Capitolo
1: Una
Scatola Di Cartone
Porto
Alghepoli,
Hoenn
19
giugno, un
anno dopo
Due
giorni al
Campionato Internazionale
Sapphire
stringeva
tra le dita il ciondolo che le aveva regalato Ruby. Non sapeva quale
strana forza l’aveva spinta a portarlo con sé, soprattutto dal momento
che lei
non portava gioielli come principio assoluto. Tuttavia si trovava lì,
con una
mano sul trolley che conteneva tutti i suoi bagagli e l’altra stretta
sul
cristallo blu che aveva appeso al collo.
La
ragazza
era tutta immersa nei suoi pensieri, quando vide in lontananza la
sagoma di una persona che conosceva bene. Le andò incontro.
‒
Perché devo essere sempre io quella che aspetta?! ‒ domandò furente ad
un
assonnatissimo Emerald.
Il
ragazzo
eluse la sua frustrazione con indifferenza: ‒ Sbrighiamoci, o
partiranno senza di noi… ‒ e la oltrepassò lasciandola con un palmo di
naso.
I
due salirono sulla M/N Providence, gigantesca nave, ultimo progetto del
Capitano Remo. Quella era l’imbarcazione che li avrebbe condotti a
Holon. I due
Dexholder entrarono nelle loro cabine, o meglio, Sapphire entrò nella
propria
ed Emerald la seguì.
‒
Quanto lusso, sul ponte prima ho visto una tizia con un Furfrou dalla
pelliccia
più curata dei tuoi capelli ‒ la prese in giro il biondo.
‒
Non mi inquieta tanto quello ‒ fece lei guardando fuori dall’oblò verso
l’infinita distesa azzurra del mare. ‒ quanto i giornalisti che si
aggirano per
tutta la nave, lo sai come funziona a Holon, sì?
‒
Finché non mi infastidiscono mentre combatto, possono farmi tutte le
domande
che vogliono, per quanto mi riguarda… ‒ mormorò Emerald.
‒
Il primo che prova a puntarmi una telecamera contro invece torna a casa
dentro
un salvagente ‒ sibilò la dolcissima Sapphire.
‒
Non dovresti preoccuparti così tanto ‒ suggerì lui.
‒
Sì, invece. Non sopporto la televisione ‒ dichiarò categorica.
I
due cominciarono a scomporre le valige. Emerald tornò nella sua stanza.
Si
incontrarono poco dopo sul ponte, seduti al bancone del bar. Sapphire
aveva in
mano una granita celeste di un qualche gusto esotico e indefinibile,
Emerald
stava ancora aspettando il suo frappè al mango.
‒
Hai mica sentito Green, Gold e gli altri? ‒ domandò la ragazza.
‒
Green poco, Gold fin troppo… ‒ commentò ironico lui.
‒
Scemo. Intendo per sapere dove incontrarci e roba del genere ‒ chiarì
Sapphire.
‒
Dai, arriveremo domani a notte tarda, abbiamo tempo per preoccuparci di
certe
cose ‒ rispose Emerald. ‒ Certo, un viaggio su una nave del genere
dovrebbe
durare un mese o giù di lì, hai visto che ci sono tre piscine diverse
una delle
quali con l’idromassaggio? Grazie ‒ la barista gli aveva servito il
frappè.
‒
No, ero più interessata ai Campi Lotta in realtà ‒ rispose calma lei.
‒
Se fai sempre le stesse cose finirai per consumarti ‒ le puntò la
cannuccia
contro.
Sapphire
non
rispose. Emerald sospirò. Aveva intuito che qualche contorto pensiero si
attorcigliava su se stesso nel complesso cervello femminile con cui
stava
conversando, ma l’ultima delle cose che aveva voglia di fare in quel
momento
era chiederle cosa non andasse.
‒
Qualcosa non va? ‒ domandò coraggioso.
‒
Ho dimenticato le Ball in cabina ‒ lo liquidò lei.
Emerald
trattenne
le esultanze e si concentrò sulla bevanda mentre la ragazza accanto a
lei lasciava lo sgabello e il bicchierone di granita azzurra ancora
mezzo
pieno. Sapphire tornò bofonchiando nella sua stanza, la valigia era
aperta ma
ne erano stati estratti solo lo spazzolino, la cintura delle sfere e il
portafoglio.
Senza
guardare,
come cercando di autoconvincersi che non stesse veramente cercando
quell’oggetto, estrasse “casualmente” dalla valigia la bandana nera e
blu regalatale
da Ruby per il suo compleanno l’anno precedente. Rilesse la scritta
lasciata
dal ragazzo nella parte interna: “Chi
è
nato una volta sa già come risorgere”. Criptico, ermetico. Ci
rimuginava
sopra da una decina di mesi. Chissà cosa aveva voluto dirle, il
signorino? La
annusò come si annusa un tartufo pregiato e la ripose a posto scrollando
la
mano. Era tutto lì, tutta la sua vita: le sue vecchie bandane e quelle
nuove,
la sua Scheda Allenatore che citava le molteplici fatiche compiute nelle
tante
terre che aveva attraversato da quando aveva dieci anni, il suo Pokédex,
emblema del suo ruolo nel complesso ecosistema dell’Allenamento Pokémon,
simbolo
del suo legame con la famiglia e con gli amici. Tutto dentro di sé, in
un
involucro fragile come una scatola di cartone.
Bussarono
alla
porta. Sapphire aprì sperando si trattasse di gente gradevole.
‒
Aspetti a iscriverti ai banconi di sopra per non scoraggiare tutti gli
altri
aspiranti partecipanti al torneo? ‒ le chiese con un sorriso
luminosissimo
Crystal, la sua collega e amica di Johto.
‒
Chris! ‒ la abbracciò lei, felice di vederla.
‒
Emerald mi ha chiamato poco fa perché si annoiava, è da prima di salpare
che vi
cerco, lo stordito non aveva capito che anche io mi sarei imbarcata qui
‒ la
informò uscendo dall’abbraccio.
‒
Non lo sapevo neanch’io a dire il vero…
‒
Non fa niente, in mezzo a questo mare di gente ti ho trovata lo stesso.
Allora,
com’è andata a Sinnoh? ‒ le domandò tirandola fuori dalla sua cabina e
portandola a camminare sul ponte, alludeva al viaggio nella regione del
nord che
l’amica aveva compiuto nei mesi precedenti alla conquista delle medaglie
in
compagnia di Gold.
‒
Ah… esilarante e imbarazzante allo stesso tempo.
‒
Beh, è Gold, è il suo marchio di fabbrica ‒ sorrise quella con un velo
di
malinconia.
‒
Iscrivermi, hai detto? ‒ cambiò argomento Sapphire.
‒
Sì, ci sono i banchi d’iscrizione alle Internazionali dall’altra parte,
questa
rotta è stata allestita in occasione del torneo, quindi…
‒
Tu hai già fatto?
‒
Non so se ho davvero voglia di partecipare, sono specializzata
nell’indebolire
i miei avversari senza mai mandarli davvero al tappeto ‒ rise.
‒
Lo so, lo so, ma per un’occasione del genere… per poter almeno dire di
aver
partecipato.
‒
Ma sì infatti, non vorrei perdermi questa occasione ‒ sorrise
incrociando le
braccia all’altezza del grembo. Aveva un corpo leggero, particolarmente
snella,
fatta eccezione per i fianchi e le cosce ben torniti, alta quanto
Sapphire,
avvolta in un vestitino leggero, portava i capelli legati una coda
all’altezza
della nuca.
Erano
arrivate
fianco a fianco fino ad una zona del ponte occupata da una intricata e
rumoreggiante matassa intricata di popolo. Sia Sapphire che Crystal
ebbero un
moto di fastidio a quella vista. Aggirarono la folla. Dal poco che
riuscivano a
vedere sembrava che, al centro di quel maremoto di colli che si
allungavano per
vedere meglio, inviati di tutte le televisioni mondiali stessero
intervistando,
interrogando, infastidendo sia coloro che confermavano le proprie
iscrizioni al
Campionato sia gli inviati del comitato organizzativo.
‒
Tutta questa roba… ‒ fece Sapphire riferendosi al groviglio di persone.
‒ è la
fila?
‒
No, scherziamo? Quasi tutti fan di Allenatori famosi, gli iscritti sono
tanti
ma non è che ogni singolo essere umano su questa nave ora voglia
partecipare ‒
negò categorica Crystal.
‒
Meno male, e allora dov’è che comincia la fila?
Le
due
riuscirono a trovare, a malincuore dato che avrebbero preferito
iscriversi
in un altro momento, l’inizio della coda che contava davanti a loro
ancora una
dozzina di persone. Iscriversi non era un processo brevissimo,
soprattutto per
via degli invadenti e potenzialmente denunciabili reporter che ronzavano
attorno agli Allenatori. Dopo alcuni minuti si aggregò alle ragazze,
superando
coloro che si erano a loro volta accodati dietro con la scusa che le due
gli
stessero tenendo il posto, Emerald.
‒
Odio la televisione e vieni ad
iscriverti a quest’ora? ‒ domandò pungente all’amica.
‒
Dove sei stato? ‒ gli chiese Crystal.
‒
Mi ha fermato un tipo, ha riconosciuto il conquistatore del Parco Lotta
di sei
anni fa, all’edizione inaugurativa.
‒
Sei diventato vintage, Rald? ‒ lo punzecchiò.
Il
biondo
le lanciò un’occhiata omicida.
‒
Dite che si sono rialzati gli standard dall’ultimo Torneo
Internazionale? ‒ si
intromise Sapphire mutando la conversazione. La risposta cedette alcuni
secondi
alla riflessione dei due interlocutori.
‒
Considera che l’ultima edizione si è tenuta prima della vera e propria
formazione dell’Associazione Pokémon, la maggior parte degli Allenatori
sapeva
sì e no usare una MT… ‒ commentò Crystal. Lei era una maestra, ci teneva
a
certe cose.
‒
Ha ragione, se in questa edizione parteciperanno pure Capipalestra,
Superquattro e Campioni un livello generale abbastanza alto è d’obbligo
‒
continuò Emerald.
‒
Ho letto che ogni Allenatore in base al proprio livello potrà saltare un
determinato numero di gironi ‒ spiegò la castana. ‒ quelli che si
presentano
con otto o meno medaglie saranno i primi a sfidarsi, ai pochi che
vinceranno
tra loro si aggregheranno possessori di numero compreso tra nove e
ventiquattro
medaglie più i Capipalestra e gli Assi dei Parchi, nel terzo girone
entrano i
possessori di venticinque-quarantotto medaglie più i Superquattro e i
conquistatori di almeno un Parco Lotta e infine nel quarto girone coloro
che
hanno quarantanove o più medaglie e i Campioni.
‒
Insomma, tu entri al quarto girone, giusto Zafferano? ‒ chiese Emerald.
‒
Sì e, cavolo… non chiamarmi in quel modo!
‒
Parti avvantaggiata, eh…
‒
Non metterla così, con questa tipologia di torneo l’Allenatore più forte
del
mondo anche se non ha una singola medaglia con sé può arrivare in
finale, la
difficoltà è crescente, ma per uno che sarebbe comunque arrivato agli
ottavi di
finale il primo, il secondo girone e così via sono ostacoli da saltare a
piè
pari.
‒
Ma tu devi fare meno lotte, matematicamente è scorretto.
‒
In realtà è lo stesso concetto della Torre Lotta che ti piace tanto, non
conta
il numero di lotte che fai se i tuoi Pokémon vengono ricaricati di volta
in
volta, e inoltre la difficoltà crescente serve a bilanciare gli scontri
in base
agli Allenatori.
‒
E poi lei avrà meno tempo per abituarsi agli occhietti e alle grida di
quattrocentomila persone più spettatori da casa puntati su di lei, non è
tutto
oro quel che luccica… ‒ sussurrò Crystal in difesa dell’amica.
In
quel
momento l’ultimo Allenatore che separava Sapphire dal bancone iscrizioni
se ne andò via con fare derelitto per la il troppo poco tempo che le
telecamere
gli avevano concesso.
‒
Nominativo? ‒ chiese un operatore con gli occhi puntati su un monitor
mentre
cinque o sei suoi colleghi operavano con quaderni, cellulari, altri
computer e
persino calcolatrici. Il bancone era ordinato, ma lo staff sembrava una
brulicante famiglia di insetti.
‒
Sapphire Birch.
Beccata.
Quello
tolse gli occhi sottili dallo schermo e la fissò stupito abbassandosi
gli occhiali. Il branco di giornalisti, fotografi e cameraman piovve su
di lei
come attratto magneticamente. Per fortuna avevano la decenza di non fare
domande o commenti durante il processo di iscrizione e si limitavano a
riprendere, scrivere appunti e fare foto. La ragazza si limitò a
sembrare
allegra e a non guardarsi intorno spaesata, le tornò difficile quando
notò che
alcune scene venivano mandate in diretta su dei megaschermi sparsi in
punti
strategici della nave sintonizzati su canali che seguivano l’evento del
Campionato Pokémon Internazionale ventiquattro ore su ventiquattro, con
commenti, supposizioni, opinioni di esperti e interviste, dirette e
biografie
sui partecipanti.
‒
Provenienza?
‒
Albanova, Hoenn.
‒
Età?
‒
Diciotto anni.
‒
Giorno di nascita?
‒
Venti settembre anno…
Andarono
avanti
con dati da carta d’identità che avrebbero potuto facilmente estrarre
dalla sua Scheda Allenatore. La volevano tenere lì davanti per più tempo
possibile, l’operatore doveva sentirsi una specie di ragazza in bikini
pronta a
dare il via alle auto di una corsa clandestina nelle vie notturne di
Austropoli.
E in effetti i reporter facevano a spallate per l’inquadratura migliore
e la
pole position per piazzare il proprio microfono davanti alla bocca di
Sapphire.
Innocentemente parlando.
‒
La Scheda Allenatore ‒ chiese il tipo.
Calò
il
silenzio più assoluto, la massa di gente che accerchiava la scena
sembrava
essersi messa in pausa come fosse un film, il brusio proveniente dal
resto del
ponte della nave si chetò, persino i frenetici inviati del comitato
smisero di
annotare cose, registrare dati e sistemare conti dietro il loro bancone.
‒
Medaglie ‒ domandò l’addetto alla registrazione cercando evidentemente
di
estrarre materiale per le telecamere, dal momento che aveva il suo
completo ID
cartaceo nella mano.
‒
Sessantaquattro, conquistatrice delle regioni di Hoenn, Kanto, Johto,
Sinnoh,
Sidera, Unima, Kalos, e Adamanta…
Panico.
Urli,
strepiti, fischi di apprezzamento, applausi e persino esternazioni tipo
“Sapphire, sposami!” si
levarono dalla
folla in un clamore generale che fece perdere quasi tutti e due i
timpani alla
ragazza ma che allo stesso tempo le tinse gli zigomi tondeggianti della
ragazza
di un rosso intenso. Flash di macchine fotografiche a raffica mentre
avvicinava
la mano a quel faccino un poco timido e imbarazzato che fa strage di
cuori in
televisione.
Quando
il
caos si fu finalmente calmato, il tipo restituì alla ragazza la scheda
non
dopo averle rivolto altre due o tre domande che però non ottennero lo
stesso
successo della domanda sulle medaglie; tranne forse quella sulla classe
Allenatore, la cui risposta “Dexholder”
sapeva
però di esotico e non di eccezionale come la esorbitante cifra di
traguardi da
lei conseguiti. La verifica del documento, della foto tessera per i
connotati e
della firma erano andate a buon fine. Sapphire si ritrovò in mano un
pass
magnetizzato che la definiva nientemeno che “Allenatrice
Rango
S” e sotto citava “Girone
numero 4” con la coccarda del Campionato, il simbolo della regione
di
Holon, la sua foto e il suo nome.
Si
sentì
una giocatrice di basket professionista quando ebbe appena un doppio
passo per allontanarsi dalla fila prima che…
‒
Come si sente ad essere una delle più giovani Allenatrici che abbiano
raggiunto
questo livello mai nella storia?
‒
Reputa che il Pokédex possa diventare uno strumento di ampia diffusione
nel
caso in cui un Dexholder si distingua particolarmente in questo
Campionato?
‒
Cosa ne pensa degli Shedinja? Dovrebbero o no essere proibiti in un
torneo
ufficiale?
‒
A che gusti le piace il gelato?
A
questa domanda fece una smorfia stranissima, tipo quelle che escono la
mattina
appena svegli ripensando al folle sogno appena girato testa che
lentamente cade
nel dimenticatoio.
‒
Per quale motivo ha scelto di non assumere alcun agente che curi la sua
figura
pubblica o gestisca la sua presenza mediatica
A
quel punto ebbe quasi l’impulso di rispondere con un calcio fortissimo
nel
calcagno di quel giornalista, ma si trattenne. Muovendo la bocca come
per
tentare di rispondere qualcosa a quella tormenta di domande, si mosse
ondeggiando in malo modo verso la sua cabina e senza aspettare Emerald e
Crystal vi si serrò dentro tenendo fuori i simpaticoni grazie alle
spesse porte
d’acciaio della privacy. Non se ne pentì neanche quando vide coi suoi
occhi in
un servizio serale la faccia da ebete che aveva fatto mormorando
qualcosa come “scusate, ho da
fare” e chiudendo la
porta della sua stanza sul naso di un reporter. Aveva avuto la conferma
di ciò
che più temeva, quel giorno. Lei non si era mai interessata a roba come
pubblicità e immagine mediatica, ma con la fama che, volente o nolente,
aveva
ottenuto diventando una degli Allenatori più decorati al mondo, tutto
l’interesse e la fame di scoop della stampa si era riversata su di lei.
Non
poteva più evitare niente di tutto ciò, non nell’aria di Holon, la
regione dei
VIP. Era un povero agnellino davanti alle telecamere, non osava
rispondere più
in malo modo dopo un incidente avuto a Kalos con un fotografo
ossessionato da
lei, ma non aveva idea di come gestire il grande carico di gente
interessata a
lei che aveva dato prova della propria esistenza in tale occasione.
Ne
parlò
a Chris e Emerald durante un rinfresco verso sera. La ragazza non aveva
subito la stessa valanga dopo essersi iscritta, nel contesto del puro
duello
Pokémon non era tra i più temuti, ma dopo essersi fatta riconoscere e
aver dato
prova di avere un Pokédex qualche dozzina di giornalisti si era fiondato
pure
su di lei. Emerald invece, stella dei Parchi Lotta di tutto il mondo,
aveva
gestito l’eccesso di fama alla grande dimostrando esperienza e sangue
freddo in
quelle circostanze. Certo, non era stato assaltato da reporter rabbiosi
come
Sapphire, era comunque una star di secondo piano rispetto all’amica, ma
aveva
avuto lo stesso la sua fetta di attenzione.
‒
È perché hai anche il faccino dolce… ‒ tentò di sminuire Crystal
addentando un
muffin.
Sapphire
la
trafisse coi suoi occhi di ghiaccio della morte. Crystal guardò altrove.
‒
Dovresti godertela finché puoi, non duri più di tanto se sei solo brava
ma non
prendi nessun ruolo tipo… che ne so? Campione della Lega… ‒ mormorò
Emerald in
tono evidentemente cupo.
Sapphire
avvertì
la tonalità della sua espressione ed evitò di ribattere.
‒
Silver dovrebbe già trovarsi a Holon ‒ intervenne Crystal. ‒ Gold invece
non ho
idea di dove sia.
‒
Al posto giusto ‒ disse una voce dietro di loro. ‒ come sempre.
Gold
comparve
alle loro spalle con un sorriso a sessantaquattro denti stampato in
faccia e un bicchiere lungo e sottile di Taittinger Nocturne pieno di
bollicine. Crystal lo fissò sorpresa, Emerald e Sapphire accolsero
l’amico.
‒
Come diavolo hai fatto a salire sulla nave? Al molo non c’eri ‒ domandò
la catcher.
‒
Tartarughe marine ‒ rispose quello nascondendosi in tasca la Ball di
Togebo.
‒
È legale per un Allenatore salire su una nave a metà del viaggio? Adesso
non mi
dirai che esiste una specie di tariffazione per passeggeri raccolti in
mezzo
alla strada, giusto? ‒ commentò Emerald.
‒
In realtà… ‒ Gold mostrò il biglietto mezzo stropicciato di categoria “Allenatore vagante”. ‒ è
esattamente
così.
Gold,
coi
suoi capelli che sembravano dover esplodere, la sua camicia dai mille
colori molto poco discreta e la sua collana floreale, si aggregò al
gruppo. Per
prima cosa si recarono di nuovo al banco iscrizioni dove il ragazzo
dagli occhi
d’oro, investito come Sapphire dalla valanga di reporter, gestì il tutto
con la
massima freschezza, lasciando tutti gli inviati sazi di informazioni e
ritrovando mezz’ora dopo i suoi tre amici al buffet al quale erano
tornati
causa noia e fame. Il resto del tempo scorse leggero tra un drink e un
aneddoto
circa l’ultima annata di viaggi interregionali condotti da Gold o
Sapphire. Sul
tardi ognuno tornò alla propria cabina e si gettò in branda in attesa
dello
sbarco che sarebbe avvenuto il giorno seguente.
Sapphire
si
alzò prestissimo. Il sole sorgeva placido e la nave solcava acque tanto
calme da sembrare fatte di vetro. La ragazza uscì sul ponte, lo trovò
gradevolmente deserto, incrociò giusto un paio di inservienti che con in
mano
stracci fradici che la salutarono sorridendo. L’avevano riconosciuta, la
Conqueror, uno dei Dexholder.
Camminò
ascoltando
gli strilli dei Wingull a caccia della colazione, avvertì anche lei
un certo languorino. Si era stretta la cintura delle Ball attorno agli
shorts
di jeans che portava sotto ad una canotta color papavero. Aveva
intenzione di
portare la sua squadra a scaldarsi i muscoli in uno dei rettangoli di
Allenamento, ma pensò che avrebbe avuto tutto il tempo necessario anche
dopo un
buon cornetto e un cappuccino. Fece l’errore di rivolgersi al barista
maschio
tra i due che erano in servizio, il tipo la squadrò con fare seducente e
le
disegnò dei petali di rosa nella schiuma. Lei evitò il suo sguardo per
tutto il
tempo e, presa dalla fretta, fece pure esplodere una bustina di zucchero
nel
tentativo di aprirla.
Due
minuti
dopo aveva già sceso sul bordo di uno dei Campi Lotta. Lesse tutte le
normative che la sensibilizzavano al rispetto dell’ambiente circostante
e della
quiete degli altri passeggeri evitando mosse quali Terremoto o Ondaboato. Si
ritrovò
a far lottare Toro, il suo Blaziken e Kiruru, il suo Gallade, in un
silenzioso ma letale corpo a corpo in cui le sue indicazioni si
limitavano a
piccole correzioni della difensiva dell’uno o dell’altro. Si rallegrò
del fatto
che nessun fotografo fosse nei paraggi, quello sarebbe stato oro per
loro ma
l’avrebbe resa prevedibile agli occhi di eventuali futuri avversari.
Andò
avanti schierando Dono contro Aggron, ma li ritirò subito entrambi
rendendosi
conto che la più discreta delle loro mosse aveva fatto dondolare la
nave. Fece
tornare in campo Gallade e Blaziken, ma stavolta permise loro di
affrontarsi
nelle loro forme Megaevolute. Iniziava a permettersi l’utilizzo di mosse
un po’
più distruttive quando la sua solitudine fu di colpo spezzata.
‒
Vacci piano con Psicotaglio, ti
squalificano
al torneo se spezzi in due i Pokémon dell’avversario ‒ e Gold per
la seconda volta apparve all’improvviso alle sue spalle. Aveva un
bicchiere di
succo di pompelmo nella mano destra e nella sinistra un tovagliolo con
scritto
un numero telefonico, presumibilmente quello della barista.
‒
Era mica un complimento, quello? E che ci fai alzato prima di
mezzogiorno? ‒
rispose lei con un sorriso seccato.
‒
Non so… era mica un buongiorno, quello?
Per
un
momento cadde il silenzio tra i due.
‒
Allora, che sei venuto a fare qui? ‒ domandò lei.
‒
Avevo voglia di passeggiare assieme ai miei Pokémon ‒ rispose Gold
mettendo una
mano sulla cintura delle Ball.
‒
Intendi renderti utile oppure posso continuare da sola in santa pace? ‒
chiese
quindi Sapphire facendosi spuntare un velo di allegria sul volto.
‒
Fammi posto, dai.
E
cominciarono a far lottare i loro Pokémon cercando di non demolire tutto
ciò
che avevano attorno. Gold dopo un certo tempo propose di mettersi in
pratica in
uno delle modalità di Allenamento che aveva maturato con Red in cima al
Monte
Argento molti anni prima: i due avrebbero dovuto scontrarsi con un
Pokémon
ciascuno sferrando le mosse più deboli e meno efficaci nei confronti
dell’avversario. I due non tentavano questo esercizio per la prima
volta, lo
avevano già fatto a Johto e a Sinnoh, avendo viaggiato assieme in quelle
regioni.
‒
Pilo, Fogliamagica!
‒
Togebo, Forzasfera!
Tropius
fu
colpito da una bolla di energia pura che gli scalfì appena le squame
mentre
Togekiss riuscì ad evitare la tempesta di foglie scatenatagli contro con
un
paio di vertiginose virate.
‒
Lo sai che quando lotti mi spaventi? ‒ fece ad un certo punto Gold
cadendo in
malo modo in mezzo alla situazione.
Sapphire
prese
una tinta indefinibile. ‒ Come scusa?
‒
Sei minacciosa, sembra che tu voglia saltare addosso all’avversario e
addentarlo al collo furiosamente ‒ spiegò quello.
‒
Non capisco.
‒
A te piace lottare, giusto Sapphire?
‒
Certo che mi piace… ‒ rispose come fosse ovvio.
‒
Togebo, Ondashock!
‒
Verdebufera!
Stavolta
fu
la mossa di Gold ad andare a vuoto, Sapphire riuscì a sballottolare il
Pokémon avversario dall’altra parte del campo.
‒
Eppure sembra che tu faccia uno sforzo immane, lo sai? ‒ esordì una
seconda
volta il ragazzo.
‒
Scusami?
‒
Ti piace lottare, Sapphire?
La
ragazza
esitò. ‒ Gold, te l’ho già detto, la smetti di…
‒
Forzasfera!
Fu
colta
alla sprovvista, Tropius incassò un secondo attacco.
‒
Pilo, rispondi con Energipalla!
‒
Togebo, difenditi!
La
bolla
di energia verde impattò contro il petto del Pokémon di Gold che
resistette all’impatto senza cedere minimamente.
‒
Basta così, rientra ‒ e il ragazzo dagli occhi d’oro mise fine alla
battaglia.
‒
Gold non puoi lasciare le cose così su due…
‒
Ho voglia di un gelato, forse torno tra un po’ ‒ e si congedò in fretta
come
era arrivato.
Sapphire
rimase
lì come un’idiota, con gli occhi fissi sulla porta dietro cui era
sparito Gold.
Verso
le
nove e mezza, la ragazza di Hoenn si rese conto che il flusso di persone
cominciava ad aumentare. Al quinto spettatore occasionale che si fermava
lì nei
pressi e cominciava a fissarla a bocca aperta come fosse una
spogliarellista
smise di far lottare i propri Pokémon e tornò nella sua cabina dove si
rinchiuse in doccia.
Alle
dieci
era sul ponte e cercava le facce di Emerald e Crystal in mezzo alla
folla. Non impiegò molto a trovare la Dexholder di Johto, il suo
corregionale
invece era praticamente invisibile tra tutte quelle persone. Vide che si
trovavano davanti ad uno dei maxi schermi e lo fissavano parlottando tra
loro
con espressione atona. Trovandosi poco dietro di loro, istintivamente
Sapphire
portò lo sguardo alla trasmissione.
Al
centro
dello schermo c’erano una decina di personaggi che camminavano su un
tappeto rosso in mezzo ad una pioggia di flash di macchine fotografiche
e
schiacciati da entrambi i lati da folle ululanti: i Campioni delle Leghe
Pokémon. Davanti a tutti Red, che portava una casacca bianca e dei
bermuda
floreali, seguito da Ruby, con indosso una camicia bordeaux e dei
pantaloncini
neri, più dietro Camilla, Iris e tutti gli altri. C’era grande festa a
Vivalet,
la capitale di Holon, i massimi esponenti delle lotte Pokémon del mondo
erano
giunti nella regione. Subito dopo scorse una ripresa in cui tutti loro
lasciano
le impronte delle mani in un calco di cemento ancora fresco appena sotto
la
titanica statua di un allenatore che stringe in mano una trofeo che
ricorda una
Poké Ball e che dovrebbe essere proprio la coppa del vincitore del
Campionato
Internazionale. Stacco. Una anchor man cominciò a parlare del reale
inizio dei
festeggiamenti nella regione ospitante il torneo. L’interesse di
Sapphire si
disperse.
Stavano
per
sbarcare a Holon, mancava un solo giorno all’inizio di tutto. Era il
momento di iniziare a percepire la tensione.
La
M/N
Providence attraccò al porto di Vivalet a mezzogiorno in punto.
Sapphire,
Gold, Emerald e Crystal scesero sulla terraferma, si immersero nel caos.
C’era
grandissimo movimento per le vie della città, la capitale di Holon non
aveva
mai ospitato tanti turisti in una sola volta. Era una calda località
costiera,
come del resto l’intera regione, e quel ventesimo giorno di giugno era
popolata
principalmente da personaggi con grandi cappelli, ciabatte e costumi da
bagno.
‒
Andiamo a farci un bagno anche noi? ‒ propose Emerald.
‒
Non sarebbe una cattiva idea… ‒ approvò Gold.
Anelando
la
fresca acqua che li attendeva, raggiunsero l’hotel in cui avrebbero
alloggiato. Era un palazzo celeste che si affacciava sul lungomare dal
quale
spuntavano grossi balconi di vetro.
Dopo
poco
si erano già sistemati nelle loro stanze, raggiungerle non era stata la
cosa più facile del mondo, in mezzo a quel brulicante formicaio pieno di
bambini che supplicano i genitori di scendere in spiaggia e signori in
vestaglia che si lamentano per il clima torrido. Sapphire buttò la sua
valigia
sulla moquette e la aprì per sistemare al meglio le sue cose, quindi
scappò in
balcone e si poggiò sulla ringhiera ad osservare il mare. Aveva voglia
di
rilassarsi e smettere di pensare a tutto il casino che avrebbe
affrontato nei
giorni a seguire, ma la cosa non gli riusciva particolarmente semplice.
Si
trovava al sesto piano e da lì la spiaggia sembrava talmente tanto
affollata da
farla sudare pure a distanza. Per fortuna a quell’altezza soffiava una
piacevole brezzolina fresca.
Da
quello
che sapeva, in giornata sarebbero arrivati in hotel pure i suoi amici di
Kanto assieme a Silver. Era felice di poterli rivedere tutti,
soprattutto per
un’occasione del genere. Decise di scrivere a Blue per chiederle a che
ora sarebbe
arrivata, accese il PokéNav. Il destino le andò incontro e le fece
trovare una
decina di suoi messaggi non letti. Le aveva scritto che sarebbe arrivata
verso
nel pomeriggio assieme a Green e agli altri Capipalestra della sua
regione,
mentre Silver e Yellow avrebbero già dovuto trovarsi lì nel momento in
cui loro
sarebbero arrivati loro della M/N Providence. La ragazza si rallegrò ed
uscì
fuori dalla sua camera per raggiungere il resto del gruppo. Dietro la
porta si
imbatté in Crystal che presumibilmente era venuta a chiamarla.
‒
Abbiamo trovato Silver e Yellow di sotto, scendi per pranzo?
Lei
annuì
contenta e si precipitò in ascensore. Si unì al tavolo dei cinque
Dexholder proprio di fronte a Silver e accanto a Yellow che la accolsero
sorridendo. Si era accaparrata al self service un bel vassoio pieno di
cibo
all’apparenza squisito e tra un carpaccio di salmone, una birretta
gelida e un
po’ di risate tra amici tutti si ingozzarono in maniera spropositata.
‒
Stasera dobbiamo organizzare qualcosa con gli altri, d’accordo? ‒
propose Gold.
‒ Giusto per scaricare la tensione per domani.
‒
Secondo me faresti meglio a riposare invece, e poi tu domani neanche
combatti…
‒ lo contestò Crystal
‒
È una questione di rito, Chris ‒ intervenne Emerald.
‒
Io non ci vedo nulla di male ‒ buttò lì la timida Yellow.
‒
Direi di aspettare gli altri, poi si vedrà ‒ fece Silver.
‒
Quando dice così significa che è d’accordo ma non vuole darlo a vedere ‒
rise
il suo rivale dagli occhi dorati.
‒
Io vorrei riscaldarmi un po’, ma non penso che una serata fuori potrebbe
farmi
tanto male… ‒ mormorò Sapphire.
‒
Più calda di così, gioia? ‒ la provocò Gold prima di incassare un
violento
calcio sulla tibia da parte di Crystal.
‒
Vediamo, dai ‒ si arrese la Catcher.
‒
Magari neanche riuscite ad uscire che vi precipitano addosso elicotteri
di
giornalisti…
Nel
post
pranzo, quasi tutti si godettero il torpore. Gold si appisolò su un
divanetto, Emerald lo imitò, Crystal e Yellow si stesero in costume
sulle
sdraio accanto alla piscina dell’hotel immerse nella lettura, Silver e
Sapphire
decisero di facilitare la digestione passeggiando un po’. Il caldo era
micidiale, il fulvo portava una maglietta senza maniche grigia e un
costume da
bagno a pantaloncino di tipo hawaiano, Sapphire era in shorts e canotta.
Lei
portava la bandana a mo’ di cerchietto e lui si era legato i capelli in
un
codino. Scelsero di muoversi con i piedi a mollo nell’acqua della riva
del mare
per evitare di sciogliersi lentamente come scamorze su una padella. I
bagnanti
erano quasi tutti sotto gli ombrelloni o a casa a quell’ora, regnava una
calma
innaturale.
‒
Quindi pensavo… perché non provarci? Insomma, io Capopalestra, non è
malaccio…
‒ stava spiegando lui.
Sapphire,
ascoltandolo,
lo studiava attentamente. Era snello, longilineo quasi come Ruby,
ma i capelli lunghi e gli occhi chiarissimi gli davano un qualcosa di
elfico.
‒
Quindi intendi fare proposta per il posto?
‒
Non so, è tutto al completo e ora come ora è difficile fondare una
palestra da
zero, ci vogliono parecchi soldi e le conoscenze giuste…
Aveva
viaggiato
assieme a lui e Crystal per la regione di Kalos. Le aveva già
raccontato in quell’occasione di tale idea. Secondo Sapphire,
inconsciamente
cercava di imitare suo padre nell’unica cosa ammirevole che avesse fatto
in
vita; Silver non era il tipo da avere l’ambizione della fama e se lo
fosse
stato certamente non avrebbe cercato di ottenerla diventando
Capopalestra.
‒
Domanda scema: hai già deciso il tipo?
‒
Non so, pensavo di fare come Green quando poi lui stesso mi ha fatto
notare che
ho una innata predilezione per il tipo Buio.
‒
Certo se la metti così allora c’è un posto libero come Capopalestra di
quel
tipo, hai conosciuto Luna, a Costa Mirach, Sidera?
Entrambi
sorrisero.
Il soggetto in questione era chiaro a tutti e due.
‒
Tu piuttosto, potresti aspirare ad una carriera da Campione con la forza
che ti
ritrovi…
Sapphire
non
rispose.
‒
Ci hai mai pensato?
‒
Non lo so, in realtà, non è che sia proprio il mio sogno.
Silenzio.
Si
erano fermati. Silver si incupì per un istante. ‒ Vuoi tornare indietro?
‒
le domandò.
Sapphire
mosse
appena la testa su e giù.
‒
Andiamo, dai.
La
ragazza
raggiunse le amiche sulla riva della piscina dell’hotel. Crystal si era
appisolata, Yellow le sorrise chiudendo il libro che stava leggendo non
appena
la vide. Sdraiata con i piedi a mollo le sembrava quasi una sirena, la
bionda
ragazza del Bosco Smeraldo. Piccola e delicata, curvilinea e luminosa.
Sapphire
le si sedette accanto.
‒
Tra poco dovrebbero arrivare Green, Blue e Red ‒ le disse.
‒
Lo so, spero che riusciranno a staccarsi le telecamere di dosso il
signor
Campione e mister Capopalestra… qua a Holon sembrano star del PokéWood.
‒
Ma anche voi che non siamo membri dell’Associazione Pokémon non è che ve
la
passiate tanto bene, ho visto.
‒
Blue ha fatto la cosa migliore ad accodarsi a loro, nessuno la
infastidisce se
si nasconde dietro a quei due personaggi…
‒
No, sono io quella che sta meglio, mi conoscono in tre e nessuno mi
infastidisce.
‒
Sai che non pensavo ti saresti iscritta…
‒
Beh, è andata come quella volta alla Cupola Lotta con Emerald, c’erano
tutti i
Dexholder, non siamo noi se non siamo al completo ‒ sorrise.
‒
Già, spero che riusciranno ad aggregarsi pure quelli là…
‒
Sì.
E
Sapphire percepì la punta di malinconia nella voce di Yellow. ‒ Con Red?
‒
domandò senza troppe cerimonie.
Yellow
sospirò.
‒ Niente di niente, non ci vediamo spesso ma quando ci vediamo lui
sembra felice.
‒
E tu?
‒
Io sono al settimo cielo, ma non so se può funzionare, in realtà. Ci
conosciamo
troppo bene.
‒
Non dovrebbe essere un incentivo?
‒
Scherzi? Sembra che mi guardi come si guarda una sorella minore.
‒
Ma tu fai qualcosa che gli faccia capire come ti senti, siete tanto
uniti…
magari coinvolgilo in qualcosa che lo faccia distrarre dai suoi impegni
di
Campione.
‒
Non so, ora che ho l’allevamento a Kanto ho provato io a distrarmi un
po’, ma
mi sono resa conto che neanche più quello mi dà relax…
Sapphire
si
illuminò. Le tornarono in mente le parole di Gold: “Ti piace lottare?”
‒
Prova a… ‒ e si interruppe, mancando anche lei di una reale soluzione al
problema.
‒
Cosa?
‒
Non lo so, in realtà.
‒
Anche tu così, eh?
Sapphire
non
annuì, ma non negò neanche.
‒
Dev’essere più difficile per te, io ogni volta che perdo di vista Red
per un
po’ di tempo penso quasi di essere stanca di aspettarlo, ma poi una
giornata
con lui sembra far tornare tutto come ai primi giorni… ‒ Yellow si rese
conto
che Sapphire aveva preso una preoccupante aria accigliata. Abbassò lo
sguardo e
tornò al suo libro.
La
ragazza
di Hoenn invece si alzò in piedi e se ne andò senza guardarla né
congedarsi. Passando per la hall dell’hotel si imbatté in una matassa di
persone che portavano armate di cellulari, fotocamere, Poké Net e
qualsiasi
altra cosa permettesse loro di riprendere o immortalare la situazione.
Comprese
subito. Discreta e non distratta dalla voglia di fare video e foto,
cominciò a
fare lo slalom tra la gente fino a raggiungere un punto dal quale le
fosse
possibile osservare con facilità. Una limousine si era appena fermata
davanti
alla porta d’ingresso dell’hotel, la portiera si aprì, Red mise un piede
fuori
e ne uscì con un gran sorriso stampato in faccia, lo seguì Green e
infine Blue.
Erano riusciti a farsi piazzare in quell’hotel. Un’interminabile
ovazione si
levò dalla folla, i tre Dexholder si mossero attraverso un’isterica
capanna di
persone adoranti. Nessuno di loro si accorse di Sapphire, anche se le
passarono
accanto. Lei li vide sfilare davanti a sé uno alla volta. Red, con gli
stessi
vestiti che gli aveva visto indossare in tv quella mattina, portava i
capelli
nerissimi scompigliati come sempre, Green, con il suo ciuffo castano che
sfidava la forza di gravità era sensibilmente più sobrio
nell’abbigliamento,
guardava davanti a sé con senza quasi sbattere le palpebre e muovendosi
con le
mani in tasca. Quei due baldi giovani erano amatissimi dalle folle, non
solo
per la loro fama di grandissimi Allenatori, quanto anche per l’immagine
forte e
atletica che davano. Infine, dietro i due la ragazza scorse lo sguardo
di Blue
che ogni tanto si lasciava andare a qualche occhiolino rivolto alla
folla, non
ricordò di averla mai vista più bella. Un velo di eyeliner e un tocco di
mascara amplificavano la luce dei suoi occhi in maniera quasi
innaturale, il
suo corpo splendidamente scolpito in forme tondeggianti e morbide era
avvolto
in un vestitino leggero di color viola scuro che terminava in una breve
gonna
che raggiungeva le sue cosce toniche. I suoi fluenti capelli castani
ondeggiavano senza mai scomporsi dalla loro piega, accecando qualche
malcapitato con i loro riflessi chiarissimi. Blue non era Capopalestra
né
tantomeno Campione, ma con la scusa di farsi accompagnare in qualità di
amica si
era affilata ai due uomini per raggiungere Holon. La ragazza di Hoenn li
vide
scomparire in ascensore scortati da due inviati della Lega locale,
mentre un
terzo mostrava alla tipa della reception le tessere che confermavano che
la
loro organizzazione avrebbe saldato il conto della permanenza in hotel.
Ben
presto
la voce si diffuse, pure gli altri Dexholder, persino Gold ed Emerald
che erano ancora bellamente appisolati durante l’arrivo delle star,
vennero a
sapere che i loro amici erano arrivati.
‒
Dici che dovremmo andare noi da loro? ‒ domandò Crystal sorseggiando un
milk-shake al bar del pianterreno.
‒
Non penso… ‒ rispose Emerald.
‒
Ci sono i bodyguard davanti alle loro camere ‒ informò Silver.
Sapphire
semplicemente
non disse nulla e aprì il suo Poké Nav. Trovò un messaggio da
parte di Blue: “Sali” diceva.
Abbandonò
il
bancone mormorando solo: ‒ Io provò a dare un’occhiata…
Giunse
al
tredicesimo piano, si ritrovò in un fresco corridoio arieggiato dalle
pareti
color blu mezzanotte e illuminato solo da alcune barre luminose poste
all’angolo in basso dove le mura incontravano il pavimento. Percorse
tutta
quella galleria passando davanti a porte di suite estremamente
distanziate tra
loro finché non raggiunse un’uscita in vetro che dava su un balcone
ampio tre
volte la sua stanza. Uscì.
‒
Oh, ce ne hai messo di tempo… ‒ mormorò Blue che le comparse davanti
all’improvviso. Si stava spazzolando i capelli e non aveva più il
vestito di
prima ma indossava un pareo che lasciava intravedere il bikini
attraverso la
trasparenza.
Sapphire
la
guardò, poi dovette lottare per non tornare con gli occhi puntati sul
panorama che quella terrazza d’alta quota offriva.
‒
Blue, ti aspettavo da ieri! ‒ esclamò lasciandosi stringere in un
abbraccio
dalla sua amica.
‒
Hai visto che roba? Di sotto intendo? Qua a Holon sembrano pazzi.
‒
Assurdo, e io che pensavo di aver avuto il peggior impatto con la folla
di
tutta la storia…
Blue
sorrise
carezzandole la guancia con delicatezza. ‒ Immagino il motivo per cui
ti stiano tanto appresso.
‒
Non esagerare, non so se ti sei resa conto dell’espressioni che fanno
quando ti
guardano.
Sapphire
arrossì
lievemente. ‒ Perché mi hai fatta venire qui?
‒
Avevo voglia di parlare con te in privato.
Sapphire
sorrise.
Aveva viaggiato per Alola, Unima e Sidera in compagnia di Blue, in
tutto quel tempo aveva sviluppato con lei un rapporto particolare, la
percepiva
come una sorella maggiore, era come se ognuna di loro conoscesse tutto
dell’altra.
‒
Capisco, Green e Red sono ancora in stanza? ‒ domandò lei.
‒
Green e Red ora scenderanno e staranno col resto del gruppo, noi li
raggiungeremo in seguito ‒ spiegò quella appoggiandosi alla ringhiera.
‒
Sei stata con Red e Green per un po’ di giorni, che tipo di vita fanno
quelli
come loro in queste occasioni?
Blue
rise.
‒ Red prende la cosa come un gioco… Green ormai ci ha fatto l’abitudine…
è strano, sono tutti ricchi da far schifo quelli che gli ronzano
attorno. Una
foto qua con il ministro di non so cosa, una stretta di mano là
all’assessore
di non so che altro… accogliere le sfide degli Allenatori è l’unico
momento di
riposo per loro.
‒
Tutto un lavoro di immagine?
‒
Esatto, tutto un lavoro di immagine ‒ Blue la guardava con l’aria di chi
aveva
capito cosa ronzava per la testa al suo interlocutore. ‒ Non penserai
ancora a
lui, vero?
‒
No ‒ rispose Sapphire all’istante. ‒ Ma ogni tanto mi torna in testa,
sai
com’è…
Blue
sospirò
con fare di rimprovero. ‒ L’ultima volta quando vi siete parlati?
Sapphire
sentì
l’amarezza delle parole. ‒ Nove mesi fa, era il mio compleanno, mi ha
regalato questa ‒ e mostrò il ciondolo con la pietra celeste attaccato
al suo
collo.
‒
E tu?
‒
L’ho scaricato in malo modo…
‒
Ma porti la collana che ti ha regalato. E hai anche una nuova bandana a
quanto
vedo ‒ aggiunse ben sapendo chi fosse il sarto creatore delle bandane di
Sapphire.
Sapphire
arrossì
di nuovo.
‒
Stavo pensando… ‒ esordì Blue prendendo un altro tono. ‒ prima agivo
come se
dovessi in qualche modo dimostrare di essere all’altezza di Green, di
Red o di
qualsiasi altro maschio avessi contro… ho capito solo dopo che non c’era
bisogno di dimostrare nulla a nessuno.
Sapphire
rialzò
lo sguardo e lo puntò negli occhi celesti di quella, poco più chiari dei
suoi.
‒
Alla fine ci sei solo tu ‒ le diede un buffetto sul naso con la punta
delle
dita. ‒ Deve valere così tanto quel ragazzo per te...
‒
Doveva ‒ la corresse Sapphire.
‒
Perché? Mica è morto… ‒ le strizzò l’occhio.
Sapphire
volle
ribattere, ma fu preceduta dall’arrivo di tutto il resto del gruppo
guidato da Green e Red che avevano condotto anche gli altri sulla
terrazza
panoramica del piano d’élite. Sapphire corse incontro a Green e Gold e
li
salutò dando un bacio sulla guancia a entrambi. Avevano uno strano
sorriso,
tutti e due, come se si stessero godendo ogni momento da persona normale
assieme
agli amici di sempre assaporandone il gusto quasi nostalgico. E forse
era
proprio così.
Dopo
un
minuto scarso di convenevoli e saluti, Gold propose di sedersi e bere
qualcosa, ma Gold lo precedette.
‒
Non qui.
‒
Abbiamo pensato di farvi vedere l’unica cosa per cui valga la pena di
avere il
trattamento speciale riservato a Campioni e Capipalestra ‒ spiegò Green.
‒
Tutti in costume ‒ consigliò Red.
Tutti
e
nove indossarono indumenti adatti alla balneazione, si diressero fino al
pianterreno, abbandonarono l’hotel e furono condotti dai due verso un
sottile e
abbandonato braccio di costa. Camminarono su una sabbia bianchissima, a
est
erano schermati da una scogliera e a ovest la spiaggia era vuota per
qualche
altro centinaio di metri. C’erano solo loro, un largo baldacchino sotto
al
quale era stata piazzata un lungo tavolo, nel punto più lontano dalla
riva
invece stavano delle cabine e delle docce.
A
tutti loro si aprì un mondo. La tensione per il Campionato, lo stress
per la
pressione mediatica, la stanchezza per il viaggio sembrarono sparire.
Tutto
sembrò sparire in una nuotata, una partita a beach volley. Tutti
tirarono fuori
pure i loro Pokémon in modo da farli rilassare all’esterno delle loro
claustrofobiche Poké Ball. E il pomeriggio scorse rapidamente, ben
presto il cielo
cominciò a farsi più rossiccio e il sole lentamente si avvicinò alla
linea
dell’orizzonte verso occidente.
‒
Avete degli asciugamani? ‒ chiese Sapphire uscendo fradicia dall’acqua.
Red
gliene
passò uno prendendolo da dentro la cabina. Era in microfibra, si
impregnava parecchio ma asciugava a velocità impressionante. Sapphire se
lo
avvolse attorno dopo essersi fatta una doccia.
‒
Siete riusciti a farmi distrarre dal mio allenamento, comunque, è
un’impresa
difficile ‒ disse al Campione di Kanto intercettandolo.
Quello
si
voltò. ‒ Credimi, rendono molto di più dopo un pomeriggio di relax in
spiaggia… ‒ scherzò quello.
‒
Hai trovato questa cosa delle interviste e delle foto tanto più
sfibrante di
una giornata da Campione?
‒
Di una giornata da Campione con le interviste e le foto? ‒ ironizzò lui.
Sapphire
sorrise
alla battuta.
‒
Per fortuna dovrebbe ridursi l’ammontare dei miei compiti dopo il mio
distacco
dalla regione di Johto.
‒
Ah, ci siete riusciti alla fine?
‒
Sì, i Superquattro rimangono gli stessi per entrambe le regioni, ma il
ruolo di
Campione e il compito di svolgere tutte le mansioni di amministrazione
della
Lega nella regione di Johto adesso spettano a Lance.
Nella
voce
di Red c’era una punta sottile di stanchezza. Sapphire non mancò di
notarla.
‒
Siamo felici che tu possa essere il rappresentante di Kanto, stai
iniziando a
stancarti?
‒
No, non mi lamento del mio lavoro.
‒
Lavoro, lo chiami?
‒
Dipende… ‒ gli occhi di Red si posarono sul gruppo dei suoi amici che
usciva
dal mare ridendo, Green che prendeva Blue sulle spalle e Gold che
trovava ogni
istante buono per lanciare il pallone a Crystal. ‒ quando lo facevamo
per il
solo gusto di farlo era tutto diverso. Ma andare in giro a sfidare
Capipalestra
non ti paga le bollette… ‒ mormorò.
‒
Ti manca tutto questo?
‒
Mi manca, certo.
Sapphire
cercò
di seguire la linea del suo sguardo per capire se stesse guardando
Yellow
o no. Ovviamente la cosa non le riuscì.
‒
Ma penso di poter fare qualcosa d’ora in poi, non so… provare a vederci
più
spesso, cercare qualche giornata in cui siamo tutti liberi e inventarci
robe
tipo questa.
‒
Vorrei potervi portare in qualche luogo di Hoenn, una volta…
‒
Oh, sono sicuro che si potrebbe fare.
‒
Tu dici?
‒
Ovvio, serve solo un po’ di… organizzazione… ‒ concluse la frase con un
tono
malinconico. Red era sempre stato quello più felice alla vista di tutta
la
squadra dei primi Dexholder riunita. Era uno che faceva piani, proposte,
sogni.
Ma ultimamente il sistema andava contro di lui. Quante cene non
realizzate,
quanti compleanni a sorpresa mai festeggiati, quante vacanze insieme
andate a
monte. Per fortuna sembrava bastasse un pomeriggio per scordare tutti i
piani
fatti assieme mai portati a termine.
‒
Tirate fuori l’alcol che qua Silver comincia ad avere sete ‒ lo
canzonava Gold.
‒
Sì, certo, ma prima ti accompagniamo a letto ‒ gli rispondeva il rosso.
All’imbrunire,
quando
le nuvole cominciavano a tingersi di un rosa tenue, numerosi camerieri
vestiti di bianco cominciarono a scendere direttamente dall’hotel e a
portare
luminosi vassoi e secchi pieni di ghiaccio e bottiglie alla tavola. Come
falene
attratte dalla fiamma, tutti si precipitarono verso le vivande, alcuni
ancora
avvolti nell’asciugamano, altri con addosso un paio di pantaloncini o
una
canotta in più. Il più entusiasta era Emerald.
Si
erano
seduti tutti, i camerieri erano spariti ed era stato portato del cibo
pure per i Pokémon quando Red, seduto a capotavola, si alzò in piedi e
diresse
verso il cielo la mano che stringeva il calice pieno di vino bianco. Gli
occhi
di tutti i presenti erano su di lui.
‒
A tutti noi ‒ enunciò. ‒ domani sarà una giornata come un’altra, andrà
tutto
bene, finché saremo tutti uniti.
Gold
fece
finta di avere un conato, Blue ridacchiò e Green alzò gli occhi al
cielo.
‒
…e per quanto per alcuni possa sembrare smielato ‒ proseguì il Campione
in tono
di rimprovero. ‒ credo di parlare a nome di tutti dicendo che siete una
delle
cose migliori che mi sia mai capitata.
‒
Vi voglio bene, amici ‒ spuntò fuori Yellow alzando il bicchiere come
Red.
Silver
stupendo
tutti fu il terzo ad unirsi al brindisi. Lo seguirono Emerald e
Crystal.
‒
Chi ci ammazza, a noi? ‒ e pure Gold entrò in scena.
‒
Non siamo tanto male… ‒ lo imitò pure Green.
Blue
aveva
gli occhi lucidi, anche lei alzò il calice. Sapphire si accodò
immediatamente.
‒
Vi auguro il meglio, e non per il torneo o altro… ‒ proseguì Red. ‒ …il
meglio
per sempre. Grazie di tutto.
Tutti
bevvero.
La cena cominciò ufficialmente, il cibo era, ovviamente, dieci volte
migliore di quello mangiato a pranzo. I brindisi che Gold proponeva per
qualsiasi cosa gli passasse per la mente davano alla serata quel tocco
di trash
che non guastava mai, Emerald cominciò a cacciare fuori canti
tradizionali
totalmente a caso man mano che il suo bicchiere si svuotava e poi si
riempiva
sempre più frequentemente, Blue era quella che sapeva raccontare storie
migliori, soprattutto quando di mezzo c’erano personaggi incontrati per
strada
che avevano tentato con lei un approccio non propriamente parrocchiale.
Il cibo
cominciò a terminare, i vini e lo champagne erano alla seconda ripresa.
Ormai
il cielo si era scurito del tutto e l’unica cosa che illuminava la
situazione
erano le candele che Red aveva romanticamente acceso dopo il
sopraggiungere
dell’oscurità e le luci lontane della città di Vivalet che si preparava
ad
accogliere il più grande evento Pokémon degli ultimi dieci o venti anni.
Sulle
ultime
tutti cominciarono ad alzarsi dalla tavola, a Yellow venne la geniale
idea di accendere un falò sulla spiaggia e con un po’ di impegno e olio
di
gomito riuscirono ad avere la loro fiamma tribale in poco tempo. Tutti
vi si
sedettero attorno sorseggiando le ultime scorte di acqua di fuoco che
avevano e
alternando con balli improvvisati e totalmente scoordinati. Qualcuno
proponeva
di dormire sulla sabbia sopra agli asciugamani, segno che il sonno e le
due o
tre ore dopo la mezzanotte cominciavano a premere sulle loro palpebre.
Sapphire
aveva
la testa che girava, c’era Crystal accanto a lei che dormiva avvolta in
un telo da mare, Gold ed Emerald ridevano assieme ad un ben poco sobrio
Silver
mentre Blue e Green vagavano da una parte all’altra della spiaggia come
lei.
Sulla scogliera, poco lontano, stava Red con una Yellow distrutta che
teneva la
testa poggiata sulla sua spalla. Guardavano la luna.
Quando
Blue
scelse di tornare in camera per chiudere gli occhi decentemente e
svegliò
Crystal per suggerirle di permettersi lo stesso lusso, la ragazza di
Hoenn
rimase sola con Green che giocava con le braci di un fuoco ormai spento.
‒
Ti vede, eh ‒ esordì lei con il ragazzo dagli occhi color giada
sedendoglisi
accanto. ‒ …come la guardi ‒ con molta probabilità era lo champagne a
parlare
in buona fede per lei.
‒
Mh, cosa? ‒ le chiese quello. Neanche lui era troppo asciutto.
‒
Blue ‒ spiegò. ‒ non ti darà mai la soddisfazione di fare la prima
mossa.
‒
Ma quale prima mossa? Ci conosciamo da duemila anni, non è storia, la
nostra.
‒
Non mi sembra una motivazione valida ‒ fece Sapphire portando lo sguardò
a
Yellow e Red, che nel frattempo si erano avvolti l’una nelle braccia
dell’altro, e facendo sì che Green la seguisse.
‒
Blue è affascinante e intelligente ma non ha regole, non ho tempo di
stare
dietro ad una come lei…
‒
Eppure lo fai.
La
risposta
di Green si fece attendere. Le loro voci erano melliflue e rilassate,
ma la pausa fu troppo lunga perché ci potesse essere un’altra risposta
da parte
di Green.
‒
E lei te lo lascia pure fare… ‒ proseguì Sapphire.
‒
Bah, penso che meno ci mettiamo in mezzo, meno rischiamo di fare
stronzate…
La
ragazza
dondolò su se stessa. ‒ Lo pensavo anche io, ma mi pare che tu abbia
già passato quella fase, ora sei più morbido, no?
Green
si
imbronciò leggermente.
‒
Blue si è divertita e sa come divertirsi quando vuole. Ma ora cerca
serietà,
avete pure ventidue anni, non potete continuare a giocare ‒ la lasciva
saggezza
della brilla Sapphire metteva a disagio il Capopalestra di Smeraldopoli.
Green
gettò
qualcosa nel fuoco, forse un sasso, forse una conchiglia. ‒ Non so se mi
va, magari è il caso che io mi trovi qualcun altro… ‒ il ragazzo si alzò
e fece
per andarsene.
Sapphire
si
incupì. ‒ Che ti trovi qualcun altro per convincerti ad ignorare Blue? ‒
Sentì Green fermarsi e percepì la sua titubanza nel rispondere.
‒
Forse sì ‒ e si allontanò.
Sapphire
attese
qualche minuto da sola, poi salutò gli altri e si diresse verso l’hotel.
Si buttò sul suo letto felice, felice per la serata meravigliosa e per
aver
degli amici del genere. Era stanca, ma stanca dal divertimento. Si fece
una
doccia e, dopo essersi asciugata, chiuse gli occhi con indosso una
maglia
troppo grande per lei e gli slip. Strinse la bandana al suo petto.
Era
felice,
sì, ma nella sua scatola di cartone mancava qualcosa.
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