Capitolo
33 –
Coerenza
‒ Sta arrivando…
‒ mormorò Kalut
ancora addormentato.
Kurao doveva
ancora metabolizzare
quella sua caratteristica, il ragazzo era più sveglio nel sonno che in
qualsiasi altro momento. E ovviamente l’uomo non poté che stupirsi
quando vide
entrare Cassandra dalla porta principale poco dopo il monito di Kalut.
Comunque
la sua attenzione fu catturata dalla pessima cera di lei che sicuramente
non
prometteva bene. Si diresse verso di lei.
‒ Cassandra, che
cos’è successo?
‒ domandò l’uomo.
‒ Niente di
grave, ma ho perso il
secondo soggetto ‒ mormorò lei delusa.
Kurao sbuffò ‒ è
stato per via di
un errore o un’imprecisione?
‒ È stata colpa
mia, lui aveva
dei sospetti e li ho chetati inventandomi di un mio interesse nei suoi
confronti, ovviamente quando ho dovuto svelare la copertura… si è
sentito
colpito nel vivo e ha deciso di non seguirmi ‒ spiegò.
‒ Hai avvertito
gli altri
Capipalestra?
‒ Sì.
‒ Sai se Xavier
intende fare
quello che gli hai consigliato o…
‒ Non gli ho
consigliato niente,
non ho potuto, abbiamo iniziato a litigare prima che potessi concludere
il
discorso ‒ spiegò la ragazza.
‒ Basta così…
I due rimasero
in un silenzio di
intesa reciproco. Non avevano molto altro da dirsi ed avevano ben altro
a cui
pensare. Tipo alla strana creatura che dormiva nell’ufficio della
Capopalestra.
‒ Sa far
evolvere i Pokémon col tocco,
rigenerare il proprio corpo ed è un Allenatore fortissimo. Tra lui e i
Pokémon
che controlla c’è un legame mentale indissolubile. Per il poco tempo che
ho
conversato con lui mi è sembrato di mente estremamente raffinata e in
più pare
che riesca a percepire tutto ciò che lo circonda fino ai minimi
particolari ma
soltanto mentre dorme ‒ argomentò Kurao riferendosi a Kalut.
‒ È fantastico,
hai messo alla
prova le sue capacità?
‒ Ho visto coi
miei occhi solo
l’ultima, le altre sono testimoniate da Xatu.
‒ Va bene ‒
sorrise Cassandra. ‒
allora vediamo di capire di che pasta è fatto.
La ragazza entrò
nel suo ufficio
spalancando la porta e subito posò gli occhi sul ragazzo dai bermuda di
jeans,
la maglietta bianca e i capelli argentei rannicchiato in posizione
fetale a
terra. Prese quindi un foglio dalla sua scrivania e lo avvicinò alla
guancia
destra del giovane, probabilmente intenzionata a lacerarla.
‒ Ferma ‒ fece
impassibile Kalut
aprendo appena gli occhi.
Ed ebbe la prima
prova, il
ragazzo avvertiva la presenza e l’intenzione delle persone vicine
durante il
sonno.
‒ Sarò delicata
‒ sussurrò
quella.
E delicata ma
stronza, tendendo
il foglio scavò appena nella pelle della guancia di Kalut. Vide il
sangue che
non faceva in tempo ad uscire che già i due lembi della ferita si
ricongiungevano come i flutti separati dalla prua di una barca appena
dopo il
suo passaggio. Seconda prova.
‒ Fantastico ‒
commentò la
Capopalestra.
‒ Quindi tu sei
Cassandra… ‒
mormorò Kalut aprendo gli occhi con la voce un poco impastata dal sonno.
‒
Saluti sempre le persone tagliuzzandole?
‒ No ‒ rispose
lei. ‒ Solo certi
soggetti speciali… ti ha fatto evolvere lui, Gilroy? ‒ fece poi la
ragazza
rivolgendosi al suo Arcanine che, in contemporanea con Kalut, aveva
deciso di
svegliarsi. Il canide fece intendere la sua risposta affermativa.
‒ Ma allora sei
davvero così
interessante come mi dice Kurao ‒ fece soave Cassandra.
‒ Sì, sì, ora ti
va di farmici
capire qualcosa in tutto questo però? ‒ domandò con un sottile velo di
fastidio.
‒ Mh ‒ Cassandra
sorrise. ‒ Va
bene.
‒ Parti dal
discorso delle persone come me,
come siete venuti a
conoscenza della mia esistenza?
Cassandra si
sedette alla sua
scrivania, Kurao era in piedi e statuario come sempre proprio accanto a
Xatu,
gli altri Pokémon del bianco stavano a terra poco partecipativi.
‒ Luna è una mia
collega ‒ esordì
Cassandra. ‒ Capopalestra di Costa Mirach. È una ragazza un po’ strana,
quasi
assurda e sinceramente non so come mai abbia ancora il suo ruolo. Un
giorno,
Antare, il nostro Campione, l’uomo che mi ha fatto conoscere la Faces,
mi ha
spiegato perché lei fosse ancora sotto la sua custodia.
‒ Mh, ovvero? ‒
domandò Kalut
attentissimo.
‒ Lei è come te,
molto diversa in
realtà, ma più o meno siete fatti della stessa pasta… soltanto che, lei
non è
riuscita a metabolizzare tutto lo strano potere che ha ricevuto alla
nascita ed
è… come impazzita ‒ spiegò Cassandra mutando espressione.
‒ E perché io
invece no?
‒ Non avete mica
le stesse
capacità, Kalut ‒ In quel momento l’interesse del ragazzo fu catturato
assieme
alla sua attenzione. ‒ basti pensare che lei già all’inizio sapeva di
essere
quello che era ‒ gli occhi di Kalut esprimevano il suo coinvolgimento
personale
nella questione.
‒ Che cosa…
siamo? ‒ fece fatica
ad utilizzare tale parola.
‒ Dei, come mi
piace pensare ‒
rispose secca Cassandra. ‒ Non sono mai stata una particolarmente
religiosa e
quelle entità che le persone normalmente identificano come dei… secondo
me sono
la cosa che più si avvicina a voi.
‒ Dei,
interessante.
‒ Di più, Kalut,
da quello che ho
visto in Luna… è incredibile da pensare, ma è come se lei sapesse tutto
di
qualsiasi cosa e in qualsiasi momento. È lei che nei brevi momenti di
lucidità
che ha avuto ci ha parlato di te.
‒ Io invece?
‒ Tu sai invece
fare qualsiasi cosa, sei come
un umano
portato al massimo delle sue possibilità: la tua mente, il tuo corpo…
‒ Tutto questo
lo sai oppure lo
pensi?
‒ Credo di
esserne certa.
‒ Che frase
ossimorica.
‒ Ne sono certa.
Pausa di ripresa
per entrambi.
Kalut sciolse la
tensione: ‒
Quindi voi avreste mandato a me Xatu…
‒ Luna ha
mandato Xatu, Antares
lo aveva in custodia ma è stata lei a portarlo ‒ corresse Cassandra.
‒ E poi Gilroy,
Arcanine a
cercare Xatu a sua volta?
‒ Beh, in un
certo senso, fatto
sta che alla fine ti abbiamo trovato…
‒ Non poteva
direttamente
portarmi Xatu da voi?
“Ho notato che
il tuo processo di
adattamento era lento, ti rimaneva difficile entrare nella realtà, per
un
attimo ho avuto paura che avessi persino fatto la stessa fine di Luna”
spiegò
Xatu stesso inviando telepaticamente le sue parole a tutti i presenti.
“Inoltre, mi divertiva seguire la tua crescita” confessò poi.
‒ Ho capito, è
interessante
sentirmi un super uomo, ma ora ditemi cosa avete intenzione di fare con
me?
‒ Chiederti di
scegliere se aiutarci
o no.
‒ Mi pare di
aver già accettato,
giusto?
Cassandra guardò
Kurao come per
cercare conferma.
‒ Io e il tuo
amico in giacca e
cravatta abbiamo già parlato, Cassandra ‒ spiegò Kalut. ‒ E sì, mi
interessa
questa sfida che avete da offrirmi, soprattutto dal momento che non ho
molti
altri impegni…
Cassandra
sorrise.
Ercole spalancò
la porta. Davanti
a Celia si aprì lo scorcio su una stanza incredibile: un enorme salotto
in cui
il soffitto sembrava lontanissimo, vi erano numerosi trofei appesi al
muro o
disposti su mensole apposite e a terra il parquet era tutto coperto da
tappeti
di pellicce. La stanza era rustica ed elegante allo stesso tempo, a metà
tra il
colore scuro del legno di noce della mobilia e le tinte più colorate
della collezione
di cappelli tirolesi.
La ragazza fu
catturata dal
fascino di quel luogo, così tanto che non si accorse dei sette omoni che
scrutavano con occhi indagatori la nuova arrivata. Appena la ragazza
abbassò la
testa e mise in tasca lo sguardo meravigliato, intervenne Antares che,
scambiandosi un cenno con il gruppo di uomini, rassicurò Celia.
‒ Questo, Celia
‒ esordì fiero
Ercole. ‒ È il Circolo degli Alpinisti di Sidera, o almeno la sua sede
principale ‒ enunciò.
‒ È fantastico ‒
fece sincera
lei.
‒ Dovresti
vederlo d’inverno
quando teniamo acceso il falò ‒ commentò l’uomo.
Effettivamente
la ragazza guardando
meglio notò un enorme camino scavato nel muro al centro della stanza che
sicuramente avrebbe contenuto un fuoco bastevole a scaldare un intero
appartamento
di medie dimensioni.
‒ E io ti ho
portato qui per un
motivo ben preciso, signorina… ‒ riprese Ercole. ‒ Ma sicuramente sarà
più gradevole
parlarne davanti ad una buona cena, che ne dici?
Tutti furono
invitati a sedere ad
un tavolo di forma rettangolare posto rasente uno dei lati della stanza,
da una
porta quasi invisibile che dava al salotto cominciò a fare via vai una
signora
paffuta tutta sorridente, che poi si rivelò essere la consorte di
Ercole, ogni
volta con un vassoio di vivande bello caldo. Celia, seduta da un lato
con a
destra Antares e a sinistra uno di quegli energumeni panciuti, si
sentiva una
pulce. I primi minuti della cena furono per la ragazza dei lunghi
istanti di
imbarazzo, si sentiva troppo fuori luogo e quei signori, per quanto
educati,
con le loro domande non la aiutavano affatto:
‒ Quindi sei un
Allenatrice, ma
quanti anni hai?
‒ Da quanto
alleni i tuoi
Pokémon, speri un giorno di vincere uno dei tornei della Lega?
‒ Sei stata tu a
scegliere di
trasferirti a Sidera, è una regione calma, hai mai visto i suoi
panorami?
La ragazza
rispondeva con qualche
bisillabo interrotto da un timido morso sferrato all’arrosto succoso che
la
signora di Ercole aveva divinamente cucinato.
‒ Scusate,
signori, la vostra
attenzione ‒ fece ad un certo punto Ercole dalla sua postazione di
capotavola
battendo delicatamente il coltello sul bicchiere colmo di vino rosso. ‒
abbiamo
avuto il tempo di conoscere meglio la nostra gentilissima ospite ‒
sorrise. ‒
ma adesso vorrei che ci concentrassimo sul motivo per cui oggi sediamo a
questo
tavolo assieme ad Antares ed alla sua nuova Allieva, a quanto ho saputo.
Il mormorio di
apprezzamento dei
presenti fece arrossire Celia.
‒ Celia,
scommetto che ti stai
chiedendo perché invece di star combattendo con un Capopalestra sei
seduta in
mezzo a dei montanari a fare cena, ebbene voglio darti tutti i lumi di
cui hai
bisogno.
Antares, senza
intervenire,
sorrideva annuendo. Adorava l’atmosfera di quel luogo.
‒ Il tuo maestro
ti ha parlato della
Faces ‒ Il nome della federazione fu seguito da un borbottio generale. ‒
e dei
suoi piani… folli ‒ Silenzio.
‒ Sì ‒ rispose
Celia facendosi
attendere un poco. ‒ E ho intenzione di mettere le mie forze dalla
vostra parte,
poiché mi rendo conto che allo stato attuale rappresento solo un peso
per voi ‒
mormorò.
‒ Ottimo, mi fa
piacere, ma prima
di tutto voglio parlarti di una cosa: Antares mi ha raccontato dello
spiacevole
evento di Algol nel suo appartamento… beh, in quel caso la Faces ci ha
giocati,
ma stai sicura che non è lei l’unica ad avere degli infiltrati ‒ rise
assieme
alle voci di approvazione dei presenti.
‒ Infiltrati? ‒
domandò Celia.
‒ Fonti sicure
interne all’organizzazione
confermano che oltre alla strategia del PokéNet ci sono altri giochetti
che
quegli uomini vogliono fare con il popolo ‒ spiegò. ‒ e uno di questi è
modificare radicalmente l’impostazione del nostro stato.
Celia fece
fatica a tenere su la
mascella.
‒ Il loro
progetto di ordine e
perfezionamento del sistema, consiste anche in questo, trasformare ogni
regione
in un gigantesco parco Allenatori, ma perché questo avvenga, ogni
regione deve
essere regolata secondo standard precisi… ma soprattutto deve
distinguersi
dalle altre per determinate caratteristiche.
Logico.
‒ E non sappiamo
molto, ma sono
arrivati a noi i progetti circa una regione precisa molto più a nord di
Sidera
‒ proseguì Ercole.
Celia intravide
alle spalle dell’uomo,
appesa al muro e riempita di scritte e segni come una mappa concettuale,
una
cartina di Sinnoh.
‒ La regione di
Sinnoh? ‒ tentò
lei.
‒ Esatto. Non ti
lascio
indovinare in cosa vogliono trasformarla, non riusciresti a metterti in
linea
con la loro follia… ‒ qua l’uomo si fece più cupo.
Celia alzò la
soglia d’attenzione
e Antares abbassò leggermente il capo.
‒ In un parco
Allenatori a tema
inverno ‒ Ercole abbatté la suspense.
‒ Che cosa? ‒
domandò Celia di
getto temendo sul serio di non aver compreso.
‒ Intendono
ricoprirla tutta di
neve e ghiaccio, Sinnoh per i piani di questi uomini deve diventare un
parco
divertimenti invernale.
‒ Far scendere
una glaciazione su
Sinnoh, questa azione ha un duplice scopo ‒ intervenne Antares senza
alzare gli
occhi. ‒ Come ben sai io sono quasi obbligato a sottostare al loro
giogo,
poiché la Faces ora come ora tiene in mano la Lega di Sidera.
Celia annuì.
‒ Ma Sidera è
una regione
piccola, estremamente piccola, comprarla
per
loro è stato possibile, più difficilmente riuscirebbero a tenere in mano
le
casse di Sinnoh, invece. Sinnoh non solo non può essere ricattata come
Sidera,
ma ha a capo una Campionessa che è tutt’altro che facile da gestire.
‒ Camilla?
‒ Proprio lei,
Camilla.
‒ Ancora non
riesco a capire…
‒ Quella donna è
fatta di roccia,
non si è lasciata intimidire da nessuno di loro. Ma la Faces è tenace.
Allora
immagina: freddo eterno su Sinnoh, il turismo scompare, le attività
chiudono,
loro hanno ottenuto un perfetto parco a tema su cui investire
comprandolo a
pochi spiccioli ‒ spiegò papale Antares.
Celia si prese
qualche istante
per riflettere. La Faces intende congelare un’intera regione, devono
essere
tutti impazziti.
‒ Quanto rancore
provano queste
persone nei confronti dell’umanità? ‒ fu Avril, cinica come sempre, a
parlare.
‒ Te ne sei
accorta. In realtà
loro credono di volere il suo bene, ma siamo concordi sul fatto che dare
il
bene al popolo coi metodi sbagliati e di nascosto non è la migliore
delle idee
‒ ribatté Ercole.
‒ Ma nessuno si
sta opponendo in
alcun modo? ‒ chiese Celia.
‒ Certo che sì ‒
nella voce di
Antares c’era un velo di malinconia. ‒ noi non possiamo fare molto,
avendo
membri della Faces pure sotto il culo, e in più ora come ora questo
meccanismo
è così forte e silenzioso da impedire una reale difesa ‒ riprese fiato. ‒ Ma conosco molte persone che stanno
agendo al buio più buio per fermarli.
Celia annuì
comunque poco
soddisfatta della risposta.
‒ Insomma ‒
tornò Ercole. ‒ che
cosa possiamo fare noi, Celia?
‒ Dare una
mano…? ‒ tentò lei.
‒ Esatto,
mettere le nostre
braccia e le nostre gambe a disposizione del popolo. La Faces crede
ancora di
poter manipolare una regione intera come fosse un videogioco, ma non
pensa agli
abitanti che si troveranno a non poter più vedere la luce del sole
coperta
dalle tormente ‒ immagine cruda.
‒ Che cosa
farete di preciso?
‒ Ci stiamo
dividendo le aree di
Sinnoh, agiremo come squadra di soccorso e allo stesso tempo cercheremo
i punti
da cui quei folli intendono far partire la glaciazione. In modo da
bloccarli ‒
spiegò Ercole.
‒ Mi sembra
un’ottima idea ‒ Un
sorriso spontaneo tornò sul viso della giovane.
‒ Il tuo
compito, vuoi
conoscerlo? ‒ domandò Antares tornando anche lui a sorridere.
La cena si
concluse, tutti i
presenti si raccolsero in un unico punto della sala per assistere al
conferimento della medaglia Cratere
alla giovane Allenatrice. Non era niente di speciale, ma Ercole ci
teneva. L’uomo
fece promettere solennemente alla ragazza che una volta conclusa la
vicenda,
avrebbe affrontato sia lui che suo figlio.
‒ Celia, hai più
o meno un anno
di tempo, tempo che sfrutterò personalmente per allenarti fino allo
stremo ‒
predisse Antares.
La ragazza
acconsentì, alla fin
fine era quello l’obbiettivo con cui aveva iniziato il viaggio.
‒ Dovrai
sostenere un po’ di
fama, quello stretto necessario che possa impedirti di essere un
papabile
bersaglio per la Faces. Ma nel frattempo ti trasformerò in una
guerriera, hai
la fortuna di essere uno di quei pochi individui che ancora può lottare
contro
quei bastardi senza rischiare di perdere ciò a cui tieni. Ti senti
pronta? ‒
chiese il Campione.
La ragazza
strinse la medaglia di
forma circolare di colore marrone scuro con due vette innevate incise
sopra.
‒ Sono pronta.
I letti del
centro Pokémon erano
scomodi, lo erano sempre stati. Ma si presta poca attenzione a
particolari
simili quando si pensa alla giornata seguente, alle sfide, alle donne e
ai
Pokémon.
In quel momento,
Xavier si rese
conto di quanto fossero scomodi quei letti.
‒ Vaffanculo
tutti, che schifo.
Era stato messo
nella merda dalla
sorella si era pure beccato la delusione e il due di picche della sua
ragazza
lo stesso giorno. Non sapeva a quel punto cosa fare. Tornare da
Cassandra
sarebbe stato un po’ come dargliela vinta e perdonare il suo animo
stronzo e andare
da Celia sarebbe stato come tornare anche da Julie, essendo lei entrata
a far
parte della famiglia, il che era pure un insulto al suo orgoglio. Come
ultima
possibilità c’era il terminare il viaggio e poi tornare a casa, ma ora
che
sapeva che tutto quello che stava facendo serviva ad uno scopo tanto
sinistro
ad un’organizzazione del genere, non era più così sicuro neanche di
quello.
Un po’ brillo,
stanco della
giornata piena ma improduttiva, si addormentò catturato da un sonno
spigoloso e
privo di sogni. Per la prima volta Xavier chiuse gli occhi senza avere
idea di
che cosa avrebbe fatto da quel momento in poi.
Commenti
Posta un commento