Ciao a tutti, ragazzi. Abbiamo raggiunto quota astronomiche di visualizzazione, cose che non mi aspettavo per nulla quando abbiamo cominciato il nostro percorso. Quindi grazie a chi legge Pokémon Courage.
RachyChan ha disegnato il capitolo estivo della sua storia! Con questo freddo ci riscalderà gli animi! Potete scaricarlo qui!
Capitolo
16
– Crescita II
Un
Noivern ferito gemeva nella
propria Ball, felice della vittoria ma sconfitto nel fisico. Un
Volcarona
distrutto riposava anche lui all’interno della sfera già attaccata alla
cintura
della Capopalestra. Un faro di luce potentissimo di accese in direzione
di
Xavier isolandolo nel suo cono di illuminazione mentre i neon si
spegnevano
facendo piombare gli altri punti della stanza nelle tenebre. Il ragazzo
non si
mosse, ma intuì che la castana che aveva appena sconfitto stava
lentamente camminando
verso di lui. Cassandra lo raggiunse, ma si fermò di fronte al suo
avversario
senza entrare nel cerchio di luce. Xavier si sentiva osservato,
vulnerabile.
‒
Hai vinto, allora… ‒
pronunciò lei dopo un infinito silenzio.
‒ A
quanto pare.
‒ E
meriti una medaglia,
giusto?
‒
Non sei tu l’esperta?
Cassandra
sorrise. Finalmente
l’Allenatore di Austropoli riuscì a distinguerne i tratti facciali.
Quella
donna per lui era un peperoncino nel riso bianco.
‒
Tieni, fai buon uso della
medaglia Sole.
E il
ragazzo rischiò di
saltarle addosso con la delicatezza di un Tauros. La naturale scarica di
testosterone raddoppiò e triplicò nuovamente nel momento in cui, davanti
ai
suoi occhi, Cassandra prese la medaglia che aveva spillato, come ogni
Capopalestra è solito fare, al suo reggiseno.
E
poi la attaccò alla maglia di
un inerme Xavier che si costringeva a tener fermo ogni singolo muscolo
del
corpo.
‒
Vediamoci ogni tanto, se ti
va… ‒ si congedò lei dando le spalle al ragazzo e ancheggiando via fino
a
sparire nel buio.
I
bambini giocano, ridono e si divertono. I bambini non hanno ansie o
preoccupazioni. I bambini vivono in modo semplice.
Ogni
singolo
passo numerato nella sua testa accresceva sempre più quel già
gigantesco numero che Kalut aveva in mente. Contava i passi che
muoveva sul
suolo delle città, ne aveva tenuto il conto fin dal primo che aveva
avanzato.
“Dove
sei
diretto?” domandò Xatu che seguiva il percorso del ragazzo comparendo
silenzioso e magico accanto a lui man mano che andava avanti.
‒
Non ne ho idea?
“Che
cosa
vuoi fare?”
‒
Non lo so ancora…
“Senza
una
meta?”
‒
Senza una meta.
“Lo
sai,
una volta conoscevo un uomo…” proseguì il volatile. “Diceva sempre che
viaggiare per scoprire il mondo è come esplorare noi stessi… e che
sempre ci
sarà qualcosa che non conosciamo.”
‒
Conoscevi un uomo?
“Ah,
sì…
lo sai, Kalut, io sono su questo pianeta da parecchi anni. Ho visto
passare
molti umani prima di te.”
‒
Ah sì?
“Ovviamente,
sai
qual è l’aspettativa di vita media di un Pokémon della mia specie?”
‒ Non essere banale, Xatu.
‒ Non essere banale, Xatu.
“Cosa?”
‒
Non essere banale. ‒ lo interruppe l’umano.
“Banale?”
‒
Sai bene cosa intendo, non sei un essere normale, vero?
“Dipende
da
cosa intendi per normale.”
‒
Insomma, per una specie come la tua che può muovere miliardi di
miliardi di
passi e sbattere altrettante volte le ali prima di morire, tu non sei
comunque
normale… ‒ spiegò con cognizione di causa.
“Ah…”
Xatu
rise. “Posso vedere il futuro e il passato di tutti gli uomini ma non
posso divertirmi a scherzare con un ragazzino…”
‒
Dai, forza, raccontami della tua vita.
“La
mia
vita?”
‒
La tua vita.
“Va
bene,
nacqui in una terra molto lontana… in mezzo a uomini che indossavano
maschere di legno pitturate e cantavano attorno a me. Per loro ero una
specie
di dio…”
‒
Celia, sono
io.
‒
Sì lo
intuivo, considerando che siamo le uniche due persone al mondo ad avere
uno di
questi cosi! ‒ rispose sarcastica lei.
‒
Simpatica,
dimmi, sei ancora al Centro?
‒
Più o meno,
stai tornando lì perché?
‒
Sì…
‒
Beh, mi trovi
al parchetto vicino, quello con la fontana.
‒
Sto
arrivando.
Due
minuti
trascorsero rapidi, Xavier comparve dietro alla testa biondissima della
sorella, lei aveva intanto portato fuori dalla stanza, notò il ragazzo,
i vari
bagagli.
‒
Com’è andata?
‒ chiese lei. ‒ Oh. ‒ si rispose rivolgendo lo sguardo al castano che
sfoggiava
fiero la medaglia rossastra della forma di una sfera da cui si
dipanavano
quattro sagome somiglianti a delle ali di un Volcarona in direzione dei
quattro
punti cardinali.
‒
Ha un
Magmortar, un Heatran e un Volcarona, uno più forte dell’altro, non ho
la
minima idea di come io abbia fatto a vincere, non hai idea di come tu
non
riuscirai a vincere ‒ sbrigò lui tutto d’un fiato sedendosi sulla
panchina.
‒
Stronzo,
vedremo.
‒
Ah sì,
vedremo… ‒ ripeté enfatizzando particolarmente l’ultima parola.
‒
Scusa? Che
cos’era quel tono?
‒
Eh, volevo
chiederti… potresti passare alla palestra di Cassandra… tipo… un’altra
volta?
‒
Eh? E perché
mai?
‒
Oddio, puoi
farmi un favore e basta una volta tanto?
Celia
non
accolse particolarmente felice la proposta, ma neanche rispose un no
categorico.
‒
Che cosa ti
serve, Xavier Levine?
‒
Celia, per
favore, a te non costa niente e se vuoi alla prossima città lascio
andare te
per prima alla palestra, ok?
‒
Uff… ‒
incrociò le braccia. ‒ Fai come ti pare, al ritorno da Sidera alta torno
qua e
mi faccio una gita sul fiume dopo aver vinto anche la medaglia della tua
amichetta ‒ si vinse in tono sprezzante.
‒
Grazie,
sorella, ora dammi ‘sta roba e ripartiamo, ti va? ‒ propose lui
riprendendo lo
zaino.
I
due
ricominciarono a camminare fianco a fianco.
‒
Allora,
quando siamo partiti tu sei andato a est e io a ovest, vogliamo
scambiarci
questa volta? ‒ Celia si regolava con la mappa di Sidera digitale sul
PokéNet.
‒
Va bene,
viaggiamo a X per la regione praticamente ‒ approvò il ragazzo.
‒Sì,
quindi tu
Alyanopoli e io Porto Acquario?
‒
Suppongo di…
aspetta… ad Alyanopoli non c’è la palestra di quel deficiente che
abbiamo
incontrato… quello là? ‒ approssimò Xavier.
‒
Caspita, sì,
Perseo.
‒
Io che cosa
vado a fare nella palestra di uno che vende le proprie medaglie? ‒
chiese
retorico il castano.
‒
E anche tu
hai ragione. ‒ commentò Celia. ‒ Oh, vabbè, vogliamo andare entrambi a
Porto
Acquario?
‒
No. ‒ troncò
la domanda lui.
‒
Perché?
‒
No vabbè, ho
deciso che almeno un tentativo devo farlo, magari riesco a convincerlo a
combattere, non penso che sarà totalmente privo di Pokémon, alla fin
fine è pur
sempre un Capopalestra…
Celia
annuì
senza rispondere a voce.
‒
Quando
vogliamo partire? ‒ cambiò orientamento il ragazzo.
‒
Ah, facciamo
pranzo insieme almeno?
‒
Ci sto.
‒
Aspetta un momento. ‒ Kalut interruppe Xatu tutto intento nella sua
narrazione.
“Che
succede?”
‒
Fammi dare un’occhiata…
Il
ragazzo
si era fermato davanti ad un pannello rettangolare a lato della
strada,
una mappa. “Voi siete qui” diceva il puntino rosso in mezzo alla
strada che
portava al sentiero campagnolo fuori dalla cittadina.
“Ah,
quindi
intendi scegliere la tua prossima destinazione?”
‒
Beh, tu più di tutti sai che devo trovare un luogo dove andare perché
qualcuno
non me lo dice. ‒ fece calcando particolarmente sul pronome.
“Che
tono,
fanciullo, che tono…”
‒
Dai, almeno puoi dirmi quanto ci metto approssimativamente ad andare
da… Borgo
Asterion a… ma sì, qua… Delfisia? ‒ chiese lui improvvisando un
itinerario.
“Kalut…”
si
fece teorico dell’ovvio il Pokémon Magico. “Lì è da dove sei venuto…”
‒
Ah. ‒ Il ragazzo tornò alla sua ricerca. ‒ Idresia, voglio vedere
Idresia. Sai
dirmi quanto impiego?
“Circa
sette
ore di cammino.” sparò una cifra totalmente a caso il Pokémon che non
fece affidamento per nulla ai suoi poteri di onniscienza per
rispondere.
‒
Va benissimo, si parte ‒ decise il ragazzo.
“Ah,
proprio
così, su due piedi?”
Kalut
si
immobilizzò un istante. ‒ Ho per caso molto da preparare?
Il
ragazzo
aveva un paio di pantaloncini di qualche taglia in più, una maglia che
tra l’altro non gli piaceva neanche troppo e due Pokémon al seguito. I
suoi
bagagli non erano poi così ingombranti.
“Aspetta,
Kalut,
guarda che è tanta strada, non vorrai mica camminare tutto questo
tempo
nel bosco da solo e… senza posti in cui fermarti…
Kalut
sorrise.
‒ È proprio questo il punto…
Xatu
rimase
a becco aperto.
‒
Anzi, guarda un po’ il lenzuolo di stanotte mi fa pure comodo, andiamo
un po’ a
riprenderlo… ‒ e tornò indietro verso l’angolo in cui si era
addormentato la
sera prima.
‒
Come va il
viaggio? ‒ Julie era leggermente fredda.
‒
Tutto bene,
sono a Idresia e mi trovo a buon punto con le medaglie. Presto sarò
tornato,
piccola. Tu che fai invece senza di me? ‒ rispose Xavier.
‒
Mh ‒ la sua
voce si ammorbidì un po’. ‒ Nessuna novità particolare oggi, ma i
Deerling
iniziano a cambiare pelo e quindi ci diamo da fare per pulire alla ben e
meglio
il giardino. ‒ rise lei.
‒
È parecchio
caldo qua, io mi sono stancato dell’estate, voglio che ritorni il
freddo…
‒
Ma scherzi?! Meno
male che c’è ancora il sole… vorrei durasse fino a gennaio…
Intanto,
Celia,
faceva finta di studiare il suo PokéNet. Vicino a suo fratello occupato
a
parlare con la sua ragazza, in una tavola calda senza troppe pretese, a
pancia
piena grazie ad un pranzo pagato da lui. Le venne in mente di mettersi a
scrivere, non aveva altro da fare, tanto.
Avril
si fece
viva: “Oh, allora?”
“No,
non gliel’ho
chiesto…”
“E
perché mai?”
“So
benissimo
che non saprebbe rispondermi, e non voglio dargli problemi inutili… in
più
potrebbe dirlo a papà…”
“Celia,
ti
preoccupi troppo di queste…”
“Non
è successo
niente di niente con nessuno!” troncò lei. “Va bene?!”
“Ok,
va bene…”
Celia
sbatté
violentemente una delle metà del diario sull’altra nel chiuderlo.
‒
Non avercela
con i libri, sono così innocui, loro. ‒ commentò qualcuno vicino a lei.
La
bionda si
voltò. Un uomo pienotto di mezza età intento a leggere un volume
piuttosto
pesante le sorrideva dal posto adiacente.
‒
Oh,
perdonami, io non…
‒
Non
preoccuparti, era una battuta.
Celia
sorrideva
ebete. Si rese conto di aver già visto quel tipo, da qualche parte, lo
aveva
visto.
Quello
distolse
il suo sguardo dalle parole del libro.
‒
Sembri un’Allenatrice,
sei in viaggio?
‒
Sì, con mio
fratello ‒ rispose lei.
‒
Ah, beati voi
‒ commentò l’uomo alzandosi e lasciando sotto il piattino del caffè che
aveva
bevuto una banconota. ‒ Godetevi la gioventù. ‒ Si accinse ad andarsene.
‒
Adesso però anche io… devo partire. ‒ E facendole un occhiolino, si
avviò verso
la porta. La bionda salutò.
‒
Allora,
partiamo?
Xavier
aveva
riagganciato dopo aver salutato Julie, il conto era stato pagato ed
entrambi
erano pronti a muoversi.
‒
Sì,
immediatamente.
Uscirono
da
quel luogo, fecero un resoconto della situazione e si sistemarono per il
viaggio.
‒
Allora,
ascoltami che è importante ‒ cominciò Xavier scandendo bene le parole. ‒
Ora ti
lascio dei soldi, la metà di quello che ho, va bene?
Celia
annuì.
‒
Ma entrambi
dobbiamo trovare un modo di racimolare qualche spicciolo, ok? Magari dai
una
mano a qualcuno, svolgi un compito per qualche ricercatore, non so…
comunque
non ci bastano questi per il resto del viaggio, dobbiamo averne altri.
Evitiamo
di rubare, magari…
‒
Va bene, poi
ti dico se ci son riuscita, ok?
‒
Ok, brava
Celia.
‒
È il caso che
vada ora…
‒
Sì, pure io…
I
due si
separarono, una verso est, l’altro verso ovest.
Mezzo
frutto
in mano e mezzo nello stomaco, Kalut camminava mangiando e
riacquisendo
zuccheri dalla natura. Il sole batteva, ma vi era una brezza piacevole
quel
giorno. Al suo seguito zampettava Venipede e la presenza di Xatu era
sempre e
comunque percepibile.
Facile
essere
spaventati da un essere del genere e ancor più facile esserne
affascinati. Il ragazzo era entrambi, ma camminava, verso un
obbiettivo che
neanche lui sapeva dove si trovasse. Per il momento conservava strette
poche
certezze.
La
prima
era che camminare scalzo in mezzo all’erba era diventato faticoso. La
seconda
era che una nebbia oscura si era fatta strada nella sua mente, un
brutto
presagio o una cattiva sensazione. I bambini vivono senza
preoccupazioni.
Aveva
capito
che era tornato il momento di crescere.
Commenti
Posta un commento