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Capitolo Ventinovesimo - 29

Piccola Bottega degli orrori


“I guastafeste con i cappucci!” urlò Xander, digrignando i denti e voltandosi. Puntò la sua mazza contro il cranio di Andy, quasi come se lo stesse condannando.
“Dateci la Sfera Rossa e nessuno si farà male” fece il ragazzo, con quello sguardo cristallino immerso nell’ombra del suo volto.
“Non vi consegnerò mai la Sfera Rossa! Voi lascerete qui le penne!”.
Xander si voltò per un attimo verso Christine, che annuì e tornò a guardare dritto in avanti. Non appena Xander partì urlando, con la mazza ferrata alta sulla testa, pronto ad usarla, Christine indietreggiò velocemente prendendo la sfera di Banette.
“Forza!” urlò Zoe. Andy fece proprio come la bionda della fazione opposta, indietreggiando lentamente e vedendo la moretta scattare.
“Muori, lurida!” urlò Xander, scagliando il proprio colpo sulla testa di Zoe. Quella però, che prima di diventare un’ecoterrorista era un Combat Girl, schivò con una facilità quasi impressionante il colpo del vichingo rossastro dai capelli rasati e si avvitò in aria, scaricando su di lui un forte calcio, destinato al fianco.
Andò a segno forte e senza sbavature, facendo sbilanciare Xander, caduto poco dopo sui fondelli.
Zoe si ritrovò piegata per terra, sulle gambe, attenta all’uomo che aveva steso.
“Banette, vai con Palla Ombra sulla ragazza” pronunciò a bassa voce la Idrotenente, vedendo poi il suo Pokémon attaccare l’avversaria in maniera diretta.
“Che brutto vizio...” sospirò Andy, vedendo Zoe accorgersi appena del fatto che la donna l’avesse attaccata. Si voltò ed i suoi occhi, pieni di paura, videro un’altra grande sfera nera abbattersi sull’attacco di Banette; questo fu respinto ed andò a schiantarsi contro la parete, alzando ancora fumo e polvere.
“Sei scorretta, sorella. Come sempre” fece Andy.
Quella strinse i denti e vide un grande esemplare di Dusknoir fluttuare davanti a loro. Zoe si rimise in piedi, quasi contemporaneamente lo fece Xander.
“Ti piace il combattimento, eh?!” fece quello, lanciando un fendente laterale, che avrebbe sicuramente colpito la ragazza se lei non si fosse appiattita per terra, in una posa che assomigliava a quella dell’uomo ragno. Subito dopo colpì alle caviglie il ragazzo, facendolo cadere nuovamente per terra.
“Sei ancora convinto?” chiese lei, rialzandosi velocemente e tornando accanto al Magmatenente biondo. Prese la sfera e mandò in campo il suo Arcanine.
“Forza! Usa Lanciafiamme su Banette!”
Il forte flusso di fuoco fuoriuscì direttamente dalle fauci del canide per abbattersi proprio contro il Pokémon di Christine, che cadde per terra, lamentoso. Xander s’alzò subito in piedi e prese la sua sfera, quella con Kingler, mandandolo in campo.
“Forza! Usa immediatamente Idropompa!”.
Il flusso di fuoco fu sostituito da una forte colonna d’acqua, che andò a schiantarsi contro Arcanine, il quale ruzzolò malamente diversi metri indietro.
Toccava ad Andy e lui sapeva cosa fare. “Dusknoir! Divinazione!”.
Xander e Christine si guardarono, capendo immediatamente che le cose si sarebbero messe male.
“Xander, io vado! Tienili a bada quanto più possibile!” urlò poi Christine, sparendo dietro una coltre di polvere e fumo.

“Devi cantare questa canzone anche mentre ci arrampichiamo?!” esclamò Silver, cercando un appoggio per il piede destro; il banano su cui stavano salendo era parecchio alto e superava di gran lunga i tre piani del Centro Meteo, tuttavia era parecchio scivoloso ed alcuni rami erano sottili e si spezzavano non appena vi venisse poggiato il peso sopra.
“Ti lamenti troppo a mio avviso...” sospirò Gold, fischiettando il motivetto.
“Tu invece dai fastidio con ogni movimento che fai...”.
“Sembri un ragazzino di sei anni. Smettila di lamentarti e fai presto a salire, che qui si scivola”.
Silver sbuffò. “Appunto, si scivola...”.
“Un ninja come te sarebbe dovuto essere in cima già da un pezzo”. Gold lo punzecchiava e sorrideva.
Silver si limitò a sbuffare e a fare un ultimo sforzo, fino a salire verso il ramo più alto che vedesse.
“Uno alla volta...” disse il ragazzo, avanzando lentamente, avvicinandosi alla finestra. “Non credo ci regga entrambi”.
“Sfonda la finestra...”
“La finestra è aperta, zuccone...” sbuffò ancora Silver. “Ma... Aspetta... C’è una donna del Team Idro. È appena entrata!”.
“Una donna del Team Idro?!” tuonò Gold. “È bionda?!”.
“Sì, è bionda”.
“È quella... Non voglio essere volgare...”.
“Sarebbe la prima volta”.
“Tutti facciamo progressi”.
Aguzzarono l’udito e sentirono per bene ciò che stava succedendo.

Christine spalancò la porta della sala conferenza 4A. Il ronzio dei neon era più rumoroso della somma dei respiri impauriti dei quasi venti scienziati, uomini e donne, rinchiusi tra le pareti di quell’ufficio.
La bionda sbuffò e chiuse la porta alle sue spalle, girando la chiave all’interno della serratura; si voltò verso le persone in camice bianco che la guardavano terrorizzati.
“Io vi ucciderò” esordì lei, battendo un paio di volte le palpebre, tendoni di un palcoscenico che andava a coprire il vero spettacolo: i suoi occhi chiari, che fissavano il terrore, talvolta le lacrime, sui volti onesti ed innocenti dei metereologi.
“Io vi ucciderò” ripeté. “Ma potremmo anche evitare spargimenti di sangue”.
Gli occhi dei venti studiosi erano inevitabilmente proiettati su di lei.
“Ecco, ad una prima occhiata può sembrare che abbiate di fronte dei terroristi ambientali, senza alcuno scrupolo. E forse è anche così, ma io non sono come le reclute qui fuori. Oddio, forse sono anche più pericolosa del tizio con la mazza ferrata che sta sfasciando tutto di là, ma io, come dire, uso altri mezzi...”.
Dalla sua ombra uscì Banette, con il suo sorriso sinistro.
“Vai...” sospirò Christine, vedendo il suo Pokémon fluttuare in avanti, come sospinto dalle onde tra gli studiosi. Li guardava in faccia e sembrava emettere un risolino sinistro, agghiacciante.
Quando Albert Mello, trentasettenne originario di Kalos e laureato in meteorologia nella non troppo lontana regione di Adamanta, vide quel Banette fermarsi proprio davanti a lui, un brivido di paura gli attraversò la schiena per l’intera lunghezza; quel fremito di paura penetrò nel suo corpo, possedendolo, controllandolo, riducendosi ad un respiro lungo, un alito di vita denso e fumoso, sparito non appena la manina di pezza del Pokémon puntò il petto dello studioso.
Banette sembrò miagolare, gli occhi di Christine si riempirono di curiosità e seguirono il movimento del suo Pokémon, proprio quando si tuffò all’interno dell’ombra dell’uomo.
Quello non riuscì a trattenere un urlo, sentendo come al suo interno un fuoco che cominciava a bruciare ogni organo, in maniera sadica e violenta. Tutti gli studiosi che aveva al suo fianco avevano fatto un passo indietro ed osservavano terrorizzati la scena, timorosi d’intervenire.
Albert Mello s’inginocchiò, sentendo le forze che lo abbandonavano; gli occhiali caddero dal suo naso ed una lente si frantumò non appena toccò terra.
Sentiva urla, urla che non c’erano, e piangeva perché non riusciva a muoversi. Inoltre un fischio insopportabile gli stava picconando le tempie come il più ligio dei minatori.
Christine inclinò leggermente la testa ed analizzò uno ad uno i volti degli studiosi, abbeverandosi della loro paura.
“Banette, credo tu abbia fatto, non indugiare oltre...”. La voce della donna, così piccola e delicata, come lei del resto, faceva un contrasto assurdo con la cattiveria delle azioni che stava per compiere.
Sorrise quando vide uscire Banette dall’ombra della povera vittima che aveva designato. Quella risatina inquietante tornò a leggera a danzare sui nervi dei presenti, tesi come corde d’arpa.
Il Pokémon fluttuò pigro fino alla sua Allenatrice; Christine annuì e vide gli occhi di Banette illuminarsi, di un rosso vivo e bruciante. Dopodiché la donna aprì delicatamente la cerniera che teneva chiusa la bocca del Pokémon. Infilò la mano al suo interno, affondandola in profondità e sospirando.
“Sapete... Qui dentro è gelido”. Ritrasse il braccio e vi tirò fuori una bambolina di pezza, senza volto, solo braccia e gambe, ed una grossa testa bianca.
“Bene. Chiudiamo qui... Non voglio sapere cos’altro potrebbe uscire da qui dentro...”. La zip venne richiusa, ed il Pokémon prese a fluttuare libero e festoso, mentre Christine frugava tra le tasche, fino a trovare una scatolina di metallo.
“Ecco. Ora vi spiego come funziona il corpo umano...” disse, mentre aprì la scatolina; ne estrasse un grosso spillone e lo infilò con una facilità disarmante nel braccio della bambola.
Un urlo di dolore s’espanse nella camera e fece sobbalzare Gold e Silver, appesi ancora come scimmie al grosso banano.
“Dobbiamo intervenire, Silver!” esclamò Gold, stringendo i pugni rabbioso. Il fatto che fosse stato colpito da una maledizione da Christine lo collegava automaticamente al povero studioso che adesso si manteneva il braccio destro, in preda alla follia ed al dolore lancinante.
“Quella... Quella è la giornalista...” Silver spalancò gli occhi. Ricordò di averla incontrata qualche giorno prima, poco fuori Ciclamipoli. Voleva scambiare informazioni con Fiammetta ma in quel momento Silver capì a che losco gioco stesse partecipando la bionda: li aveva depistati e strumentalizzati, utilizzandoli come mezzo per combattere il Team Magma.
“Dannazione, Gold. Quella donna è...”.
“Quella donna è una stronza! È lei che mi ha lanciato la maledizione!”.
Silver e Gold si scambiarono uno sguardo e poi tornarono a fissare in avanti.

“Ecco, per gli arti funziona così. Ma potrei anche cominciare a giocare con il torace, o con la testa” sorrideva sadica la bionda, umettandosi le labbra con la punta della lingua.
Carezzava la testa della bambola con la punta dello spillo e sulla testo di Albert Mello si formava una linea rossa di sangue bollente, che prese a scendere lentamente fino a ricoprirgli il volto.
“Sapete dov’è il cuore?” domandò lei.
Con lo spillo, leggermente, punzecchiò la zona dove si sarebbe dovuto trovare il muscolo cardiaco; sorrise nel vedere il camice dell’uomo colorarsi di rosso rubino.
Albert, sempre in preda ai dolori, vedeva i volti attoniti pieni di impotenza dei suoi colleghi.
“Ecco. Ora lo infilo qui, nel petto, in fondo e lui...”. Christine alzò gli occhi e vide l’uomo stramazzare per terra. “... e lui muore. Questo potrebbe succedere ad ognuno di voi, e magari nemmeno così rapidamente, se uno, uno soltanto di voi, decidesse di non aiutarmi. Voglio sapere dove si trova Kyogre in questo momento”.
Tutti sostavano silenziosi attorno al corpo di Albert Mello, ridotto ormai ad un sacco inutile di sangue ed organi.
“Banette...” sbuffò Christine, dopo nemmeno un secondo, cercando di annullare le urla e le esplosioni provocate dal combattimento tra Xander ed i due Magmatenenti. “Banette, vieni qui...”.
Il Pokémon fluttuò lemme verso di lei e tutti videro nuovamente Christine aprire la zip che aveva al posto della bocca.
“Ne sta prendendo un’altra” sussultava qualcuno nella folla. La bionda sfilò con massima delicatezza gli spilli dalla bambolina, riponendoli tutti nella scatolina che conservava nelle tasche, quindi gettò la bambola di pezza nella bocca del Pokémon Spettro. Due secondi dopo la ritirò fuori, ed aveva precise sembianze: quella bambolina aveva i capelli lunghi e neri, gli occhiali disegnati sul volto ed un neo sulla guancia destra.
“No!” si sentì esclamare dalla folla. “Non farmi del male! Ti aiuterò!”.
Tutti si voltarono, nello stupore generale, e videro avanzare Carla Doyle, una giovane metereologa dai lunghi capelli neri, con gli occhiali sul naso ed un neo sulla guancia destra.
“Ti aiuterò... ma libera questa persone e non farmi del male”. La giovane donna aveva il volto contrito e le lacrime a formarvi sopra lunghi canali neri, sporcati dal mascara ormai sciolto.
Christine riposò la bambola all’interno del suo Pokémon e chiuse la zip, poi si avvicinò a Carla Doyle e le afferrò una lunga ciocca corvina, tirandola con forza e costringendola ad abbassarsi.
“Ora vieni con me! Voi rimarrete qui finché non sarà tutto finito. Il mio Banette rimarrà di guardia qui, per evitare che facciate colpi di testa”.
Tirando la metereologa per i capelli uscì fuori e sbatté la porta, chiudendola poco dopo a chiave dall’esterno.

“Andiamo” sospirò Silver. “Dobbiamo entrare dalla finestra che abbiamo davanti ma non possiamo sfondarla, altrimenti ci sentirebbero”.
“Levati e lascia fare a me...”fece Gold, muovendosi con meno agilità di quanto pensasse su quel doppio ramo di banano.
Arrivato nei pressi della finestra, il ragazzo si limitò a picchiettare l’indice contro la finestra un paio di volte; un uomo anziano e stempiato, con dei doppi occhiali schiacciati sul volto,  si voltò.
Il moro gli fece segno di venire verso di lui, con la mano, e quello si guardò attorno.
“Io?” chiese quello. La voce dell’uomo fu attutita dal vetro, che divideva l’interno della stanza dai due Dexholders sul ramo di banano.
Gold annuì e gli fece nuovamente cenno di avvicinarsi.
L’uomo scosse la testa, facendo segno di no, facendo sorridere Silver.
“Dobbiamo romperla” ripeté.
“Non rompo niente, io. Lui aprirà la finestra di sua spontanea volontà!”.
“Beh...” sospirò Silver. “Affermare che tu non rompa niente mi sembra un po’ esagerato...”.
“Zitto, cretino. E tu! Vieni!”.
L’anziano continuava a fare cenno di no con la testa e Gold sbuffava. “Vieni qui ed apri! Sono con te!” continuava ad esclamare il ragazzo di Johto, aggiungendo alle parole gesti sguaiati con le mani, che parvero sortire l’effetto desiderato.
L’uomo anziano puntò prima l’indice sul suo petto e poi indicò il ragazzo con cui parlava e, quando lo vide annuire, corse ad aprire la finestra.
“Finalmente!” esclamò Gold, saltando all’interno dell’edificio, facendo vibrare leggermente il ramo di banano.
“Ma chi siete voi?!” chiese ampiamente preoccupato l’uomo anziano, facendo qualche passo indietro, evitando d’inciampare nella salma di Albert Mello.
“Noi siamo i buoni” fece Silver, atterrando agilmente sulle mattonelle bianche che andavano a comporre il pavimento della sala riunioni.
“Ed io sono più buono di lui. Allora, voglio che adesso vi leviate tutti davanti, mettendovi in quell’angolo lì. Ora io ed il mio amico (ma nemmeno tanto) Silver faremo saltare la serratura della porta, e vi faremo uscire”.
“C’è un Banette, qui!” urlò terrorizzata una dottoressa, scappando immediatamente verso il punto indicato da Gold.
“A lui ci penso io. Grov... No, vai Weavile!” urlò Silver.
Il Pokémon Lamartigli uscì in campo e guardò con massima concentrazione il suo avversario.
“Dobbiamo abbatterlo e mettere in sicurezza il posto. Gold, intanto usa Grovyle per aprire la porta!”.
E così fecero; mentre Weavile colpiva con fendenti e rasoiate Banette, Grovyle, tramite le sue liane, riuscì a far cadere la chiave dalla serratura, all’esterno e velocemente a raccoglierla con la sua foglia. Nel mentre il suo sguardo incrociò quello di Silver, giusto per un attimo, e poi fissò Weavile, che metteva definitivamente fuori gioco con un attacco Nottesferza l’avversario.

“Forza! Non abbiamo tutto questo tempo!” urlò Christine, colpendo con forza la testa della dottoressa Carla Doyle, che aveva deciso di prendere con sé. Puntava un enorme spillone dietro il suo collo e sembrava bruciare come fosse un marchio a fuoco sulla pelle candida della donna.
Quella urlava e piangeva. Il suo viso veniva illuminato dai LED degli schermi e qualche lacrima cadeva sulle sue dita, che battevano freneticamente sulla tastiera.
“Devi trovare Kyogre!” aggiunse poi Christine, voltandosi un attimo. Era in una grande stanza, illuminata da diverse plafoniere, ognuna dei quali con due neon all’interno.
Vento freddo entrava dietro la postazione di un tale, Alfred Brehnmann si chiamava, che aveva lasciato la finestra aperta. Proprio davanti alla sua scrivania una pila di fogli era rovinata sul pavimento, spargendosi disordinatamente, come cocci infranti di un vaso.
“Ecco...” disse Carla Doyle, tirando su con il naso. Picchiettò l’unghia ben curata sul monitor dell’apparecchio, mostrando un addensamento sulla parte destra. “Qui. Kyogre è probabilmente in questa zona” disse muovendo le mani sulla grande tempesta.
“Kyogre è già a Ceneride” sorrise Christine. “L’Archeorisveglio sta per avvenire! Groudon sarà sconfitto e le terre saranno sommerse dal mare! Il Team Idro dominerà!”
La dottoressa alzò gli occhi verso la bionda. “Ora lasciami andare...”.
Christine chiuse gli occhi e sospirò. “Non posso lasciarti andare. Consoci il nostro piano ormai”.
E la calma glaciale delle sue parole, la freddezza dei suoi occhi e la rapidità di movimento con cui infilò in fondo al suo collo l’enorme spillone quasi sembrarono surreali; le mani della dottoressa tremarono, si portarono dietro al suo collo per toccare, per sentire il metallo freddo, gelato, ed al contempo il sangue caldo che sgorgava dalla ferita che sapientemente la donna aveva allargato con la sua sottile arma.
Carla Doyle morì qualche secondo dopo, sbattendo la testa sui computer sul quale una grossa macchia verde copriva l’azzurro del mare di Hoenn.
Christine pulì le mani, sporcate dal sangue innocente della donna che aveva ammazzato, utilizzando proprio il suo camice; si ricompose ed uscì nel corridoio, dove vide il suo Banette stremato, senza forze, qualche metro davanti a lei.
“Cosa è successo?!” chiese tra sé e sé.

“Hai perso” proclamava Andy, avvicinandosi lentamente al suo avversario, inginocchiato per terra, accanto al suo Kingler.
“Ed ora...” continuò il Magmatenente. “Se non ricordo male tu hai ammazzato il mio Houndoom...”.
Xander alzò gli occhi verso il suo avversario, col volto sfatto e gli occhi stanchi. Aveva perso la bandana ed in quel momento la sua testa, coperta di peluria rossiccia e sottile, era scoperta.
E Zoe aveva il desiderio di fracassargli qualcosa sul cranio; magari proprio la mazza ferrata che quel vichingo soleva portarsi dietro.
Rosso, il suo sangue sarebbe sceso sul suo volto e lui avrebbe perso conoscenza, forse sarebbe morto. E gli sarebbe andata davvero bene, considerato il fatto che probabilmente Zoe non avrebbe mollato il colpo finché non avrebbe tolto alla testa dell’uomo la facoltà di essere chiamata in quel modo.
“Ed ora il tuo Kingler è davanti a te, fuori combattimento. Proprio come lo era il mio Houndoom. O meglio, prima che il mio Pokémon fosse decapitato...” ed Andy ci tenne a dare peso a quella parola. “... Beh... Era cosciente. Sveglio, vivo. Vedeva tutto; vedeva il tuo Kingler e vedeva anche te, grande testa di cazzo. Forse ora dovremmo vendicarci. Che ne pensi, Zoe?”.
Xander guardava il suo Kingler, e ricordò di quando fosse un Krabby, catturato sulla spiaggia. All’epoca era un bambino dai capelli rossi, spettinati, arruffati sulla fronte, magrolino e con le lentiggini sul naso. Guardava il suo Kingler e rivedeva se stesso da piccolo, con le sue paure, le sue insicurezza. Ricordava le estati passati ad Olivinopoli, la città di sua nonna, i tuffi dagli scogli. Ricordava quel giorno in cui incontrò quel gruppo di ragazzi, che prendeva il sole; certo, lui era più grande, aveva circa diciassette anni, e ricordava due gemelli, molto rumorosi, che facevano gare di tuffi e di resistenza in apnea. Inoltre c’era una bellissima ragazza dai capelli rossi in acqua.
Ricordava in più una ragazza asiatica a prendere il sole sulle rocce, assieme ad un biondino assai timido, tuffatosi solo tramite le richieste della rossa.
Cindy, gli pareva si chiamasse così.
Ripensò a se stesso, alle sue parole, alle sue azioni: era cambiato. Forse era quel Kingler, solo quel Pokémon, a rappresentare la mano tesa che afferrava, proveniente dal suo passato; un punto d’unione tra quello che era prima di diventare uno spietato assassino e dopo aver completato quel processo che lo aveva reso immondizia.
Kingler era il suo passato. Forse era il suo unico amico.
“No. Ti prego, non ucciderlo...” lo pregò, chinando in basso il capo.
Zoe guardò immediatamente Andy, lo stupore le aveva spalancato gli occhi. Annuirono entrambi, contemporaneamente.
“Lo farò. O forse no. Dipende da te. Voglio la Sfera Blu”.
Xander alzò il capo lentamente, con il volto coperto di lacrime.
“Fai presto, bastardo” lo intimò Zoe, afferrandolo per il collo.
Xander strinse gli occhi ed il suo volto visse una vera e propria metamorfosi. Il dolore passò tutto attraverso il suo corpo e gli occhi si spalancarono, spiritati, quasi stesse per cominciare a piangere sangue; la bocca si aprì, a mostrare i denti che si digrignavano. Le tempie pulsavano forti, parevano in grado di scoppiare da un momento all’altro.
E poi dalla mano destra dell’uomo rotolò via la Sfera Blu; Zoe la stoppò col piede.
“Viene dal tuo corpo. Dovremmo disinfettarla per bene allora...”.
Xander si lasciò cadere per terra proprio nel momento in cui Gold e Silver uscirono nel corridoio.
“Sono loro!” esclamò il fulvo, puntando il dito contro di loro.
“Che diamine succede?!” urlò alle loro spalle Christine.
“Ancora tu!” s’arrabbiò Gold, fissandola negli occhi. Quella aggrottò la fronte, dribblando i ragazzi e raggiungendo il suo compagno. Si accovacciò, aiutandolo ad alzarsi; lui si manteneva alla bionda, passandole un braccio dietro la schiena.
Lo sguardo della donna incrociò quella del biondo.
“Andy... Sparisci”.
“Sangue del mio sangue” rispose quello, sorridendo. “Non capisco e mai capirò. Ma sono tue scelte”.
Gold e Silver si guardarono velocemente, in quell’attimo di confusione. “Ma che diamine?! Dateci subito le sfere prima che...” minacciò Gold, agitando per aria il pugno.
“Ora ce ne andiamo!” urlò Zoe, lanciando per aria una sfera fumogena. Pochi secondi dopo né la coppia in blu né quella in rosso era più presente davanti ai loro occhi.
“I guastafeste con i cappucci!” urlò Xander, digrignando i denti e voltandosi. Puntò la sua mazza contro il cranio di Andy, quasi come se lo stesse condannando.
“Dateci la Sfera Rossa e nessuno si farà male” fece il ragazzo, con quello sguardo cristallino immerso nell’ombra del suo volto.
“Non vi consegnerò mai la Sfera Rossa! Voi lascerete qui le penne!”.
Xander si voltò per un attimo verso Christine, che annuì e tornò a guardare dritto in avanti. Non appena Xander partì urlando, con la mazza ferrata alta sulla testa, pronto ad usarla, Christine indietreggiò velocemente prendendo la sfera di Banette.
“Forza!” urlò Zoe. Andy fece proprio come la bionda della fazione opposta, indietreggiando lentamente e vedendo la moretta scattare.
“Muori, lurida!” urlò Xander, scagliando il proprio colpo sulla testa di Zoe. Quella però, che prima di diventare un’ecoterrorista era un Combat Girl, schivò con una facilità quasi impressionante il colpo del vichingo rossastro dai capelli rasati e si avvitò in aria, scaricando su di lui un forte calcio, destinato al fianco.
Andò a segno forte e senza sbavature, facendo sbilanciare Xander, caduto poco dopo sui fondelli.
Zoe si ritrovò piegata per terra, sulle gambe, attenta all’uomo che aveva steso.
“Banette, vai con Palla Ombra sulla ragazza” pronunciò a bassa voce la Idrotenente, vedendo poi il suo Pokémon attaccare l’avversaria in maniera diretta.
“Che brutto vizio...” sospirò Andy, vedendo Zoe accorgersi appena del fatto che la donna l’avesse attaccata. Si voltò ed i suoi occhi, pieni di paura, videro un’altra grande sfera nera abbattersi sull’attacco di Banette; questo fu respinto ed andò a schiantarsi contro la parete, alzando ancora fumo e polvere.
“Sei scorretta, sorella. Come sempre” fece Andy.
Quella strinse i denti e vide un grande esemplare di Dusknoir fluttuare davanti a loro. Zoe si rimise in piedi, quasi contemporaneamente lo fece Xander.
“Ti piace il combattimento, eh?!” fece quello, lanciando un fendente laterale, che avrebbe sicuramente colpito la ragazza se lei non si fosse appiattita per terra, in una posa che assomigliava a quella dell’uomo ragno. Subito dopo colpì alle caviglie il ragazzo, facendolo cadere nuovamente per terra.
“Sei ancora convinto?” chiese lei, rialzandosi velocemente e tornando accanto al Magmatenente biondo. Prese la sfera e mandò in campo il suo Arcanine.
“Forza! Usa Lanciafiamme su Banette!”
Il forte flusso di fuoco fuoriuscì direttamente dalle fauci del canide per abbattersi proprio contro il Pokémon di Christine, che cadde per terra, lamentoso. Xander s’alzò subito in piedi e prese la sua sfera, quella con Kingler, mandandolo in campo.
“Forza! Usa immediatamente Idropompa!”.
Il flusso di fuoco fu sostituito da una forte colonna d’acqua, che andò a schiantarsi contro Arcanine, il quale ruzzolò malamente diversi metri indietro.
Toccava ad Andy e lui sapeva cosa fare. “Dusknoir! Divinazione!”.
Xander e Christine si guardarono, capendo immediatamente che le cose si sarebbero messe male.
“Xander, io vado! Tienili a bada quanto più possibile!” urlò poi Christine, sparendo dietro una coltre di polvere e fumo.

“Devi cantare questa canzone anche mentre ci arrampichiamo?!” esclamò Silver, cercando un appoggio per il piede destro; il banano su cui stavano salendo era parecchio alto e superava di gran lunga i tre piani del Centro Meteo, tuttavia era parecchio scivoloso ed alcuni rami erano sottili e si spezzavano non appena vi venisse poggiato il peso sopra.
“Ti lamenti troppo a mio avviso...” sospirò Gold, fischiettando il motivetto.
“Tu invece dai fastidio con ogni movimento che fai...”.
“Sembri un ragazzino di sei anni. Smettila di lamentarti e fai presto a salire, che qui si scivola”.
Silver sbuffò. “Appunto, si scivola...”.
“Un ninja come te sarebbe dovuto essere in cima già da un pezzo”. Gold lo punzecchiava e sorrideva.
Silver si limitò a sbuffare e a fare un ultimo sforzo, fino a salire verso il ramo più alto che vedesse.
“Uno alla volta...” disse il ragazzo, avanzando lentamente, avvicinandosi alla finestra. “Non credo ci regga entrambi”.
“Sfonda la finestra...”
“La finestra è aperta, zuccone...” sbuffò ancora Silver. “Ma... Aspetta... C’è una donna del Team Idro. È appena entrata!”.
“Una donna del Team Idro?!” tuonò Gold. “È bionda?!”.
“Sì, è bionda”.
“È quella... Non voglio essere volgare...”.
“Sarebbe la prima volta”.
“Tutti facciamo progressi”.
Aguzzarono l’udito e sentirono per bene ciò che stava succedendo.

Christine spalancò la porta della sala conferenza 4A. Il ronzio dei neon era più rumoroso della somma dei respiri impauriti dei quasi venti scienziati, uomini e donne, rinchiusi tra le pareti di quell’ufficio.
La bionda sbuffò e chiuse la porta alle sue spalle, girando la chiave all’interno della serratura; si voltò verso le persone in camice bianco che la guardavano terrorizzati.
“Io vi ucciderò” esordì lei, battendo un paio di volte le palpebre, tendoni di un palcoscenico che andava a coprire il vero spettacolo: i suoi occhi chiari, che fissavano il terrore, talvolta le lacrime, sui volti onesti ed innocenti dei metereologi.
“Io vi ucciderò” ripeté. “Ma potremmo anche evitare spargimenti di sangue”.
Gli occhi dei venti studiosi erano inevitabilmente proiettati su di lei.
“Ecco, ad una prima occhiata può sembrare che abbiate di fronte dei terroristi ambientali, senza alcuno scrupolo. E forse è anche così, ma io non sono come le reclute qui fuori. Oddio, forse sono anche più pericolosa del tizio con la mazza ferrata che sta sfasciando tutto di là, ma io, come dire, uso altri mezzi...”.
Dalla sua ombra uscì Banette, con il suo sorriso sinistro.
“Vai...” sospirò Christine, vedendo il suo Pokémon fluttuare in avanti, come sospinto dalle onde tra gli studiosi. Li guardava in faccia e sembrava emettere un risolino sinistro, agghiacciante.
Quando Albert Mello, trentasettenne originario di Kalos e laureato in meteorologia nella non troppo lontana regione di Adamanta, vide quel Banette fermarsi proprio davanti a lui, un brivido di paura gli attraversò la schiena per l’intera lunghezza; quel fremito di paura penetrò nel suo corpo, possedendolo, controllandolo, riducendosi ad un respiro lungo, un alito di vita denso e fumoso, sparito non appena la manina di pezza del Pokémon puntò il petto dello studioso.
Banette sembrò miagolare, gli occhi di Christine si riempirono di curiosità e seguirono il movimento del suo Pokémon, proprio quando si tuffò all’interno dell’ombra dell’uomo.
Quello non riuscì a trattenere un urlo, sentendo come al suo interno un fuoco che cominciava a bruciare ogni organo, in maniera sadica e violenta. Tutti gli studiosi che aveva al suo fianco avevano fatto un passo indietro ed osservavano terrorizzati la scena, timorosi d’intervenire.
Albert Mello s’inginocchiò, sentendo le forze che lo abbandonavano; gli occhiali caddero dal suo naso ed una lente si frantumò non appena toccò terra.
Sentiva urla, urla che non c’erano, e piangeva perché non riusciva a muoversi. Inoltre un fischio insopportabile gli stava picconando le tempie come il più ligio dei minatori.
Christine inclinò leggermente la testa ed analizzò uno ad uno i volti degli studiosi, abbeverandosi della loro paura.
“Banette, credo tu abbia fatto, non indugiare oltre...”. La voce della donna, così piccola e delicata, come lei del resto, faceva un contrasto assurdo con la cattiveria delle azioni che stava per compiere.
Sorrise quando vide uscire Banette dall’ombra della povera vittima che aveva designato. Quella risatina inquietante tornò a leggera a danzare sui nervi dei presenti, tesi come corde d’arpa.
Il Pokémon fluttuò pigro fino alla sua Allenatrice; Christine annuì e vide gli occhi di Banette illuminarsi, di un rosso vivo e bruciante. Dopodiché la donna aprì delicatamente la cerniera che teneva chiusa la bocca del Pokémon. Infilò la mano al suo interno, affondandola in profondità e sospirando.
“Sapete... Qui dentro è gelido”. Ritrasse il braccio e vi tirò fuori una bambolina di pezza, senza volto, solo braccia e gambe, ed una grossa testa bianca.
“Bene. Chiudiamo qui... Non voglio sapere cos’altro potrebbe uscire da qui dentro...”. La zip venne richiusa, ed il Pokémon prese a fluttuare libero e festoso, mentre Christine frugava tra le tasche, fino a trovare una scatolina di metallo.
“Ecco. Ora vi spiego come funziona il corpo umano...” disse, mentre aprì la scatolina; ne estrasse un grosso spillone e lo infilò con una facilità disarmante nel braccio della bambola.
Un urlo di dolore s’espanse nella camera e fece sobbalzare Gold e Silver, appesi ancora come scimmie al grosso banano.
“Dobbiamo intervenire, Silver!” esclamò Gold, stringendo i pugni rabbioso. Il fatto che fosse stato colpito da una maledizione da Christine lo collegava automaticamente al povero studioso che adesso si manteneva il braccio destro, in preda alla follia ed al dolore lancinante.
“Quella... Quella è la giornalista...” Silver spalancò gli occhi. Ricordò di averla incontrata qualche giorno prima, poco fuori Ciclamipoli. Voleva scambiare informazioni con Fiammetta ma in quel momento Silver capì a che losco gioco stesse partecipando la bionda: li aveva depistati e strumentalizzati, utilizzandoli come mezzo per combattere il Team Magma.
“Dannazione, Gold. Quella donna è...”.
“Quella donna è una stronza! È lei che mi ha lanciato la maledizione!”.
Silver e Gold si scambiarono uno sguardo e poi tornarono a fissare in avanti.

“Ecco, per gli arti funziona così. Ma potrei anche cominciare a giocare con il torace, o con la testa” sorrideva sadica la bionda, umettandosi le labbra con la punta della lingua.
Carezzava la testa della bambola con la punta dello spillo e sulla testo di Albert Mello si formava una linea rossa di sangue bollente, che prese a scendere lentamente fino a ricoprirgli il volto.
“Sapete dov’è il cuore?” domandò lei.
Con lo spillo, leggermente, punzecchiò la zona dove si sarebbe dovuto trovare il muscolo cardiaco; sorrise nel vedere il camice dell’uomo colorarsi di rosso rubino.
Albert, sempre in preda ai dolori, vedeva i volti attoniti pieni di impotenza dei suoi colleghi.
“Ecco. Ora lo infilo qui, nel petto, in fondo e lui...”. Christine alzò gli occhi e vide l’uomo stramazzare per terra. “... e lui muore. Questo potrebbe succedere ad ognuno di voi, e magari nemmeno così rapidamente, se uno, uno soltanto di voi, decidesse di non aiutarmi. Voglio sapere dove si trova Kyogre in questo momento”.
Tutti sostavano silenziosi attorno al corpo di Albert Mello, ridotto ormai ad un sacco inutile di sangue ed organi.
“Banette...” sbuffò Christine, dopo nemmeno un secondo, cercando di annullare le urla e le esplosioni provocate dal combattimento tra Xander ed i due Magmatenenti. “Banette, vieni qui...”.
Il Pokémon fluttuò lemme verso di lei e tutti videro nuovamente Christine aprire la zip che aveva al posto della bocca.
“Ne sta prendendo un’altra” sussultava qualcuno nella folla. La bionda sfilò con massima delicatezza gli spilli dalla bambolina, riponendoli tutti nella scatolina che conservava nelle tasche, quindi gettò la bambola di pezza nella bocca del Pokémon Spettro. Due secondi dopo la ritirò fuori, ed aveva precise sembianze: quella bambolina aveva i capelli lunghi e neri, gli occhiali disegnati sul volto ed un neo sulla guancia destra.
“No!” si sentì esclamare dalla folla. “Non farmi del male! Ti aiuterò!”.
Tutti si voltarono, nello stupore generale, e videro avanzare Carla Doyle, una giovane metereologa dai lunghi capelli neri, con gli occhiali sul naso ed un neo sulla guancia destra.
“Ti aiuterò... ma libera questa persone e non farmi del male”. La giovane donna aveva il volto contrito e le lacrime a formarvi sopra lunghi canali neri, sporcati dal mascara ormai sciolto.
Christine riposò la bambola all’interno del suo Pokémon e chiuse la zip, poi si avvicinò a Carla Doyle e le afferrò una lunga ciocca corvina, tirandola con forza e costringendola ad abbassarsi.
“Ora vieni con me! Voi rimarrete qui finché non sarà tutto finito. Il mio Banette rimarrà di guardia qui, per evitare che facciate colpi di testa”.
Tirando la metereologa per i capelli uscì fuori e sbatté la porta, chiudendola poco dopo a chiave dall’esterno.

“Andiamo” sospirò Silver. “Dobbiamo entrare dalla finestra che abbiamo davanti ma non possiamo sfondarla, altrimenti ci sentirebbero”.
“Levati e lascia fare a me...”fece Gold, muovendosi con meno agilità di quanto pensasse su quel doppio ramo di banano.
Arrivato nei pressi della finestra, il ragazzo si limitò a picchiettare l’indice contro la finestra un paio di volte; un uomo anziano e stempiato, con dei doppi occhiali schiacciati sul volto,  si voltò.
Il moro gli fece segno di venire verso di lui, con la mano, e quello si guardò attorno.
“Io?” chiese quello. La voce dell’uomo fu attutita dal vetro, che divideva l’interno della stanza dai due Dexholders sul ramo di banano.
Gold annuì e gli fece nuovamente cenno di avvicinarsi.
L’uomo scosse la testa, facendo segno di no, facendo sorridere Silver.
“Dobbiamo romperla” ripeté.
“Non rompo niente, io. Lui aprirà la finestra di sua spontanea volontà!”.
“Beh...” sospirò Silver. “Affermare che tu non rompa niente mi sembra un po’ esagerato...”.
“Zitto, cretino. E tu! Vieni!”.
L’anziano continuava a fare cenno di no con la testa e Gold sbuffava. “Vieni qui ed apri! Sono con te!” continuava ad esclamare il ragazzo di Johto, aggiungendo alle parole gesti sguaiati con le mani, che parvero sortire l’effetto desiderato.
L’uomo anziano puntò prima l’indice sul suo petto e poi indicò il ragazzo con cui parlava e, quando lo vide annuire, corse ad aprire la finestra.
“Finalmente!” esclamò Gold, saltando all’interno dell’edificio, facendo vibrare leggermente il ramo di banano.
“Ma chi siete voi?!” chiese ampiamente preoccupato l’uomo anziano, facendo qualche passo indietro, evitando d’inciampare nella salma di Albert Mello.
“Noi siamo i buoni” fece Silver, atterrando agilmente sulle mattonelle bianche che andavano a comporre il pavimento della sala riunioni.
“Ed io sono più buono di lui. Allora, voglio che adesso vi leviate tutti davanti, mettendovi in quell’angolo lì. Ora io ed il mio amico (ma nemmeno tanto) Silver faremo saltare la serratura della porta, e vi faremo uscire”.
“C’è un Banette, qui!” urlò terrorizzata una dottoressa, scappando immediatamente verso il punto indicato da Gold.
“A lui ci penso io. Grov... No, vai Weavile!” urlò Silver.
Il Pokémon Lamartigli uscì in campo e guardò con massima concentrazione il suo avversario.
“Dobbiamo abbatterlo e mettere in sicurezza il posto. Gold, intanto usa Grovyle per aprire la porta!”.
E così fecero; mentre Weavile colpiva con fendenti e rasoiate Banette, Grovyle, tramite le sue liane, riuscì a far cadere la chiave dalla serratura, all’esterno e velocemente a raccoglierla con la sua foglia. Nel mentre il suo sguardo incrociò quello di Silver, giusto per un attimo, e poi fissò Weavile, che metteva definitivamente fuori gioco con un attacco Nottesferza l’avversario.

“Forza! Non abbiamo tutto questo tempo!” urlò Christine, colpendo con forza la testa della dottoressa Carla Doyle, che aveva deciso di prendere con sé. Puntava un enorme spillone dietro il suo collo e sembrava bruciare come fosse un marchio a fuoco sulla pelle candida della donna.
Quella urlava e piangeva. Il suo viso veniva illuminato dai LED degli schermi e qualche lacrima cadeva sulle sue dita, che battevano freneticamente sulla tastiera.
“Devi trovare Kyogre!” aggiunse poi Christine, voltandosi un attimo. Era in una grande stanza, illuminata da diverse plafoniere, ognuna dei quali con due neon all’interno.
Vento freddo entrava dietro la postazione di un tale, Alfred Brehnmann si chiamava, che aveva lasciato la finestra aperta. Proprio davanti alla sua scrivania una pila di fogli era rovinata sul pavimento, spargendosi disordinatamente, come cocci infranti di un vaso.
“Ecco...” disse Carla Doyle, tirando su con il naso. Picchiettò l’unghia ben curata sul monitor dell’apparecchio, mostrando un addensamento sulla parte destra. “Qui. Kyogre è probabilmente in questa zona” disse muovendo le mani sulla grande tempesta.
“Kyogre è già a Ceneride” sorrise Christine. “L’Archeorisveglio sta per avvenire! Groudon sarà sconfitto e le terre saranno sommerse dal mare! Il Team Idro dominerà!”
La dottoressa alzò gli occhi verso la bionda. “Ora lasciami andare...”.
Christine chiuse gli occhi e sospirò. “Non posso lasciarti andare. Consoci il nostro piano ormai”.
E la calma glaciale delle sue parole, la freddezza dei suoi occhi e la rapidità di movimento con cui infilò in fondo al suo collo l’enorme spillone quasi sembrarono surreali; le mani della dottoressa tremarono, si portarono dietro al suo collo per toccare, per sentire il metallo freddo, gelato, ed al contempo il sangue caldo che sgorgava dalla ferita che sapientemente la donna aveva allargato con la sua sottile arma.
Carla Doyle morì qualche secondo dopo, sbattendo la testa sui computer sul quale una grossa macchia verde copriva l’azzurro del mare di Hoenn.
Christine pulì le mani, sporcate dal sangue innocente della donna che aveva ammazzato, utilizzando proprio il suo camice; si ricompose ed uscì nel corridoio, dove vide il suo Banette stremato, senza forze, qualche metro davanti a lei.
“Cosa è successo?!” chiese tra sé e sé.

“Hai perso” proclamava Andy, avvicinandosi lentamente al suo avversario, inginocchiato per terra, accanto al suo Kingler.
“Ed ora...” continuò il Magmatenente. “Se non ricordo male tu hai ammazzato il mio Houndoom...”.
Xander alzò gli occhi verso il suo avversario, col volto sfatto e gli occhi stanchi. Aveva perso la bandana ed in quel momento la sua testa, coperta di peluria rossiccia e sottile, era scoperta.
E Zoe aveva il desiderio di fracassargli qualcosa sul cranio; magari proprio la mazza ferrata che quel vichingo soleva portarsi dietro.
Rosso, il suo sangue sarebbe sceso sul suo volto e lui avrebbe perso conoscenza, forse sarebbe morto. E gli sarebbe andata davvero bene, considerato il fatto che probabilmente Zoe non avrebbe mollato il colpo finché non avrebbe tolto alla testa dell’uomo la facoltà di essere chiamata in quel modo.
“Ed ora il tuo Kingler è davanti a te, fuori combattimento. Proprio come lo era il mio Houndoom. O meglio, prima che il mio Pokémon fosse decapitato...” ed Andy ci tenne a dare peso a quella parola. “... Beh... Era cosciente. Sveglio, vivo. Vedeva tutto; vedeva il tuo Kingler e vedeva anche te, grande testa di cazzo. Forse ora dovremmo vendicarci. Che ne pensi, Zoe?”.
Xander guardava il suo Kingler, e ricordò di quando fosse un Krabby, catturato sulla spiaggia. All’epoca era un bambino dai capelli rossi, spettinati, arruffati sulla fronte, magrolino e con le lentiggini sul naso. Guardava il suo Kingler e rivedeva se stesso da piccolo, con le sue paure, le sue insicurezza. Ricordava le estati passati ad Olivinopoli, la città di sua nonna, i tuffi dagli scogli. Ricordava quel giorno in cui incontrò quel gruppo di ragazzi, che prendeva il sole; certo, lui era più grande, aveva circa diciassette anni, e ricordava due gemelli, molto rumorosi, che facevano gare di tuffi e di resistenza in apnea. Inoltre c’era una bellissima ragazza dai capelli rossi in acqua.
Ricordava in più una ragazza asiatica a prendere il sole sulle rocce, assieme ad un biondino assai timido, tuffatosi solo tramite le richieste della rossa.
Cindy, gli pareva si chiamasse così.
Ripensò a se stesso, alle sue parole, alle sue azioni: era cambiato. Forse era quel Kingler, solo quel Pokémon, a rappresentare la mano tesa che afferrava, proveniente dal suo passato; un punto d’unione tra quello che era prima di diventare uno spietato assassino e dopo aver completato quel processo che lo aveva reso immondizia.
Kingler era il suo passato. Forse era il suo unico amico.
“No. Ti prego, non ucciderlo...” lo pregò, chinando in basso il capo.
Zoe guardò immediatamente Andy, lo stupore le aveva spalancato gli occhi. Annuirono entrambi, contemporaneamente.
“Lo farò. O forse no. Dipende da te. Voglio la Sfera Blu”.
Xander alzò il capo lentamente, con il volto coperto di lacrime.
“Fai presto, bastardo” lo intimò Zoe, afferrandolo per il collo.
Xander strinse gli occhi ed il suo volto visse una vera e propria metamorfosi. Il dolore passò tutto attraverso il suo corpo e gli occhi si spalancarono, spiritati, quasi stesse per cominciare a piangere sangue; la bocca si aprì, a mostrare i denti che si digrignavano. Le tempie pulsavano forti, parevano in grado di scoppiare da un momento all’altro.
E poi dalla mano destra dell’uomo rotolò via la Sfera Blu; Zoe la stoppò col piede.
“Viene dal tuo corpo. Dovremmo disinfettarla per bene allora...”.
Xander si lasciò cadere per terra proprio nel momento in cui Gold e Silver uscirono nel corridoio.
“Sono loro!” esclamò il fulvo, puntando il dito contro di loro.
“Che diamine succede?!” urlò alle loro spalle Christine.
“Ancora tu!” s’arrabbiò Gold, fissandola negli occhi. Quella aggrottò la fronte, dribblando i ragazzi e raggiungendo il suo compagno. Si accovacciò, aiutandolo ad alzarsi; lui si manteneva alla bionda, passandole un braccio dietro la schiena.
Lo sguardo della donna incrociò quella del biondo.
“Andy... Sparisci”.
“Sangue del mio sangue” rispose quello, sorridendo. “Non capisco e mai capirò. Ma sono tue scelte”.
Gold e Silver si guardarono velocemente, in quell’attimo di confusione. “Ma che diamine?! Dateci subito le sfere prima che...” minacciò Gold, agitando per aria il pugno.
“Ora ce ne andiamo!” urlò Zoe, lanciando per aria una sfera fumogena. Pochi secondi dopo né la coppia in blu né quella in rosso era più presente davanti ai loro occhi.

 

 

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