We, fermati un attimo: in questo capitolo
è presente un mio headcanon che dovrebbe anche spiegare
(almeno secondo me) la presenza dei Pokémon tipo folletto, quindi
non c’è nulla che si basi su fonti ufficiali, ma solo sulla mia fantasia, okay. E soprattutto
il grande “what if” che beh beh capirete.
But wait, there’s more: siccome la lingua italiana non
è così furba da avere aggettivi neutri, in questo
capitolo tutto ciò che riguarda aggettivi e pronomi è al maschile,
ma il Pokémon non ha sesso. Giusto per avvisarvi.
Da solo in quella caverna aveva avuto il tempo di osservare, e di pensare.
Una cosa che aveva capito era che non gli piaceva rimanere rinchiuso in spazi troppo stretti, un’altra era che non poter reagire se non per seconde vie era molto frustrante ed un’altra ancora era che osservare poteva rivelarsi molto divertente.
Certamente, rimanere fermo eoni in un buco non era certamente divertente, nemmeno se il farlo avesse contribuito alla calma relativa del mondo in cui vivevano.
Lui e Yveltal erano rinchiusi in quella calma da millenni, oramai iniziavano ad essere solamente leggende.
“Se non vedo non credo” stava diventando il motto principale di tutte le persone di quella regione, un poco alla volta il suo essere veniva dimenticato.
Xerneas non era solamente portatore di calma e pacificatore di popoli. Una volta era stato grande fautore di quella guerra durata anni fra Pokémon ed umani.
Doveva proteggere i propri figli, nasconderli agli occhi degli uomini.
I Pokémon Folletto erano ancora troppo ingenui per essere compagni di vita di esseri così violenti e goffi. Vissuti all’ombra, nascosti in foreste e caverne, si erano limitati ad osservare.
Xerneas aveva dato loro rifugio, quando ancora la sua natura era buona e generosa. E poi erano arrivati gli altri, quelli che per forza di cose avevano perito a causa degli umani.
Altri Pokémon che desideravano protezione. E lui non poteva non darla, non poteva rifiutare aiuto ad esseri così sofferenti.
Diede loro ciò che necessitavano e pian piano il loro corpo mutò. Ottennero abitudini e poteri pari a quelli dei Folletti e in cambio insegnarono a quest’ultimi come difendersi.
Dopo la guerra Xerneas ingaggiò una battaglia con Yveltal, nella quale le loro due potenze di annullarono. In realtà nessuno ancora sa come esattamente i due si siano annullati a vicenda, ma alla fine l’unica cosa che rimase di loro furono due bozzoli interrati.
E in quel momento osservava, rinchiuso sotto una foresta, i figli dei suoi figli vendicarlo.
Quando aveva visto per la prima volta quella piccola Spritzee così affascinata dalle ossa si era fatto due risate. Non credeva che la cosa potesse degenerare così tanto.
Era arrivato Sylveon, Pokémon dall’anima corrotta che aveva subito conquistato la sua dolcezza ed empatia. Spritzee non capiva che stava uccidendo esseri viventi, ma forse quello era per il bene di entrambi.
Dopo si era aggiunta Clefairy, una di quei Pokémon che avevano chiesto riparo a lui. Non si ricordava di aver mai ascoltato voce più dolce, né ossessioni così potenti. Era seguita Florges, così bella e delicata.
Si ricordava del petalo da cui era nata: una rosa bianca con le spine così aguzze da far desistere tutti dal toccarla.
Klefki era arrivato per caso, ma da quello che poteva notare era molto più utile di quello che sembrava. Così piccino e dall’apparenza innocuo attirava più vittime di quanto la voce di Clefairy potesse fare.
E infine Slurpuff: corrotto a forza e trasformato in un mostro.
Era un esperimento, quello lo aveva capito, reso insensibile al dolore e alla compassione. Una macchina per uccidere.
Xerneas, una volta, era stato portatore di pace. Ma ora, in quella condizione, era solo invidioso.
Non poteva fare niente, bloccato, non vedeva la luce del sole né i raggi quieti della Luna.
Invidioso degli umani, che avevano acquistato così velocemente la fiducia dei suoi figli.
Invidioso dei suoi figli, che avevano la libertà di fare ciò che volevano.
E quando si creò una crepa nel suo bozzolo la sua invidia crebbe. Abbastanza grande da fargli credere in una via d’uscita, ma troppo piccola affinché potesse liberarsi.
Poi arrivò quell’uomo, dai capelli fulvi e l’atteggiamento superbo, prendendo il suo cuore e portandolo via dalla sua foresta.
Di notte riusciva a percepire i farneticamenti dell’uomo, parlargli di come il mondo perfetto si sarebbe creato solamente grazie alla morte degli uomini e dei Pokémon. Ripartire da zero, ricominciare.
Xerneas non lo capiva, sinceramente, ma cercava di rimanere di parte. Avrebbe sfruttato la sua unica buona occasione per salvarsi.
Era in debito con i suoi figli, che per anni e anni avevano tenuto la sua memoria viva, e inconsapevolmente lo avevano anche vendicato.
Tutte quelle morti, anche se solamente fatte per scopo personale e forse anche per curiosità, erano in realtà la sua personale vendetta.
Avrebbe marchiato a fuoco il suo nome con le opere dei Pokémon corrotti, assassini senza compassione.
Uomini e Pokémon lo avevano sottovalutato per anni, perché anche il Pokémon più calmo può diventare il più violento quando il seme del peccato si insinua dentro di esso.
Sette Pokémon, per altrettanti peccati.
Riusciva a vedere la gola di Spritzee, che voleva sempre di più, sempre più ossa, sempre più conoscenza.
Percepiva l’ira di Sylveon, così maltrattato dalla vita che ora la maltrattava in cambio.
Sentiva la superbia di Clefairy, che non ammetteva che nessun altro potesse cantare bene come lei, che guardava tutti con i suoi occhi vuoti.
Quasi toccava la lussuria di Florges, tanto bella quanto corrotta dentro. Sola ma desiderosa di compagnia.
L’avarizia di Klefki era tanto palese quanto scontata, tutto per sé, quanto si divertiva a raccogliere oggetti luccicanti dai cadaveri appesi per i calcagni.
E l’accidia di Slurpuff, trasformato in un mostro proprio a causa della sua pigrizia. Se si fosse mosso gli astri non si sarebbero mai allineati.
Lui ora non starebbe per fuoriuscire da quel bozzolo di invidia che per anni lo aveva rinchiuso e non si sarebbe ricongiunto ai suoi figli prediletti, per vivere di nuovo.
Per toccare e respirare e rendersi conto che il dolore che poteva infliggere non aveva nulla a che fare con il suo aspetto o la sua natura.
Xerneas poteva fare del male.
E l’uomo dai capelli rossi era solamente una piccola vittima per un bene più grande.
Il suo.
.:.Cyber-Spazio.:.
[sto cercando il simbolo dello yen per scrivere "yoo" in maniera swag, ma ho il culo pesante e quinti niende]
Allora, questo è il penultimo capitolo, o almeno l'ultimo + epilogo.
Mi scuso per il ritardo, davvero mi dispiace, ma i problemi di salute sono i problemi di salute e io ci nuoto dentro perché ehehe perché evidentemente non sono stata brava nella mia vita passata.
Quindi sì, il prossimo capitolo è l'ultimo, ovvero l'epilogo. E qua si spiega anche un po' l'idea base di tutta la storia e se non la capite sticazzi :D
E niente, io vado a baci.
Un inchino,
Cy.
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