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Lev - CEP - 1 - Una Scatola di Cartone

Capitolo 1: Una Scatola Di Cartone
Porto Alghepoli, Hoenn
19 giugno, un anno dopo
Due giorni al Campionato Internazionale
Sapphire stringeva tra le dita il ciondolo che le aveva regalato Ruby. Non sapeva quale strana forza l’aveva spinta a portarlo con sé, soprattutto dal momento che lei non portava gioielli come principio assoluto. Tuttavia si trovava lì, con una mano sul trolley che conteneva tutti i suoi bagagli e l’altra stretta sul cristallo blu che aveva appeso al collo.
La ragazza era tutta immersa nei suoi pensieri, quando vide in lontananza la sagoma di una persona che conosceva bene. Le andò incontro.
‒ Perché devo essere sempre io quella che aspetta?! ‒ domandò furente ad un assonnatissimo Emerald.
Il ragazzo eluse la sua frustrazione con indifferenza: ‒ Sbrighiamoci, o partiranno senza di noi… ‒ e la oltrepassò lasciandola con un palmo di naso.
I due salirono sulla M/N Providence, gigantesca nave, ultimo progetto del Capitano Remo. Quella era l’imbarcazione che li avrebbe condotti a Holon. I due Dexholder entrarono nelle loro cabine, o meglio, Sapphire entrò nella propria ed Emerald la seguì.
‒ Quanto lusso, sul ponte prima ho visto una tizia con un Furfrou dalla pelliccia più curata dei tuoi capelli ‒ la prese in giro il biondo.
‒ Non mi inquieta tanto quello ‒ fece lei guardando fuori dall’oblò verso l’infinita distesa azzurra del mare. ‒ quanto i giornalisti che si aggirano per tutta la nave, lo sai come funziona a Holon, sì?
‒ Finché non mi infastidiscono mentre combatto, possono farmi tutte le domande che vogliono, per quanto mi riguarda… ‒ mormorò Emerald.
‒ Il primo che prova a puntarmi una telecamera contro invece torna a casa dentro un salvagente ‒ sibilò la dolcissima Sapphire.
‒ Non dovresti preoccuparti così tanto ‒ suggerì lui.
‒ Sì, invece. Non sopporto la televisione ‒ dichiarò categorica.
I due cominciarono a scomporre le valige. Emerald tornò nella sua stanza. Si incontrarono poco dopo sul ponte, seduti al bancone del bar. Sapphire aveva in mano una granita celeste di un qualche gusto esotico e indefinibile, Emerald stava ancora aspettando il suo frappè al mango.
‒ Hai mica sentito Green, Gold e gli altri? ‒ domandò la ragazza.
‒ Green poco, Gold fin troppo… ‒ commentò ironico lui.
‒ Scemo. Intendo per sapere dove incontrarci e roba del genere ‒ chiarì Sapphire.
‒ Dai, arriveremo domani a notte tarda, abbiamo tempo per preoccuparci di certe cose ‒ rispose Emerald. ‒ Certo, un viaggio su una nave del genere dovrebbe durare un mese o giù di lì, hai visto che ci sono tre piscine diverse una delle quali con l’idromassaggio? Grazie ‒ la barista gli aveva servito il frappè.
‒ No, ero più interessata ai Campi Lotta in realtà ‒ rispose calma lei.
‒ Se fai sempre le stesse cose finirai per consumarti ‒ le puntò la cannuccia contro.
Sapphire non rispose. Emerald sospirò. Aveva intuito che qualche contorto pensiero si attorcigliava su se stesso nel complesso cervello femminile con cui stava conversando, ma l’ultima delle cose che aveva voglia di fare in quel momento era chiederle cosa non andasse.
‒ Qualcosa non va? ‒ domandò coraggioso.
‒ Ho dimenticato le Ball in cabina ‒ lo liquidò lei.
Emerald trattenne le esultanze e si concentrò sulla bevanda mentre la ragazza accanto a lei lasciava lo sgabello e il bicchierone di granita azzurra ancora mezzo pieno. Sapphire tornò bofonchiando nella sua stanza, la valigia era aperta ma ne erano stati estratti solo lo spazzolino, la cintura delle sfere e il portafoglio.
Senza guardare, come cercando di autoconvincersi che non stesse veramente cercando quell’oggetto, estrasse “casualmente” dalla valigia la bandana nera e blu regalatale da Ruby per il suo compleanno l’anno precedente. Rilesse la scritta lasciata dal ragazzo nella parte interna: “Chi è nato una volta sa già come risorgere”. Criptico, ermetico. Ci rimuginava sopra da una decina di mesi. Chissà cosa aveva voluto dirle, il signorino? La annusò come si annusa un tartufo pregiato e la ripose a posto scrollando la mano. Era tutto lì, tutta la sua vita: le sue vecchie bandane e quelle nuove, la sua Scheda Allenatore che citava le molteplici fatiche compiute nelle tante terre che aveva attraversato da quando aveva dieci anni, il suo Pokédex, emblema del suo ruolo nel complesso ecosistema dell’Allenamento Pokémon, simbolo del suo legame con la famiglia e con gli amici. Tutto dentro di sé, in un involucro fragile come una scatola di cartone.
Bussarono alla porta. Sapphire aprì sperando si trattasse di gente gradevole.
‒ Aspetti a iscriverti ai banconi di sopra per non scoraggiare tutti gli altri aspiranti partecipanti al torneo? ‒ le chiese con un sorriso luminosissimo Crystal, la sua collega e amica di Johto.
‒ Chris! ‒ la abbracciò lei, felice di vederla.
‒ Emerald mi ha chiamato poco fa perché si annoiava, è da prima di salpare che vi cerco, lo stordito non aveva capito che anche io mi sarei imbarcata qui ‒ la informò uscendo dall’abbraccio.
‒ Non lo sapevo neanch’io a dire il vero…
‒ Non fa niente, in mezzo a questo mare di gente ti ho trovata lo stesso. Allora, com’è andata a Sinnoh? ‒ le domandò tirandola fuori dalla sua cabina e portandola a camminare sul ponte, alludeva al viaggio nella regione del nord che l’amica aveva compiuto nei mesi precedenti alla conquista delle medaglie in compagnia di Gold.
‒ Ah… esilarante e imbarazzante allo stesso tempo.
‒ Beh, è Gold, è il suo marchio di fabbrica ‒ sorrise quella con un velo di malinconia.
‒ Iscrivermi, hai detto? ‒ cambiò argomento Sapphire.
‒ Sì, ci sono i banchi d’iscrizione alle Internazionali dall’altra parte, questa rotta è stata allestita in occasione del torneo, quindi…
‒ Tu hai già fatto?
‒ Non so se ho davvero voglia di partecipare, sono specializzata nell’indebolire i miei avversari senza mai mandarli davvero al tappeto ‒ rise.
‒ Lo so, lo so, ma per un’occasione del genere… per poter almeno dire di aver partecipato.
‒ Ma sì infatti, non vorrei perdermi questa occasione ‒ sorrise incrociando le braccia all’altezza del grembo. Aveva un corpo leggero, particolarmente snella, fatta eccezione per i fianchi e le cosce ben torniti, alta quanto Sapphire, avvolta in un vestitino leggero, portava i capelli legati una coda all’altezza della nuca.
Erano arrivate fianco a fianco fino ad una zona del ponte occupata da una intricata e rumoreggiante matassa intricata di popolo. Sia Sapphire che Crystal ebbero un moto di fastidio a quella vista. Aggirarono la folla. Dal poco che riuscivano a vedere sembrava che, al centro di quel maremoto di colli che si allungavano per vedere meglio, inviati di tutte le televisioni mondiali stessero intervistando, interrogando, infastidendo sia coloro che confermavano le proprie iscrizioni al Campionato sia gli inviati del comitato organizzativo.
‒ Tutta questa roba… ‒ fece Sapphire riferendosi al groviglio di persone. ‒ è la fila?
‒ No, scherziamo? Quasi tutti fan di Allenatori famosi, gli iscritti sono tanti ma non è che ogni singolo essere umano su questa nave ora voglia partecipare ‒ negò categorica Crystal.
‒ Meno male, e allora dov’è che comincia la fila?
Le due riuscirono a trovare, a malincuore dato che avrebbero preferito iscriversi in un altro momento, l’inizio della coda che contava davanti a loro ancora una dozzina di persone. Iscriversi non era un processo brevissimo, soprattutto per via degli invadenti e potenzialmente denunciabili reporter che ronzavano attorno agli Allenatori. Dopo alcuni minuti si aggregò alle ragazze, superando coloro che si erano a loro volta accodati dietro con la scusa che le due gli stessero tenendo il posto, Emerald.
Odio la televisione e vieni ad iscriverti a quest’ora? ‒ domandò pungente all’amica.
‒ Dove sei stato? ‒ gli chiese Crystal.
‒ Mi ha fermato un tipo, ha riconosciuto il conquistatore del Parco Lotta di sei anni fa, all’edizione inaugurativa.
‒ Sei diventato vintage, Rald? ‒ lo punzecchiò.
Il biondo le lanciò un’occhiata omicida.
‒ Dite che si sono rialzati gli standard dall’ultimo Torneo Internazionale? ‒ si intromise Sapphire mutando la conversazione. La risposta cedette alcuni secondi alla riflessione dei due interlocutori.
‒ Considera che l’ultima edizione si è tenuta prima della vera e propria formazione dell’Associazione Pokémon, la maggior parte degli Allenatori sapeva sì e no usare una MT… ‒ commentò Crystal. Lei era una maestra, ci teneva a certe cose.
‒ Ha ragione, se in questa edizione parteciperanno pure Capipalestra, Superquattro e Campioni un livello generale abbastanza alto è d’obbligo ‒ continuò Emerald.
‒ Ho letto che ogni Allenatore in base al proprio livello potrà saltare un determinato numero di gironi ‒ spiegò la castana. ‒ quelli che si presentano con otto o meno medaglie saranno i primi a sfidarsi, ai pochi che vinceranno tra loro si aggregheranno possessori di numero compreso tra nove e ventiquattro medaglie più i Capipalestra e gli Assi dei Parchi, nel terzo girone entrano i possessori di venticinque-quarantotto medaglie più i Superquattro e i conquistatori di almeno un Parco Lotta e infine nel quarto girone coloro che hanno quarantanove o più medaglie e i Campioni.
‒ Insomma, tu entri al quarto girone, giusto Zafferano? ‒ chiese Emerald.
‒ Sì e, cavolo… non chiamarmi in quel modo!
‒ Parti avvantaggiata, eh…
‒ Non metterla così, con questa tipologia di torneo l’Allenatore più forte del mondo anche se non ha una singola medaglia con sé può arrivare in finale, la difficoltà è crescente, ma per uno che sarebbe comunque arrivato agli ottavi di finale il primo, il secondo girone e così via sono ostacoli da saltare a piè pari.
‒ Ma tu devi fare meno lotte, matematicamente è scorretto.
‒ In realtà è lo stesso concetto della Torre Lotta che ti piace tanto, non conta il numero di lotte che fai se i tuoi Pokémon vengono ricaricati di volta in volta, e inoltre la difficoltà crescente serve a bilanciare gli scontri in base agli Allenatori.
‒ E poi lei avrà meno tempo per abituarsi agli occhietti e alle grida di quattrocentomila persone più spettatori da casa puntati su di lei, non è tutto oro quel che luccica… ‒ sussurrò Crystal in difesa dell’amica.
In quel momento l’ultimo Allenatore che separava Sapphire dal bancone iscrizioni se ne andò via con fare derelitto per la il troppo poco tempo che le telecamere gli avevano concesso.
‒ Nominativo? ‒ chiese un operatore con gli occhi puntati su un monitor mentre cinque o sei suoi colleghi operavano con quaderni, cellulari, altri computer e persino calcolatrici. Il bancone era ordinato, ma lo staff sembrava una brulicante famiglia di insetti.
‒ Sapphire Birch.
Beccata. Quello tolse gli occhi sottili dallo schermo e la fissò stupito abbassandosi gli occhiali. Il branco di giornalisti, fotografi e cameraman piovve su di lei come attratto magneticamente. Per fortuna avevano la decenza di non fare domande o commenti durante il processo di iscrizione e si limitavano a riprendere, scrivere appunti e fare foto. La ragazza si limitò a sembrare allegra e a non guardarsi intorno spaesata, le tornò difficile quando notò che alcune scene venivano mandate in diretta su dei megaschermi sparsi in punti strategici della nave sintonizzati su canali che seguivano l’evento del Campionato Pokémon Internazionale ventiquattro ore su ventiquattro, con commenti, supposizioni, opinioni di esperti e interviste, dirette e biografie sui partecipanti.
‒ Provenienza?
‒ Albanova, Hoenn.
‒ Età?
‒ Diciotto anni.
‒ Giorno di nascita?
‒ Venti settembre anno…
Andarono avanti con dati da carta d’identità che avrebbero potuto facilmente estrarre dalla sua Scheda Allenatore. La volevano tenere lì davanti per più tempo possibile, l’operatore doveva sentirsi una specie di ragazza in bikini pronta a dare il via alle auto di una corsa clandestina nelle vie notturne di Austropoli. E in effetti i reporter facevano a spallate per l’inquadratura migliore e la pole position per piazzare il proprio microfono davanti alla bocca di Sapphire. Innocentemente parlando.
‒ La Scheda Allenatore ‒ chiese il tipo.
Calò il silenzio più assoluto, la massa di gente che accerchiava la scena sembrava essersi messa in pausa come fosse un film, il brusio proveniente dal resto del ponte della nave si chetò, persino i frenetici inviati del comitato smisero di annotare cose, registrare dati e sistemare conti dietro il loro bancone.
‒ Medaglie ‒ domandò l’addetto alla registrazione cercando evidentemente di estrarre materiale per le telecamere, dal momento che aveva il suo completo ID cartaceo nella mano.
‒ Sessantaquattro, conquistatrice delle regioni di Hoenn, Kanto, Johto, Sinnoh, Sidera, Unima, Kalos, e Adamanta…
Panico. Urli, strepiti, fischi di apprezzamento, applausi e persino esternazioni tipo “Sapphire, sposami!” si levarono dalla folla in un clamore generale che fece perdere quasi tutti e due i timpani alla ragazza ma che allo stesso tempo le tinse gli zigomi tondeggianti della ragazza di un rosso intenso. Flash di macchine fotografiche a raffica mentre avvicinava la mano a quel faccino un poco timido e imbarazzato che fa strage di cuori in televisione.
Quando il caos si fu finalmente calmato, il tipo restituì alla ragazza la scheda non dopo averle rivolto altre due o tre domande che però non ottennero lo stesso successo della domanda sulle medaglie; tranne forse quella sulla classe Allenatore, la cui risposta “Dexholder” sapeva però di esotico e non di eccezionale come la esorbitante cifra di traguardi da lei conseguiti. La verifica del documento, della foto tessera per i connotati e della firma erano andate a buon fine. Sapphire si ritrovò in mano un pass magnetizzato che la definiva nientemeno che “Allenatrice Rango S” e sotto citava “Girone numero 4” con la coccarda del Campionato, il simbolo della regione di Holon, la sua foto e il suo nome.
Si sentì una giocatrice di basket professionista quando ebbe appena un doppio passo per allontanarsi dalla fila prima che…
‒ Come si sente ad essere una delle più giovani Allenatrici che abbiano raggiunto questo livello mai nella storia?
‒ Reputa che il Pokédex possa diventare uno strumento di ampia diffusione nel caso in cui un Dexholder si distingua particolarmente in questo Campionato?
‒ Cosa ne pensa degli Shedinja? Dovrebbero o no essere proibiti in un torneo ufficiale?
‒ A che gusti le piace il gelato?
A questa domanda fece una smorfia stranissima, tipo quelle che escono la mattina appena svegli ripensando al folle sogno appena girato testa che lentamente cade nel dimenticatoio.
‒ Per quale motivo ha scelto di non assumere alcun agente che curi la sua figura pubblica o gestisca la sua presenza mediatica
A quel punto ebbe quasi l’impulso di rispondere con un calcio fortissimo nel calcagno di quel giornalista, ma si trattenne. Muovendo la bocca come per tentare di rispondere qualcosa a quella tormenta di domande, si mosse ondeggiando in malo modo verso la sua cabina e senza aspettare Emerald e Crystal vi si serrò dentro tenendo fuori i simpaticoni grazie alle spesse porte d’acciaio della privacy. Non se ne pentì neanche quando vide coi suoi occhi in un servizio serale la faccia da ebete che aveva fatto mormorando qualcosa come “scusate, ho da fare” e chiudendo la porta della sua stanza sul naso di un reporter. Aveva avuto la conferma di ciò che più temeva, quel giorno. Lei non si era mai interessata a roba come pubblicità e immagine mediatica, ma con la fama che, volente o nolente, aveva ottenuto diventando una degli Allenatori più decorati al mondo, tutto l’interesse e la fame di scoop della stampa si era riversata su di lei. Non poteva più evitare niente di tutto ciò, non nell’aria di Holon, la regione dei VIP. Era un povero agnellino davanti alle telecamere, non osava rispondere più in malo modo dopo un incidente avuto a Kalos con un fotografo ossessionato da lei, ma non aveva idea di come gestire il grande carico di gente interessata a lei che aveva dato prova della propria esistenza in tale occasione.
Ne parlò a Chris e Emerald durante un rinfresco verso sera. La ragazza non aveva subito la stessa valanga dopo essersi iscritta, nel contesto del puro duello Pokémon non era tra i più temuti, ma dopo essersi fatta riconoscere e aver dato prova di avere un Pokédex qualche dozzina di giornalisti si era fiondato pure su di lei. Emerald invece, stella dei Parchi Lotta di tutto il mondo, aveva gestito l’eccesso di fama alla grande dimostrando esperienza e sangue freddo in quelle circostanze. Certo, non era stato assaltato da reporter rabbiosi come Sapphire, era comunque una star di secondo piano rispetto all’amica, ma aveva avuto lo stesso la sua fetta di attenzione.
‒ È perché hai anche il faccino dolce… ‒ tentò di sminuire Crystal addentando un muffin.
Sapphire la trafisse coi suoi occhi di ghiaccio della morte. Crystal guardò altrove.
‒ Dovresti godertela finché puoi, non duri più di tanto se sei solo brava ma non prendi nessun ruolo tipo… che ne so? Campione della Lega… ‒ mormorò Emerald in tono evidentemente cupo.
Sapphire avvertì la tonalità della sua espressione ed evitò di ribattere.
‒ Silver dovrebbe già trovarsi a Holon ‒ intervenne Crystal. ‒ Gold invece non ho idea di dove sia.
‒ Al posto giusto ‒ disse una voce dietro di loro. ‒ come sempre.
Gold comparve alle loro spalle con un sorriso a sessantaquattro denti stampato in faccia e un bicchiere lungo e sottile di Taittinger Nocturne pieno di bollicine. Crystal lo fissò sorpresa, Emerald e Sapphire accolsero l’amico.
‒ Come diavolo hai fatto a salire sulla nave? Al molo non c’eri ‒ domandò la catcher.
‒ Tartarughe marine ‒ rispose quello nascondendosi in tasca la Ball di Togebo.
‒ È legale per un Allenatore salire su una nave a metà del viaggio? Adesso non mi dirai che esiste una specie di tariffazione per passeggeri raccolti in mezzo alla strada, giusto? ‒ commentò Emerald.
‒ In realtà… ‒ Gold mostrò il biglietto mezzo stropicciato di categoria “Allenatore vagante”. ‒ è esattamente così.
Gold, coi suoi capelli che sembravano dover esplodere, la sua camicia dai mille colori molto poco discreta e la sua collana floreale, si aggregò al gruppo. Per prima cosa si recarono di nuovo al banco iscrizioni dove il ragazzo dagli occhi d’oro, investito come Sapphire dalla valanga di reporter, gestì il tutto con la massima freschezza, lasciando tutti gli inviati sazi di informazioni e ritrovando mezz’ora dopo i suoi tre amici al buffet al quale erano tornati causa noia e fame. Il resto del tempo scorse leggero tra un drink e un aneddoto circa l’ultima annata di viaggi interregionali condotti da Gold o Sapphire. Sul tardi ognuno tornò alla propria cabina e si gettò in branda in attesa dello sbarco che sarebbe avvenuto il giorno seguente.
Sapphire si alzò prestissimo. Il sole sorgeva placido e la nave solcava acque tanto calme da sembrare fatte di vetro. La ragazza uscì sul ponte, lo trovò gradevolmente deserto, incrociò giusto un paio di inservienti che con in mano stracci fradici che la salutarono sorridendo. L’avevano riconosciuta, la Conqueror, uno dei Dexholder.
Camminò ascoltando gli strilli dei Wingull a caccia della colazione, avvertì anche lei un certo languorino. Si era stretta la cintura delle Ball attorno agli shorts di jeans che portava sotto ad una canotta color papavero. Aveva intenzione di portare la sua squadra a scaldarsi i muscoli in uno dei rettangoli di Allenamento, ma pensò che avrebbe avuto tutto il tempo necessario anche dopo un buon cornetto e un cappuccino. Fece l’errore di rivolgersi al barista maschio tra i due che erano in servizio, il tipo la squadrò con fare seducente e le disegnò dei petali di rosa nella schiuma. Lei evitò il suo sguardo per tutto il tempo e, presa dalla fretta, fece pure esplodere una bustina di zucchero nel tentativo di aprirla.
Due minuti dopo aveva già sceso sul bordo di uno dei Campi Lotta. Lesse tutte le normative che la sensibilizzavano al rispetto dell’ambiente circostante e della quiete degli altri passeggeri evitando mosse quali Terremoto o Ondaboato. Si ritrovò a far lottare Toro, il suo Blaziken e Kiruru, il suo Gallade, in un silenzioso ma letale corpo a corpo in cui le sue indicazioni si limitavano a piccole correzioni della difensiva dell’uno o dell’altro. Si rallegrò del fatto che nessun fotografo fosse nei paraggi, quello sarebbe stato oro per loro ma l’avrebbe resa prevedibile agli occhi di eventuali futuri avversari. Andò avanti schierando Dono contro Aggron, ma li ritirò subito entrambi rendendosi conto che la più discreta delle loro mosse aveva fatto dondolare la nave. Fece tornare in campo Gallade e Blaziken, ma stavolta permise loro di affrontarsi nelle loro forme Megaevolute. Iniziava a permettersi l’utilizzo di mosse un po’ più distruttive quando la sua solitudine fu di colpo spezzata.
‒ Vacci piano con Psicotaglio, ti squalificano al torneo se spezzi in due i Pokémon dell’avversario ‒ e Gold per la seconda volta apparve all’improvviso alle sue spalle. Aveva un bicchiere di succo di pompelmo nella mano destra e nella sinistra un tovagliolo con scritto un numero telefonico, presumibilmente quello della barista.
‒ Era mica un complimento, quello? E che ci fai alzato prima di mezzogiorno? ‒ rispose lei con un sorriso seccato.
‒ Non so… era mica un buongiorno, quello?
Per un momento cadde il silenzio tra i due.
‒ Allora, che sei venuto a fare qui? ‒ domandò lei.
‒ Avevo voglia di passeggiare assieme ai miei Pokémon ‒ rispose Gold mettendo una mano sulla cintura delle Ball.
‒ Intendi renderti utile oppure posso continuare da sola in santa pace? ‒ chiese quindi Sapphire facendosi spuntare un velo di allegria sul volto.
‒ Fammi posto, dai.
E cominciarono a far lottare i loro Pokémon cercando di non demolire tutto ciò che avevano attorno. Gold dopo un certo tempo propose di mettersi in pratica in uno delle modalità di Allenamento che aveva maturato con Red in cima al Monte Argento molti anni prima: i due avrebbero dovuto scontrarsi con un Pokémon ciascuno sferrando le mosse più deboli e meno efficaci nei confronti dell’avversario. I due non tentavano questo esercizio per la prima volta, lo avevano già fatto a Johto e a Sinnoh, avendo viaggiato assieme in quelle regioni.
‒ Pilo, Fogliamagica!
‒ Togebo, Forzasfera!
Tropius fu colpito da una bolla di energia pura che gli scalfì appena le squame mentre Togekiss riuscì ad evitare la tempesta di foglie scatenatagli contro con un paio di vertiginose virate.
‒ Lo sai che quando lotti mi spaventi? ‒ fece ad un certo punto Gold cadendo in malo modo in mezzo alla situazione.
Sapphire prese una tinta indefinibile. ‒ Come scusa?
‒ Sei minacciosa, sembra che tu voglia saltare addosso all’avversario e addentarlo al collo furiosamente ‒ spiegò quello.
‒ Non capisco.
‒ A te piace lottare, giusto Sapphire?
‒ Certo che mi piace… ‒ rispose come fosse ovvio.
‒ Togebo, Ondashock!
Verdebufera!
Stavolta fu la mossa di Gold ad andare a vuoto, Sapphire riuscì a sballottolare il Pokémon avversario dall’altra parte del campo.
‒ Eppure sembra che tu faccia uno sforzo immane, lo sai? ‒ esordì una seconda volta il ragazzo.
‒ Scusami?
‒ Ti piace lottare, Sapphire?
La ragazza esitò. ‒ Gold, te l’ho già detto, la smetti di…
Forzasfera!
Fu colta alla sprovvista, Tropius incassò un secondo attacco.
‒ Pilo, rispondi con Energipalla!
‒ Togebo, difenditi!
La bolla di energia verde impattò contro il petto del Pokémon di Gold che resistette all’impatto senza cedere minimamente.
‒ Basta così, rientra ‒ e il ragazzo dagli occhi d’oro mise fine alla battaglia.
‒ Gold non puoi lasciare le cose così su due…
‒ Ho voglia di un gelato, forse torno tra un po’ ‒ e si congedò in fretta come era arrivato.
Sapphire rimase lì come un’idiota, con gli occhi fissi sulla porta dietro cui era sparito Gold.
Verso le nove e mezza, la ragazza di Hoenn si rese conto che il flusso di persone cominciava ad aumentare. Al quinto spettatore occasionale che si fermava lì nei pressi e cominciava a fissarla a bocca aperta come fosse una spogliarellista smise di far lottare i propri Pokémon e tornò nella sua cabina dove si rinchiuse in doccia.
Alle dieci era sul ponte e cercava le facce di Emerald e Crystal in mezzo alla folla. Non impiegò molto a trovare la Dexholder di Johto, il suo corregionale invece era praticamente invisibile tra tutte quelle persone. Vide che si trovavano davanti ad uno dei maxi schermi e lo fissavano parlottando tra loro con espressione atona. Trovandosi poco dietro di loro, istintivamente Sapphire portò lo sguardo alla trasmissione.
Al centro dello schermo c’erano una decina di personaggi che camminavano su un tappeto rosso in mezzo ad una pioggia di flash di macchine fotografiche e schiacciati da entrambi i lati da folle ululanti: i Campioni delle Leghe Pokémon. Davanti a tutti Red, che portava una casacca bianca e dei bermuda floreali, seguito da Ruby, con indosso una camicia bordeaux e dei pantaloncini neri, più dietro Camilla, Iris e tutti gli altri. C’era grande festa a Vivalet, la capitale di Holon, i massimi esponenti delle lotte Pokémon del mondo erano giunti nella regione. Subito dopo scorse una ripresa in cui tutti loro lasciano le impronte delle mani in un calco di cemento ancora fresco appena sotto la titanica statua di un allenatore che stringe in mano una trofeo che ricorda una Poké Ball e che dovrebbe essere proprio la coppa del vincitore del Campionato Internazionale. Stacco. Una anchor man cominciò a parlare del reale inizio dei festeggiamenti nella regione ospitante il torneo. L’interesse di Sapphire si disperse.
Stavano per sbarcare a Holon, mancava un solo giorno all’inizio di tutto. Era il momento di iniziare a percepire la tensione.

La M/N Providence attraccò al porto di Vivalet a mezzogiorno in punto. Sapphire, Gold, Emerald e Crystal scesero sulla terraferma, si immersero nel caos. C’era grandissimo movimento per le vie della città, la capitale di Holon non aveva mai ospitato tanti turisti in una sola volta. Era una calda località costiera, come del resto l’intera regione, e quel ventesimo giorno di giugno era popolata principalmente da personaggi con grandi cappelli, ciabatte e costumi da bagno.
‒ Andiamo a farci un bagno anche noi? ‒ propose Emerald.
‒ Non sarebbe una cattiva idea… ‒ approvò Gold.
Anelando la fresca acqua che li attendeva, raggiunsero l’hotel in cui avrebbero alloggiato. Era un palazzo celeste che si affacciava sul lungomare dal quale spuntavano grossi balconi di vetro.
Dopo poco si erano già sistemati nelle loro stanze, raggiungerle non era stata la cosa più facile del mondo, in mezzo a quel brulicante formicaio pieno di bambini che supplicano i genitori di scendere in spiaggia e signori in vestaglia che si lamentano per il clima torrido. Sapphire buttò la sua valigia sulla moquette e la aprì per sistemare al meglio le sue cose, quindi scappò in balcone e si poggiò sulla ringhiera ad osservare il mare. Aveva voglia di rilassarsi e smettere di pensare a tutto il casino che avrebbe affrontato nei giorni a seguire, ma la cosa non gli riusciva particolarmente semplice. Si trovava al sesto piano e da lì la spiaggia sembrava talmente tanto affollata da farla sudare pure a distanza. Per fortuna a quell’altezza soffiava una piacevole brezzolina fresca.
Da quello che sapeva, in giornata sarebbero arrivati in hotel pure i suoi amici di Kanto assieme a Silver. Era felice di poterli rivedere tutti, soprattutto per un’occasione del genere. Decise di scrivere a Blue per chiederle a che ora sarebbe arrivata, accese il PokéNav. Il destino le andò incontro e le fece trovare una decina di suoi messaggi non letti. Le aveva scritto che sarebbe arrivata verso nel pomeriggio assieme a Green e agli altri Capipalestra della sua regione, mentre Silver e Yellow avrebbero già dovuto trovarsi lì nel momento in cui loro sarebbero arrivati loro della M/N Providence. La ragazza si rallegrò ed uscì fuori dalla sua camera per raggiungere il resto del gruppo. Dietro la porta si imbatté in Crystal che presumibilmente era venuta a chiamarla.
‒ Abbiamo trovato Silver e Yellow di sotto, scendi per pranzo?
Lei annuì contenta e si precipitò in ascensore. Si unì al tavolo dei cinque Dexholder proprio di fronte a Silver e accanto a Yellow che la accolsero sorridendo. Si era accaparrata al self service un bel vassoio pieno di cibo all’apparenza squisito e tra un carpaccio di salmone, una birretta gelida e un po’ di risate tra amici tutti si ingozzarono in maniera spropositata.
‒ Stasera dobbiamo organizzare qualcosa con gli altri, d’accordo? ‒ propose Gold. ‒ Giusto per scaricare la tensione per domani.
‒ Secondo me faresti meglio a riposare invece, e poi tu domani neanche combatti… ‒ lo contestò Crystal
‒ È una questione di rito, Chris ‒ intervenne Emerald.
‒ Io non ci vedo nulla di male ‒ buttò lì la timida Yellow.
‒ Direi di aspettare gli altri, poi si vedrà ‒ fece Silver.
‒ Quando dice così significa che è d’accordo ma non vuole darlo a vedere ‒ rise il suo rivale dagli occhi dorati.
‒ Io vorrei riscaldarmi un po’, ma non penso che una serata fuori potrebbe farmi tanto male… ‒ mormorò Sapphire.
‒ Più calda di così, gioia? ‒ la provocò Gold prima di incassare un violento calcio sulla tibia da parte di Crystal.
‒ Vediamo, dai ‒ si arrese la Catcher. ‒ Magari neanche riuscite ad uscire che vi precipitano addosso elicotteri di giornalisti…
Nel post pranzo, quasi tutti si godettero il torpore. Gold si appisolò su un divanetto, Emerald lo imitò, Crystal e Yellow si stesero in costume sulle sdraio accanto alla piscina dell’hotel immerse nella lettura, Silver e Sapphire decisero di facilitare la digestione passeggiando un po’. Il caldo era micidiale, il fulvo portava una maglietta senza maniche grigia e un costume da bagno a pantaloncino di tipo hawaiano, Sapphire era in shorts e canotta. Lei portava la bandana a mo’ di cerchietto e lui si era legato i capelli in un codino. Scelsero di muoversi con i piedi a mollo nell’acqua della riva del mare per evitare di sciogliersi lentamente come scamorze su una padella. I bagnanti erano quasi tutti sotto gli ombrelloni o a casa a quell’ora, regnava una calma innaturale.
‒ Quindi pensavo… perché non provarci? Insomma, io Capopalestra, non è malaccio… ‒ stava spiegando lui.
Sapphire, ascoltandolo, lo studiava attentamente. Era snello, longilineo quasi come Ruby, ma i capelli lunghi e gli occhi chiarissimi gli davano un qualcosa di elfico.
‒ Quindi intendi fare proposta per il posto?
‒ Non so, è tutto al completo e ora come ora è difficile fondare una palestra da zero, ci vogliono parecchi soldi e le conoscenze giuste…
Aveva viaggiato assieme a lui e Crystal per la regione di Kalos. Le aveva già raccontato in quell’occasione di tale idea. Secondo Sapphire, inconsciamente cercava di imitare suo padre nell’unica cosa ammirevole che avesse fatto in vita; Silver non era il tipo da avere l’ambizione della fama e se lo fosse stato certamente non avrebbe cercato di ottenerla diventando Capopalestra.
‒ Domanda scema: hai già deciso il tipo?
‒ Non so, pensavo di fare come Green quando poi lui stesso mi ha fatto notare che ho una innata predilezione per il tipo Buio.
‒ Certo se la metti così allora c’è un posto libero come Capopalestra di quel tipo, hai conosciuto Luna, a Costa Mirach, Sidera?
Entrambi sorrisero. Il soggetto in questione era chiaro a tutti e due.
‒ Tu piuttosto, potresti aspirare ad una carriera da Campione con la forza che ti ritrovi…
Sapphire non rispose.
‒ Ci hai mai pensato?
‒ Non lo so, in realtà, non è che sia proprio il mio sogno.
Silenzio. Si erano fermati. Silver si incupì per un istante. ‒ Vuoi tornare indietro? ‒ le domandò.
Sapphire mosse appena la testa su e giù.
‒ Andiamo, dai.
La ragazza raggiunse le amiche sulla riva della piscina dell’hotel. Crystal si era appisolata, Yellow le sorrise chiudendo il libro che stava leggendo non appena la vide. Sdraiata con i piedi a mollo le sembrava quasi una sirena, la bionda ragazza del Bosco Smeraldo. Piccola e delicata, curvilinea e luminosa. Sapphire le si sedette accanto.
‒ Tra poco dovrebbero arrivare Green, Blue e Red ‒ le disse.
‒ Lo so, spero che riusciranno a staccarsi le telecamere di dosso il signor Campione e mister Capopalestra… qua a Holon sembrano star del PokéWood.
‒ Ma anche voi che non siamo membri dell’Associazione Pokémon non è che ve la passiate tanto bene, ho visto.
‒ Blue ha fatto la cosa migliore ad accodarsi a loro, nessuno la infastidisce se si nasconde dietro a quei due personaggi…
‒ No, sono io quella che sta meglio, mi conoscono in tre e nessuno mi infastidisce.
‒ Sai che non pensavo ti saresti iscritta…
‒ Beh, è andata come quella volta alla Cupola Lotta con Emerald, c’erano tutti i Dexholder, non siamo noi se non siamo al completo ‒ sorrise.
‒ Già, spero che riusciranno ad aggregarsi pure quelli là…
‒ Sì.
E Sapphire percepì la punta di malinconia nella voce di Yellow. ‒ Con Red? ‒ domandò senza troppe cerimonie.
Yellow sospirò. ‒ Niente di niente, non ci vediamo spesso ma quando ci vediamo lui sembra felice.
‒ E tu?
‒ Io sono al settimo cielo, ma non so se può funzionare, in realtà. Ci conosciamo troppo bene.
‒ Non dovrebbe essere un incentivo?
‒ Scherzi? Sembra che mi guardi come si guarda una sorella minore.
‒ Ma tu fai qualcosa che gli faccia capire come ti senti, siete tanto uniti… magari coinvolgilo in qualcosa che lo faccia distrarre dai suoi impegni di Campione.
‒ Non so, ora che ho l’allevamento a Kanto ho provato io a distrarmi un po’, ma mi sono resa conto che neanche più quello mi dà relax…
Sapphire si illuminò. Le tornarono in mente le parole di Gold: “Ti piace lottare?”
‒ Prova a… ‒ e si interruppe, mancando anche lei di una reale soluzione al problema.
‒ Cosa?
‒ Non lo so, in realtà.
‒ Anche tu così, eh?
Sapphire non annuì, ma non negò neanche.
‒ Dev’essere più difficile per te, io ogni volta che perdo di vista Red per un po’ di tempo penso quasi di essere stanca di aspettarlo, ma poi una giornata con lui sembra far tornare tutto come ai primi giorni… ‒ Yellow si rese conto che Sapphire aveva preso una preoccupante aria accigliata. Abbassò lo sguardo e tornò al suo libro.
La ragazza di Hoenn invece si alzò in piedi e se ne andò senza guardarla né congedarsi. Passando per la hall dell’hotel si imbatté in una matassa di persone che portavano armate di cellulari, fotocamere, Poké Net e qualsiasi altra cosa permettesse loro di riprendere o immortalare la situazione. Comprese subito. Discreta e non distratta dalla voglia di fare video e foto, cominciò a fare lo slalom tra la gente fino a raggiungere un punto dal quale le fosse possibile osservare con facilità. Una limousine si era appena fermata davanti alla porta d’ingresso dell’hotel, la portiera si aprì, Red mise un piede fuori e ne uscì con un gran sorriso stampato in faccia, lo seguì Green e infine Blue. Erano riusciti a farsi piazzare in quell’hotel. Un’interminabile ovazione si levò dalla folla, i tre Dexholder si mossero attraverso un’isterica capanna di persone adoranti. Nessuno di loro si accorse di Sapphire, anche se le passarono accanto. Lei li vide sfilare davanti a sé uno alla volta. Red, con gli stessi vestiti che gli aveva visto indossare in tv quella mattina, portava i capelli nerissimi scompigliati come sempre, Green, con il suo ciuffo castano che sfidava la forza di gravità era sensibilmente più sobrio nell’abbigliamento, guardava davanti a sé con senza quasi sbattere le palpebre e muovendosi con le mani in tasca. Quei due baldi giovani erano amatissimi dalle folle, non solo per la loro fama di grandissimi Allenatori, quanto anche per l’immagine forte e atletica che davano. Infine, dietro i due la ragazza scorse lo sguardo di Blue che ogni tanto si lasciava andare a qualche occhiolino rivolto alla folla, non ricordò di averla mai vista più bella. Un velo di eyeliner e un tocco di mascara amplificavano la luce dei suoi occhi in maniera quasi innaturale, il suo corpo splendidamente scolpito in forme tondeggianti e morbide era avvolto in un vestitino leggero di color viola scuro che terminava in una breve gonna che raggiungeva le sue cosce toniche. I suoi fluenti capelli castani ondeggiavano senza mai scomporsi dalla loro piega, accecando qualche malcapitato con i loro riflessi chiarissimi. Blue non era Capopalestra né tantomeno Campione, ma con la scusa di farsi accompagnare in qualità di amica si era affilata ai due uomini per raggiungere Holon. La ragazza di Hoenn li vide scomparire in ascensore scortati da due inviati della Lega locale, mentre un terzo mostrava alla tipa della reception le tessere che confermavano che la loro organizzazione avrebbe saldato il conto della permanenza in hotel.
Ben presto la voce si diffuse, pure gli altri Dexholder, persino Gold ed Emerald che erano ancora bellamente appisolati durante l’arrivo delle star, vennero a sapere che i loro amici erano arrivati.
‒ Dici che dovremmo andare noi da loro? ‒ domandò Crystal sorseggiando un milk-shake al bar del pianterreno.
‒ Non penso… ‒ rispose Emerald.
‒ Ci sono i bodyguard davanti alle loro camere ‒ informò Silver.
Sapphire semplicemente non disse nulla e aprì il suo Poké Nav. Trovò un messaggio da parte di Blue: “Sali” diceva.
Abbandonò il bancone mormorando solo: ‒ Io provò a dare un’occhiata…
Giunse al tredicesimo piano, si ritrovò in un fresco corridoio arieggiato dalle pareti color blu mezzanotte e illuminato solo da alcune barre luminose poste all’angolo in basso dove le mura incontravano il pavimento. Percorse tutta quella galleria passando davanti a porte di suite estremamente distanziate tra loro finché non raggiunse un’uscita in vetro che dava su un balcone ampio tre volte la sua stanza. Uscì.
‒ Oh, ce ne hai messo di tempo… ‒ mormorò Blue che le comparse davanti all’improvviso. Si stava spazzolando i capelli e non aveva più il vestito di prima ma indossava un pareo che lasciava intravedere il bikini attraverso la trasparenza.
Sapphire la guardò, poi dovette lottare per non tornare con gli occhi puntati sul panorama che quella terrazza d’alta quota offriva.
‒ Blue, ti aspettavo da ieri! ‒ esclamò lasciandosi stringere in un abbraccio dalla sua amica.
‒ Hai visto che roba? Di sotto intendo? Qua a Holon sembrano pazzi.
‒ Assurdo, e io che pensavo di aver avuto il peggior impatto con la folla di tutta la storia…
Blue sorrise carezzandole la guancia con delicatezza. ‒ Immagino il motivo per cui ti stiano tanto appresso.
‒ Non esagerare, non so se ti sei resa conto dell’espressioni che fanno quando ti guardano.
Sapphire arrossì lievemente. ‒ Perché mi hai fatta venire qui?
‒ Avevo voglia di parlare con te in privato.
Sapphire sorrise. Aveva viaggiato per Alola, Unima e Sidera in compagnia di Blue, in tutto quel tempo aveva sviluppato con lei un rapporto particolare, la percepiva come una sorella maggiore, era come se ognuna di loro conoscesse tutto dell’altra.
‒ Capisco, Green e Red sono ancora in stanza? ‒ domandò lei.
‒ Green e Red ora scenderanno e staranno col resto del gruppo, noi li raggiungeremo in seguito ‒ spiegò quella appoggiandosi alla ringhiera.
‒ Sei stata con Red e Green per un po’ di giorni, che tipo di vita fanno quelli come loro in queste occasioni?
Blue rise. ‒ Red prende la cosa come un gioco… Green ormai ci ha fatto l’abitudine… è strano, sono tutti ricchi da far schifo quelli che gli ronzano attorno. Una foto qua con il ministro di non so cosa, una stretta di mano là all’assessore di non so che altro… accogliere le sfide degli Allenatori è l’unico momento di riposo per loro.
‒ Tutto un lavoro di immagine?
‒ Esatto, tutto un lavoro di immagine ‒ Blue la guardava con l’aria di chi aveva capito cosa ronzava per la testa al suo interlocutore. ‒ Non penserai ancora a lui, vero?
‒ No ‒ rispose Sapphire all’istante. ‒ Ma ogni tanto mi torna in testa, sai com’è…
Blue sospirò con fare di rimprovero. ‒ L’ultima volta quando vi siete parlati?
Sapphire sentì l’amarezza delle parole. ‒ Nove mesi fa, era il mio compleanno, mi ha regalato questa ‒ e mostrò il ciondolo con la pietra celeste attaccato al suo collo.
‒ E tu?
‒ L’ho scaricato in malo modo…
‒ Ma porti la collana che ti ha regalato. E hai anche una nuova bandana a quanto vedo ‒ aggiunse ben sapendo chi fosse il sarto creatore delle bandane di Sapphire.
Sapphire arrossì di nuovo.
‒ Stavo pensando… ‒ esordì Blue prendendo un altro tono. ‒ prima agivo come se dovessi in qualche modo dimostrare di essere all’altezza di Green, di Red o di qualsiasi altro maschio avessi contro… ho capito solo dopo che non c’era bisogno di dimostrare nulla a nessuno.
Sapphire rialzò lo sguardo e lo puntò negli occhi celesti di quella, poco più chiari dei suoi.
‒ Alla fine ci sei solo tu ‒ le diede un buffetto sul naso con la punta delle dita. ‒ Deve valere così tanto quel ragazzo per te...
‒ Doveva ‒ la corresse Sapphire.
‒ Perché? Mica è morto… ‒ le strizzò l’occhio.
Sapphire volle ribattere, ma fu preceduta dall’arrivo di tutto il resto del gruppo guidato da Green e Red che avevano condotto anche gli altri sulla terrazza panoramica del piano d’élite. Sapphire corse incontro a Green e Gold e li salutò dando un bacio sulla guancia a entrambi. Avevano uno strano sorriso, tutti e due, come se si stessero godendo ogni momento da persona normale assieme agli amici di sempre assaporandone il gusto quasi nostalgico. E forse era proprio così.
Dopo un minuto scarso di convenevoli e saluti, Gold propose di sedersi e bere qualcosa, ma Gold lo precedette.
‒ Non qui.
‒ Abbiamo pensato di farvi vedere l’unica cosa per cui valga la pena di avere il trattamento speciale riservato a Campioni e Capipalestra ‒ spiegò Green.
‒ Tutti in costume ‒ consigliò Red.
Tutti e nove indossarono indumenti adatti alla balneazione, si diressero fino al pianterreno, abbandonarono l’hotel e furono condotti dai due verso un sottile e abbandonato braccio di costa. Camminarono su una sabbia bianchissima, a est erano schermati da una scogliera e a ovest la spiaggia era vuota per qualche altro centinaio di metri. C’erano solo loro, un largo baldacchino sotto al quale era stata piazzata un lungo tavolo, nel punto più lontano dalla riva invece stavano delle cabine e delle docce.
A tutti loro si aprì un mondo. La tensione per il Campionato, lo stress per la pressione mediatica, la stanchezza per il viaggio sembrarono sparire. Tutto sembrò sparire in una nuotata, una partita a beach volley. Tutti tirarono fuori pure i loro Pokémon in modo da farli rilassare all’esterno delle loro claustrofobiche Poké Ball. E il pomeriggio scorse rapidamente, ben presto il cielo cominciò a farsi più rossiccio e il sole lentamente si avvicinò alla linea dell’orizzonte verso occidente.
‒ Avete degli asciugamani? ‒ chiese Sapphire uscendo fradicia dall’acqua.
Red gliene passò uno prendendolo da dentro la cabina. Era in microfibra, si impregnava parecchio ma asciugava a velocità impressionante. Sapphire se lo avvolse attorno dopo essersi fatta una doccia.
‒ Siete riusciti a farmi distrarre dal mio allenamento, comunque, è un’impresa difficile ‒ disse al Campione di Kanto intercettandolo.
Quello si voltò. ‒ Credimi, rendono molto di più dopo un pomeriggio di relax in spiaggia… ‒ scherzò quello.
‒ Hai trovato questa cosa delle interviste e delle foto tanto più sfibrante di una giornata da Campione?
‒ Di una giornata da Campione con le interviste e le foto? ‒ ironizzò lui.
Sapphire sorrise alla battuta.
‒ Per fortuna dovrebbe ridursi l’ammontare dei miei compiti dopo il mio distacco dalla regione di Johto.
‒ Ah, ci siete riusciti alla fine?
‒ Sì, i Superquattro rimangono gli stessi per entrambe le regioni, ma il ruolo di Campione e il compito di svolgere tutte le mansioni di amministrazione della Lega nella regione di Johto adesso spettano a Lance.
Nella voce di Red c’era una punta sottile di stanchezza. Sapphire non mancò di notarla.
‒ Siamo felici che tu possa essere il rappresentante di Kanto, stai iniziando a stancarti?
‒ No, non mi lamento del mio lavoro.
‒ Lavoro, lo chiami?
‒ Dipende… ‒ gli occhi di Red si posarono sul gruppo dei suoi amici che usciva dal mare ridendo, Green che prendeva Blue sulle spalle e Gold che trovava ogni istante buono per lanciare il pallone a Crystal. ‒ quando lo facevamo per il solo gusto di farlo era tutto diverso. Ma andare in giro a sfidare Capipalestra non ti paga le bollette… ‒ mormorò.
‒ Ti manca tutto questo?
‒ Mi manca, certo.
Sapphire cercò di seguire la linea del suo sguardo per capire se stesse guardando Yellow o no. Ovviamente la cosa non le riuscì.
‒ Ma penso di poter fare qualcosa d’ora in poi, non so… provare a vederci più spesso, cercare qualche giornata in cui siamo tutti liberi e inventarci robe tipo questa.
‒ Vorrei potervi portare in qualche luogo di Hoenn, una volta…
‒ Oh, sono sicuro che si potrebbe fare.
‒ Tu dici?
‒ Ovvio, serve solo un po’ di… organizzazione… ‒ concluse la frase con un tono malinconico. Red era sempre stato quello più felice alla vista di tutta la squadra dei primi Dexholder riunita. Era uno che faceva piani, proposte, sogni. Ma ultimamente il sistema andava contro di lui. Quante cene non realizzate, quanti compleanni a sorpresa mai festeggiati, quante vacanze insieme andate a monte. Per fortuna sembrava bastasse un pomeriggio per scordare tutti i piani fatti assieme mai portati a termine.
‒ Tirate fuori l’alcol che qua Silver comincia ad avere sete ‒ lo canzonava Gold.
‒ Sì, certo, ma prima ti accompagniamo a letto ‒ gli rispondeva il rosso.
All’imbrunire, quando le nuvole cominciavano a tingersi di un rosa tenue, numerosi camerieri vestiti di bianco cominciarono a scendere direttamente dall’hotel e a portare luminosi vassoi e secchi pieni di ghiaccio e bottiglie alla tavola. Come falene attratte dalla fiamma, tutti si precipitarono verso le vivande, alcuni ancora avvolti nell’asciugamano, altri con addosso un paio di pantaloncini o una canotta in più. Il più entusiasta era Emerald.
Si erano seduti tutti, i camerieri erano spariti ed era stato portato del cibo pure per i Pokémon quando Red, seduto a capotavola, si alzò in piedi e diresse verso il cielo la mano che stringeva il calice pieno di vino bianco. Gli occhi di tutti i presenti erano su di lui.
‒ A tutti noi ‒ enunciò. ‒ domani sarà una giornata come un’altra, andrà tutto bene, finché saremo tutti uniti.
Gold fece finta di avere un conato, Blue ridacchiò e Green alzò gli occhi al cielo.
‒ …e per quanto per alcuni possa sembrare smielato ‒ proseguì il Campione in tono di rimprovero. ‒ credo di parlare a nome di tutti dicendo che siete una delle cose migliori che mi sia mai capitata.
‒ Vi voglio bene, amici ‒ spuntò fuori Yellow alzando il bicchiere come Red.
Silver stupendo tutti fu il terzo ad unirsi al brindisi. Lo seguirono Emerald e Crystal.
‒ Chi ci ammazza, a noi? ‒ e pure Gold entrò in scena.
‒ Non siamo tanto male… ‒ lo imitò pure Green.
Blue aveva gli occhi lucidi, anche lei alzò il calice. Sapphire si accodò immediatamente.
‒ Vi auguro il meglio, e non per il torneo o altro… ‒ proseguì Red. ‒ …il meglio per sempre. Grazie di tutto.
Tutti bevvero. La cena cominciò ufficialmente, il cibo era, ovviamente, dieci volte migliore di quello mangiato a pranzo. I brindisi che Gold proponeva per qualsiasi cosa gli passasse per la mente davano alla serata quel tocco di trash che non guastava mai, Emerald cominciò a cacciare fuori canti tradizionali totalmente a caso man mano che il suo bicchiere si svuotava e poi si riempiva sempre più frequentemente, Blue era quella che sapeva raccontare storie migliori, soprattutto quando di mezzo c’erano personaggi incontrati per strada che avevano tentato con lei un approccio non propriamente parrocchiale. Il cibo cominciò a terminare, i vini e lo champagne erano alla seconda ripresa. Ormai il cielo si era scurito del tutto e l’unica cosa che illuminava la situazione erano le candele che Red aveva romanticamente acceso dopo il sopraggiungere dell’oscurità e le luci lontane della città di Vivalet che si preparava ad accogliere il più grande evento Pokémon degli ultimi dieci o venti anni.
Sulle ultime tutti cominciarono ad alzarsi dalla tavola, a Yellow venne la geniale idea di accendere un falò sulla spiaggia e con un po’ di impegno e olio di gomito riuscirono ad avere la loro fiamma tribale in poco tempo. Tutti vi si sedettero attorno sorseggiando le ultime scorte di acqua di fuoco che avevano e alternando con balli improvvisati e totalmente scoordinati. Qualcuno proponeva di dormire sulla sabbia sopra agli asciugamani, segno che il sonno e le due o tre ore dopo la mezzanotte cominciavano a premere sulle loro palpebre.
Sapphire aveva la testa che girava, c’era Crystal accanto a lei che dormiva avvolta in un telo da mare, Gold ed Emerald ridevano assieme ad un ben poco sobrio Silver mentre Blue e Green vagavano da una parte all’altra della spiaggia come lei. Sulla scogliera, poco lontano, stava Red con una Yellow distrutta che teneva la testa poggiata sulla sua spalla. Guardavano la luna.
Quando Blue scelse di tornare in camera per chiudere gli occhi decentemente e svegliò Crystal per suggerirle di permettersi lo stesso lusso, la ragazza di Hoenn rimase sola con Green che giocava con le braci di un fuoco ormai spento.
‒ Ti vede, eh ‒ esordì lei con il ragazzo dagli occhi color giada sedendoglisi accanto. ‒ …come la guardi ‒ con molta probabilità era lo champagne a parlare in buona fede per lei.
‒ Mh, cosa? ‒ le chiese quello. Neanche lui era troppo asciutto.
‒ Blue ‒ spiegò. ‒ non ti darà mai la soddisfazione di fare la prima mossa.
‒ Ma quale prima mossa? Ci conosciamo da duemila anni, non è storia, la nostra.
‒ Non mi sembra una motivazione valida ‒ fece Sapphire portando lo sguardò a Yellow e Red, che nel frattempo si erano avvolti l’una nelle braccia dell’altro, e facendo sì che Green la seguisse.
‒ Blue è affascinante e intelligente ma non ha regole, non ho tempo di stare dietro ad una come lei…
‒ Eppure lo fai.
La risposta di Green si fece attendere. Le loro voci erano melliflue e rilassate, ma la pausa fu troppo lunga perché ci potesse essere un’altra risposta da parte di Green.
‒ E lei te lo lascia pure fare… ‒ proseguì Sapphire.
‒ Bah, penso che meno ci mettiamo in mezzo, meno rischiamo di fare stronzate…
La ragazza dondolò su se stessa. ‒ Lo pensavo anche io, ma mi pare che tu abbia già passato quella fase, ora sei più morbido, no?
Green si imbronciò leggermente.
‒ Blue si è divertita e sa come divertirsi quando vuole. Ma ora cerca serietà, avete pure ventidue anni, non potete continuare a giocare ‒ la lasciva saggezza della brilla Sapphire metteva a disagio il Capopalestra di Smeraldopoli.
Green gettò qualcosa nel fuoco, forse un sasso, forse una conchiglia. ‒ Non so se mi va, magari è il caso che io mi trovi qualcun altro… ‒ il ragazzo si alzò e fece per andarsene.
Sapphire si incupì. ‒ Che ti trovi qualcun altro per convincerti ad ignorare Blue? ‒ Sentì Green fermarsi e percepì la sua titubanza nel rispondere.
‒ Forse sì ‒ e si allontanò.
Sapphire attese qualche minuto da sola, poi salutò gli altri e si diresse verso l’hotel. Si buttò sul suo letto felice, felice per la serata meravigliosa e per aver degli amici del genere. Era stanca, ma stanca dal divertimento. Si fece una doccia e, dopo essersi asciugata, chiuse gli occhi con indosso una maglia troppo grande per lei e gli slip. Strinse la bandana al suo petto.
Era felice, sì, ma nella sua scatola di cartone mancava qualcosa.

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