Capitolo
29 –
Ostentazione
“Un’organizzazione
potentissima
che vuole distruggere l’Allenatore come lo conosciamo oggi”, “tiene
per le palle la Lega Pokémon”, “sta sfruttando i tester del PokéNet
per
perfezionare la loro operazione”.
Quante parole
riversate da
Cassandra per spiegare la situazione con la Faces a Xavier. Il ragazzo
aveva
compreso, Faces male, Lega bene. Ma era stonata per lui la parte in cui
il
Campione Antares in persona avrebbe fatto da custode per sua sorelle,
compito
che dalla sua parte, era spettato invece a Cassandra.
‒ Mi hai detto
che per evitare
interferenze e potenziali “pericoli” ti è stato dato l’incarico di
seguirmi? ‒
chiese lui mettendo le cose in chiaro.
Cassandra annuì.
‒ Non è stato
questo quello che
mi hai detto al lago… ‒ fece Xavier crucciato alzandosi e girando i
tacchi.
‒ Xavier,
aspetta! ‒ esclamò lei.
‒ Non potevo dirti tutto subito, era nelle loro condizioni.
‒ E allora
potevi evitare di
dirmelo, invece di mentirmi ‒ disse lui con tono serio senza neanche
voltarsi.
‒ Io non…
‒ Tu non… un
cazzo! Troppo facile
ingannare un uomo con un po’ di figa, dimmi che cosa devo fare con ‘sta
roba
qua della Faces e levati di torno dimenticandoti di esserci parlati, per
favore! ‒ sfuriò tornando a fissarla.
Cassandra tacque
per un momento,
impressionata dal lato violento che il ragazzo non le aveva mai
mostrato.
‒ Verranno a
cercarti loro,
vorranno parlarti e proporti di diventare membro integrante del loro
progetto…
‒ spiegò lei con un filo di voce.
‒ Perfetto,
allora deciderò io
cosa fare ‒ decise il ragazzo. ‒ A mai più, Capopalestra.
E fu così che il
ragazzo, voltate
le spalle, se ne andò. Lo zaino in spalla, la cintura delle Ball attorno
alla
vita e un incredibile senso di repulsione nei confronti della bellissima
ninfa
dagli occhi color caramello dietro di lui e della sua straordinaria
abilità
nell’abbindolare le persone.
Lei, dal suo
canto, era ancora
seduta sulla panchina con lo sguardo fisso sulla figura del ragazzo che
se ne
stava andando senza neanche salutarla e la sensazione di aver
effettivamente
esagerato lasciandolo vincere nella sua palestra, civettando con lui
esplicitamente e facendogli credere di aver fatto tutto per una presunta
attrazione che provava nei suoi confronti. Aveva una sigaretta mezza
finita in
mano e un emisfero del suo cervello la accusava crudelmente per la sua
mancanza
di cura per i sentimenti altrui; l’altro, beh, l’altro sputava fuoco e
fiamme
contro il castano per come era stato capace di trattarla una volta
scoperto
tale cavillo della loro mai iniziata relazione.
E ovviamente,
essendo lei
Cassandra, lasciò prevalere l’emisfero che stava sputando fuoco e
fiamme.
‒ Vaffanculo,
così puoi trattare
al massimo tua sorella ‒ fece indignata gettando la sigaretta e
raccogliendo la
sua borsa per poi andarsene da quel luogo. Xavier era lontano, non
l’aveva
sentita.
‒ Tu lavori per
loro? ‒ chiese
incredulo Antares. ‒ Hai idea di come mi stiano ricattando, ci tengono
in mano,
Algol, sono persone spre…
‒ Ciò non vuol
dire ‒ l’uomo in
bianco interruppe il Campione facendosi serio. ‒ che io non possa
sostenere la
loro causa, Antares, io lavoro per te, ma questa cosa non mi obbliga a
seguire
la tua linea di pensiero.
Il Campione
rimase ancora una
volta senza parole. Si obbligò al silenzio gettando la schiena su un
cuscino
del divano e fissando il vuoto.
‒ Scusaci,
Celia, quello di cui
volevo parlarti è un lavoro vero e proprio come membro della Faces…
vedi,
abbiamo bisogno di mani di Allenatori che sappiano come gestire dei
Pokémon e
della mente di giovani ragazzi come e te e tuo fratello ‒ spiegò Algol.
‒ Io… non penso
di…
‒ Aspetta,
lasciami spiegare una
cosa: siamo coscienti che ciò che vorremmo proporre agli Allenatori può
non sembrare
allettante per qualcuno, è per questo che vogliamo che siate voi
Allenatori a
fare una scelta indipendente.
Celia non
capiva.
‒ Ho intenzione
di spiegarti in
cosa esattamente il nostro progetto si tradurrebbe dimodoché sia tu e
solo tu
ad esprimere un giudizio imparziale ‒ chiarì il Superquattro.
La ragazza
iniziava a seguire.
Antares si alzò per dimostrare la sua disapprovazione e si mise a
camminare su
e giù parallelamente al divano.
‒ Devi sapere
che numerose sono
state le catastrofi che si sono abbattute sul nostro pianeta negli anni
passati, sicuramente avrai sentito dei cataclismi di Hoenn o dell’ascesa
del
Team Rocket nelle regioni di Kanto e Johto ‒ Algol la vide annuire. ‒
Beh, tutto
questo è avvenuto perché ora come ora chiunque, malvagio o buono che
sia,
potrebbe fondare una sua setta e
avere dei seguaci che, con Pokémon sempre più forti e potenti, sarebbero
capaci
persino di sconfiggere le Leghe stesse. I Pokémon sono sempre visti come
compagni di vita degli umani, ma solo le persone buone la pensano così,
ci sono
alcuni esseri umani che li trattano come armi, e prova a sfruttare dei
Pokémon
come armi… stai sicura che il tuo si rivelerà un arsenale imbattibile.
Celia stava
ascoltando.
‒ Ogni volta che
una di queste
organizzazioni riusciva ad ottenere il potere, lo aveva fatto perché per
loro
non c’era nulla da perdere, le loro armi
erano tante e potevano essere sostituite o rimpiazzate, tutto questo
perché gli
Allenatori hanno il vero potere ‒ enunciò l’uomo.
La bionda si
trovò davvero a
riflettere su cosa avesse in testa Algol come tutta l’organizzazione di
cui era
parte. Si stava facendo delle domande, forse quel Superquattro era stato
fin
troppo convincente.
‒ Effettivamen…
‒ Celia ‒ la
interruppe Antares.
‒ Non devi giudicare le loro idee, ma il loro modus operandi ‒ fece. ‒
Chiedigli come intendono effettivamente agire…
La ragazza omise
l’interrogativa,
guardò Algol come aspettandosi delle spiegazioni.
‒ Ecco ‒ fece
lui. ‒ il nostro
obbiettivo ultimo è quello di creare una stabile e sicura rete di
informazioni
che aiuti ogni Allenatore ad identificarsi. Impediremmo a chi agisce
nell’ombra
di raccogliere troppo potere nelle sue mani e di crearsi un impero.
“Il che
significa distruggere la sua
privacy” tentò Avril.
‒ …mettere
insieme un database
che regoli le attività Pokémon nelle regioni per assicurarne la
sicurezza.
“Traduci annientare la possibilità di una crescita secondo un metodo personale.”
‒ …fermare i
potenziali
terroristi, promuovere chi riesce ad eccellere senza trucchi e inganni.
“Ossia trasformare gli Allenatori in divi da Hollywood.”
‒ Mi dispiace! ‒
lo interruppe
Celia con la testa gonfia delle parole di Algol e della sua coscienza
sovrapposte e petulanti. Non si rese conto di aver urlato, mentre i due
uomini
che erano nella sua stessa stanza sì, entrambi la guardarono stupiti. ‒
Mi
dispiace ma penso di dover comunque rifiutare ‒ sputò fuori a velocità
estrema
senza neanche ascoltare le sue parole.
Antares esultò
dentro, Algol
sentì invece un sottile filo di carta vetrata infilarsi nei suoi
ventricoli.
L’uomo della Faces non parlò.
‒ Grazie
comunque per l’offerta…
‒ concluse più dolcemente la ragazza.
Algol si fece
serio, tutta
l’enfasi della sua spiegazione morì nei suoi occhi. ‒ Va bene, Celia, ci
dispiace che non potremo averti tra i nostri collaboratori ‒ l’uomo si
alzò. ‒
Spero che ci rivedremo, un giorno ‒ e le strinse la mano.
‒ Algol, puoi
andare, adesso… ‒
mormorò Antares senza palesare il suo sollievo.
‒ Tolgo subito
il disturbo.
Il Superquattro
si diresse verso
la porta, prese giacca e bastone, indossò la prima e poggiò a terra il
secondo.
‒ Grazie per l’attenzione. Celia… Antares… ‒ salutò quello prima di
aprire
l’uscio, tornare al pianerottolo e sparire dietro il portone.
La ragazzina e
il Campione erano
rimasti immobili al loro posto, immersi in un’irreale silenzio.
‒ Celia,
credimi, hai fatto la
cosa giusta… ‒ sussurrò Antares a bassissima voce. ‒ Ma adesso sarà
meglio per
te darmi retta e fare ciò che ti dico, adesso il pericolo per te è un
altro e
non voglio assolutamente metterti nei guai.
La bionda, colma
di ansia per la
conversazione con Algol, senza l’energia di mostrare il timore appena
sorto
nella sua mente, mugolò con un filo di voce “va
bene” prima di tornare a respirare.
‒
Spiegalo ancora una volta ‒ fece Kalut.
“Certi
Pokémon si evolvono solo tramite le radiazioni emesse da particolari
oggetti,
nel caso di Growlithe c’è bisogno di una Pietrafocaia, ma per lui è
bastato il
tuo solo tocco a permettere l’evoluzione” chiariì Xatu.
I
due, con Venipede che era in spalla a Kalut, erano accodati al Pokémon
Leggenda
che stava facendo loro da cicerone. Correvano lungo il marciapiede
sotto gli
occhi di poche persone che neanche facevano attenzione a loro. Le
strade di
Idresia erano quasi desertiche.
‒
Spiega ancora una volta anche come funziona tra umani e Pokémon, anche
se penso
di saperlo… ‒ fece di nuovo il ragazzo.
“Gli
umani li prendono come compagni, certi li allenano e li usano per
battere le
palestre, altri li crescono oppure li allevano. Più o meno ogni essere
umano ha
dei Pokémon e…”
‒
Ok ‒ lo interruppe Kalut. ‒ ricordavo bene.
Arcanine,
muovendosi allo stesso ritmo del volo del pennuto e della corsa
dell’umano,
riuscì a percorrere quasi venti isolati prima di fermarsi e indicare
un
edificio ai compagni. Kalut non aveva neanche il fiatone, Xatu sentiva
un lieve
formicolio alle ali.
‒
La cosa delle Poké Ball… ‒ mormorò Kalut alla sua guida.
“Gli
uomini le utilizzano per trasportare i…”
‒
Ok.
Il
ragazzo prese le tre Poké Ball acquistate la scorsa notte dalla borsa
di tela
che aveva in spalla che pure era stata rigorosamente acquistata in un
Market.
‒
Mi hai detto di dare poco nell’occhio, forse è il caso che entriate
qui dentro…
‒ propose.
Arcanine
distolse l’attenzione dalla meta a cui aveva condotto la squadra e si
accostò
all’Allenatore, acconsentiva, Venipede non emise suono e si limitò a
percorrere
il braccio su cui stava in direzione delle sfere, Xatu annuì col becco
appoggiando con compostezza la decisione.
Le
tre Ball furono immediatamente colmate, per convenzione, Kalut tentò
infatti
come prima cosa di rimettersi in contatto con Xatu. Non gli riuscì. Lo
tirò
fuori.
‒
Come mai non riusciamo a parlare quando sei nella sfera? ‒ chiese.
“Nella
Poké Ball si cade in un sonno artificiale, gli stimoli esterni sono
assenti o
in rari casi estremamente ovattati” spiegò il volatile.
‒
Neanche tu riesci a rimanere cosciente al suo interno? ‒ domandò
Kalut.
Il
pennuto rise. “Alla fine sono sono uno Xatu come tutti gli altri, io…”
‒
E che Pokémon Eterno sei? ‒ fece Kalut prendendolo in giro.
“Che
faccia tosta…” commentò Xatu. “Piuttosto, siamo giunti a qualche
conclusione?”
‒
Arcanine mi ha portato qui… ‒ fece Kalut.
“La
palestra di Idresia?”
‒
La palestra di Idresia.
Avevano
davanti a loro un edificio scuro e isolato da tutti gli altri. Il
simbolo della
palestra, una gigantesca imitazione della sua medaglia a forma di
sole,
troneggiava fiera sulla facciata appena sopra al portone di ingresso.
Quella
era una delle palestre più longeve di Sidera: fondata, si racconta, da
un Moore,
storica famiglia di Capipalestra di Hoenn, originari di Cuordilava.
‒
Secondo te qua troveremo qualcosa?
“È
una palestra di tipo Fuoco… Arcanine è di tipo Fuoco…”
‒
Banale, entriamo…?
“Vai.”
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