Lei
Dopo una lunga giornata, Green sentì il dolce stridere delle chiavi che, entrando nella serratura, misero in azione i meccanismi di apertura della porta di casa sua. Era finalmente di ritorno nella sua piccola Biancavilla.
L’enorme atrio era completamente al buio, l’unica luce visibile era il led luminoso sul frigorifero a due ante che dominava la cucina, imponente e silenzioso.
Entrò, chiudendosi la porta alle spalle con un immediato isolamento dai rumori del mondo esterno. L’oscurità l’avvolse, privandolo della vista, ma lui non si scompose minimamente: conosceva a memoria quella stanza, così come il resto della casa, non aveva alcun problema nell’orientarsi al buio.
Molto spesso si ritrovava in quella situazione, obbligato ad avanzare a tentoni nell’oscurità, pur di evitare la minima possibilità di svegliare Blue.
Già… Blue…
Per qualche istante rimase immobile sul posto, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Il suo corpo si mosse automaticamente, indirizzandolo in cucina. Scansò il piccolo tavolino in legno, con sopra ancora il primo kit da Mate di Blue, sfiorando con le dita della mano il freddo acciaio della strana cannuccia, perché era una cannuccia, per lui, nonostante avesse un nome preciso e Blue gliel’avesse detto più e più volte.
Per lui quegli infusi continuavano a chiamarsi thè, per il semplice motivo che Blue si innervosiva tantissimo si azzardava a profanare il nome della sua bevanda calda, ed a lui questo piaceva. Sì perché alla fine ci scappava sempre un bacio.
Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo attraversando ogni fibra del suo corpo, colpendolo fin dentro la radice delle unghie dei piedi.
Appoggiò una mano sul liscio acciaio del frigorifero, poco distante dal led lampeggiante. L’orologio segnava le ventuno e sedici, orario ormai irrilevante per lui.
Aprì l’enorme corpo gelido, venendo investito da un’accecante luce bianca che, seppur fosse settata sul minimo, lo rese temporaneamente cieco.
Strizzò gli occhi, resistendo all’impulso di distruggere il costo elettrodomestico.
- Domani ti modifico io, mi hai accecato per l’ultima volta - disse Green, non soddisfatto di ciò che vide al suo interno.
Si guardò attorno, notando per l’ennesima volta il vuoto che dominava quella casa.
Passò una mano nei capelli, finendo con lo sconvolgerli completamente. La sua attenzione venne catturata da un post-it lasciato sul tavolo di recente.
“Amore, se oggi non mi compri la yerba, ti uccido. Con affetto, Blue”.
Rise, constatando che la sua idea di sorprenderla con dei nuovi tipi di erba per il Mate, avrebbe funzionato alla grande, se solo ne avesse avuto l’occasione.
La tristezza iniziò ad attanagliargli il cuore, e nonostante il suo corpo gli dicesse di strappare in mille pezzi quel foglio di carta, per non soffrire ulteriormente, lui non riusciva a smettere di leggere e rileggere le dolci parole scritte dalla sua Blue.
Inspirò profondamente, lasciando cadere il post-it sul terreno, avrebbe avuto tempo per raccoglierlo. Ora gli serviva solo una doccia calda.
Percorse a passi incerti il salotto, lasciando cadere il cappotto sul divano.
Accanto al camino si ergeva l’enorme abete sintetico, lasciato lì nella più totale solitudine.
Due sole sfere occupavano l’intero albero: una blu, posizionata sotto il puntale, ed una verde vicino la base.
Green gli si avvicinò, chinandosi. Osservò il foglio ad essa attaccato: “Otto Dicembre” recitava.
Tornarono nella sua mente, come un susseguirsi di fotogrammi, i ricordi di molti giorni prima, quando Blue era ancora lì.
Avevano deciso di addobbare l’albero giorno dopo giorno, con una sola decorazione a testa, partendo da due lati opposti, per poi unire il tutto.
- Io uso il verde come colore, e tu il blue. Ce li scambiamo! – disse la sua lei, piena d’euforia.
Le era sempre piaciuto il natale, la riempiva d’euforia. Tutti i regali, i preparativi, le serate passate in famiglia a riempirsi di cibo, erano sempre state accolte con felicità.
Invece, per lui, il Natale era sintomo di tristezza.
Non ne sapeva il perché, come se il suo rapporto col periodo natalizio si limitasse a della neve in eccesso, da spalare. E tanti, troppi parenti di cui non ricordava neanche il nome, da salutare.
Quel Natale in particolare, gli era ostico.
Prese la sfera color smeraldo, ed in un impeto di furia la scagliò violentemente verso la cucina, colpendo il costoso frigorifero. Di cui non gli interessava nulla, così come della casa, del Natale e di se stesso.
- Che vigilia di merda…
Si alzò, convinto più che mai di desiderare una doccia calda quanto il nucleo dell’Inferno. Fece uno sforzo immane per riacquisire la posizione eretta, e per dare il via al moto dei suoi piedi.
Arrivato alle scale per il piano superiore si tolse le scarpe, godendo della liberazione provata dal rimuovere i suoi piedi dalla restrizione spaziale a cui erano stati sottoposti per tutta la giornata.
Pochi istanti dopo, si trovò sul lato opposto della scalinata, diretto verso la seconda porta a destra, quella della loro camera da letto. Il loro nido d’amore.
Aprì la porta, delicatamente, come faceva sempre. Guardò il letto dove, dopo i turni notturni, trovava sempre Blue che, stordita dal sonno, riusciva a stento a capire chi fosse il ragazzo davanti a se.
Ma lei non era lì, non più.
Il letto, così come la stanza, era stato privato di ogni sua traccia. Green si mosse in direzione del grande armadio che condivideva con Blue; la sua metà era ancora in perfetto ordine, con le varie camicie impilate in modo impeccabile.
- Perché, Blue… perché te ne sei andata? Che cosa ho sbagliato? - assestò un violento colpo all’anta dell’armadio in legno, scheggiandosi la mano.
Green non si scompose minimamente, rispondendo al crescente dolore con un secondo dritto.
Sangue iniziò a sgorgare dalle nocche sbucciate del ragazzo, addensandosi sul pavimento, colpo dopo colpo.
Cadde in ginocchio. Ormai senza fiato, si lasciò andare in un silenzioso pianto; le lacrime scivolavano rapide dai suoi occhi, mischiandosi con la pozza di sangue ai suoi piedi.
Un immenso calore lo raggiunse nel basso ventre, Green pensò che anche il suo fisico aveva deciso di ribellarsi ed auto punirsi per ciò che era successo, perché la colpa non è mai di una sola persona, in una coppia. Lo diceva sempre a Blue, in modo da alleviare dalle sue fragili spalle il peso di errori e dolori, caricandoseli sulle proprie, atte a sopportare nel miglior modo possibile.
Tutto questo perché l’amava, e sapeva che lei era molto debole su questo punto di vista: anche per un semplice errore, era capace di star male per molto tempo, convinta di non poter ricevere il perdono di Green.
Ma questi glielo concedeva, sempre. Tal volta anche senza doverne ricevere la richiesta.
Infondo, lei era la sua piccola, ed era compito suo difenderla da tutti. Anche da se stesso.
Odiava arrabbiarsi con Blue, gli logorava le viscere vederla soffrire.
Ma ora lei non c’è più.
Mai più pesi da portare al posto suo.
Mai più il calore del suo abbraccio.
Mai più liti per il posto di fianco al letto fra il suo Charizard e Blastoise.
Mai più la sua voce che, dolce, gli sussurrava parole d’amore.
Mai più Blue.
Green realizzò in quel momento di essere solo, di aver perso tutto.
Successo lavorativo, avanzamenti nelle ricerche scientifiche, titolo di Campione di Kanto, tutto inutile.
A cosa mi serve tutto ciò, se non ho te? Non so più cosa sono.
Alzò il braccio destro, pronto a far infuriare l’ennesimo pugno, stavolta diretto verso il pavimento.
L’ennesima lacrima vacillò dalla punta del suo naso, cercando futilmente di resistere alla forza di gravità.
Rovinò verso il pavimento, candida e pura, oggetto del dolore del ragazzo.
Per un breve, inesorabile istante, tutto il mondo parve fermarsi. Il composto salino arrestò la sua discesa, Green lo fissava.
Così piccolo, ma in grado di provocare dolore che mai aveva pensato di poter provare.
Così limpido, e pieno di veleno che gli bruciava gli occhi col suo solo passaggio.
Nato in lui, passò la sua breve vita in perpetua caduta, diretto verso il pavimento in parquet consumato e graffiato dai continui spostamenti dei mobili voluti dalla ragazza dagli occhi blu.
Fu proprio in uno di quei solchi, che la lacrima si infranse. Un’esplosione di cristallini frammenti riempì per un breve istante l’aria circostante, per poi ricadere su se stessa.
Green si asciugò gli occhi col palmo della mano destra, focalizzandosi su quella piccola ed apparentemente insignificante goccia. In lei c’era tutto il suo mondo.
C’era la sua Blue, che andava via da lui. C’era tutto il suo futuro, che collassava attimo dopo attimo.
La sua famiglia, il suo lavoro, tutto.
Era tutto inutile ormai.
E Blue non c’era; la sola donna su cui aveva puntato tutto, non era più con lui.
- Non posso… restare… - si alzò, lo sguardo volto verso i suoi vestiti – È arrivato il momento di riprenderti, compagna d’avventure.
Impiegò più tempo del previsto, a causa di alcune cerniere rese quasi inutilizzabili dal tempo ed i continui combattimenti a cui era stata sottoposta. Ma alla fine ci riuscì, gli calzava ancora a pennello.
Nonostante avesse smesso le sue avventure da diverso tempo, per poter stare più tempo con Blue e non rischiare la vita giorno dopo giorno, la tuta tecnica da volo che indossava quando viaggiava con Charizard funzionava ancora benissimo.
Scavò più a fondo nell’armadio, trovando il suo vecchio casco. Lo mise sotto braccio ed uscì dalla stanza, deciso come mai prima.
Accese la luce nel corridoio. La sua immagine venne riflessa dallo specchio posto in prossimità del bagno, montato lì in modo da poter far preparare Blue senza doverlo costringere ad aspettare ore per una doccia.
Si osservò attentamente, notando come i suoi capelli ricadevano stanchi sul suo viso, nascondendo per metà le enormi occhiaia e gli occhi rossi di dolore. Il suo fisico parve quasi non essere stato intaccato dal continuare degli anni, poteva notare ancora la linea dei muscoli nata all’epoca in cui lui e Red volavano da una parte all’altra delle Regioni, per portare il loro aiuto dove più ce n’era bisogno.
- Bei tempi, quelli… mi chiedo se quell’idiota di Red abbia messo la testa a posto, magari s’è deciso a sposare Yellow, ed avranno anche dei figli. Devo chiamarlo, appena posso.
Sorrise.
Gli mancavano i suoi amici, così come gli mancavano le giornate passate ad esplorare ed allenarsi coi suoi Pokémon; quando ancora Blue non era entrata nella sua vita.
Quando ancora non aveva capito cosa significasse amare con tutto se stesso una persona.
- Questa situazione mi sta uccidendo… devo andarmene immediatamente – scese le scale, diretto in cucina.
Raccolse il suo zaino, vi ficcò all’interno portafogli, pochi vestiti d’emergenza, telefono, ed un vecchio pupazzo di un Axew memore di infiniti preziosi ricordi, per poi caricarselo sulle spalle. Agganciò la chiusura di sicurezza sul petto, fissandolo ancora meglio, onde evitarne la perdita.
Si avvicinò alla porta, infilò le scarpe, e si voltò.
- Addio, mia cara dimora… non posso più tornare, ormai tutto questo non ha più senso. Chiamerò Red, e gli dirò di occuparsi di te, non temere. Ma io devo andare, mi dispiace…
Uscì chiudendosi la porta alle spalle.
La Pokéball di Charizard ardeva nel cinturone, emettendo pulsazioni continue.
- Sì, amico, hai capito bene, tocca a te ora – presse il comando di rilascio, liberando l’enorme Pokémon Fiamma.
Charizard ruggì, possente e violento. La fiamma sulla sua coda era diventata molto più grossa ed intensa del solito, il ragazzo sentì il dolce calore sfiorargli la pelle, sottraendolo dal gelo del paesaggio innevato.
Lui era uno dei pochi in grado di capire lo stato d’animo di Green in qualsiasi circostanza; il legame che li univa li aveva resi una sola mente.
- Che c’è piccolo, non sei felice di fare un giro?
Charizard si avvicinò lentamente, il calore sprigionato dal suo corpo stava sciogliendo la neve nei loro pressi, dando la vita a numerose, piccole, fumarole
- Hai capito che c’è qualcosa, vero?
L’enorme drago si arrestò, mugolando.
- Grande il doppio di me, e sembri un cucciolo impaurito… sto bene, ok? Ho solo bisogno di andare via. Portaci dove vuoi – Green si avvicinò, accarezzandogli il mento.
Charizard annuì soddisfatto, per poi abbozzare un abbraccio.
- Piano che mi stritoli! Sto bene, davvero. Adesso andiamo, però.
Salì in groppa al suo Pokémon, ed un istante dopo si trovarono in volo, lasciando folate di vento gelido dietro di essi.
Diretti solo dove il loro istinto avrebbe suggerito.
Diretti verso il vuoto.
Riva del Tesoro, Primisola, pochi minuti dopo l’alba.
- Lì, amico mio, scendi! Mi sembra che la neve accumulata sia di meno, ma fa comunque attenzione, non ho voglia di congelarmi tutto – Charizard volteggiava in una spirale decrescente sull’isola, decelerando mentre riduceva il raggio della circonferenza disegnata.
Dal suo punto di vista, Green riusciva ad afferrare con lo sguardo ogni singolo particolare della piccola lingua di terra innevata.
Un grosso albero spogliato delle sue foglie dominava il centro della spiaggia, posto leggermente in rialzo rispetto il terreno circostante.
Un paio di Meowth giocherellavano fra i suoi rami, noncuranti del ragazzino che camminava sulla riva con un grosso attrezzo, mantenuto a stento dalle sue piccole braccia.
Charizard atterrò poco distante dal grosso tronco innevato, affondando nella neve. Ne parve quasi disgustato, come se quel contatto gli sporcasse l’animo.
- Non piace neanche a te, la neve. Vero? - il Pokémon Fiamma sbuffo, levando piccole nuvole di fumo dalle narici.
- Lo so, lo so; qualsiasi tipo d’acqua ti irrita. Prometto che non staremo molto, qui – guardò il suo Pokémon negli occhi, trovandovi fiducia e comprensione – Dopo ci andiamo a fare un bel volo sul Monte Brace, ok?
Charizard parve più felice. Ruggì gioioso, mettendo in fuga i pochi Pokémon presenti in zona, in cerca di cibo.
Meglio che adesso scenda, devo sgranchirmi le gambe.
Green smontò dalla schiena di Charizard, atterrando nella neve. Immediatamente una sensazione di freddo ed umido lo raggiunse alle gambe. Affondò senza la minima difficoltà, sprofondando sino alle ginocchia.
La neve, bianca e candida, gli accarezzava il corpo, cercando di trattenerlo con sé in quel giorno di gelido freddo.
Lui iniziò ad avanzare verso la riva, facendosi strada con le mani. Al minimo sfioramento, la neve andava disfacendosi: Green poteva lasciare anche la minima impronta del suo corpo, senza alcuno sforzo.
Proprio come te, Blue. Con la sola differenza che queste tracce non saranno eterne.
Charizard lo seguiva a ruota, sfasciando e distruggendo la neve attorno a se. Gli dava immenso fastidio trovarsi immerso in quell’acqua ghiacciata, e per questo utilizzava la fiamma sulla sua coda per poter eliminare la maggior parte possibile di contatto.
Green continuava ad avanzare, silenzioso. Il rumore del vento veniva spezzato di tanto in tanto dallo scricchiolio della sabbia congelata, a contatto con la suola isolante della tuta del ragazzo.
Arrivò a pochi metri dalla spiaggia vera e propria, dove la neve non aveva trovato casa. Colpa del mare, che col suo via vai ne aveva reso impossibile il deposito.
- Ehi, bambino, cosa ci fai da solo qui, con questo freddo? – chiese Green, ormai a pochi passi dal secondo abitante umano del territorio.
- Cerco.
- Cerchi cosa?
- Cerco qualcosa.
- Sei sicuro di cavartela? Mantieni quel coso con difficoltà… è un… rilevatore di metalli?
- Non solo, scova qualsiasi cosa non sia della consistenza del terreno, almeno così dice nonno. È per lui che scavo, perché gli piaceva.
- Quindi vuoi prendere qualcosa per portarglielo? – Green gli si accovacciò di fianco.
- Sì, a lui piaceva molto togliere le cose dalla spiaggia, ma da quando è ancora più vecchio sta a letto, quindi ho voluto prendere il suo Detector e venire qui. L’ha fatto lui, è una specie di inventore, sai?
- Oh che bella cosa. Ma non dovresti stare a casa coi tuoi?
- Non vogliono che io venga qui, per questo sono uscito presto. Non dirglielo, per favore, altrimenti mi becco qualche scappellotto.
- Tranquillo, io manterrò il segreto, solo se mi farai vedere che il tuo Detector funziona.
Gli occhi del bambino si riempirono di felicità – Certo! Ci penso io, tu aspettami qui – disse euforico.
- Va bene, io mi sistemo sulla spiaggia.
Green si arrampicò sulla piccola scogliera artificiale, fermandosi sul suo scoglio. Che fino a poco tempo prima era il loro.
- Charizard, vedi che sta scritto qui? – indicò un lato completamente inciso con svariate date.
- Questo è il numero di volte che sono venuto qui con Blue… ogni venticinque del mese tornavamo qui, come ben sai, e passavamo qualche ora assieme…
La sua mente iniziò a vagare fra i ricordi, aiutata dalle dita che ispezionavano le scanalature nella roccia.
- Ecco, questa è la più vecchia: una delle prime date, quando facemmo l’amore per la prima volta, qui, in Estate. Era scomodissimo e ci facemmo pure male, ma fu stupendo.
Le lacrime iniziarono a scorrergli sul viso, rese sempre più fredde dal gelido vento invernale.
Una debole nevicata fece il primo accenno della giornata, promettendo di ritornare più copiosa, una volta raccolte le forze.
- Ed eccone un’altra. Questa volta, mi ricordo, passammo la giornata a mangiare gelato e caramelle gommose, quasi ci veniva un’indigestione – la mano gli iniziò a tremare.
Il suo cervello stava facendo di tutto per segnalare il livello di allerta massimo, segnale di una nuova crisi in arrivo. Passò inosservato un’ulteriore volta.
Più forte della sua volontà, il ricordo di Blue continuava a tornargli in mente.
Ricordava tutti i sacrifici fatti per comprargli i regali che tanto desiderava.
Ricordava le sere passate assieme, davanti il televisore a vedere film e mangiare schifezze, piuttosto che uscire a fare baldoria con Gold e Red.
Ricordava ogni singola azione passata; tutto era compresso in un solo frammento di mente, ed in un solo istante poté rivivere tutti gli anni passati assieme.
Ma, poi, ricordò tutte le giornate in cui la sua dolce lei si cimentava nel suonare il pianoforte. Era diventata bravissima, e Green adorava ascoltarla.
Alla perfezione, le infinite note di Blue, ritornarono a comporsi nella sua mente, donandogli un forte calore interno.
Chiuse gli occhi, cullato dalla melodia che gli si era fissata nel cervello.
Il mondo esterno scomparve, lasciandolo solo nei suoi pensieri.
Blue era lì, davanti ai suoi occhi. Vestita elegantemente, abito nero. I lunghi capelli gli scivolavano sulle spalle, seguendone alla perfezione la linea. Nessun particolare degno di nota, a parte lo spacco laterale nel suo abito. Era sempre stata una tipa semplice, e così era rimasta anche nella sua fantasia.
Green si lasciò trasportare dal senso di sicurezza ed allegria che gli trasmetteva quell’immagine. Sapeva fosse finta, ma in cuor suo sperava di non doversi mai più risvegliare.
La sola idea di poter avere nuovamente Blue vicino, anche se per finzione, gli rallegrava il cuore.
Così, sempre con gli occhi chiusi, immaginando di vederla, si alzò.
Nella sua mente, lentamente si avvicinava al corpo della donna che tanto amava. Lei continuava a suonare.
- Blue, sono io – fece lui, prendendola per le spalle.
Lei si girò, guardandolo dritto negli occhi.
- Ti amo – portò una mano sul suo viso, spostandogli una ciocca di capelli, come tanto desiderava fare in ogni bacio.
Lei non rispose. Chiuse gli occhi, avvicinandosi lentamente al ragazzo che fremeva, impotente di fronte il suo sguardo così bello e puro.
Green ricambiò, iniziando ad avvicinare le sue labbra alle sue.
Poteva sentirne il profumo, la dolce essenza delle labbra da lui tanto desiderate era ormai a meno di un respiro.
Strinse più forte la mano portata dietro il viso della sua ragazza. Il suo cuore subì lo stesso effetto che ricevette il manto nevoso al passaggio della fiamma di Charizard.
Riusciva a sentire il respiro che gli carezzava le labbra. Dischiuse le sue, pronto a baciarla.
- No… mi dispiace… - rispose, lei, prima di scomparire.
Green vide tutta la finzione distruggersi all’istante.
Nuovamente lui, da solo.
- Perché… perché non sei qui con me? – chiese più a se stesso che a chiunque fosse in ascolto.
Guardò il mare, lasciando libere di scorrere le sue lacrime. L’occhio perse ogni tipo di percezione, mentre si perdeva nell’immensità dell’orizzonte, infinitamente distante da sé.
- Sai, Charizard, io e Blue ci eravamo promessi di vestirci sempre con indumenti estivi, quando raggiungevamo questo posto. Per non perdere la bellezza del primo incontro. A volte fa freddo, molto, questo è vero, ma con un buon fuoco risolvevamo il tutto. E poi c’erano i marshmallows, la cioccolata calda, ed i plaid.
Il ragazzo pensò per qualche istante.
Charizard lo guardava incuriosito.
- Prestami la tua coda. Ho bisogno di un po’ di calore – iniziò a togliere la tuta tecnica, partendo dallo spesso colletto in neoprene lavorato.
Il Pokémon accolse la sua richiesta, spostando la sua coda in prossimità del ragazzo dagli occhi verdi come smeraldi.
Green passò poi al maglione, restando con la semplice camicia nera e pantalone.
- Ancora non va bene… - con tutta la calma possibile, prese un coltello dal suo zaino e lo utilizzò per tagliare le maniche della camicia.
- Ora sì che è estiva. Manca qualcosa da mettere sotto i denti, hai fame amico mio?
Charizard annuì vigorosamente.
- Aspetta qui, allora. Vedo cosa abbiamo portato.
Si avvicinò allo zaino, prendendo dal suo interno una confezione di carne in scatola, assieme ad un piccolo tegame.
- Sposta qui la fiamma, almeno cuociamo il tutto prima di mangiare.
Green si svegliò di soprassalto.
Persa ormai la concezione spazio-temporale.
- Cosa è successo…? Mi sono addormentato… - il Sole era ormai alto nel cielo, e della carne non c’era più ombra.
Si alzò, notando di aver dormito sul ventre di Charizard che, avvertito il cambiamento di equilibri, si svegliò.
- Ci siamo addormentati, eh? – sorrise, godendo del piacere che gli regalava la presenza del suo Pokémon.
Charizard sbadigliò, iniziando a guardarsi intorno.
- Non preoccuparti del cibo, ne compreremo dell’altro. Io vado a farmi un bagno nell’acqua congelata, magari mi riprendo un po’ – disse col pensiero che tornava per l’ennesima volta a Blue.
Pensava che, forse, il freddo avrebbe potuto calmarlo per qualche tempo, almeno fino alla decisione della prossima tappa.
- Ci metterò poco, tranquillo – iniziò a slacciare le scarpe, volgendo lo sguardo verso la riva, in cerca della via meno doloroso da percorrere, sulla poca sabbia disponibile fra gli scogli.
Aveva appena tolto la prima scarpa e si accingeva a rimuovere il calzino, quando Charizard lo trattenne.
- No, Charizard, tu non puoi venire adesso. Odi l’acqua.
Il Pokémon insistette, con maggior forza.
Green si scrollò di dosso le sue zampe, facendo uso di gran parte delle sue energie.
- Senti, non è momento, lasciami in pace per un po’ – continuò imperterrito a slacciare la seconda scarpa.
Venne trattenuto un’altra volta.
Ormai snervato, Green si girò di scatto, lasciando traspirare la rabbia trattenuta fino ad allora.
- Che c’è?!- urlò.
Charizard si scostò, lasciandogli campo visivo libero.
Improvvisamente il sangue gli si gelò nelle vene, stordendolo come se una granata fosse esplosa nelle vicinanze, lasciandolo privo dell’udito.
Tutti i suoi sensi vennero meno, così come le sue gambe. Per poco non cadde e si spaccò il cranio in molteplici pezzi.
Cercò di mettere assieme delle parole, senza successo. Fece un paio di passi, respirando molto velocemente. Ormai non aveva più bisogno di Charizard per sentirsi al caldo.
- Blue...
- Tanti auguri, amore.
- Vespus.
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