fuggire da tutto, da quell'apprensione che lo circondava, da quell'ansia comune dei parenti in visita, dall'orrore che la finestra accanto al letto gli offriva ogni qualvolta dei ragazzini giocavano al calcio lì davanti.
Anche lui voleva giocare al calcio.
Guardò con determinazione la sfera di Zigzagoon e poi annuì a se stesso.
Voltò le spalle al viso severo del padre di Ruby e s'incamminò verso fuori; aprì la porta della palestra, sembrava pesare tonnellate, e non appena la luce del sole inondò il suo viso una sferzata d'aria fresca gli riempì i polmoni.
"È questo che mi fa bene..." sussurrò lui, più a se stesso che a qualcun altro; improbabile comunque, dato che era totalmente da solo, tranne che per lo Zigzagoon che aveva tra le mani.
Lo stesso Zigzagoon con cui volle fare conoscenza. Lo fece uscire dalla sfera e s'inginocchiò, guardandolo per bene. Quella sorta di procione sembrava felice e gli si avvicinò amichevolmente, strusciandosi contro la gamba del ragazzo.
Quello poi, non era abituato a simili sensazioni e all'inizio gli fece parecchio strano sentire il pelo frusciare contro il tessuto dei suoi pantaloni.
"Ciao Zigzagoon. Io mi chiamo Lino. Stamattina mi accompagnerai a trovare il mio nuovo amico" fece il ragazzo, con voce incerta e flebile.
ZIgzagoon sembrava aver inteso le parole di Lino e sembrava euforico. Lui decise di avviarsi verso l'esterno di Petalipoli, attraversando il piccolo paesino molto velocemente. Passò davanti alle palazzine e appena mise piede sull'erba umida sospirò: era finalmente in gioco.
"Dice Norman che i Pokémon selvatici si trovano nell'erba alta..." ripassò lui, sospirando. Guardò nuovamente Zigzagoon, che scodinzolò festante, quindi prese coraggio ed allungò il piede nella grande macchia verde scuro.
Ora era lì, si sentiva nella giungla, con un piccolo spingardino caricato a pallini, con il suo cappellino da esploratore ed il respiro irregolare; temeva il leone dietro il cespuglio, temeva la fiera.
Tuttavia avanzava coraggioso, riempiendo il suo cuore di quelle strane emozioni che aveva provato unicamente quando decideva, quelle rare volte in cui si trovava a casa da solo, di abbandonare la prigione rappresentata della sua stanza ed uscendo in salotto, e poi ancora più lontano, fino alla porta di casa. Metteva la mano sul pomello della maniglia, quindi sospirava, sentendo il cuore battere forte come una grancassa.
Tuttavia non aveva mai il coraggio di girarlo, quel pomello. La serratura rimaneva chiusa e lui, codardo che non era altro, deglutiva ricchi aridi gropponi di sabbia e si voltava, con le lacrime agli occhi.
Che codardo.
Si era detto.
Avanzava lentamente, con le orecchie tese; ZIgzagoon lo seguiva lentamente, continuando a scodinzolare con spensieratezza.
Ripensava, Lino, mentre camminava con quel passo poco convinto come aveva deciso di fare il grande passo.
"Mamma! Non ce la faccio più!".
"Non urlare così forte, gioia, che altrimenti finisci per agitarti...".
"Smettila di volermi proteggere da tutto! Sono abbastanza grande ormai!".
"Ma... Lino...".
"Ma Lino niente! Voglio uscire da queste mura! Voglio uscire da questa casa! Voglio andare all'avventura, sentire il vento tra i capelli!".
"Ma sei impazzito?!".
"No! Voglio partire per il mio viaggio!".
"Viaggio?! Non se ne parla!" entrò suo padre all'improvviso nella sua stanza.
"Non me lo impedirete! Andrò a parlare con Norman e lui mi darà un Pokémon!".
"Non ti darà nulla! Tu devi stare qui e prendere le tue medicine!".
"Papà...".
"Tesoro, effettivamente Lino non ha tutti i torti... L'aria di Petalipoli è fresca e pulita, e noi non gli abbiamo permesso quasi mai di andare di fuori...".
"Alicia, non dire assurdità! Sai quanto fragile sia il nostro Lino!".
"Ma potrebbe arrivare a Mentania, da mio fratello. E noi lo andremo a prendere. Un piccolo viaggio, con un Pokémon. Se lo merita".
"Sì mamma! Sì!" Lino ormai piangeva di gioia.
"Beh... Se la mettete così... Ma prenderai le tue medicine?" chiedeva il papà.
"Sempre! Sempre sempre sempre sempre!".
Ricordava ancora la risata dei genitori dopo quella sequenza di sempre che gli consentirono, dopo qualche giorno, di presentarsi davanti alla porta della palestra di Norman.
E adesso stava per compiersi il suo destino.
Sentiva un fruscio e no, non era quel Zigzagoon fin troppo espansivo.
"Questo è un Pokémon..." sospirò lui. Vide alti fili d'erba dondolare lentamente, disturbati da qualcosa. Si avvicinò all'obiettivo, con quell'ansia magnoloquente che lo manteneva per le spalle.
Lui però doveva essere più forte, voleva essere più forte. L'aria era fresca, fredda, gelida, i suoi polmoni bruciavano e la testa girava.
L'ansia lo stava uccidendo.
Con la mano allargò le fascine d'erba interessate e gettò il cuore oltre la siepe. E lo sguardo, s'intende.
"Un... Un Ralts?" chiese a se stesso.
Rannicchiato nei fili d'erba vi era un piccolo Pokémon dalla pelle grigiastra, con la testa verdognola. Alzò lo sguardo vermiglio e fissò intimidito gli occhi verdi di Lino.
"Tu... Tu sei un Ralts" fece poi.
Quello lo fissò spaventato, sorpreso nel vedere il sorriso di Lino.
"Sei un Pokémon davvero carino. Non essere spaventato, non voglio farti del male. Voglio dirti che ho scelto te, per partire all'avventura, per cominciare un viaggio".
Ralts si alzò lentamente, ruggendo in maniera incerta.
"Non voglio farti del male" ripeté.
Allungò la mano piccola e delicata in prossimità del Pokémon, guardandolo sorridente. Vedeva lo sguardo di quello, timido ed impaurito. Sentiva il suo verso tremolante, così basso che quasi pensò di esserselo immaginato.
"Vuoi venire con me?".
La mano di Lino si mosse lentamente, fino ad accarezzare la sua testa. Quello pianse, impaurito.
"Calmati. Vedi? Non ti faccio nulla. Anzi... Tieni..." disse, prendendo dalla tasca una Pokémella blu. Ralts la guardò incuriosito.
"Non essere spaventato. Prendila, è tua!".
Zigzagoon intanto si era fatto spazio tra le fascine e, sotto le gambe di Lino, vide Ralts. Subito ringhiò, ben abituato da Norman ad abbattere l'avversario.
Ralts spalancò gli occhietti rossi, lamentoso, ed indietreggiò.
"No! Zigzagoon, no! Lui è un amico!" fece, prendendo in braccio il piccolo Pokémon Psico ed allontanandolo dal procione.
"Ti proteggo io..." disse poi a quello. "E non appena riuscirai, tu proteggerai me. Ci spalleggeremo a vicenda, proprio come due fratelli".
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