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Lev: Il Pianto Delle Stelle - 15 - Pianto + Capitolo 10 HC FUMETTO

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Capitolo 15 – Pianto

‒ Forza, Heatran!
Xavier in primis rimase basito nel sentir pronunciare quel nome, ma l’apparizione del Pokémon Cratere sulla metà campo opposta alla sua Noivern gli diede una violenta pacca sulla spalla come per svegliarlo. Un gigantesco leggendario dal corpo d’acciaio rovente ruggiva contro il suo compagno di squadra: la cosa non gli incuteva timore. Poco.
Pietrataglio! ‒ ordinò la Capopalestra. E due affilatissime lamine di metallo staccate dal pavimento dai poteri di Heatran furono scagliate contro il drago-pipistrello avversario.
Era evitò uno dei proiettili quasi per sbaglio mentre l’altro colpì di striscio la membrana della sua ala strappandola senza tanti complimenti. Dolore. Un gridò emesso dal Pokémon fece vibrare la stanza, un grido non di sofferenza quanto di sensazione di paura data dal vedere un’appendice del proprio corpo venire così brutalmente recisa.
‒ Cazzo! Rientra! ‒ esclamò d’impulso il castano di Austropoli. ‒ No… non va affatto bene questa cosa… ‒ si disse poi da solo.
Cassandra si mise a ridere.
Xavier guardava le sue Ball, quella di Eelektross che aveva patito già abbastanza, quella di Era, Noivern, che era appena rientrato in panchina, quella di Pumpkaboo e quella di Scizor. Inutili, contro una Capopalestra del genere e stupido lui che aveva pensato di cavarsela con due soli Pokémon.
‒ Porco mondo… ‒ imprecò lanciando nell’arena la Mega Ball contenente Scizor.
Un Pokémon Chele vulnerabile due volte al tipo Fuoco non era il massimo, ma aveva bisogno di temporeggiare. Di giocare sulla tattica.
Cassandra scoppiò ancora più in lacrime ilari vedendo scendere in campo la terza carta del suo avversario.
‒ Va bene, Scizor. ‒ cercò inutilmente di ignorarla lui. ‒ Adesso facciamo vedere di che pasta siamo fatti! ‒ l’essere emise un verso entusiasta e coinvolto nella battaglia.
‒ Heatran, Magmaclisma! ‒ commentò limpida la ragazza dai capelli color caramello caldo.
Mossa fatale. Almeno per i calcoli di Xavier. ‒ Non aver paura, Agilità, puoi schivarla!
Improvvisamente la terra cominciò a tremare. Cassandra sorrideva beffarda e il suo Pokémon, concentrato e determinato, la accompagnava. Un’apocalisse di fuoco, magma e fiamme si sprigionò dal centro di gravità della tempesta che era il Pokémon di tipo Fuoco-Acciaio. La luce prese il posto del buio per qualche fatidico istante.
‒ Dai, Scizor, puoi riuscirci!
Non nascose a sé stesso, il ragazzo, che allontanare il moscerino della sfiducia dalla torta non fu affatto facile. Ma quando vide il suo compagno che, concentratissimo, evitava una dopo l’altra le plausibili morti che gli si avvicinavano sotto forma di lingue di fuoco e vomiti magmatici, si rassicurò. Rapido e preparato, Scizor, qualità che aveva mantenuto anche dopo l’evoluzione. Solo una fiamma non riuscì a evitare e questa ebbe l’occasione di ricoprire la sua intera chela destra. Ma per qualche strano motivo, non si fece male. Xavier assistette al fenomeno e quasi subito comprese.
Il metallo che costituiva l’esoscheletro di Scizor era separato dal suo corpo vulnerabile, per questo con l’evoluzione aveva sviluppato una tale capacità difensiva. Esporre per un singolo istante al calore ogni parte del suo corpo ne avrebbe solo arroventato lo strato esterno, senza danneggiarlo veramente. Lampadina.
‒ Scizor, adesso ti chiederò di ricordare una mossa che ti insegnai tempo fa con una MT. ‒ il Pokémon spalancò gli occhi. ‒ Cerca di ricordare come si usa Breccia!
Il compagno di Xavier si sentì perso. Per un breve momento si staccò dal mondo intero diventando solo davanti a migliaia di lotte, allenamenti, tecniche e mosse. Solo di fronte a un monte di roba che non poteva ricordare, almeno non perfettamente.
‒ Dai, smettila Xavier, accetta la sconfitta, Ondacalda! ‒ rientrò nelle vicende Cassandra.
Lampo. Xavier non ci credeva neanche. Il Pokémon Chele dalla corazza rossa e dagli occhi determinati scattò contro il nemico prima che questo potesse reagire e assestò un violentissimo colpo proprio in mezzo alla fronte di Heatran, sulla placca di metallo ellissoidale del suo cranio. L’attacco Ondacalda non fu mai lanciato, il Pokémon di Cassandra rimase non poco stordito dalla forte botta.
‒ Bravissimo, Scizor! Continua!
Un'altra randellata cafona si schiantò sull’avversario, questa volta sotto il mento del Pokémon Cratere riuscendo addirittura a rovesciarlo completamente. Heatran era in una posizione scomoda, ma ancora non mollava.
‒ Wow, sei sempre una sorpresa. ‒ Cassandra si divertiva parecchio. ‒ Ma ti assicuro che non l’avrai vinta! Geoforza! ‒ ordinò.
Il leggendario si rovesciò tornando in posizione e comprimendo il terreno coi suoi arti dalla forma di croce, scatenò un potente sisma che fece perdere l’equilibrio a Scizor infliggendogli anche notevoli danni.
‒ Non ti arrendere, Pugnoscarica!
Un “conc!” inquietantissimo fu il rumore prodotto dal cozzare della chela d’acciaio di Scizor sul volto di Heatran. Il primo insoddisfatto, il secondo illeso.
Magmaclisma!
Breccia, di nuovo!
Altra randellata nei confronti di Heatran, il potente attacco di tipo fuoco non riuscì a decollare e la botta diede un violento scossone al cervello del Pokémon che si posò a terra con la delicatezza che lo contraddistingueva e fu ripreso nella Ball dalla sua Allenatrice prima che potesse addormentarsi nello svenimento.
‒ Un applauso, ascoltatore… ‒ commentò la ragazza.
Xavier gettò fuori l’aria che si era tenuto nei polmoni per tutta la durata del testa a testa tra il suo Pokémon e quello avversario. Non era per nulla soddisfatto di come erano andate le cose, ma per ora teneva il vantaggio e ciò era l’importante.
‒ Te l’ho detto e te lo ripeto, non sono una preda facile. ‒ sorrise il simpaticone.
‒ Beh, possiamo ancora parlarne… Volcarona!
Scese in campo, dal lato avversario a Xavier, un Pokémon Sole fiero e maestoso. La luce emessa spontaneamente dal suo corpo affievolì l’atmosfera e portò una debole luce nella stanza. Il castano, che anni prima aveva visto in azione quello di Nardo, non nascose il brivido che minò la stabilità della sua spina dorsale conficcandosi come un ago tra le sue vertebre cervicali.
‒ Vai, Voldifuoco! ‒ esclamò la ragazza.
‒ Scizor…! ‒ Xavier non terminò mai la frase. Nulla gli venne in mente che non fosse l’anticipare una mossa ormai scagliata. Il suo Pokémon Chele incassò il colpo e cadde a terra stremato. KO.
‒ Ti ho raggiunto, eh? ‒ fece beffarda la donzella col tacco dodici premuto sulla dignità del castano.
‒ Mi hai raggiunto, concludiamo la lotta allora. Era!
Noivern tornò in campo: l’ala ancora strappata un bel po’ ma la forza d’animo sicuramente ancora nelle vene. Il dragone ruggì, impassibile Volcarona. Noivern non era particolarmente affaticata, ma non riusciva a volare o ad allargare l’ala destra per paura di allargare ulteriormente lo strappo, sicuramente era in svantaggio.
‒ Distruggilo, usa Tifone ‒ esortò Cassandra.
‒ Cazzo, Dragopulsar! ‒ si piazzò sulla difensiva Xavier.
Dalle ali del Pokémon che giocava in casa si sprigionarono venti violenti e distruttivi che rapidamente si diffusero in tutta la stanza. Era non stava volando, e forse era un bene, ma comunque fu scaraventata contro una parete laterale da una raffica e la fiammata sprigionata dalle sue fauci andò a disperdersi in deboli fiammelle che furono zittite dal vento.
“Non posso fare nulla per fermarlo… Noivern non può contrastare il suo potere di maneggiare l’aria attorno a sé con l’ala ridotta in quello stato…” rifletté Xavier.
Eterelama! ‒ esclamò il ragazzo. Probabilmente agire da lontano era l’idea migliore.
Un rapido movimento dell’ala sinistra e un invisibile e sottile rasoio d’aria sferzò la distanza che c’era tra Era e Volcarona colpendo quest’ultimo.
Ronzio, non facciamoci intimidire!
E fu così che il violento battito del Pokémon Sole cominciò a sprigionare un fastidioso rumore insistente e martellante. Noivern lo sentì prima di tutti, grazie al suo apparato uditivo particolarmente sviluppato e si piegò in due dalla sofferenza che tale suono gli causava.
Dragopulsar, lotta! ‒ esclamò Xavier spingendo il suo compagno ad opporsi a quella morsa.
Era provò a scatenare la sua furia, ma tutto ciò che gli uscì fu una fiammella soffocata e smorzata, piegò i gomiti dal dolore, ormai stramazzava.
“Cazzo, hanno trovato l’arma perfetta contro Era…” pensò preoccupato Xavier. “A meno che…”
‒ Continua, Volcarona! ‒ esclamò sadica la Capopalestra.
Ondaboato, Era!
L’unica cosa che riesce bene durante la tortura, sono le grida. Era un meccanismo risaputo e noto a tutti… ma sfruttato da pochissimi. E fu rapido il calcolo, la sofferenza di Noivern, convogliata tutta nei suoi nervi distrutti e nei suoi neuroni impazziti, si trasformò nella mossa Ondaboato più potente che gli fosse mai tirata fuori dagli avversari più pericolosi. Non solo il suono sovrastò quello di Ronzio di Volcarona, ma quasi riuscì a frantumare i timpani del suo Allenatore che non si trovava nella posizione acusticamente più favorita all’ascolto. Cassandra dovette coprirsi le orecchie e Volcarona rimase a terra, semiparalizzato. Si rialzò a fatica.
Noivern stanca e Volcarona pure.
‒ Siamo alla resa dei conti, lo sai no? ‒ domandò retorica Cassandra.
‒ Ne sono cosciente. ‒ rispose Xavier non più tanto farfallone come prima. Si era reso conto che era impaurito da quel lato nascosto un po’ sadico e perverso della Capopalestra e, nonostante avesse delle curve che la notte non lo avrebbero mai lasciato annoiare, prima mettiamoli in salvo e poi diamogli soddisfazione, agli zebedei.
‒ Era, adesso, Dragopulsar! ‒ provò per la terza volta il castano.
Il drago concentrò tutte le sue forze, un potente colpo di energia blu-violacea investì il nemico che ancora doveva riprendersi completamente dall’altra parte del campo.
Buio e silenzio, il bagliore delle fiamme draconiche scomparve così come la luce spontanea di Volcarona e nessuno emise suono per un istante. E poi la luce della sagoma del Pokémon di Cassandra che veniva fatto tornare nella sfera bianca e rossa. Rientrato, esausto. Xavier aveva vinto.
“Allora, sei entrata, c’era la musica, il tipo con gli occhi azzurri ti fissava… poi?”
“Ho bevuto…”
“Hai bevuto. Hai bevuto?!”
“Ho bevuto…”
“Celia! Hai quattordici anni, deficiente!”
“Scusa ma mi stavo annoiando!”
“Non hai scuse, bambina… non credo di poterti più aiutare.”
“No, cazzo, Avril, dai!”
“Eh no, capiscimi, sono la tua coscienza, tu fai stupidaggini e poi devo pagare al posto tuo…! Celia!”
La ragazza dai capelli chiari spalancò le palpebre, un fioco ricordo offuscato si era acceso come una fiaccola bagnata nella sua mente.
“Che cosa è successo là dentro…?”
“Aspetta.”
La stanza era stata rimessa a posto. I bagagli dei due ragazzi erano stati ricomposti e i letti rifatti, Celia quando era nervosa rimetteva a posto, ma la cosa che più le tornava difficile riposizionare nel giusto verso era la sua vaga memoria molto molto breve e in altri casi la sua morale discutibile. Camminando sulla moquette con la paura di andare avanti, raggiunse il letto. Indosso aveva una minigonna che aveva messo dopo aver fatto la doccia insieme a una normalissima t-shirt con qualche scritta idiota. Si concentrò nel suo compito, via l’intimo, controllo approssimativo degno di un ginecologo laureato in scienze politiche. No.
Sospiro di sollievo automatico e spontaneo. Non era successo quello che credeva. Sospiro di sollievo anche molto breve ed effimero. Ciò non verificava che comunque non fosse accaduto… altro.
“Quindi…? Il tipo ti fissava?” chiese Avril. Stronza, diretta, inadeguata ma decisamente necessaria.
“Non capisco ancora dove sia il problema.”
‒ Sai benissimo dov’è il problema…
“Non ne sarei così certo, da parte tua.”
‒ Xatu, lo sai che non va bene tutto questo.
Tegole per pavimento, da una parte il Pokémon Magico e poco di fronte a lui un ragazzo dai capelli bianchi conosciuto come Kalut ai pochi fortunati con un Venipede in spalla. Aria calda e frizzante ma piena di elettricità.
Kalut aveva pianto, aveva pianto molto dopo aver capito di essere un umano. E non ne capiva il motivo. Davanti a lui c’era un vaso, un vaso che conteneva tutte le informazioni che lui cercava e ne era certo come era certo che il sole non avrebbe mai smesso di splendere. Xatu lo aveva cambiato con poche parole e ancora meno azioni. Si era reso conto, aveva compreso che non parlava come loro, non pensava come loro e non agiva come loro.
Kalut era umano.
‒ E non so dove sia il problema! ‒ esclamò il bianco.
“Credi che io possa darti la risposta?” chiese Xatu.
‒ Da te è partito tutto, da te ho appreso che gli umani si fanno del male e si uccidono da soli! Perché ti sei dovuto intrufolare nella mia testa e dirmelo?! ‒ rispose quello.
“Sei tu ad esserne convinto, se sei tu a ripeterlo…” commentò il pennuto.
‒ Io… io…
La favello di Kalut si spezzò lì. Nulla di più nulla di meno. Solo un ragazzo che decise di sedersi a terra e pianse, pianse ancora mentre il sole della mattina inoltrata vegliava su di lui proteggendolo da lacrime che troppo presto si trasformavano in vapore.
“Riflettici, che cosa sai degli umani? Quanti ne hai conosciuti?”
‒ Potrei dirti di fare lo stesso, tu hai più esperienza di me…
“Ma io non sono umano, Kalut.”
Piume e voci interiori.
‒ E che cosa comporta ciò?
“Comporta che io non riuscirei a capire molte delle vostre azioni non potendo pensare come voi…
‒ Quindi devo essere io a guardare cosa fanno gli umani per capire cosa non va in me?
“Tu trai pena dall’essere un umano, tu imparerai a distinguere il dolore degli esseri umani.”
Kalut annuì lievemente restio. ‒ Hai ragione.
“Ti spiego, Kalut, io posso vedere molte cose… posso guardare dentro l’animo altrui e posso studiare il futuro e il passato di ognuno di noi.” Xatu si avvolse nel suo piumaggio come se fosse isolato dal resto del mondo. Notte, era sempre notte per lui. “Ma una cosa non ho mai compreso: la mente umana. È fuori dalla mia concezione di realtà, fuori da tutto. Potrebbe non esistere e potrebbe essere troppo semplice per essere compresa da un adulto. Resta il fatto che vedo cosa hanno fatto, cosa fanno e cosa faranno le persone… e non capisco perché.”
Kalut seguiva pendendo dal suo becco.
“Scoprilo, io sono stato mandato per essere il tuo custode e guidarti nelle tue scelte, non posso svelarti nulla, sono solo la tua guida e il tuo accompagnatore…” concluse Xatu. “Scoprilo.”

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