4. Dove va "Treccine"
Gold guardava Bianca, in groppa al suo Mamoswine, che attraversava lentamente il lago.
Al centro vi era un grosso scoglio, con un entrata.
“È una grotta...” osservò, stranito.
Doveva arrivarci, ma con le sole forze di Exbo non ci sarebbe riuscito.
“Ma... ho anche un altro Pokémon! Abo... Aspetta, il Pokémon l’ha chiamato Abo... Abo.. Bah! L’ho chiamerò Abobo! Lui non avrà di certo problemi a toccare quest’acqua congelata! Fuori, Abobo!”.
L’enorme esemplare d’Abomasnow uscì fuori, urlando alle rive del lago.
“Calmo, abominevole Pokémon delle nevi. Io sono Gold e sono il tuo Allenatore e tu adesso devi portarmi di là, dove va Treccine, okay?”.
Il Pokémon lanciò un altro urlo.
“Sì, sei arrabbiato, hai perso la libertà e tutta la tua famiglia e... Arceus, quanto siamo meschini, noi Allenatori. Ma sarò egoista: mi devi aiutare. Alla fine di questa storia io ti prometto che torneremo qui a Nevepoli e ti libererò, non appena batteremo la Lega!”.
Altro urlo. Il Pokémon poi si voltò e cominciò a correre, continuando ad urlare e dirigendosi nel bosco innevato.
“E adesso dove vai! Il lago è da quest’altra parte!” urlò Gold, inseguendolo. Alberi venivano sradicati dalla possenza del Pokémon, niente pareva terminasse la sua corsa. Poi virò a destra e si ritrovò nello stesso punto dove aveva catturato il Pokémon.
“Ma porca... Abobo! Dove...” Gold si piegò, puntellando le mani sulle ginocchia, ansimando violentemente. “... dove cazzo vuoi andare...”. Il freddo stava penetrando nelle ossa poca avvezze a quei climi del ragazzo di Johto; ricordava la sofferenza subita durante i primi giorni dell’allenamento con Red sul Monte Argento. I polmoni bruciavano, una corsa a freddo nei boschi di Nevepoli non era stata assolutamente programmata.
“Abo... bo... Fermati!” trovò poi la forza per urlare. Il respiro condensato saliva in alto.
Il Pokémon mugolò, quindi sorpassò un grosso abete senza recargli danno.
E la cosa insospettì il ragazzo dagli occhi d’oro.
S’alzò e lo seguì, quindi lo vide, voltato di spalle. “T’ho detto mille volte di non scappare!” gli urlò. Poi sospirò. “Non è vero, t’ho appena catturato... ma, di grazia, che diamine t’è preso?!”.
Abobo si voltò leggermente, mostrando il viso preoccupato; celava, al fianco, un piccolo Snover.
“S-sei una femmina?! Quello è tuo figlio?! Haha!” esclamò quello, ridendo ed inginocchiandosi davanti al cucciolo che, nonostante fosse ancora piccolo, superava già ampiamente il metro.
“Quanto sei carino!” rideva ancora Gold, vedendo Abomasnow stupito davanti alla manifestazione d’affetto del moro. “Non voglio farvi del male. Tu sei una madre e non posso lasciare qui il tuo piccolo Abo... Abobino, ecco, da solo. Quindi...” strinse i denti ed i pugni e sospirò. “... quindi mi vedo costretto a liberarti di nuovo. Mi spiace” fece, sospirando.
Si voltò, percependo i due Pokémon ancora immobili alle sue spalle, fece una decina di passi e poi spalancò gli occhi.
Idea.
Si voltò immediatamente e sorrise. “Però potrei portarvi entrambi con me, intanto! Già, pensateci! Finiremo ciò che abbiamo da fare e poi vi lascerò qui, di nuovo! Che ne pensate?”.
Abomasnow guardò Gold curiosa, poi cinse col braccio il piccolo Snover ed emise uno strano verso gutturale. Vide l’Allenatore avvicinarsi con in mano la stessa sfera che l’aveva catturata.
La reazione del Pokémon fu estremamente violenta; gli diede addosso, spalancando le ampie braccia ed afferrando enormi rami.
“Vuoi davvero colpirmi?” rimase calmo lui, in maniera quasi incredibile. “Non ti ho fatto niente e niente di male vorrò farvi mai...”.
Le parole del ragazzo stopparono la Abomasnow, con gli occhi e le fauci spalancate, mentre fumo condensato, bianco, s’allungava verso l’alto. Il petto del Pokémon s’espandeva e si ritraeva, il cuore le scoppiava nel petto.
Gold mise una mano in tasca e prese due Baccapesca; una la porse al piccolo Snover, che vorace corse a prenderla, mentre la seconda fu poggiata tra le mani di Abobo.
Quella la guardò stranita.
Si chiedeva perché mai quella persona, così differente da lei, in quel momento si stava comportando bene. Forse non era una minaccia.
Forse andare con lui avrebbe aiutato lei ed il suo piccolo a sopravvivere, mentre in quel bosco congelato le speranze di vita rasentavano il dieci percento.
Lo sguardo del Pokémon s’addolcì, una sorta di muggito riempì le orecchie del ragazzo dagli occhi d’oro.
Gold la vide mangiare la bacca, quindi sorrise. Allungò la sfera verso l’adulta, ma quella ruggì.
No, prima il piccolo, sembrava volesse dire.
Gold capì e s’avvicinò a Snover.
“Ok, figlio... entra nella sfera...” disse, poggiandola delicatamente sulla sua testa.
Catturato.
“Bene. Ora torna...” fece poi.
Il silenzio ritornò principe, in quel bosco, mentre la neve non accennava a terminare d’un passo la propria discesa dal cielo, da quelle nuvole cariche e pesanti.
“Ok... Andiamo...”.
Tornò sulla riva del lago, quindi tirò fuori dalla sfera Abomasnow. Quella, alta, enorme, pareva soddisfatta del patto che aveva stretto con il giovane Allenatore.
“Ok, Abobo, ora mi serve il tuo aiuto: devo arrivare verso la grotta”.
Il Pokémon fece un paio di passi sulla sponda innevata del lago e quindi i suoi occhi s’illuminarono d’azzurro, mentre un raggio congelato fuoriuscì dalla sua bocca, creando una lunga passerella che portava direttamente all’isolotto.
Gold era rimasto a bocca spalancata.
“Sfilerò, cara mia. Sfilerò”.
“Uhm...”.
Capelli neri, fiocchetti bianchi in testa, sciarpa calda avvolta attorno al collo.
Risetta aveva visto la scena molto interessata; non si aspettava per niente che il ragazzo dagli occhi dorati gestisse la situazione in quel modo.
Odiava parlare, lei, suo malgrado si vide costretta a prendere il telefono e a fare la tanto odiata chiamata.
“Demetra...”.
“Hey, Risetta, che piacere sentirti? Cosa mi racconti?”. La voce di Demetra era distesa e rilassata; donava pace.
“Forse il soggetto è giusto...”.
“Oh, che bello sentire queste parole”.
“Bello eh? Continuo a seguirlo, vediamo come si sviluppa la faccenda”.
La grotta era gigantesca al suo interno. Una moltitudine di gocce d’acqua filtravano attraverso la roccia porosa del tetto e s’infrangevano sonore in altrettante pozzanghere, spesso unite tra di loro tramite sottili rivoli.
“Sei arrivato, finalmente...” sospirò Bianca, a braccia incrociate. Gold stava odiando la sua voce nasale. “Non si fanno aspettare le signore in questo modo...”.
“Le signore difatti non hanno aspettato... Non posso definirti signora, vero?”.
“Già mi sei antipatico. Una volta arrivati in palestra ti abbatterò totalmente”.
“Tsk. Non hai speranze contro Exbo. Ma che stiamo facendo qui?”.
“Beh... Come vedi s’è aperta una depressione nel terreno ed Uxie è sparito...”.
“Uxie? E chi è?”.
Bianca lo guardò con sufficienza.
“Il guardiano di questo lago, l’essere della conoscenza! Come fai a non conoscerlo?!”.
“Non m’interessa, sostanzialmente. La mia domanda è una sola...”.
Bianca provò ad anticiparlo. “Dove s’è cacciato il Pokémon, per caso?”.
Gold annuì e parlò contemporaneamente. “No”.
Bianca si confuse.
“No. Semplicemente: cosa devo fare per farti tornare in Palestra e regalarti una sonora sconfitta?”.
La donna pareva ringhiasse. “... Dobbiamo trovare Uxie...”.
“Ok! Allora direi di cercare all’interno di questo fosso gigante. Tu scendi e cerca, io rimango qua, nel caso dovesse tornare”.
Bianca sorrise. “Oppure scendi tu ed io vado a vedere se per caso è al Tempio di Nevepoli... Spesso va lì”.
Cosa farà Gold?
- Interromperà nuovamente Bianca, proponendo di raggiungere il Tempio al suo posto.
- Scenderà come concordato nel fossato.
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