Capitolo
34 –
Traguardo
Le
giornate di merda, non sempre
iniziano male. Non sempre.
Celia si era
addormentata con il
suo diario a forma di barretta di cioccolato sulla faccia,
risvegliandosi così
con le guance sporche di grafite e due pagine di diario appiccicate alle
labbra. La matita invece era persa, il che non era sicuramente un bene.
La
bionda si alzò e raggiunse il lavabo del bagno per sputare un po’ di
bava
grigiastra. Allo specchio, guardandosi, le era sembrato di vedere uno
straccio
umido con gli occhioni. Si fece la doccia, si sistemò alla ben e meglio,
si
vestì, preparò la sua borsa e il suo zaino. Aveva una t-shirt con motivo
mimetico dalle tinte viola e un paio di shorts di jeans.
Raggiunse la
cucina dove Antares,
con addosso una maglietta nera come la pece e dei pantaloni di felpa
grigi
sorseggiava un intruglio sciacquato che lui chiamava espresso ma che non
avrebbe tenuto sveglio un passerotto per mezz’ora.
‒ Buongiorno,
caffè?
‒ No.
‒ Ginseng?
‒ No.
‒ Non è
giornata, vero?
‒ No.
I due partirono
verso le nove e
mezza, tra loro aleggiava il silenzio dalla sera prima quando erano
tornati
nell’appartamento del campione e non avevano avuto l’energia neanche di
salutarsi. L’uomo aveva mostrato alla giovane la sua stanza e lei vi era
piombata dentro. Avril non era contenta, la discussione sconclusionata
della
sera prima l’aveva fatta sembrare stupida. Nel BMW di Antares si udiva
di
sottofondo il ronzio dei suoi centotrenta chilometri orari fissi, che
poteva
benissimo permettersi in autostrada, insieme al chiacchierio di un
qualche
servizio in diretta sulla radio nazionale.
“Qui
con noi per un intervista esclusiva, il Campione della Lega di Hoenn,
Ruby, che
ha finalmente deciso di concederci qualche parola a proposito della
nuova linea
lanciata dalla sua label, allora…”
‒ Quante
chiacchiere inutili ‒
commentò Antares cambiando stazione radio. Si ritrovò sincronizzato su
una
frequenza che trasmetteva abominevoli pezzi dance anni ottanta.
‒ Quelle del
Campione di Hoenn?
‒ Quelle di
tutto il suo giro…
quel ragazzo infanga il suo titolo.
‒ A me piace… ‒
osò Celia.
Antares guardò
la ragazza seduta
sul sedile passeggero con un occhio lievemente deluso: ‒ è normale ‒
asserì.
‒ Ha stile, va
parecchio di moda
e sicuramente ha gusto per quanto riguarda tutto ciò che fa.
‒ È proprio
questo il problema,
il fatto è che lui dovrebbe essere il Campione di una Lega.
‒ Uff ‒ sbuffò.
‒ voi maschi
sempre fissati col fare a gara a chi è più forte, c’era bisogno di un
po’ di
innovazione, Ruby è seguitissimo, molto più del suo predecessore ‒
ritentò
Celia.
‒ Ho paura ‒
rivelò infine
Antares. ‒ che anche lui sia dei loro…
‒ Loro… loro?
‒ Sì, insomma,
la Faces.
‒ Non penso… ‒
mormorò la
ragazza.
Il discorso
cadde lì proprio come
era sorto.
‒ Lo sai,
qualche volta dimentico
che hai quattordici anni, sai che una volta che sarai ufficialmente la
mia
allieva le migliori etichette faranno a botte per averti come modella? ‒
cambiò
argomento il Campione.
‒ Dici sul
serio?
‒ Certo, te la
senti di posare
per qualche foto?
‒ Oh, ma è
bellissimo!
‒ E poi con
quegli occhioni lilla
che ti ritrovi, sono sicuro che li farai impazzire tutti quanti.
‒ Mh, non eri tu
quello che
dicevi che quelli come me e te devono pensare a lottare prima che
all’aspetto
superficiale? ‒ fece lei birbante.
‒ Beh, nel tuo
caso credo sia
importante coltivare entrambi gli aspetti, no?
Il mattino era
giunto anche a
Idresia, per tutta la notte Kurao e Cassandra avevano parlato a Kalut
delle
strategie con cui l’organizzazione Faces si era accaparrata tutto quel
potere e
quell’influenza sul governo, stavano per passare all’elencazione di
alcuni loro
agenti. Sullo schermo del pc
di
Cassandra scorrevano foto identificative con accanto didascaliche e
ordinate
descrizioni dei soggetti.
‒ Quest’uomo è
Jason Willow, lui
si è occupato dello sviluppo del PokéNet, non sappiamo molto altro, vive
in un
appartamento nella periferia di Idresia, è una pedina, il suo lavoro
l’ha
svolto.
‒ Devo farlo
fuori? ‒ domandò
Kalut grattandosi il mento.
Kurao e
Cassandra si guardarono
un pochino straniti: ‒ Dio, Kalut, non ce n’è bisogno ‒ fece lei.
‒ Mh, credo sia
il caso di chiarire
fin dall’inizio dove arrivano i vostri scrupoli… ‒ mormorò il ragazzo.
‒ Beh ‒ altro
sguardo tra i due
Capipalestra. ‒ Non pensiamo che ci sia bisogno di misure tanto…
drastiche.
‒ E allora io a
che servo?
‒ Non hai detto
che accetti tutti
gli incarichi che ti assegniamo? ‒ ripropose Kurao.
‒ Certo, ma dopo
le mie capacità sarebbero
sprecate, no? Inoltre
voglio divertirmi e non ho altro modo, ma se mi piace fare qualcosa
vorrei
continuare a farlo… ‒ rispose il ragazzo.
‒ E ti piace
uccidere?
‒ Non ci ho mai
provato, ma sento
una vocina dentro di me che lo vorrebbe ‒ asserì inquietantissimo.
Kurao
assottigliò le fessure che
permettevano alle sue pupille di scrutare sul mondo.
‒ Beh ‒ sorrise
sincero il
ragazzo. ‒ penso che si tratti di uno stimolo appartenente a tutti, alla
fine
fa parte della natura umana.
‒ Mi sto
rendendo conto ora di… ‒
cominciò Cassandra.
‒ Di? ‒ chiese
Kurao.
‒ Uff, scusa
Kalut, ci lasci
parlare in privato per un attimo? Perdonaci, ma vorremmo confrontare le
nostre
opinioni, non abbiamo mai avuto tempo di farlo da quando ti abbiamo
incontrato
‒ chiese lei.
‒ Capisco ‒
annuì il ragazzo.
Kalut lasciò la
stanza
chiudendosi la porta alle spalle. Passò un secondo in cui regnò il
silenzio.
‒ Kurao, non ti
fa un po’ paura
la situazione? ‒ domandò Cassandra.
‒ Non lo so, non
so se possiamo
fidarci di lui, nonostante con Luna non sia mai accaduto nulla di
strano…
‒ “Strano” con Luna è l’ordine del giorno, intendi dire che non siamo
mai stati in pericolo.
‒ Sì, insomma, a
me sembra abbastanza
spontaneo, non penso ci stia mentendo, tuttavia non vedo perché dovrebbe
essere
motivato a combattere dalla nostra parte…
‒ Tu che compito
volevi
assegnargli?
‒ La glaciazione
di Sinnoh, la
Faces dovrà fare… qualcosa là, magari installare delle strutture o roba
del
genere… Kalut è perfetto, resistente, forte, non penso che poi si
metterebbe in
pericolo in una situazione simile.
‒ L’hai pensato
ora, no?
‒ Sì, esatto,
per forza.
‒ Non la vedo
tanto bene…
‒ Cassandra, io
non ho idea di
che cosa dovremmo fare ‒ Kurao abbassò gli occhi. ‒ Qui lo dico e qui lo
nego,
ma ora abbiamo un alleato davvero molto potente…
‒ E…?
‒ …e penso che
dovremmo
assegnargli il compito per cui l’avevamo pensato originariamente.
Cassandra,
guardò Kurao
preoccupata: ‒ Zero?
‒ Esatto, la
Faces è nostra
nemica, ma Zero è un alleato che intende agire nella maniera sbagliata…
sai
bene che dovremmo temere più lui che loro.
‒ Ti hanno
parlato con precisione
dei suoi piani?
‒ Abbastanza, so
solo quello che
ti ho detto l’altra volta.
‒ Quindi Zero
attaccherebbe anche
gente come Antares, no?
‒ Esattamente.
‒ Troppo
pericoloso…
‒ Zero è dalla
nostra parte,
vuole sgominare quei bastardi, ma ha fatto l’errore di capire come
funziona, di
aver bisogno di distruggere le fondamenta su cui si regge il palazzo, e
non
avendo scrupoli potrebbe rappresentare una minaccia per chi ha solamente
cercato di salvare la sua regione dalla distruzione economica, non
possiamo
rischiare.
‒ Dobbiamo
tenerlo fermo.
‒ E credo
proprio che Kalut sia
il soggetto perfetto, alla fine non si tratta di competere ad armi pari,
Zero è
folle e instabile e Kalut è un dio, vogliamo scommettere?
Cassandra si
morse l’interno
della guancia cercando un verdetto altamente concentrata. Finché, quasi
involontariamente, annuì.
Il ragazzo fu
invitato a
rientrare.
‒ Kalut, abbiamo
deciso che
compito vorremmo che tu svolgessi ‒ spiegò Kurao.
‒ Ah sì?
‒ Vuoi saperlo
ora o prima
finiamo di istruirti su chi stiamo veramente affrontando?
‒ Vada prima per
la lezione di
storia, prolungare un attesa aumenta la curiosità e la soddisfazione nel
togliersela.
Kurao e
Cassandra si guardarono
ancora più stupefatti. Terminarono in fretta l’excursus sui vari
soggetti che
potevano rappresentare un elemento importante per Kalut, purtroppo per
loro
avevano veramente pochi dati a proposito dei membri della Faces, la
maggio
parte di loro teneva la propria identità celata con attenzione o mandava
dei
portanome al suo posto.
‒ Quindi,
spiegatemi quale
dovrebbe essere il mio compito… ‒ li esortò Kalut entusiasta di aver
raggiunto
quel momento.
‒ Ok, guardalo
bene ‒ fece
Cassandra aprendo sul suo pc aprendo una cartella che portava il nome di
Zachary Edward Roland. Cliccò
sul primo
file.
Sotto gli occhi
di Kalut comparve
la foto di un tipo sui vent’anni, lo scatto era stato sicuramente fatto
di
sfuggita e senza il consenso del soggetto, visti qualità e formato.
Nella foto,
il ragazzo portava un paio di jeans stretti e neri e una felpa dello
stesso
colore, monocromatico; aveva dei capelli scurissimi che sembravano un
groviglio
di rovi sulla sua testa, tanto erano spettinati.
‒ Memorizza bene
il suo volto,
sono poche le persone che lo hanno visto ‒ mormorò enfatizzando
Cassandra.
‒ Lui è Zero, o
meglio, Zachary
Edward Roland, campione della lega di Holon ‒ introdusse Kurao.
‒ E in che modo
dovrei interagire
con lui? ‒ domandò Kalut.
‒ Vedi, lui è
dalla nostra parte,
vuole vincere quelli della Faces, il fatto è che intende farlo uccidendo
coloro
che crede essere loro sostenitori. Con Zero chiunque non si opponga
apertamente
alla Faces, anche il nostro stesso Antares, rischia la vita solamente
perché
dovendo sottostare al loro scacco sono obbligati a fare ciò che
ordinano.
‒ Come mai avete
queste
informazioni? ‒ chiese il bianco.
‒ Informazioni
trapelate dal
consiglio dei Superquattro, io sono Capopalestra ad Holon ‒ spiegò
Kurao.
‒ Adesso è
inoffensivo?
‒ Per ora, per
motivi a noi
sconosciuti ‒ rivelò Cassandra.
‒ Che cosa
dovrei fare io?
‒ Vincerlo.
‒ Diventare
campione di Holon?
‒ Sì.
‒ Per toglierlo
dalla sua
posizione di potere.
‒ Esatto, Holon
è una regione
invalicabile, sono pochi quelli che sono stati capaci di raggiungere il
secondo
Superquattro, inoltre è una regione molto potente e dall’economia
radicata,
neanche la Faces è riuscita ad introdurvisi. Se togliessi a Zero il
controllo,
avremmo un problema in meno a cui pensare ma soprattutto un forte
alleato come
te a capo dei Superquattro e dei Capipalestra più potenti del mondo ‒
concluse
Cassandra.
‒ Nessun altro
può farlo, Zero è
incredibilmente forte e pensiamo che solo tu possa competere davvero con
lui ‒
aggiunse Kurao.
‒ Va bene.
‒ Ci stai?
‒ Penso proprio
di sì, ma voglio
introdurre una condizione.
‒ Illuminaci.
Kalut sorrise.
‒ Voglio la
completa libertà di
azione, mi prenderò la briga di tenere buono Zero, a condizione che mi
diate il
permesso di giocare a modo mio.
Kurao e
Cassandra cercarono uno
l’intesa dell’altro. Ricerca che fu vana.
‒ Rifletteteci,
non ho intenzione
di fallire, ho solamente bisogno di lavorare per conto mio ‒ semplificò
il
ragazzo vista la titubanza dei suoi interlocutori.
Riflessione
breve e silenzioso
accordo tra i due.
‒ Va bene ‒
risposero
praticamente in coro.
Per Kurao e
Cassandra era un
salto nel vuoto e tutti e due ne erano coscienti, ma insieme, come
telepaticamente, avevano deciso di fidarsi ciecamente delle capacità di
Kalut.
‒ Perfetto ‒
sorrise il ragazzo.
Xavier
sorseggiava lentamente un
cattivissimo cappuccino fatto dalla barista del Centro Pokémon. Erano
impressionati quei posti, inizialmente nati come centri di cura, poi
ampliatisi
fino a contenere piccoli market, bar, a volte ristorantini e persino
centri di
comunicazione, scambio e trasferimento globale. E Xavier rimaneva
stupito di
come potessero ancora fare un cappuccino pessimo.
Il ragazzo si
era svegliato da
poco e una doccia aveva aiutato il suo corpo a riprendere coscienza del
mondo.
Stava parecchio male, ma non se ne rendeva ancora conto. In un momento
gli
tornò in mente la Faces, Cassandra, Julie e i due schiaffi da lei
ricevuti.
Facevano ancora
male.
Ebbe per un
secondo l’idea di
gettare quel cappuccino a terra e infrangerne la tazza in mille
minuscoli
frammenti, ma il suo cervello lo trattenne coscienzioso. Accese il suo
PokéNet,
cercando di distrarsi. Nella mappatura che aveva impostato come
schermata
iniziale comparivano come sempre i due puntini indicanti Willow e Celia
sulla
sommaria mappa di Sidera come unici utilizzatori di un terminale simile
al suo.
E a quel punto gli venne un’idea.
Ricordò
dell’interrogatorio a cui
aveva sottoposto Willow il giorno in cui l’aveva incontrato. Quell’uomo
non
aveva mostrato alcun punto debole, ma probabilmente proprio lui era
l’artefice
di tutto quell’intricato programma che starebbe portando avanti la
Faces. D’altronde,
Xavier supponeva che egli fosse davvero l’inventore del PokéNet. Doveva
parlare
con Jason Willow, tornare a Idresia immediatamente. Magari avrebbe
potuto
trarre fuori qualcosa di interessante da quella vicenda.
Pagò in fretta
la barista, mise
il portafogli nello zaino e si voltò intenzionato a lasciare quel posto
per
volare via sul suo Noivern in direzione di Idresia. Ma cambiò subito
idea,
qualcuno aveva giocato d’anticipo.
Davanti a lui
c’era il professor
Willow in persona, senza camice ma con una camicia a quadri non stirata
e un
paio di pantaloni quasi decenti. L’uomo lo fissava con un sorriso
incomprensibile.
‒ Buongiorno,
Xavier ‒ salutò.
‒ Professore,
non mi aspettavo di…
‒ balbettò lui beccato in contropiede.
‒ Forse è il
caso che io e te
parliamo un po’ di lavoro, che ne dici?
‒ Noi… due?
‒ Esattamente.
Capì di aver
perduto sua sorella,
comprese che Celia non andava neanche nominata in quella discussione,
non era
il momento né tantomeno ce n’era il bisogno. Willow guidò Xavier fuori
da quel
Centro e lo fece camminare accanto a lui, i due cominciarono a
percorrere le
aree di sole nelle vie di Sagittania.
‒ Vedi, ragazzo,
io e te non ci
siamo mai conosciuti a fondo… ‒ esordì Willow. ‒ e anche se so un bel
po’ di
cose su di te, non ho mai avuto l’occasione di parlarti da pari a pari.
Xavier annuì.
‒ Quale sarebbe
il tuo obbiettivo
nella vita? Cosa aspireresti a diventare?
‒ Veramente non
ci ho mai pensato
davvero…
‒ Vorresti
comunque sfondare nel
mondo dell’allenamento dei Pokémon? ‒ fu più diretto lui. ‒ Una palestra
tutta
tua, magari una Lega, Pokémon forti e la possibilità di competere
continuamente
‒ fece misticamente il prof.
‒ Non so,
sarebbe sicuramente un’idea
da valutare ‒ giocò di ponderazione Xavier intuendo il suo gioco fatto
da
immagini e promesse.
‒ Beh, non è di
questo che voglio
parlarti ‒ lo sorprese.
‒ Scusi?
‒ Sai,
probabilmente tu avrai
pensato che ora io stia cercando di allettarti con qualche proposta… ‒
l’uomo
scosse la testa. ‒ No, io ho intenzione di chiarire tutti i tuoi dubbi.
‒ Riguardo a?
Willlow sorrise:
‒ Cassandra, la
Faces, il PokéNet… tutto ti è stato proposto come il nemico assoluto.
Xavier si fece
più serio, capì di
dover mantenere i ranghi.
‒ Ecco, diciamo
che il dispositivo
che hai al polso permette non soltanto di osservare, ma anche di
percepire
molto bene cosa sta succedendo attorno a te, sappiamo che alcune persone
non
vorrebbero vederti neanche parlare col professore… ‒ il suo tono si
scurì. ‒ …ma
stai sicuro che tutte queste persone non vogliono quello che è il vero
bene per
gli Allenatori e per le generazioni future.
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