Salve a tutti; Oggi fuori un'altra shipping su Gold e Marina, le seconda scritta da Cyber Witch. Trovo che sia realmente deliziosa, avendo preso veramente bene in pieno il carattere dei miei personaggi.
Ed è realmente una ship inzaccherata di feels, perché alla fine rimani preso bene. Scritto veramente bene, uno dei miei brani preferiti, scritti da lei.
Poi questa mattina ho contattato Black Lady, della pagina Svignettiamo con cui siamo in partnership, elemosinandole wip per il blog. Come sempre la ringrazio.
Ha disegnato mia moglie Fiammetta.
{hotsummershipping | Marina&Gold | AU | lungherrima | questo è l'amore che provo per loro}
Dieci volte, dieci momenti nei quali una comunissima ragazza si è innamorata dello stesso ragazzo più una, nella quale tutti e due comprendono che sono stati degli idioti a non capirlo prima.
Se le avessero chiesto che cosa fosse stato per lei, avrebbe senz’altro risposto antipatia. Forse avrebbe dato un’esauriente spiegazione su come la faccia di Gold le aveva subito ispirato un istinto omicida. Marina non pensava certamente che quello fosse ciò che si provasse quando ci si innamorasse.
.:.Cyber-spazio.:.
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeehi, salve! Sì, una hotsummershipping (creata da Andy, mio marito, e difficile da trattare e molto cattivo) che io ho proclamato come ship molto canon. Siccome ci sono tre fanfiction su di loro ora è canon, right? Right.
Coooomunque, ho creato questa OS lungherrima per esprimere il loro amore e lo so, probabilmente sono andata OOC, ma poco importa, siccome li amo e gh e gh.
Sono stanchissima, ecco alcune buone ragioni per amare la hotsummer:
Cy.
Ed è realmente una ship inzaccherata di feels, perché alla fine rimani preso bene. Scritto veramente bene, uno dei miei brani preferiti, scritti da lei.
Poi questa mattina ho contattato Black Lady, della pagina Svignettiamo con cui siamo in partnership, elemosinandole wip per il blog. Come sempre la ringrazio.
Ha disegnato mia moglie Fiammetta.
{hotsummershipping | Marina&Gold | AU | lungherrima | questo è l'amore che provo per loro}
Dieci volte, dieci momenti nei quali una comunissima ragazza si è innamorata dello stesso ragazzo più una, nella quale tutti e due comprendono che sono stati degli idioti a non capirlo prima.
Se le avessero chiesto che cosa fosse stato per lei, avrebbe senz’altro risposto antipatia. Forse avrebbe dato un’esauriente spiegazione su come la faccia di Gold le aveva subito ispirato un istinto omicida. Marina non pensava certamente che quello fosse ciò che si provasse quando ci si innamorasse.
La storia di dieci volte più una
La prima volta che Marina si innamorò di Gold fu per caso e la ragazza nemmeno era sicura che quello che avesse provato in quel momento fosse stato amore. Se le avessero chiesto che cosa fosse stato per lei, avrebbe senz’altro risposto antipatia. Forse avrebbe dato un’esauriente spiegazione su come la faccia di Gold le aveva subito ispirato un istinto omicida. Marina non pensava certamente che quello fosse ciò che si provasse quando ci si innamorasse.
Quando accadde – più per caso che per altro – fu il primo giorno delle superiori, il ragazzo era seduto vicino ad un giovane dai capelli rossi, l’uniforme sgualcita e un cappellino da baseball girato al contrario. Al suo fianco c’erano altri due ragazzi, più grandi, che ridevano delle sue battute. Sembravano divertirsi, tutti assieme, e quando Marina cercò con gli occhi suo fratello maggiore, si sentì chiamata da qualcuno.
Era Crystal, si conoscevano dalle medie, non avevano mai parlato propriamente e Marina trovava Crystal troppo innocente per i suoi gusti. Probabilmente cercava un volto conosciuto. Marina si voltò, il caschetto castano scompigliato. Sotto la gonna, anziché le classiche calze, portava i pantaloncini aderenti che usava d’estate, quelli che le arrivavano fino al ginocchio.
«Sì?» domandò la ragazza, osservando Crystal che, nervosamente, si sistemava i capelli raccolti in due codini.
«Ecco... siamo in classe assieme, vero?» domandò la giovane, sorridendole.
Marina annuì, sistemandosi lo zaino sulle spalle, probabilmente voleva chiederle qualcosa e quindi aspettò qualche secondo.
«Ti va se ci sediamo vicine? È che è un po’ tutto nuovo» ridacchiò nervosamente, dondolandosi sui talloni.
Cavoli, è carina davvero si ritrovò a pensare Marina, mentre annuiva incoraggiante. In fondo, poteva anche rivalutarla.
Quando, assieme, passarono davanti a Gold e a Silver, il suo amico dai capelli rossi, Crystal sorrise loro, come aveva fatto con tutte le persone che avevano superato.
Gold ricambiò il sorriso, strizzando l’occhio, mentre Silver fece un cenno con la testa, per poi ritornare della sua serietà iniziale.
Marina riuscì a sentire i commenti sulle gambe sue e di Crystal. La castana si voltò, improvvisamente, e vide Gold ridere di nuovo, con uno di quei suoi amici più grandi.
Marina rimase perplessa per un secondo, uno strano istinto che le prendeva le viscere e le suggeriva di prendere la nuca di Gold e spaccarla sopra il muretto sul quale era seduto. E poi, quando il ragazzo dagli occhi d’oro si girò, l’istinto divenne ancora più forte, misto alla voglia di prendere fra le mani le guance del ragazzo e... baciarlo.
La seconda volta che Marina s’innamorò di Gold fu quando, durante la pausa pranzo del suo terzo mese alle superiori, il ragazzo le calpestò un piede. Gold e Silver erano, come al solito, seduti sul muretto che Marina aveva rinominato il Pollaio perché attorno a Gold si radunava sempre qualche decina di galline che chiocciavano davanti all’atteggiamento strafottente del ragazzo.
Crystal e Marina erano diventate buone amiche e spesso mangiavano assieme, quando la ragazza dagli occhi limpidi come l’acqua non decideva di aggiungersi al branco – come si chiamava un insieme di galline? Marina non lo sapeva – di giovani in preda alla crisi ormonale davanti agli occhi di Gold. Tuttavia la giovane sembrava più interessata all’amico taciturno.
Di solito Marina mangiava con il fratello, disprezzando altamente la compagnia delle altre ragazze innamorate della boy band di turno. Rideva come un ragazzo alle battute sconce del fratello e si divertiva a prendere in giro le galline che attorniavano il bello del primo anno. Supponeva ce ne fosse uno per ogni anno, almeno.
Fu quando si alzò per buttare la carta della merendina ipercalorica che aveva appena finito che successe.
Gold si stava allontanando, disquisendo di come fosse riuscito a mettere fuori gioco il bullo di turno con solo un taglio al labbro, e Marina incrociò la sua traiettoria. Il ragazzo non la vide e pestò la sua scarpa, facendola inciampare.
Marina, riuscendo a riprendere l’equilibrio, si voltò arrabbiata verso il ragazzo.
«Scusa, tesoro» ridacchiò ancora il ragazzo, alzando le mani in segno di resa davanti al suo sguardo furente.
«Tranquillo, so benissimo che fare due cose contemporaneamente è difficile» scrollò le spalle, ricomponendosi
«Cosa?»
«Beh, sì, raccontare cavolate e camminare insieme deve essere proprio complicato per te, non ti biasimo» disse, allontanandosi dal giovane.
Gold scoppiò a ridere, sistemandosi il cappellino da baseball sulla testa. Quando Marina si girò per osservare la faccia del ragazzo vide sopra un enorme sorriso strafottente, gli occhi che ridevano con lui. Sembrava essere costantemente allegro, pronto a scherzare e con una grinta pari alla sua.
Marina sentì di nuovo quell’istinto omicida prenderle le viscere, ma quella volta era più forte la voglia di baciarlo.
La terza volta che Marina si innamorò di Gold accadde durante un’uscita con Crystal. Erano andate in centro, un sabato pomeriggio, perché l’amica voleva andare a vedere un nuovo negozio di vestiti. Marina, non avendo niente di meglio da fare, acconsentì, accompagnandola fino al nuovo negozietto.
I vestiti che esponevano erano troppo femminili e troppo poco pratici per Marina, che dovette sorbirsi le risatine divertite di Crystal su quanto fosse carino quel vestito azzurro a fiori e che a Marina sarebbe stato divinamente.
Alla fine riuscì a costringerla a provarlo e, sbuffando almeno una dozzina di volte, entrò nel camerino con il vestito leggero in mano.
«Vado a vedere le magliette, chiama quando hai finito!» sentì Crystal fuori dal camerino e mugugnò un sì in risposta.
Marina si sfilò i jeans e la camicetta rossa, rimanendo in intimo spaiato, quando sentì due voci particolarmente famigliari sussurrare qualche parola.
«Ti pare una buona idea?» disse una delle due voci, parecchio dubbiosa.
«Certo che lo è, non succederà come l’altra volta»
«C’è stata un’altra volta?!»
«Sì, tu non c’eri»
«E allora perché hai coinvolto anche me?»
Marina si fermò un attimo, il vestito ancora fra le mani e i sandali aperti ai piedi.
«In due è più divertente... ecco i camerini!»
«Gold, è una cazzata»
«Ma funzionerà, te lo dico!»
«Fare i guardoni non funziona mai, me ne vado»
Marina chiuse gli occhi, inspirando profondamente ed infilandosi il vestito.
Sentì il ragazzo entrare nell’altro camerino, poteva persino percepirne il ghigno furbo sul volto.
Le riviste porno erano andate fuori moda, evidentemente.
Marina uscì dal suo camerino, Crystal ancora non si faceva vedere. Arrivò fino davanti alla tenda che nascondeva le scarpe da ginnastica di Gold – davvero pensava di poter passare per femmina vestito a quel modo?! – e si schiarì la voce.
Contò fino a tre e poi, accertandosi che il ragazzo fosse proprio davanti a lei, tirò un calcio abbastanza caricato.
Il moro lanciò un verso agonizzante, per poi aprire la tenda con una sola mano, saltellando sopra un solo piede.
«Ma che cazzo ti prende?!» gridò, cadendo poi a terra, sbilanciandosi.
Marina mise le mani sui fianchi, piegando il busto verso il ragazzo.
«Dovrei chiederlo a te! Ti pare una cosa da fare, ah?» lo rimproverò, il suo tono era severo, ma la sua voce allegra non aiutò.
Gold si teneva ancora il ginocchio quando tentò di rialzarsi.
«Bene! Tanto per vedere uno stecco senza tette preferisco andarmene!» le disse, allontanandosi come se il ginocchio non gli facesse male, la testa alta e, dimostrandosi per l’infantile che era, quando uscì dal negozio non risparmiò una linguaccia a Marina, che contrita aveva le braccia incrociate al petto.
Inutile dire che si era sentita offesa. In generale non le davano tanto fastidio gli insulti che riceveva sul suo fisico, soprattutto perché con le compagnie che aveva frequentato, di solito, si andava avanti ad insulti.
Eppure, il fatto che Gold non la trovasse per niente femminile, un po’, le dispiacque.
Poco dopo arrivò Crystal, un paio di magliette in mano e del tutto ignara dell’accaduto.
«Oh Mari! Quel vestito ti sta benissimo» le sorrise l’amica.
«Lo prendo, che dici?» asserì Marina, avrebbe fatto vedere a Gold chi era femminile.
Crystal alzò un pollice in segno d’assenso.
Fuori dal negozio, Gold, si era seduto sopra una panchina, Silver che beveva da una bottiglia d’acqua.
«Il tuo piano è fallito miseramente, vedo» gli disse pacato il rosso, dando un’occhiata in tralice al ginocchio gonfio di Gold.
«Nah, sono riuscito a vederle le mutandine» ghignò, posando di nuovo la granita alla menta che aveva comprato sopra il ginocchio per ridurre il dolore.
La quarta volta che Marina s’innamorò di Gold successe durante le vacanze estive, poco dopo che fece ritorno dal mare con la sua famiglia, Crystal corse subito a casa sua per abbracciarla, quasi disperata.
«Mari! Mi sei mancata tantissimo» le disse, non appena la giovane con il caschetto aprì la porta.
Marina ricambiò l’abbraccio con un sospiro, affermando che era stata via solamente quattro giorni e non un mese intero.
Crystal le propose di uscire quel pomeriggio stesso, dicendole che aveva scoperto un nuovo locale dove servivano frullati di tutti i gusti.
Marina, che non ne poteva più di suo fratello con la febbre per essersi ustionato, accettò volentieri. In fondo anche Crystal le era mancata.
Salì in casa, cambiandosi la canottiera nera e i pantaloncini gialli con il vestito che aveva preso quella primavera, quando Gold si era intrufolato negli spogliatoi. Lo indossò, cercando i sandali senza trovarli e infilandosi le Converse bianche che aveva. Dubitava dell’accostamento, ma siccome preferiva di sicuro le scarpe chiuse a quelle aperte non si fece problemi.
In quei quattro giorni al mare la sua pelle si era ancora più abbronzata e il vestito azzurro faceva un bel contrasto con la sua carnagione bronzea.
Crystal la prese a braccetto e la condusse fino al centro, lamentandosi di quanto per lei fosse stancante l’estate e di quanto, invece, preferisse il clima mite della primavera e le sue piogge.
Marina scrollò le spalle, per lei l’estate era molto meglio di qualsiasi stagione esistente, siccome poteva muoversi senza rischiare di ammalarsi.
Crystal la trascinò fino al piccolo locale, era colorato e arieggiato, con un po’ di tavoli fuori, sotto l’ombra degli alberi verdi e rigogliosi. Non era ancora pieno di gente, quindi poterono tranquillamente scegliere a quale tavolo sedersi senza problemi.
Si accomodarono ad un tavolo in disparte, vicino all’albero, e ordinarono tutte e due un frullato ai frutti tropicali, essendo quello consigliato dal menù.
«Al mare c’era qualche ragazzo carino?» chiese Crystal, sorridendo innocentemente.
Marina scrollò le spalle, girando pigramente la cannuccia nel bicchiere mezzo pieno.
«Non veramente... però mio fratello sembrava particolarmente arrabbiato col bagnino perché a parere suo ci provava con me» finì la ragazza, la guancia posata sopra il palmo della mano.
Crystal rise, bevendo il suo frullato con gusto.
«È un peccato, magari potevi vivere una di quelle storie mozzafiato, sai, di quelle che parlano di baci al tramonto... in riva al mare» sospirò la giovane, i capelli sempre raccolte in quelle strane codine e la salopette di jeans.
Marina scrollò di nuovo le spalle, finendo di bere dal suo bicchiere.
«Sei troppo romantica, Crys»
«Non ci vedo niente di male, sai?» ridacchiò ancora, dondolando le gambe avanti ed indietro.
È per questo che piace tanto ai ragazzi si disse Marina, osservando il bicchiere vuoto davanti a sé.
«A proposito di ragazzi carini...» iniziò Crystal.
«In questi giorni ho parlato un po’ con Silver e Gold, quelli della 1A, sai, sono molto simpatici» sorrise ancora, sempre felice e allegra.
«Non so, non mi paiono tanto furbi» scrollò le spalle, la schiena piegata verso il tavolo e le gambe distese sotto di esso.
«Perché non glielo chiedi di persona, stanno arrivando. Ehi, ragazzi!» Crystal si alzò dalla sedia, sventolando la mano verso i giovani.
«Crys, no, non farlo!» sussurrò Marina, cercando di tirare giù l’amica.
Troppo tardi, ovviamente. Gold e Silver erano già lì vicino e, prendendo una sedia ciascuno, si sedettero al tavolo delle ragazze.
«Crys, tesoro, era da un po’ che non ci vedevamo» le disse Gold, sorridendole. Il solito cappellino da baseball girato al contrario, una maglia da basket rossa e dei pantaloncini corti neri.
Silver era più elegante, con la sua camicia a maniche corte bianca e i jeans neri.
«Conoscete già Marina, vero?» sorrise Crystal, indicando con lo sguardo l’amica.
«Abbiamo avuto il piacere, sì» annuì Gold, ghignando.
Silver, invece, si sporse per stringerle la mano, presentandosi educatamente come un vero gentiluomo.
Speriamo che Gold non lo rovini pensò Marina, sorridendo al rosso,
«Non ci possiamo fermare veramente tanto, ma è stato un piacere incontrarti di nuovo, tesoro» Gold scompigliò i capelli a Crystal che ridacchiò. Silver annuì, alzandosi.
Salutò gentilmente tutte e due le ragazze. Gold, una volta lontano, si voltò di nuovo verso le giovani, Crystal era di spalle e quindi non poté vedere il labiale del ragazzo.
Carine le mutandine verdi diceva chiaramente.
E Marina sentì il sangue arrivare alle guance, l’istinto omicida era tornato.
La quinta volta che Marina si innamorò di Gold fu quando, il moro, protesse un cagnolino dalla pioggia incessante con il suo ombrello.
Il secondo anno di superiori era iniziato da qualche mese e novembre era tornato con le sue piogge improvvise e il suo vento.
Marina e Gold facevano la stessa strada per arrivare fino a scuola, anche se di solito nessuno dei due si rivolgeva la parola durante il tragitto, aspettando di congiungersi agli amici per fare finta che quei cinque minuti da soli non fossero mai esistiti.
Quella mattina, però, pioveva incessantemente e Marina e Gold, ognuno sotto il proprio ombrello, non erano di buon umore.
Entrambi sembravano odiare la pioggia ed il tragitto a piedi non aiutava per niente.
Gold si fermò improvvisamente e Marina, nonostante pretendesse di non curarsene, si girò a guardare ciò che il moro stava facendo.
Non aveva più l’ombrello, lo aveva posato sopra uno scatolone un po’ fradicio all’angolo della strada.
Dentro c’era un cagnolino tremante, che cercava calore nelle coperte altrettanto bagnate.
Gold si chinò davanti al cucciolo e gli sorrise rassicurante, togliendosi lo zaino dalle spalle e tirando fuori un panino avvolto in un fazzoletto di carta.
Lo posò nello scatolone, vicino al cagnolino ed egli subito guaì contento.
Si sentì il rumore di qualche passo bagnato e poi Gold era di nuovo coperto dalla pioggia.
Marina stazionava davanti a lui, le gambe che tremavano per il freddo e la faccia sprofondata nella sciarpa. I pantaloncini aderenti non bastavano a tenerle calde le gambe.
Non si parlarono, si scambiarono solo qualche sguardo d’intesa.
Gold si alzò, dopo aver coccolato un po’ il cagnolino che mordicchiava il prosciutto del panino.
Si accostò a Marina, prendendole di mano l’ombrello, siccome era più alto della ragazza.
Le spalle che si sfioravano, in silenzio.
«Appena arriva Crystal le dico che ho dimenticato l’ombrello, così ti puoi fare bello davanti alle altre ragazze» borbottò Marina, rompendo il silenzio.
Non diede tempo a Gold per rispondere che corse subito verso l’amica, che l’aspettava sotto un lampione.
Si scambiarono qualche parola e subito Crystal annuì, contenta di poter aiutare l’amica.
Quel pomeriggio, quando le lezioni furono finite, Marina trovò il suo ombrello fuori dalla porta della scuola, con un bigliettino. Sopra, vergato con una calligrafia confusa e disordinata c’era scritto Per lo stecchino senza tette.
Marina sorrise inconsciamente, prendendo l’ombrello. L’istinto omicida che le mordeva lo stomaco.
La sesta volta che Marina si innamorò di Gold fu quando, sopra la metro, il ragazzo lasciò il suo posto ad una giovane donna incinta.
Crystal era malata, quel giorno, e lei si trovava da sola con suo fratello che si lamentava perché doveva portare anche lo zaino di sua sorella.
Marina zittì Martino con una semplice occhiata, le mani che cercavano di tenere al caldo la pancia.
Odio essere femmina pensò, quando una fitta più dolorosa al bassoventre le fece digrignare i denti.
Odio anche Gold che è seduto e odio anche Martino che non sta zitto, ora lo giuro mi faccio esplodere ed uccido tutti quanti, lo giuro Marina strinse i denti, mentre lanciava un’altra occhiataccia al fratello, che decise una volta per tutte che era meglio stare in silenzio.
Gold era seduto poco lontano da loro, sembrava aspettare qualcuno. Silver non era di sicuro, dato che l’amico si teneva alla sbarra della metro vicino al ragazzo.
Marina si chiese chi fosse, prima che arrivasse un’altra fitta.
Quando la metro si fermò e un po’ di gente scese, Marina, riuscì finalmente a trovare un posto per sedersi e si piegò letteralmente in due dal dolore, stringendo le gambe, le mani sulla pancia.
Martino sembrò un attimo preoccuparsi, ma un’occhiata in cagnesco di Marina lo dissuase dal provare ad avvicinarsi alla sorella.
Un’altra fermata e Marina contava già sulle dita i secondi che sarebbero bastati ad ucciderla, quella sera. Poi vide Gold fare una cosa che la lasciò per un momento senza parole.
Si alzò, Silver era già sceso alla fermata prima, salutando l’amico, e lasciò il posto ad una ragazza giovane, i capelli rossi persino più rossi di quelli di Silver, e un grande pancione sotto il maglione di lana a righe azzurre che aveva.
Gold le sorrise, si scambiarono qualche parola e poi, alla terza fermata, il ragazzo scese.
Marina avrebbe voluto avvicinarsi alla ragazza rossa per chiederle come mai conoscesse il moro, poi si rese conto che non era una domanda da fare ad una perfetta sconosciuta.
Si trattenne dal gridare ad un’altra fitta, più forte delle altre.
Giuro che uccido qualcuno, prima di tutti voi piccoli demoni che ho nella pancia pensò irosa Marina, alzandosi dal suo posto per scendere alla fermata.
Avrebbe dovuto camminare per due minuti buoni e non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Poi si ricordò dello sguardo gentile di Gold verso la ragazza incinta, e le sue parole che sembravano tanto gentili e quasi non inciampò nei suoi stessi piedi quando desiderò che il moro potesse rivolgerle le stesse parole
Ora l’istinto omicida si era trasformato in uno suicida.
La settima volta che Marina si innamorò di Gold accadde quando, seduta ai margini del marciapiede, accarezzava il cagnolino che il ragazzo aveva salvato quattro mesi prima.
Era primavera inoltrata e lei si svegliava sempre prima per evitare di dover condividere il tragitto con il ragazzo. Ormai le era diventato impossibile contenere l’istinto omicida che le prendeva le viscere e che delle volte si trasformava in istinto suicida.
Ne aveva parlato con Crystal una volta, ottenendo in risposta una semplice risata divertita e il dito della ragazza che batteva come avrebbe potuto fare un picchio sulla sua testa.
Ora però si era fermata davanti al cucciolo, incurante del ritardo che avrebbe potuto avere se non si fosse mossa subito e del fatto che Gold si stava avvicinando.
Era primavera e gli alberi avevano iniziato da poco a mettere le prime gemme sui rami, Marina aveva solamente la felpa grigia di ciniglia sopra la camicia dell’uniforme e i classici pantaloncini sotto la gonna.
Si era seduta al fianco dello scatolone. Ora era più grande, probabilmente Gold lo aveva cambiato.
Il cagnolino era marrone, una macchia sul naso bianca. Era pieno di vita e lo scatolone probabilmente non sarebbe bastato per contenerlo ancora. Lo avrebbe quasi adottato se non avesse avuto paura della reazione del moro.
Quando il ragazzo la raggiunse si chinò davanti al cucciolo, tirando fuori un altro panino avvolto in un altro fazzoletto.
«Gli dai sempre il tuo pranzo?» chiese Marina, accarezzando il cagnolino dietro le orecchie.
Gold annuì, sorridendo.
«Non ho problemi, c’è sempre qualcuno che vuole offrirmi parte del suo» sghignazzò.
Marina alzò le sopracciglia, lasciando cadere le braccia in grembo, il cagnolino che mangiava tranquillo il panino, delle volte osservando il suo salvatore.
«Prima o poi diventerà troppo grande per questa scatola, sai?» gli disse Marina, lo sguardo fisso sul cane.
Gold scrollò le spalle, sedendosi dalla parte opposta a Marina.
«Vorrà dire che lo porterò a casa con me»
«Vivi in un appartamento»
«Che fai? Mi stalkeri?» ghignò il ragazzo, alzando un sopracciglio ammiccante.
«Co-cosa?! No! È che da dove arrivi tu ci sono solo condomini e io ecco... aaah, perché devi sempre rendere tutto così?!» finì Marina, affondando la testa in mezzo alle ginocchia.
Gold rise, accarezzando dolcemente la testa del cagnolino.
«Dovremmo trovargli un nome»
«Dovremmo?»
«Eri mia complice quel giorno»
«Non è affatto vero!» mormorò la giovane, sbattendo i piedi per terra.
Gold alzò di nuovo un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
Marina si vide costretta a sospirare, l’istinto suicida-omicida stava tornando a farsi sentire nella sua pancia.
«Che ne dici di Milka?» propose il ragazzo
«Come la cioccolata?»
«Sì, come la cioccolata»
«Ma Milka è un nome da femmina, sai almeno se sia maschio o femmina?» gli chiese, voltandosi verso il ragazzo.
Gold scrollò le spalle, come se non gli importasse veramente.
«Che differenza fa, il cioccolato è per tutti»
Marina alzò le sopracciglia, le braccia posate sopra le ginocchia piegate.
«Milka va bene»
E in quell’istante, Marina, si ricordò di essersi lamentata di non avere abbastanza soldi per potersi comprare la cioccolata alle macchinette proprio quando il moro le stava passando dietro.
L’ottava volta che Marina si innamorò di Gold fu durante l’inverno più freddo che la ragazza avesse mai vissuto.
Era il terzo anno delle superiori, Crystal era appena tornata a casa e Marina si era fermata in un bar per riscaldarsi ed evitare che le dita le diventassero blu. Si era seduta al tavolo che dava sulla strada, una tazza di cioccolata calda fra le mani e il cappotto ancora sulle spalle.
«Vuole altro?» le chiese una voce terribilmente famigliare.
Marina si girò lentamente, il cameriere che la serviva aveva un ciuffo ribelle davanti agli occhi e lo sguardo verso il basso.
«Gold?» chiese, tentennando.
«Oh, Marina, ciao» sorrise, posando il taccuino in tasca.
«Lavori qua?»
«Sì, per aiutare i miei a pagare l’affitto»
«Oh»
«Beh, vuoi qualcos’altro?» chiese ancora, sorridendole gentile.
Non era il classico Gold strafottente e, giusto per un momento, saggiò l’idea di sfruttare a suo piacere quella sua posizione.
Tuttavia, la sua natura buona le impedì di pensarci troppo a lungo e scosse gentilmente la testa.
«No tranquillo, va bene così»
«Oh ok, se hai bisogno di qualcosa chiama» le strizzò l’occhio, in una sorta di ritorno del Gold originale.
Marina sorrise, alla fine aveva giudicato male quel ragazzo così strafottente.
Fu quando lo vide appoggiarsi al bancone con i gomiti e sorridere felice al suo capo dietro di esso che la sua pancia gorgogliò. La voglia di baciarlo era tornata, sostituendo l’istinto omicida.
La nona volta che Marina s’innamorò di Gold accadde il giorno del suo compleanno, quando Martino le fece un regalo assai particolare.
Quando scartò il pacchetto incartato con una carta natalizia – le avevano finite le aveva detto il fratello – vi trovò dentro uno di quei vestiti con la gonna fino al ginocchio e pieno di fiocchi.
«Così puoi far colpo su... sì insomma, hai capito» concluse, impacciato.
Marina fu infinitamente grata all’intuito fraterno del ragazzo e lo abbracciò.
Il giorno dopo, un sabato, uscì con Crystal con quel vestito terribilmente femminile.
Crystal subito le consegnò un regalo in una busta con sopra una giraffa con la sciarpa – era carina! trillò felice – e quando l’aprì vi trovò dentro un piccolo tasso di peluche con il pigiama.
«L’alternativa era il tasso con il pigiama o la cornacchia con la sciarpa e regalarti una cornacchia mi sembrava scortese» rise la giovane.
I capelli di Marina erano cresciuti, si erano allungati e ora le sfioravano delicatamente le spalle.
Marina sorrise, trovava l’innocenza e la dolcezza di Crystal meno irritanti, ora.
«Tranquilla, è adorabile!»
Crystal decise il posto dove fermarsi, che per puro caso era lo stesso locale nel quale lavorava un certo ragazzo dagli occhi ambrati.
Quando entrarono, Marina era troppo occupata a parlare con Crystal per rendersi conto che il locale era vuoto e semibuio.
Quando se ne accorse Silver aveva già un accendino in mano e stava accendendo le candeline sopra una torta.
«Auguri stecchino senza tette» ridacchiò Gold, al fianco di Silver, le braccia incrociate.
«Non è proprio il massimo, ma ci siamo impegnati, grazie anche a tuo fratello» le disse Crystal, sospingendola verso la torta.
Il sorriso di Gold e le sue prese in giro, nonostante tutto, furono il suo regalo più bello.
La decima volta che Marina si innamorò di Gold fu quando sentì che stava per perderlo.
Gold era sempre stato una testa calda, non aveva mai disdegnato fare a botte. In generale lo faceva solo per divertimento, una sorta di goliardia che non causava nessun ferito.
Quando però qualcuno attaccava anche solo verbalmente qualcuno a cui teneva, allora Gold diventava veramente violento e Marina, quella sera, lo vide per la prima volta.
La giovane incinta che aveva visto un anno prima era la sua vicina di casa, si chiamava Fiammetta e da quello che aveva capito Gold ci era molto affezionato.
Quella sera il ragazzo stava accompagnando la ragazza dal lavoro, cercando di risollevarla con il suo carattere solare. Marina li incontrò per caso, mentre portava a fare una passeggiata Milka.
Alla fine avevano deciso che Marina l’avrebbe tenuta, siccome Gold non aveva abbastanza spazio nel suo appartamento.
La ragazza avrebbe scommesso che non erano nemmeno permessi gli animali, nel condominio di Gold, ma il moro evidentemente non rispettava propriamente le regole.
All’inizio era sembrata una normalissima serata di fine giugno, ma poi era finita con Gold che le aveva prese – soprattutto date, a parere del ragazzo – a colui che Marina aveva successivamente identificato come l’ex fidanzato di Fiammetta, ovvero la causa principale dei problemi della giovane.
Gold aveva intimato a Fiammetta di tornare a casa ed ella, nonostante avesse insistito affinché Gold andasse in ospedale, decise che Marina era una buona persona e che quindi poteva tornare a casa dal suo bambino.
«Che ti è saltato in mente, lo si può sapere?» domandò Marina, aiutando il giovane a rialzarsi.
«Non ho bisogno del tuo aiuto» brontolò, Milka che stava tranquillamente seduto al fianco della ragazza, lo sguardo preoccupato per il giovane.
«Ok, allora, ti lascio qua morente in mezzo alla strada, mi pare un’ottima idea» gli disse Marina, lo sguardo severo.
Gold sbuffò, sputando un grumo di sangue.
«Dobbiamo metterci del ghiaccio su quell’occhio o diventerà gonfio»
«Nah, lascia stare. Alle ragazze piacciono le ferite di guerra» ridacchiò, non perdendo mai il suo ghigno strafottente, solamente un po’ più dolorante.
«Per fortuna non ti ha intaccato lo spirito» rise anche Marina, mettendo il braccio di Gold sulla sua spalla ed aiutandolo ad incamminarsi verso casa sua.
«C’è qualcuno che può aiutarti, in casa?»
Gold scrollò le spalle, zoppicando al fianco della ragazza. Marina lo interpretò come un “figurati se c’è qualcuno” e sospirò.
«Se ti aiuto io? Prometti di non fare il bambino?»
«A chi hai dato del bambino, nana?»
Marina assunse un’espressione arrabbiata.
«Guarda che ti lascio cadere»
«Come se dall’altezza a cui sono appeso potessi farmi del–
Marina lasciò andare un po’ la presa sulla sua spalla.
«Nono, ok! La smetto» spalancò gli occhi, iniziava a perdere sangue dal naso.
Ci misero un quarto d’ora ad arrivare davanti alla porta dell’appartamento di Gold, Milka sempre al seguito.
«L’hai educato bene» le disse Gold.
«Ho un certo intuito con gli animali, da piccola volevo fare la guardia parchi, come quelle che si vedono nei film americani»
Gold rise, appoggiandosi alla porta e tirando fuori le chiavi dai pantaloni.
L’interno della casa di Gold era disordinato, ma tutto sommato pulito.
Gold si sedette sopra il divano con le coperte spiegazzate, probabilmente di solito dormiva là sopra.
«In cucina, nel primo cassetto. Ci sono cerotti e disinfettante. Il ghiaccio lo trovi in freezer» le disse, chiudendo gli occhi e distendendosi sul divano.
Marina trovò tutto e si avvicinò di nuovo al ragazzo, tranquillo.
Non lo aveva mai visto così calmo, quasi come se il suo animo fosse svuotato di tutto.
«Probabilmente brucerà un poco» lo avvertì, mentre impregnava un fazzoletto di carta che aveva trovato in cucina con il disinfettante rossiccio.
Lo posò sulla guancia di Gold, che subito contrasse.
«Scusa» gli sussurrò. Stargli così vicino la faceva sentire impacciata.
Eppure aveva curato le ferite sue e di suo fratello per anni, non era certo diverso per Gold.
Invece sì che è diverso, e lo sai le disse una vocina nella sua testa.
Quella strana sensazione alla bocca dello stomaco era tornata.
Dopo che ebbe disinfettato tutti i tagli vi sistemò sopra i cerotti. Marina rise un po’, perché erano gialli con sopra dei ranocchi e in quel momento Gold era adorabile.
«Quei cerotti minano alla mia virilità, lo so» mormorò Gold con gli occhi chiusi, mentre si teneva il ghiaccio sull’occhio.
Marina rise, più forte, posando il disinfettante ed il fazzoletto sopra il tavolino da caffè davanti al divano.
«Quello che hai fatto è stato ammirevole»
«Solo?» ghignò Gold, la voce stanca.
«E molto, molto stupido»
«Umpf, avresti dovuto dire qualcosa come eroico» le disse, aprendo un occhio.
Nella penombra la figura di Marina non si riconosceva. I capelli ora le arrivavano fin sotto alle spalle ed indossava una maglietta con sopra il disegno di un riccio con il cappello – ovviamente un regalo di Crystal – ed i pantaloncini che di solito portava sotto la gonna.
«Beh, eroe è il caso che tu risposi un po’, ti lascio tranquillo» gli disse, sorridendo.
«No»
Marina si bloccò quando Gold le afferrò il polso.
«Rimani qua»
«Gold, che stai dicendo?» sussurrò Marina.
Ecco che l’istinto suicida tornava afferrandole la pancia e distruggendola.
Gold tirò lievemente il braccio di Marina, facendola distendere al suo fianco.
«Rimani qua»
E Marina, davanti alla guancia di Gold con il cerotto giallo a ranocchi, non riuscì a dire di no.
La prima volta che Gold si rese conto di amare Marina fu quando, quella sera di fine giugno, dopo aver pestato l’ex ragazzo di Fiammetta, la ragazza decise di rimanere al suo fianco.
Dopo averlo medicato, dopo aver scherzato, aveva deciso di rimanere.
Gold passò le braccia, ancora doloranti, sui fianchi della ragazza, ed ella si avvicinò di più al moro.
«Sei così ossuta – mormorò – che potresti accecarmi per sbaglio» finì, posando la fronte contro quella di Marina.
«E tu sei così cretino che potrei anche farlo davvero» ridacchiò, guardando quegli occhi così dorati che sembravano illuminarsi di luce propria.
Milka si era sistemato da qualche parte nell’appartamento, lasciando i due nel silenzio più totale.
«Potrei anche abituarmici»
«Pensavo che ormai ci convivessi da diciassette anni con questa tua stupidità»
«Intendevo ad abbracciarti»
«Ah»
Gold sorrise, nell’oscurità, stringendo di più Marina a sé.
«Credo di essermi innamorata di te» gli sussurrò la ragazza, trovando il coraggio che le era mancato per ammettere che quell’istinto omicida fosse effettivamente amore.
«Tutti commettiamo degli sbagli» rise Gold, affondando il volto tumefatto nell’incavo del collo della ragazza, sfiorandolo con le labbra.
«Già... credo che sia così»
E si addormentarono.
.:.Cyber-spazio.:.
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeehi, salve! Sì, una hotsummershipping (creata da Andy, mio marito, e difficile da trattare e molto cattivo) che io ho proclamato come ship molto canon. Siccome ci sono tre fanfiction su di loro ora è canon, right? Right.
Coooomunque, ho creato questa OS lungherrima per esprimere il loro amore e lo so, probabilmente sono andata OOC, ma poco importa, siccome li amo e gh e gh.
Sono stanchissima, ecco alcune buone ragioni per amare la hotsummer:
- l'ha creata mio marito
- io la amo
- i coccodrilli sono pericolosi
- credo di stare per crollare
- sì sto per crollare
- ciao
Cy.
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