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Lev - Il Pianto Delle Stelle - 30 - Apistia

Capitolo 30 – Apistia


‒ Buongiorno ‒ salutò un adone sulla quarantina infilato in un completo elegante nero. Le sue spalle e i suoi pettorali sembravano dover far esplodere tutti i bottoni della sua camicia quando incrociava le mani dietro la schiena.
‒ Salve ‒ e Kalut lo guardava strano, era entrato in una palestra nota per avere una Capopalestra donna dal grande carisma, ma se quello era soltanto il custode, allora proporzionalmente il capo sarebbe dovuto essere una specie di Charizard dall’aspetto solo vagamente umano.
‒ Posso essere d’aiuto? ‒ domandò l’uomo con fare distinto.
Kalut riflettè per qualche istante, nel frattempo i suoi occhi cominciarono ad abituarsi al buio ovattato dalla unica luce fioca dei neon che aveva trovato all’interno di quel luogo. ‒ Sì, conosce per caso questo Pokémon? ‒ chiese indicando l’Arcanine al suo seguito.
L’uomo lo guardò per pochi istanti, piegò appena le ginocchia perché il muso del canide si trovasse in esatta corrispondenza con il suo e potessero guardarsi negli occhi allo stesso livello.
‒ Gilroy? ‒ domandò ancora rivolto al Pokémon
Arcanine abbaiò felice. Kalut non stava capendo. Allora l’uomo in nero tornò a guardare il ragazzo dritto negli occhi e con la sua espressione pacata e calma, sorridendo serenamente, spiegò: ‒ Il suo nome è Gilroy, ed era soltanto un Growlithe quando lo abbiamo incaricato di guidarti qui.
‒ Lo avete incaricato di cosa? ‒ fece Kalut. ‒ Tu sapevi tutto, Xatu?
“Ovvio” annuì il Pokémon.
L’uomo in nero, presa coscienza dei suoi modi troppo rapidi e precipitosi con l’ingenuo ragazzo che aveva davanti, pensò di spiegarsi meglio: ‒ Lascia che ti illumini ‒ mise con fare paterno la mano sulla spalla di Kalut e lo spinse ad inoltrarsi con lui in quell’ambiente scuro seguendo una certa linea di neon. I due, con al seguito i tre compagni del bianco, giunsero dopo pochi corridoi ad una stanza in cui l’illuminazione era lievemente più intensa. L’uomo fece accomodare un titubante Kalut su una poltrona scomodissima in simil-pelle e lo invitò a rilassarsi.
‒ Lo sai, aspettavamo da molto che ti presentassi… ‒ mormorò quello.
‒ Ah sì? Tu e chi? ‒ domandò nella sua semplicità il ragazzo.
‒ Io e la Capopalestra di questo luogo.
‒ E per quale motivo mi aspettavate?
‒ Che tono ostile…
‒ Puoi darmi almeno delle risposte?
L’uomo sospirò.
‒ Prima di tutto, piacere di conoscerti, io sono Kurao… ‒ fece lui porgendo la mano.
‒ Kalut ‒ il bianco gliela strinse.
‒ Ecco, devi sapere una cosa, lo Xatu che ti ha accompagnato per quasi tutto il tempo è un Pokémon molto particolare…
‒ Sì, me ne ha già parlato, lui è sulla Terra da parecchio tempo…
‒ Esatto. Ebbene, proprio lui mi ha fatto sapere che cosa sarebbe avvenuto il ventottesimo giorno di agosto di quest’anno.
‒ Ossia?
‒ Quand’è che ti sei svegliato, Kalut?
Il ragazzo annuì comprendendo.
‒ E perché dovrebbe essere così importante la mia nascita, scusami?
‒ Beh, ci sono molte leggende sulle persone come te, alcune dicono che siete capaci di svegliarvi in concomitanza con la morte di un Pokémon Eterno come Xatu, altre che avete poteri fuori dalla norma e capacità infinite… a me piace pensare che siate capaci di gesti che alle persone normali sembrano impossibili, ma è solo la mia visione delle cose.
‒ Io sarei quindi una sorta di essere speciale in qualche modo?
‒ Dipende da te…
‒ Che risposta fastidiosa.
‒ Ecco, quello che abbiamo fatto è semplicemente lasciare che Gilroy ti trovasse, in un modo o nell’altro vi sareste congiunti dopo un po’.
‒ A quale scopo?
‒ Capire che cosa abbiamo per le mani, Kalut, se puoi esserci d’aiuto o no…
‒ Da quando mi avete per le mani?
‒ Non abbiamo te, ma il tuo interesse.
‒ Suscitalo, allora.
‒ Prima vorrei essere certo che tu mi prenda sul serio ‒ mormorò l’uomo divenendo cupo per un istante.
Kalut abbassò lo sguardo e lo rialzò subito.
‒ Abbiamo dei nemici, gente che vorrebbe cancellare gli Allenatori di Pokémon dalla faccia della terra... ti ha spiegato come funziona tra umani e Pokémon? ‒ chiese riferendosi a Xatu.
‒ Sì.
‒ Bene, devi sapere che questa realtà rischia di scomparire, queste persone vorrebbero trasformare questo mondo in qualcosa di completamente differente ‒ enfatizzò. ‒ Vogliono distruggerlo e hanno il potere di farlo…
‒ Come? ‒ chiese Kalut con fare interessato. Xatu scosse la testa vicino a lui.
‒ Sono un’organizzazione potente, sono la Faces, e grazie ad alcuni eventi che li hanno fatti… lavorare molto negli ultimi anni si sono radicati fin dentro il cuore delle maggiori Leghe della nazione.
‒ Le Leghe… sì, penso di sapere che cosa sono… ‒ commentò Kalut.
‒ Certo che lo sai ‒ sorrise l’uomo.
Kalut si fece torvo.
‒ Insomma, avete paura che succeda qualcosa all’ecosistema che avete creato con le vostre Poké Ball e le vostre medaglie e per questo motivo cercate anche di sovvertire l’unica legge della natura: quella del più forte, mettendovi contro ad un’organizzazione più grossa di voi?
‒ È cinismo o rassegnazione ciò che sento nelle tue parole, Kalut?
‒ Dimmelo tu, io sono nato soltanto una settimana fa, non conosco la differenza tra un rassegnato che non ha più una strada da prendere e un cinico che se la prende con i cartelli stradali poiché non indicano la giusta via… ‒ fece sottilissimo il bianco.
‒ Sapevamo che saresti stato una risorsa preziosa, ma non fino a questo punto.
Xatu era stupefatto. Kalut si era dimostrato un raffinatissimo oratore e aveva compreso tutto ciò che Kurao aveva detto senza alcun problema. Le sue previsioni future erano sempre giuste ma spesso molto ovattate, per questo motivo il carattere del ragazzo che aveva seguito nei giorni precedenti lo stava impressionando a tali livelli.
‒ Risorsa? Io sarei una risorsa? ‒ domandò Kalut.
‒ Beh, ci hanno parlato delle tue potenzialità, sappiamo dalle previsioni di Xatu che tu…
‒ Kurao, scusami se ti interrompo, ma non so se ti hanno mai detto che a Xatu è vietato rendere partecipi altre persone della sua lettura del futuro ‒ lo zittì Kalut con tono granitico.
Kurao si prese un attimo per respirare. La bugia non aveva retto.
‒ Stai per dire che sono più acuto di quanto pensassi... ‒ lo prevenne lui.
‒ E avrei pure ragione.
Altro istante di silenzio.
‒ Ho capito, non posso fare preamboli strani, non penso che ti interessi come siamo venuti a sapere delle persone come te, voglio solo chiederti: vuoi darci una mano? ‒ tagliò corto Kurao.
‒ Io… ‒ Kalut fece finta di valutare la scelta. ‒ Non ho altri impegni in agenda, penso proprio di potervi dare una mano. D’altronde, non dimentichiamo che ho vagato più di una settimana cercando di capire quale fosse l’obbiettivo della mia esistenza, ora mi ritrovo per caso a dover mettere le mie presunte capacità superiori a favore di una delle due fazioni di una guerra di ideali, cosa potevo chiedere di meglio?
Kurao sorrise sempre più incredulo, il soggetto che aveva davanti era così singolare da farlo sentire banale e impotente.
‒ Ma prima, voglio sapere esattamente come siete venuti a sapere delle persone come me… ‒ sorrise pungente lui. ‒ E fammi conoscere la ragazza che comanda dentro questa palestra.
 
Antares rovistava nei cassetti dei mobili di casa sua nervosamente.
‒ Stammi a sentire di nuovo, quello che cercano di fare è creare un nuovo fenomeno di massa tutto calcolato al millimetro, non vogliono neanche una cellula fuori posto. Per questo motivo tu avresti dovuto scegliere di entrare nei loro ranghi, perché nessuno fuori dal loro progetto deve conoscere l’obbiettivo che hanno, il PokéNet dev’essere un particolare della vita comune che va a infiltrarsi e radicarsi come una malerba, non una rivoluzione improvvisa.
‒ Capito ‒ annuì Celia.
‒ Per questo motivo cercano di inimicarsi meno gente possibile e prenderla invece con loro, hai visto Algol?
‒ Tu neanche sapevi che fosse parte del progetto.
‒ Lo sospettavo, ha partecipato a numerose riunioni del consiglio della Lega, ogni volta il giorno seguente arrivava puntuale come la morte una nuova ordinanza restrittiva della Faces che cancellava ogni più piccola falla che eravamo riusciti a trovare nei loro regolamenti.
‒ Quindi ha lavorato come infiltrato?
‒ Esatto, e non so quanti altri abbiano agito come lui, considerando che per me la mia Lega era l’insospettabile.
‒ Quindi non possiamo ormai fidarci neanche di loro.
‒ No.
‒ E che intendi farmi fare ora?
‒ Metterti al sicuro.
‒ Al sicuro? Da che cosa?
‒ Vedi, forse sottovaluti i tentacoli che la Faces ha infilato in ogni anfratto del governo, sai che succede nei casi peggiori a chi è al corrente delle loro intenzioni e non decide di collaborare con loro?
‒ Cosa?
Antares fissò Celia negli occhi con lo sguardo più serio che gli riuscisse in quel momento. Tacque, lasciò che il messaggio giungesse a destinazione.
‒ Sul serio? Sono così pericolosi?
‒ In realtà non si hanno prove, ma penso che tutti i reati che hanno commesso siano stati insabbiati, lo sai perché mi hanno costretto a scegliere una cavia come te?
La ragazza rifletté un momento.
‒ Ho un padre adottivo che non fa testo, un fratello che è nella mia stessa situazione e basta, sono facile da eliminare senza causare un polverone?
‒ Esatto, stesso motivo per cui io, che sono al corrente di tutto questo e sono anche diametralmente e palesemente opposto ai loro scopi, sono ancora vivo. Non so se l’hai notato, ma sono il Campione della Lega ‒ sottolineò lui mezzo compiaciuto e mezzo intimorito dalle sue stesse parole.
‒ Quindi con mettermi al sicuro intendi…
‒ Farti diventare famosa. È l’unico modo, vuoi salvarti senza farti andare dalla loro parte, se non vuoi morire basta solo che dai alle persone un motivo per non desiderare la tua morte. E il gioco è fatto.
Per poco cadde il silenzio ancora una volta.
‒ Cosa potrei fare?
‒ So che hai una squadra potente.
‒ Non abbastanza per vincere tornei o roba del genere…
‒ Nessun torneo ‒ Antares aveva concluso la ricerca convulsa e febbrile che si era protratta per tutto il tempo della loro conversazione, aveva trovato l’oggetto che cercava e lo teneva tra le mani come un Santo Graal. ‒ I vincitori dei tornei cambiano ogni anno, è una fama che dura poco, tu devi diventare un idolo ‒ proferì mostrando alla ragazza il frutto delle sue ricerche: una patch per vestiti che mostrava il simbolo della regione di Sidera e la scritta “Apprendista” in basso a caratteri in rilievo.
 
Era volava rapidamente, era una Noivern fedele e infaticabile, soprattutto nei momenti in cui il suo Xavier aveva bisogno di fuggire da una brutta situazione. I problemi erano divenuti due per il ragazzo, non solo era stato preso in giro da una ragazza, cosa che di per sé lo faceva stare male, ma era anche in dubbio sul da farsi con quella vicenda della Faces. Da ciò che aveva compreso, lei doveva custodirlo, ciò significava che senza la Capopalestra al suo fianco lui era in qualche modo in pericolo?
Non lo sapeva, le uniche cose importanti in quel momento erano l’aria che lo sferzava con durezza e Sagittania che si faceva sempre più vicina. Aveva intenzione di fare l’unica cosa che in quel momento potesse effettivamente fare: continuare il suo viaggio.

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