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Placido viaggiava il transatlantico che lentamente tagliava in due le acque nere e congelate di Sinnoh. Inverno, novembre, forse il periodo meno adatto per visitare per la prima volta una regione prettamente montana.
Gold ne aveva sentito parlare un gran bene, Sinnoh era praticamente la patria dei Pokémon più belli che avesse visto.
Si dicesse anche fosse pieno di belle donne, gli era bastato guardare mezza volta Camilla via telegiornale per rendersene conto. Stretto nell’ampio scaldacollo dorato era appoggiato con la fronte sull’oblò, e guardava lentamente avvicinarsi un piccolo paese, interamente coperto dalla neve.
In effetti non era strana come cosa, dal momento in cui nevicava. Tuttavia gli faceva sempre un po’ specie vedere scendere quei fiocchi candidi dal cielo, ancor di più dato che si trovava in mezzo al mare, dondolato dall’incedere lento ma inesorabile del TA Spartacus, imponente gigante di metallo che dominava i mari del nord.
Abbassò la testa, guardando con sollievo la sua valigia, e quel cuore disegnato col rossetto su di esso. Era stata Crystal a farlo, dispiaciuta nel vederlo partire così, senza alcun preavviso.
“E dove vai?!” chiedeva, stupita.
“Non ne ho idea. Credo dove abbia più voglia di andare”.
Che poi, durante il suo peregrinare quella valigia gli sarebbe stata solo da peso. Ecco perché si vide costretta a contattare Green Oak, che gli doveva un paio di favori, per vedere se riusciva a fare qualche telefonata e a trovargli una base di stazionamento a Sinnoh.
“Umpf... Sei il solito...” gli aveva risposto quello, con le braccia incrociate ed il camice che svolazzava sospinto dal vento lieve di Biancavilla.
“Chi è?” domandava qualcuno da dentro; voce femminile, suadente.
“Nessuno, Blue. Comunque vedrò cosa posso fare, probabilmente ho un contatto con un’amica a Nevepoli”.
“Fa freddo, lì?” gli aveva domandato il moro, inarcando un sopracciglio.
“Non è il clima mite che trovi da queste parti, poco ma sicuro. Ora scusami ma devo andare” fece il castano.
“Certo, vai. Hai Blue sul fuoco, non vorrai mica che si bruci...”.
Green sorrise. “Il solito cretino...”.
E così, dopo qualche giorno, la telefonata del nipote di Samuel Oak attestò il suo via libera verso la regione a lui sconosciuta di Sinnoh. Sarebbe ripartito da zero, nuovi stimoli, nuove avventure.
Magari avrebbe potuto puntare alla Lega Pokémon.
Per fare ciò, però, bisognava fare una drastica scelta; guardò la sua cintura, soltanto una Pokéball pesava sul suo fianco, e conteneva Exbo, il suo Typhlosion. Aveva deciso di fare le cose per bene ed avvantaggiarsi giusto un pochino per la sua nuova avventura.
Specchiò la sua immagine nell’oblò ed aggiustò il berretto invernale, nero come i suoi pantaloni, come i suoi capelli, quindi si voltò. Una giovane donna dai capelli corvini corti e con il vestitino nero, al ginocchio, stava seduta per fatti suoi, guardando il mare dall’altra parte della sala. Indossava delle francesine e delle scarpe con tacco basso e quadrato, con gli occhielli.
Non sembrava avesse bisogno di sembrare più alta, era già abbastanza snella e longilinea; il suo volto era marmoreo, immobile, inespressivo.
Però era carina. Gli piaceva tanto il fiocco bianco che aveva in testa.
Gold le si avvicinò, indossando lo sguardo da conquistatore ed il sorriso delle grandi occasioni, quello fatto a mezza bocca.
“Hey” disse poi, cercando di attirare la sua attenzione.
“...”
“Mi senti?” chiese il moro, agitando la mano davanti la sua faccia. “Ma che, sei scema? Parlo con te!” esclamò.
“Purtroppo me ne sono accorta” rispose la moretta, sbuffando.
“Allora mi senti. Sai, volevo dirti che vengo da Johto e che sono nuovo della zona... Non è che ti andrebbe di mostrarmi un po’ le cose di Sinnoh. Qui è tutto così nuovo, per me...”.
“Non mi va. Ho da fare. Lasciami perdere”. Telegrafica al massimo, lei.
“Che antipatica, santo cielo... Manco t’avessi chiesto il numero di telefono...”.
Quella non aveva mai spostato lo sguardo dal mare, anche se poggiò la testa sul finestrino.
“Bah...” disse tra sé e sé, voltando i tacchi ed uscendo sul ponte. Faceva veramente freddo, ad attestare ciò il suo respiro lo abbandonò sotto forma di un fumo bianco.
Esso spariva sullo sfondo bianco innevato della città che stava per visitare. La nave fece una larga virata, prima di entrare nel porto e poi partì con una manovra di retromarcia che fece perdere l’equilibrio a molti.
Con tutte le navi che il ragazzo dagli occhi dorati aveva preso era riuscito ad acquisire l’esperienza giusta per capire che quella era la manovra d’attracco. Le persone presenti sulla nave lo raggiunsero, anche la moretta silenziosa, che stava con lo sguardo basso e s’avviò dall’altra parte del ponte.
La lasciò perdere, anche se non riusciva a farsi uscire quel volto così delicato dalla mente.
Sorrise, era fatto così, Gold. Lui e le donne, un legame unico.
Anche se loro non lo sapevano.
La nave attraccò ed il ragazzo di Johto mise piede per la prima volta nella sua giovane vita di ventitreenne a Sinnoh, la regione del nord.
La neve cadeva lemme e ricopriva tutto, dando un profondo senso di calma, in netto contrasto con l’operosità dei marinai di porto che dovevano effettuare le operazioni d’attracco del transatlantico, fissando la scaletta ed ormeggiando il grosso gigante del mare alle teste di piombo presenti sulla banchina. Posò qualche passò leggero, guardandosi attorno e vedendo la ragazza misteriosa infilare le mani in un paio di comodi e caldi guanti di lana, prima di cominciare a salire la scalinata che portava alla parte sopraelevata della città. La seguì, col tentativo segreto di cercare di abbordarla di nuovo, ma non appena si ritrovò nella piazza centrale quella non c’era più, era sparita.
Rimase per un attimo affascinato dalle luci che adornavano gli angoli dei negozi di quel posto. La grande fontana di ghiaccio, proprio al centro della piazza, emetteva zampilli lucenti e limpidi.
E lui si era appena reso conto di aver cominciato la propria avventura.
Era da parecchio che non ripartiva così, da zero.
Si girò e vide il Centro Pokémon, quindi vi entrò.
Si rese conto che i Pokémon Center di Sinnoh erano parecchio differenti da quelli di Kanto e di Johto. Erano parecchio spaziosi, con decine d’infermiere carine che si occupavano di molteplici faccende.
S’avvicinò al banco, Gold, poggiandovi la sfera di Exbo. Dopo pochi secondi, un’infermiera bassina e dall’acconciatura ordinata in un elegante caschetto biondo gli si avvicinò, tutta sorridente.
“Ciao” fece. “Cosa posso fare per te?”.
Gold sorrise al pensiero della prima risposta che le avrebbe dato, poi le spinse contro la Pokéball.
“Siamo partiti due giorni fa da Johto e non vede un po’ di luce da allora... Credo che una visitina al mio campione sia d’obbligo... non è vero, infermiera carina?”.
Quella avvampò, sempre sorridendo, con gli zigomi ben definiti e gli occhi azzurri e limpidi, proprio come l’acqua che sgorgava dalla fontana.
“Già. Me ne occuperò subito” disse, con voce delicata. Gold lesse il suo nome sulla targhetta che portava in petto.
“Nancy...” sussurrò, voltandosi e levando la sciarpa, soltanto per sistemarla in maniera migliore.
Si perse a guardare oltre le finestre del Centro, vedendo la neve scendere lenta. Lì sembrava sempre Natale, e la cosa non gli piaceva tanto.
A lui piaceva l’estate; forse aveva sbagliato regione, forse doveva andare ad Unima. Aveva sentito da Red, che ci era stato, che era proprio un gran bel posto, che grandi città e zone balneari.
E grandi città e zone balneari significavano donne bellissime. E donne in bikini, certo.
Nancy tornò sorridendo, con lo sguardo basso, timido, porgendo in un contenitore la sfera di Typhlosion.
“Ecco...” fece.
“Grazie molte, Nancy”.
Quella spalancò gli occhi, poi guardò la targhetta e sorrise, capacitandosi di come quello sconosciuto conoscesse il suo nome.
“Prego. Torna quando vuoi, a presto”.
“Beh, spero di no” sorrise lui. “Sai cosa c’è da fare qui in città? Sono appena arrivato, te l’ho detto”.
“Dipende da ciò che intendi fare qui nella tua permanenza a Sinnoh... Questa città è un po’ monotona, a dire il vero. Cioè...” sorrise, avvampando nuovamente. “Se avessimo entrambi dieci anni potremmo giocare con la neve, ma io lavoro e tu sei qui per... Perché saresti venuto proprio qui, a Sinnoh?”.
Gold inarcò un sopracciglio, sorridendo. “Allenatore di Pokémon. C’è una Palestra?”.
“Certo. La gestisce Bianca”.
“Oh. È forte?” chiese lui, curioso.
“Abbastanza. È bravissimo con i tipi Ghiaccio”.
Gold abbassò lo sguardo sulla sfera di Typhlosion, già incandescente, quindi sorrise. “Ottimo”.
Prese Exbo e girò i tacchi, sotto gli occhi languidi dell’infermiera, aprì la porta e si gettò sotto la neve.
Ed ora? Cosa volete che faccia, Gold?
Dovrebbe entrare subito nella Palestra di Nevepoli e sfidare Bianca, la Capopalestra?
oppure
Dovrebbe vagare un po' per la città e cercare un posto dove fare un po' di allenamento, magari cercando un secondo Pokémon da affiancare a Typhlosion?
Salve a tutti! Vi ringrazio se siete arrivati fin qui! In tal caso voleste partecipare al gioco vi invito a passare su Pokémon Courage e votare per la scelta che caratterizzerà il prossimo capitolo! A presto e grazie!
1. Lo sbarco.
Placido viaggiava il transatlantico che lentamente tagliava in due le acque nere e congelate di Sinnoh. Inverno, novembre, forse il periodo meno adatto per visitare per la prima volta una regione prettamente montana.
Gold ne aveva sentito parlare un gran bene, Sinnoh era praticamente la patria dei Pokémon più belli che avesse visto.
Si dicesse anche fosse pieno di belle donne, gli era bastato guardare mezza volta Camilla via telegiornale per rendersene conto. Stretto nell’ampio scaldacollo dorato era appoggiato con la fronte sull’oblò, e guardava lentamente avvicinarsi un piccolo paese, interamente coperto dalla neve.
In effetti non era strana come cosa, dal momento in cui nevicava. Tuttavia gli faceva sempre un po’ specie vedere scendere quei fiocchi candidi dal cielo, ancor di più dato che si trovava in mezzo al mare, dondolato dall’incedere lento ma inesorabile del TA Spartacus, imponente gigante di metallo che dominava i mari del nord.
Abbassò la testa, guardando con sollievo la sua valigia, e quel cuore disegnato col rossetto su di esso. Era stata Crystal a farlo, dispiaciuta nel vederlo partire così, senza alcun preavviso.
“E dove vai?!” chiedeva, stupita.
“Non ne ho idea. Credo dove abbia più voglia di andare”.
Che poi, durante il suo peregrinare quella valigia gli sarebbe stata solo da peso. Ecco perché si vide costretta a contattare Green Oak, che gli doveva un paio di favori, per vedere se riusciva a fare qualche telefonata e a trovargli una base di stazionamento a Sinnoh.
“Umpf... Sei il solito...” gli aveva risposto quello, con le braccia incrociate ed il camice che svolazzava sospinto dal vento lieve di Biancavilla.
“Chi è?” domandava qualcuno da dentro; voce femminile, suadente.
“Nessuno, Blue. Comunque vedrò cosa posso fare, probabilmente ho un contatto con un’amica a Nevepoli”.
“Fa freddo, lì?” gli aveva domandato il moro, inarcando un sopracciglio.
“Non è il clima mite che trovi da queste parti, poco ma sicuro. Ora scusami ma devo andare” fece il castano.
“Certo, vai. Hai Blue sul fuoco, non vorrai mica che si bruci...”.
Green sorrise. “Il solito cretino...”.
E così, dopo qualche giorno, la telefonata del nipote di Samuel Oak attestò il suo via libera verso la regione a lui sconosciuta di Sinnoh. Sarebbe ripartito da zero, nuovi stimoli, nuove avventure.
Magari avrebbe potuto puntare alla Lega Pokémon.
Per fare ciò, però, bisognava fare una drastica scelta; guardò la sua cintura, soltanto una Pokéball pesava sul suo fianco, e conteneva Exbo, il suo Typhlosion. Aveva deciso di fare le cose per bene ed avvantaggiarsi giusto un pochino per la sua nuova avventura.
Specchiò la sua immagine nell’oblò ed aggiustò il berretto invernale, nero come i suoi pantaloni, come i suoi capelli, quindi si voltò. Una giovane donna dai capelli corvini corti e con il vestitino nero, al ginocchio, stava seduta per fatti suoi, guardando il mare dall’altra parte della sala. Indossava delle francesine e delle scarpe con tacco basso e quadrato, con gli occhielli.
Non sembrava avesse bisogno di sembrare più alta, era già abbastanza snella e longilinea; il suo volto era marmoreo, immobile, inespressivo.
Però era carina. Gli piaceva tanto il fiocco bianco che aveva in testa.
Gold le si avvicinò, indossando lo sguardo da conquistatore ed il sorriso delle grandi occasioni, quello fatto a mezza bocca.
“Hey” disse poi, cercando di attirare la sua attenzione.
“...”
“Mi senti?” chiese il moro, agitando la mano davanti la sua faccia. “Ma che, sei scema? Parlo con te!” esclamò.
“Purtroppo me ne sono accorta” rispose la moretta, sbuffando.
“Allora mi senti. Sai, volevo dirti che vengo da Johto e che sono nuovo della zona... Non è che ti andrebbe di mostrarmi un po’ le cose di Sinnoh. Qui è tutto così nuovo, per me...”.
“Non mi va. Ho da fare. Lasciami perdere”. Telegrafica al massimo, lei.
“Che antipatica, santo cielo... Manco t’avessi chiesto il numero di telefono...”.
Quella non aveva mai spostato lo sguardo dal mare, anche se poggiò la testa sul finestrino.
“Bah...” disse tra sé e sé, voltando i tacchi ed uscendo sul ponte. Faceva veramente freddo, ad attestare ciò il suo respiro lo abbandonò sotto forma di un fumo bianco.
Esso spariva sullo sfondo bianco innevato della città che stava per visitare. La nave fece una larga virata, prima di entrare nel porto e poi partì con una manovra di retromarcia che fece perdere l’equilibrio a molti.
Con tutte le navi che il ragazzo dagli occhi dorati aveva preso era riuscito ad acquisire l’esperienza giusta per capire che quella era la manovra d’attracco. Le persone presenti sulla nave lo raggiunsero, anche la moretta silenziosa, che stava con lo sguardo basso e s’avviò dall’altra parte del ponte.
La lasciò perdere, anche se non riusciva a farsi uscire quel volto così delicato dalla mente.
Sorrise, era fatto così, Gold. Lui e le donne, un legame unico.
Anche se loro non lo sapevano.
La nave attraccò ed il ragazzo di Johto mise piede per la prima volta nella sua giovane vita di ventitreenne a Sinnoh, la regione del nord.
La neve cadeva lemme e ricopriva tutto, dando un profondo senso di calma, in netto contrasto con l’operosità dei marinai di porto che dovevano effettuare le operazioni d’attracco del transatlantico, fissando la scaletta ed ormeggiando il grosso gigante del mare alle teste di piombo presenti sulla banchina. Posò qualche passò leggero, guardandosi attorno e vedendo la ragazza misteriosa infilare le mani in un paio di comodi e caldi guanti di lana, prima di cominciare a salire la scalinata che portava alla parte sopraelevata della città. La seguì, col tentativo segreto di cercare di abbordarla di nuovo, ma non appena si ritrovò nella piazza centrale quella non c’era più, era sparita.
Rimase per un attimo affascinato dalle luci che adornavano gli angoli dei negozi di quel posto. La grande fontana di ghiaccio, proprio al centro della piazza, emetteva zampilli lucenti e limpidi.
E lui si era appena reso conto di aver cominciato la propria avventura.
Era da parecchio che non ripartiva così, da zero.
Si girò e vide il Centro Pokémon, quindi vi entrò.
Si rese conto che i Pokémon Center di Sinnoh erano parecchio differenti da quelli di Kanto e di Johto. Erano parecchio spaziosi, con decine d’infermiere carine che si occupavano di molteplici faccende.
S’avvicinò al banco, Gold, poggiandovi la sfera di Exbo. Dopo pochi secondi, un’infermiera bassina e dall’acconciatura ordinata in un elegante caschetto biondo gli si avvicinò, tutta sorridente.
“Ciao” fece. “Cosa posso fare per te?”.
Gold sorrise al pensiero della prima risposta che le avrebbe dato, poi le spinse contro la Pokéball.
“Siamo partiti due giorni fa da Johto e non vede un po’ di luce da allora... Credo che una visitina al mio campione sia d’obbligo... non è vero, infermiera carina?”.
Quella avvampò, sempre sorridendo, con gli zigomi ben definiti e gli occhi azzurri e limpidi, proprio come l’acqua che sgorgava dalla fontana.
“Già. Me ne occuperò subito” disse, con voce delicata. Gold lesse il suo nome sulla targhetta che portava in petto.
“Nancy...” sussurrò, voltandosi e levando la sciarpa, soltanto per sistemarla in maniera migliore.
Si perse a guardare oltre le finestre del Centro, vedendo la neve scendere lenta. Lì sembrava sempre Natale, e la cosa non gli piaceva tanto.
A lui piaceva l’estate; forse aveva sbagliato regione, forse doveva andare ad Unima. Aveva sentito da Red, che ci era stato, che era proprio un gran bel posto, che grandi città e zone balneari.
E grandi città e zone balneari significavano donne bellissime. E donne in bikini, certo.
Nancy tornò sorridendo, con lo sguardo basso, timido, porgendo in un contenitore la sfera di Typhlosion.
“Ecco...” fece.
“Grazie molte, Nancy”.
Quella spalancò gli occhi, poi guardò la targhetta e sorrise, capacitandosi di come quello sconosciuto conoscesse il suo nome.
“Prego. Torna quando vuoi, a presto”.
“Beh, spero di no” sorrise lui. “Sai cosa c’è da fare qui in città? Sono appena arrivato, te l’ho detto”.
“Dipende da ciò che intendi fare qui nella tua permanenza a Sinnoh... Questa città è un po’ monotona, a dire il vero. Cioè...” sorrise, avvampando nuovamente. “Se avessimo entrambi dieci anni potremmo giocare con la neve, ma io lavoro e tu sei qui per... Perché saresti venuto proprio qui, a Sinnoh?”.
Gold inarcò un sopracciglio, sorridendo. “Allenatore di Pokémon. C’è una Palestra?”.
“Certo. La gestisce Bianca”.
“Oh. È forte?” chiese lui, curioso.
“Abbastanza. È bravissimo con i tipi Ghiaccio”.
Gold abbassò lo sguardo sulla sfera di Typhlosion, già incandescente, quindi sorrise. “Ottimo”.
Prese Exbo e girò i tacchi, sotto gli occhi languidi dell’infermiera, aprì la porta e si gettò sotto la neve.
Ed ora? Cosa volete che faccia, Gold?
Dovrebbe entrare subito nella Palestra di Nevepoli e sfidare Bianca, la Capopalestra?
oppure
Dovrebbe vagare un po' per la città e cercare un posto dove fare un po' di allenamento, magari cercando un secondo Pokémon da affiancare a Typhlosion?
Salve a tutti! Vi ringrazio se siete arrivati fin qui! In tal caso voleste partecipare al gioco vi invito a passare su Pokémon Courage e votare per la scelta che caratterizzerà il prossimo capitolo! A presto e grazie!
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