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TSR - 12 - Royalties

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12. Royalties pt.1

- Johto, Olivinopoli, Porto Civile –

Nonostante la pioggia la M/N FORTUNA aveva attraversato il mare ed era giunta a destinazione da Oblivia, dov’era partita sedici ore prima. A Martino era spettata una cabina molto accogliente, con luci calde, copriletto a pois azzurri ed un oblò d’ottone. Durante il lungo viaggio aveva letto parte di un buon libro di Dennis Lehane ambientato a Boston ed aveva guardato il mare rabbioso sotto la tempesta. Non soffriva il mal di mare ma in quei tre giorni aveva sentito lo stomaco ballare più di una volta. Non appena vide da lontano i promontori di Fiorlisopoli, il capitano Murtaugh aveva avvertito tramite interfono che avrebbe deviato proprio lungo le coste di Fiorlisopoli per questioni di sicurezza legate alle Isole Vorticose.
Martino sospirò e cominciò a prepararsi psicologicamente. Due ore dopo raccolse valigia e coraggio ed uscì dalla cabina.
C’era parecchio vento; scompigliava la pettinatura castana del Ranger e spingeva il cappotto sul suo corpo asciutto. Mise piede sulla passerella d’attracco e sentì le prime gocce di pioggia cadergli sul volto. Dato che non aveva l’ombrello si limitò ad infossare la testa tra le spalle e ad alzare il colletto del soprabito, con scarsi risultati.
Quando scese dalla nave gli altri passeggeri si dileguarono molto velocemente.
Marina gli aveva detto che sarebbe andata a prenderlo accompagnata da Gold, quindi cercava sua sorella e qualcuno vestito con colori sgargianti.
Non vedeva nessuno.
Corse lungo la banchina, cercando riparo sotto la pensilina dell’autobus lì vicino.
Marina non era mai in ritardo e non vederla lì ad aspettarlo era strano, data la gravità della situazione che lo aveva portato a prendere la prima nave per Johto. Si aspettava di dover intervenire tempestivamente.
Sbuffò, pensando al peggio: forse le era successo qualcosa.
Insomma, Marina non era mai in ritardo, lui ne era certo; si anticipava sempre di qualche minuto, lo ricordava con precisione, si preparava ore prima per non arrivare mai in ritardo da nessuna parte.
Ribadì il suo pensiero: era stato Gold. Sicuramente lo stava trascinando giù dal letto in quel momento. Letto che condividevano.
Rabbrividì pensando a sua sorella dormire accanto a quel troglodita e poi scosse il pensiero dalla testa.
“Martino!” sentì urlare. Alzò la testa, vedendo un ombrello dorato avvicinarsi a grande velocità nella foschia della tempesta.
“Martino!” ripeté la voce. “Dove sei?!”.
“Sono qui! Marina!” rispose il Ranger, vedendo la sorella apparire nell’atmosfera fumosa del porto di Olivinopoli. Fece un passo verso di lei e la strinse in un abbraccio fraterno, carico di sentimento.
“Mari... come stai?” fece l’uomo, grattandosi il volto ormai bagnato dalla pioggia.
Quella fece un cenno con la testa e poi abbassò lo sguardo. “Tutto bene. Andiamo a ripararci nel Centro Pokémon e prepariamoci. Dobbiamo intervenire immediatamente”.
“E Gold dov’è?”.
“Mi ha prestato l’ombrello, è a casa a dormire, non l’ho voluto svegliare”.

 
- Hoenn, Iridopoli, Sede della Lega Pokémon, Ufficio del Campione –

“Credici, Rocco, quando diciamo che appena abbiamo saputo la notizia siamo accorsi più velocemente che potevamo” disse Red. Il Campione sedeva dietro la sua scrivania, col volto marmoreo e la luce della lampada, quella elegante, in ferro battuto, ad illuminarlo. Tutto era perfettamente ordinato, dalle penne ai bigliettini da visita, dal planning cartaceo alla sua sinistra alla foto di Fiammetta, che invece era sulla destra, prima della cassettiera ed accanto ad un vaso di cristallo dalla forma allungata.
Blue e Red si sedettero di fronte al Campione, mentre Fiammetta gli sostava accanto. Yellow stringeva lo schienale della sedia del suo fidanzato nervosamente.
“La cosa qui non torna” disse il proprietario dell’ufficio, spostando lo sguardo verso le riprese della telecamera di sicurezza della Palestra di Libecciopoli. “Questa è praticamente Fiammetta”.
“Le assomiglia molto, è vero” ribatté Blue. “Ma se tu dici che era con te non abbiamo motivo di sospettare di lei”.
“Non ho dubbi sull’innocenza della mia fidanzata, ragazzi. Piuttosto, riusciamo a spiegare questa cosa in maniera razionale?”.
“No” interruppe Green, sospirando. Tutti si voltarono verso di lui, fermo davanti all’ingresso; poggiò la schiena alla porta e fissò per un momento lo sguardo rubino della Capopalestra di Cuordilava. “Non c’è razionalità in questa cosa. O è stata Fiammetta o è stata qualcuno che le assomiglia davvero tanto, con gli stessi capelli rossi e...”.
“Lei li porta legati” ribatté Rocco.
“Sì, ma avanti! Stesse labbra, stessi occhi... stesso corpo. Quella è palesemente Fiammetta!” esclamò quello dagli occhi verdi.
“Calmati, Green” s’inserì Red. “Ha detto che non è stata lei, Rocco era lì assieme a sua sorella ed alla tata... questo è un alibi, confermato per di più”.
Quella guardava fisso Green.
“Perché pensi sia stata io?”.
“No, Fiammetta” disse Blue, attirando nuovamente su di sé l’attenzione. “Non ce l’ha con te, non pensa sia stata tu. È che questa nella foto sei praticamente tu ed è...”.
“Come Xavier Solomon...” sussurrò Yellow, spalancando gli occhi.
Rimasero tutti in silenzio, poi lei, Red e Blue guardarono Green.
“Multiverso?!” esclamò poco convinto. “Siamo seri?”.
“O c’è una fiera dei nostri sosia e sono tutti dei criminali oppure è come ci ha detto Silver” rispose Red. Green sembrò non ascoltare le sue parole.
“Non penso sia la risposta. Non potrebbe essere una maschera, quella?”.
Rocco s’abbassò sulla foto, prendendo la lente d’ingrandimento da un cassetto della scrivania e puntandola sul collo.
“No, Green, nessuna maschera. Tralasciando che questo è il corpo di Fiammetta, ha i suoi stessi e identici nei sul collo. E, per quanto la preparazione di questo ipotetico travestimento sarebbe potuta essere minuziosa non credo che abbiano studiato anche la sua pelle”.
“Potrebbe essere” ribatté Green.
“No, amore, è improbabile. Che motivo avrebbero di incolpare Fiammetta, poi? Lei è un’eroina” gli rispose Blue.
Yellow la scrutò per un piccolo istante, vedendola infragilita dagli sguardi scrutatori a cui era sottoposta: aveva le braccia incrociate sotto al petto, gli occhi impauriti dalla situazione ed il volto avvilito. Era sensibilmente scossa dalla faccenda, quel mattino non si aspettava d’essere arrestata. Ricordava lo sguardo di sua sorella Jarica e non lo avrebbe più dimenticato, per tutta la sua vita: mostrava paura e delusione; sicuramente si stava chiedendo cosa mai avesse commesso sua sorella per richiedere l’intervento delle forze speciali.
Fiammetta soffriva nel vedere le speculazioni sul suo nome, con tutte le televisioni che trasmettevano nei propri telegiornali, nei propri talk show ed in ogni occasione propizia i fermo-immagine delle riprese delle telecamere della Palestra di Libecciopoli.
“Stai calma” le disse Yellow. Tutti si zittirono e guardarono la ragazza dagli occhi come il sole. “Nessuno ti ha fatto del male e nessuno te ne vuole fare. Io...” si mosse, raggiungendola. Erano così differenti, quelle due, ma in quel momento erano sulla stessa lunghezza d’onda.
“Io ti capisco, Fiammetta. Sentirti messa in discussione dal primo momento e veder perdere qualcosa d’importante. Lo capisco. Lo so. Qui sei tra amici però ed io, assieme agli altri, non vogliamo metterti sotto accusa”.
Le tese entrambe le mani, vedendola fare lo stesso nei suoi confronti, sotto gli occhi empatici di Rocco. “Cerchiamo soltanto di capire. Ma tu sei dalla nostra parte e lo sei sempre stata. Non potremmo mai dubitare di te”.
“Quello che intende dire Green è che le cose non tornano. Tu, come anche qualcun altro, sei stata inconsapevolmente coinvolta in qualcosa che è più grande di te e che inevitabilmente ti ha trascinato a picco” approfondì Red, guardando Blue, che poi concluse.
“Sappiamo che non sei una ladra. Né tantomeno un’omicida”.
Quella lasciò le mani di Yellow e tornò come prima, chiusa nel suo abbraccio.
Nella sua zona di conforto, accanto a Rocco.
“Xavier...” osservò Green.
Red si voltò repentino.
“Potrebbe essere un caso” rispose Yellow, ignara dello sguardo confuso del Campione e della sua donna.
“Una persona del tutto identica a lei” riprese invece Blue, indicando Fiammetta. “Con un comportamento totalmente opposto... Lui ha parlato di...”.
“Multiverso” concluse Green. “Ma non sapeva come”.
“Chi è che è abbastanza intelligente da poter venire a capo di una cosa come questa?”.
Poi il cellulare di Green squillò. Era Lance.

 
- Johto, Johto, Percorso 41, poco fuori le Isole –

Pioveva a dirotto ed il mare in burrasca rendeva temibile la traversata. La formazione era la solita, con Martino davanti e Marina a stringerlo alle spalle, mentre la traversata del Lapras che avevano acquisito con lo Styler rimaneva molto più certa del loro instabile equilibrio.
Marina sorrideva, poggiando la fronte contro la schiena del fratello.
“Mi mancava un casino...” sospirò lei.
“Non credo che tu non abbia partecipato a nessuna spedizione speciale, nel corso di questi anni da Caporanger”.
Marina sbuffò. “Invece ci devi credere. Sai bene che da quando abbiamo lasciato Hoenn ho appeso lo Styler al chiodo ma questa situazione è troppo anche per i miei Ranger migliori”.
Martino rimaneva immobile, con le mani fisse sul carapace di Lapras, guardando dritto e cercando di distinguere qualche figura oltre le onde nere ed infuriate.
“A me non mancava rischiare la vita in questo modo. Oblivia è parecchio più tranquilla”.
Marina inarcò velocemente le sopracciglia e poi sospirò. “Johto è molto più grande di Oblivia. Ci sono Allenatori potenti. Pokémon leggendari...”.
“C’è Gold. Ed è questo l’unico motivo per cui ti ostini a non voler tornare a casa”.
“Ne abbiamo già parlato ampiamente, fratello caro: qui ho delle responsabilità, degli affetti e...”.
“E a casa, ad Oblivia, non c’è nessuno che ti aspetta? Credi che io viva bene la distanza da te?! A me non manca l’azione, manca la calma. Tu... non hai idea, vero, di come mi senta quando leggo di una qualsiasi cosa accaduta nelle zone di Kanto e Johto?”.
“Martino, devi smetterla di essere così iperprotettivo. Sono un’adulta ormai”.
“Tu sei un’adulta che non è mai cresciuta! Innamorata di un uomo che non è mai cresciuto, e state vivendo qualcosa che non è ancora in grado d’esprimersi in maniera matura!” s’alterò Martino, altamente contrariato.
“Non permetterti di sindacare me e la mia vita, fratello caro” tuonò quella. “Ho preso sempre le mie decisioni con la consapevolezza che non sempre sarei riuscita a fronteggiare le conseguenze eventuali delle mie azioni, ma anche quando il destino mi ha tirato qualche scherzo sono sempre stata in grado di alzarmi in piedi e...”.
“Cazzate” ribatté velocemente il fratello. Il mare continuava a farli danzare inesorabilmente e intanto Lapras attraversava con pazienza le onde. S’intravedeva verso sud-est un’ombra a stagliarsi contro il cielo marmoreo. “Tu sei soltanto un’incosciente. Se non ti avessi soccorsa saresti morta più di quindici anni fa... E poi, per Hoenn...”.
“Per Hoenn cosa?! Ho fronteggiato una minaccia più grande di noi messi assieme, e non perché sono un’incosciente, come dici tu! Quello era il nostro dovere!”.
Un attimo di silenzio. “Fare il tuo dovere non significa farti uccidere”.
“Esatto. E non sono morta”.
“Fino ad ora” sorrise Martino, scatenando una risata anche in Marina.
“Stronzo. Piuttosto dovremmo stare davvero attenti, oggi”.
“Lugia, eh?”.
“Con alta probabilità. Hanno segnalato mari mossi in corrispondenza delle Isole Vorticose e sappiamo benissimo che lì c’è Lugia e...” Marina poi sorrise, pulendo i grossi occhialoni che aveva davanti al viso. “Sono elettrizzata!”.
“Gold non ti fa bene... Questo è un suo tipico comportamento”.
Marina rise. “Oh, fratellino, quanto hai torto. Gold è più noioso ed annoiato di quel che pensi...”.
Cominciarono ad intravedere le pareti rocciose del primo altopiano delle Isole Vorticose.
“E allora perché stai con lui?”.
Un attimo di pausa. “Perché mi sento amata, Martino”.
La scogliera che divideva le isole dal mare aperto si manifestò in un attimo, proprio quando una terribile tromba d’aria prese ad imperversare alle loro spalle.
Martino guardò Marina, sospirando. “Lugia vuole la nostra testa”.
 


- Kanto, Aranciopoli, Banca Centrale –

“Non urlare, porco cane, stavo dormendo!”.
“Gold, ad Aranciopoli sta succedendo un casino! Devi correre immediatamente, noi siamo tutti qui ad aiutare!” aveva urlato Crystal.

“È questo il motivo per cui sono qui” faceva quello dagli occhi d’oro, mentre Sandra lo guardava irritata.
Neppure Aranciopoli era stata risparmiata dalla pioggia torrenziale che aveva investito l’intera nazione. La gente era chiusa in casa, bagnata ed impaurita.
Gold era atterrato dall’alto, con Togekiss, ed aveva visto centinaia di uomini in vestiti militari grigi creare un muro umano davanti alla banca centrale di Aranciopoli. Alcuni di loro combattevano contro Silver, Crystal ed alcuni Capipalestra, ma pareva che la loro difesa fosse ben lungi dall’essere sfondata.
La banca di Aranciopoli era la più ricca di tutta la regione, con la sua grande quantità di lingotti d’oro, di denaro e camere blindate piene di ricchezze.
Era atterrato sul tetto ed era entrato da una finestra sfondata, in uno degli uffici più in alto.
Sentiva rumore di lotte tra Pokémon, proprio all’esterno della stanza. Per terra erano sparsi i vetri della finestra rotta.
S’era nascosto dietro ad una scrivania rovesciata ed aveva allungato l’occhio, fino a vedere una bella donna di spalle.
Era Sandra, ed aveva appena sconfitto due di quegli uomini in mimetica.
Infine s’era manifestato, e lei gli aveva chiesto “cosa diamine ci facesse in quel posto, in quel momento”.

“Non m’interessa, Gold. Non essermi d’intralcio o giuro che oggi volerai da una finestra” ribatté quella, spostando il mantello dalla spalla e sistemandolo.
Quello annuì e s’avvicinò ad uno degli sgherri, rimasti senza conoscenza dopo la potenza delle mosse dell’Aerodactyl di Sandra, e gli diede un calcio nel fianco.
“Stronzo!” gli urlò.
“Non era necessario”.
“Cos’è successo, qui?” domandò poi girando la visiera del new era verso la nuca.
“Immagino una rapina. L’unico modo per entrare in questo edificio è dall’alto, ho sfondato quella finestra e mi sono ritrovata quattro di questi manigoldi contro”.
“Manigoldi... Parlate così ad Ebanopoli, la città della muffa?” domandò il ragazzo, ridacchiando.
Sandra rimase qualche secondo in silenzio, spostando uno di quei ciuffi celesti davanti allo sguardo della medesima tonalità.
“Non vuoi veramente vedere cosa potrei farti, vero?”.
“Sarei tentato, credimi... già vedo scene di sado, tu col frustino ed io con i miei calzini appallottolati in bocca, tuttavia sono un uomo fidanzato, adesso, e quindi mi spiace per te, ma dovrai trovare qualche altro sottomesso per i tuoi pensieri folli da dominatrice...”.
“Non migliori la situazione” sospirò lei, con le mani sui fianchi. “Va bene, ora puoi andare a casa”.
“No, a casa dovrei riordinare. Meglio rimanere qui”.
Sandra si alterò. “Stai davvero facendo una discussione del genere, in questo momento?!”.
“Già. Comunque non ho intenzione d’intralciarti. Vediamo di finire questa cosa velocemente così posso andare a prendere un po’ di pollo fritto”.
Sandra si voltò e sospirò. “Pollo fritto alle dieci del mattino... bah, andiamo...”.
E proseguirono.
Uscirono dai corridoi, con gli occhi aperti e le orecchie in tensione. Sandra precedeva Gold, accanto al suo Aerodactyl, scavalcando i corpi svenuti e feriti degli avventori ostili. Gold la seguiva, distratto dal movimento del suo mantello. Exbo, il suo Typhlosion, chiudeva la fila.
“Dobbiamo raggiungere la parte più bassa dell’edificio. Più scenderemo e più, chiaramente, ci saranno scagnozzi. Dobbiamo essere rapidi e tempestivi, quindi io mi occuperò delle guardie e tu proseguirai. Tutto chiaro?” domandò infine Sandra, che con passo svelto girò l’angolo.
Un nemico sbucò fuori da uno degli uffici.
“Aerodactyl, Eterelama!” urlò quella, puntando l’indice direttamente contro l’avversario. Quello vide partire una saetta d’aria che lacerò le pareti dello stretto corridoio fino a raggiungerlo. Si gettò per terra, con il volto coperto da una maschera antigas, per poi risollevarsi.
“Vai, Gold!” fece quella, vedendo il ragazzo sfilare alle sue spalle ed il nemico mandare in campo un Machoke.
“Stai attenta, draghessa!” urlò Gold, dando un calcio al fianco dell’uomo mascherato mentre gli passava accanto. Poi camminò per altri due secondi, prima di voltarsi.
“Non posso lasciarti qui da sola! Exbo!” urlò. “Ruotafuoco!”.
Sandra spalancò gli occhi vedendo arrivare il Pokémon di Gold come un proiettile, nello stretto corridoio, quindi fece un passo indietro, guardando Typhlosion impattare contro la schiena del Machoke avversario.
Brutto colpo, Machoke per terra e sgherro mascherato impaurito.
“Aerodactyl, colpisci quell’uomo ma non ucciderlo” ordinò la Domadraghi. Quello eseguì, sbattendogli con violenza un’ala rocciosa sul volto, lasciando che cadesse esanime sulla destra.
“Andiamo” disse poi il ragazzo, afferrando per il polso Sandra e tirandola via di lì.
“Non era necessario” disse quella, liberandosi dalla presa con uno strattone violento e seguendo il suo passo celere.
“Non è nella mia natura lasciare che una donna affronti queste cose da sola”.
Sandra inarcò un sopracciglio, seria in volto. Era sincera con se stessa quando pensava che non si sarebbe mai aspettata un atteggiamento del genere da quel cretino.
Arrivarono in fondo al corridoio, calpestando morbida moquette verde scuro, prima di vedere, dietro l’ultimo angolo, un cartello illuminato che segnalava la tromba delle scale d’emergenza.
Un tuono rimbombò sordo nell’ambiente, facendo sussultare Exbo, prima che Gold gli desse una carezza sulla testa per calmarlo.
Stavano per aprire la porta che dava sulla lunga scalinata, alta almeno otto piani, prima che una grande quantità di fango colpisse Aerodactyl, alla fine della carovana dei buoni.
“Ma che diamine...” si voltò repentina Sandra. Un Toxicroak gracidava immobile davanti ad una decina di suoi simili, tutti pronti a sferrare un attacco. Alle loro spalle vi erano altrettanti sgherri in grigio, tutti con le maschere abbassate sul volto.
“Gold!” urlò Sandra, indietreggiando a correndo dietro ad Aerodactyl, che spalancò le ali, a proteggerli.
“Odio le rane!” esclamò quello, schizzinoso. Prese una Pokéball tra le mani e la lanciò. “Sudobo! Proteggici con uno dei tuoi muri da mimo strano!”.
Sandra si voltò, guardando Gold sprezzante mentre il suo Pokémon eseguiva la sua mossa. Si fermarono giusto per un secondo, prima di cominciare di nuovo a correre.
“Sono troppi” osservò la donna.
“Tuo cugino li avrebbe affrontati” ridacchiò quello.
“Sei il solito stronzo! Muoviamoci!” fece, salendo in groppa al suo Aerodactyl e spalancando la porta d’emergenza che dava alla tromba delle scale. Altre reclute salivano la gradinata, ormai certe della presenza d’intrusi. Sandra ebbe giusto un attimo per valutare la situazione, poi afferrò Gold per il braccio e lo tirò con forza su Aerodactyl.
“Tieniti forte!” fece, vedendo quello richiamare Sudobo nella sfera e cominciare a scendere in picchiata nel vuoto tra le rampe.
“Porca put... tana!” urlava Gold, stringendo la vita di Sandra e mantenendo il cappello con l’altra mano.
“Ci attaccano!” urlava Sandra, vedendo altri Toxicroak pronti a sparare fango e veleno su di loro.
“Exbo!” urlò Gold, chiamando di nuovo in campo il suo Pokémon. Questo cadeva in picchiata come loro ma tra lui ed Aerodactyl c’era circa un metro e mezzo di spazio. “Lanciafiamme!”.
Quello prese a girare su se stesso, sputando fuoco e fiamme lungo le rampe di scale ed i piani fissi, colpendo tutti i nemici.
Atterrarono agilmente per terra, con le fiamme che li seguirono, in una scena epica, e con Gold che fece rientrare il suo Typhlosion prima che si schiantasse al suolo.
Sandra rimase strabiliata e guardò Gold scendere con un balzo felino dal suo Pokémon.
“Ammetti che sono bravo, boccuccia a cuore” sorrise quello, spalancando la porta d’emergenza, che lì dava al pian terreno.
Vi era un numero impressionante di reclute, ma anche di civili e persone che lavoravano in banca. Quelli senza maschera erano tutti stesi per terra, con le lacrime agli occhi e pieni di paura.
“Quella è Sandra” sussurrò qualcuno. Lei tirò fuori due Pokéball e, pochi secondi dopo, chi ce l’ebbe di fronte poté vederla con un Charizard sulla destra, un Dragonair sulla sinistra ed il suo fido Aerodactyl proprio alle sue spalle.

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