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HNK - The Impure's Rebirth - 0 - Spark

Spark


Un forte mal di testa, dovuto alle poche ore di sonno, lo distraeva continuamente dalla sua mansione.
Non era neanche spuntato il primo raggio di luce, e lui si trovava adesso a fare quello che faceva tutte le mattine, con una cadenza perfetta, precisione al minimo secondo.
Ore quattro: sveglia.
Ore quattro e dieci: rasatura della barba e pulizia intima.
Ore quattro e venti vestirsi e mettere in ordine la brandina.
Ore quattro e trenta: inizio della giornata.
Così, tutte le mattine svolgeva le stesse ed identiche azioni, nell’ordine prestabilito, così come gli era stato detto, o meglio, imposto.
Si avvicinò all’uscita di quella che era stata una palestra scolastica, ora adibita a camerata maschile, e prese la seconda Poké Ball sullo scaffale, retto per miracolo da una rete di fili di ferro che faceva affidamento su di un paio di chiodi rossi di ruggine.
- Avanti Loudred, esci e fa’ il tuo dovere. Niente smancerie oggi, mi esplode il cervello.
Placido, il Pokémon Vocione apparve dinanzi al grosso ragazzo che lo aveva appena risvegliato. Si stiracchiò, allungando le braccia prima in avanti e poi verso l’alto.
- Piano, mi raccomando. Iniziamo con un volume basso.
Loudred annuì, aprendo lentamente la bocca ed iniziando ad emettere ritmicamente onde sonore di intensità sempre maggiori.
Inizialmente non ci fu alcun effetto, se non qualche sporadico risveglio. I veri risultati si ebbero non appena Loudred iniziò ad urlare sul serio, assomigliando a una campana.
Tutti i ragazzi presenti si iniziarono a svegliare, lamentandosi come ogni mattina.
- Forza ragazzi, forza! Non siate pigri e muovete quel bel culettino che vi ritrovate. E mi raccomando, alle sei in punto dovete essere tutti pronti, i più piccoli vengano da me e io…
- Ciao zio Cole!
- Guarda un po’ tu chi si vede, ciao ometto! Come va stamattina?
- Benissimo, ho imparato a fare i lacci alle scarpe da solo! Non dovrò più chiedere ai grandi di aiutarmi.
- Beh questo è perché stai diventando grande, Kyle.
- Proprio come te? - chiese il ragazzino, euforico all’idea di poter assomigliare al ragazzo che aveva di fronte.
- Certamente. Che credi, io ho iniziato così. Impari ad allacciarti le scarpe da solo, e poi passi a combattere i cattivi. Parola di Christopher Coltrane!
- Da grande voglio essere proprio come te!
Cole prese il viso del bambino fra le mani, sorridendo, immedesimandosi in lui, quando anch’egli, da piccolo, guardava in quel modo il suo fratello maggiore.

Chissà dove sarai in questo momento, fratellone…

- Davvero vuoi somigliare a questo bisonte nero e tutto muscoli, senza cervello, piccolo? - sentenziò una voce che proveniva dalle spalle di Cole.
- Un buon giorno anche a te Daisy. Fai attenzione a come parli, non si addice ad una signorina.
- Sai dove puoi ficcartelo il tuo sarcasmo?
- Qualcuno si è svegliato dal lato sbagliato del letto stamattina?
- Piantala, non è giornata.
- Dai, ammettilo che sei innamorata di me e non vedi l’ora di saltarmi addosso, sei solo timida e cerchi di nasconderlo.
- Cole, davvero hai perso la testa in quella massa di muscoli? Sembri un sacco da centoventi chili di stronzaggine.
- Se proprio vuoi essere precisa, sono un metro e novantotto per novantadue chili, di cui il cento per cento sono muscoli. Avanti, so che non mi resisti.
- Sei un cretino. E anche il nero più inutile che abbia mai visto, non hai nulla da fare? Non dovresti tipo lavorare e portare da mangiare ai tuoi compagni?
- Sì ma cinque minuti con questa dolcezza non guastano mai- disse lui, avvicinandosi per baciarle la mano.
- Smettila, sai che odio queste porcate da galateo.
- È proprio per questo che l’ho fatto- disse lui sorridendo.
- Senti, vai a prepararti ed esci di qui prima che io mi arrabbi davvero.
- Agli ordini, sergente Hartman.
- Cole, prima che mi dimentichi, fai attenzione. Nella piazza c'è un battaglione al completo di Sacerdoti, se ho sentito bene, ti stanno aspettando.
- Grazie mille, sei un tesoro- la baciò, avvolgendo con il suo braccio la vita di lei, mentre le loro labbra si scambiavano milioni di parole non dette.
- Sei sempre il solito…
- È per questo che mi ami!- disse lui, dirigendosi verso i bagni pubblici.
Lì tutto era statale, dai bagni alle brandine dove dormivano. Tutto si trovava sotto l’influenza del Sacro Ordine, chiunque in quella Regione doveva sottostare alle leggi dello stato, il quale incombeva come un condor sui poveri cittadini che lavoravano duro per i loro dominatori.
Come se le cose non andassero magnificamente male anche senza di loro.
Erano passati ormai due anni dalla Grande Guerra, scoppiata nel 2038. Tutto era iniziato quando un gruppo di fanatici scienziati, Sinnoh, grazie alle nuove scoperte tecnologiche, riuscì a sviluppare una nuova tipologia di bomba, soprannominata in seguito Bomba 0. Essa era in grado di creare dei potenti pozzi gravitazionali che, essendo comandabili da lunghissime distanze, rendevano il loro possessore in grado di far scomparire nel nulla intere placche continentali in pochi minuti, facendole collassare all’interno del buco nero, praticamente impossibile da bloccare. Il tutto era stato scoperto da una setta di fanatici religiosi, aiutati da tutti gli scienziati che i soldi fossero in grado di conquistare, nominata “Il Sacro Ordine”. Al suo vertice si poneva il capo religioso, comunemente chiamato Sua Santità, in quanto solo i suoi diretti sottoposti avevano la possibilità e l’onore di riferirsi a lui utilizzando il suo vero nome. Utilizzando la sua figura di capo religioso, era riuscito ad ottenere un numero sempre superiore di seguaci pronti a dare la vita pur di adempire al loro compito: creare un nuovo mondo libero da soprusi e ingiustizie, libero da violenza e criminalità.
La Bomba 0 venne creata per questo: il suo principale utilizzo doveva essere di carattere intimidatorio; costringere il resto della popolazione mondiale alla pacifica convivenza con il prossimo, sotto la continua minaccia di distruzione totale del globo.
La prima Regione ad opporsi a Sinnoh fu Hoenn, i combattimenti durarono diversi mesi, prolungandosi dall’Ottobre 2038 sino al Marzo 2039. Tempo durante il quale Sua Santità, ormai leader indiscusso di Sinnoh, diede un ultimatum a Hoenn: arrendersi o venire distrutti dalla superiorità bellica del suo nemico.
I leader di Hoenn erano tuttavia rassicurati dal fatto che Sinnoh non avesse utilizzato la tanto nominata Bomba 0 per diversi mesi di acceso conflitto fra le due. In effetti, grazie alla superiorità numerica e al maggiore addestramento delle proprie truppe, Hoenn stava radendo al suolo le varie città di Sinnoh, lasciando in piedi unicamente Nevepoli poiché considerata inoffensiva, del tutto inutilizzabile dal punto di vista militare.
Poi, agli inizi di Marzo, Sinnoh decise di sperimentare la Bomba 0 sulla Regione di Hoenn.
In poche ore dopo il via libera, il razzo contenente l’ordigno, fu spedito in orbita e comandato sino alla rotta che lo avrebbe portato in collisione con Ceneride. L’impatto fu catastrofico: in soli due minuti, il buco nero artificiale si espandeva dalla Lega Pokémon sino a Memoride, inghiottendo qualsiasi cosa sotto il proprio dominio. La Regione collassò su se stessa, trasportando con se milioni di vite, fra Pokémon ed umani; nessuno fu in grado di salvarsi.
In meno di dieci minuti, Hoenn fu sostituita da un abisso profondo decine e decine di chilometri, arrivando fino alle caverne colme di magma che si trovavano alla base della Regione; intorno al suo perimetro si ergevano imponenti catene montuose, nate dalla forza attrattiva del buco nero. In questo modo, Hoenn scomparve, lasciando dietro di sé il vuoto, accentuato dalle enormi dimensioni delle montagne perimetrali che si innalzavano con i loro pennacchi sino alle nuvole più alte.
Il rombo dell’implosione fu udita in ogni angolo del pianeta, tra lo sgomento di tutte le popolazioni. Poche ore dopo la sconfitta di Hoenn, Sinnoh inviò un messaggio alle restanti regioni, utilizzando le parole di Sua Santità: - Alleatevi a noi, rendete i vostri servigi al nostro culto, alla nostra fede, oppure fatevi inghiottire dall’oscurità dell’abisso. La scelta è solo vostra.
Due giorni dopo, il 3 Marzo, tutte le Regioni si sottomettevano incondizionatamente a Sinnoh, quello fu l’inizio della fine.
Le popolazioni assoggettate furono rese al pari degli schiavi, lavoravano incessantemente, ricevendo in cambio il minimo indispensabile per poter vivere. All’interno delle varie città vi era una distinzione: il centro, dove vivevano i degni seguaci dell’Ordine, ed i Quartieri, luoghi in cui venivano isolate le popolazioni sottomesse, classificati per numero. Ognuno di essi godeva di una certa reputazione. Il più malvisto dai seguaci di Sua Santità, era il Quartiere 16, situato all’interno di Astoria, nuova capitale del regno.
Al suo interno si trovavano in maggioranza neri, persone apertamente contro la religione di Sinnoh, e chiunque fosse visto come “diverso” Questa era la casa di Cole, la sua famiglia, le persone per cui avrebbe dato la vita e per le quali si spaccava di lavoro la schiena dalla mattina alla sera lavorando come poliziotto nel centro città. Il suo lavoro certamente non era dei più semplici, dovendo cercare di placare i continui atti di vandalismo provocati dalla sua stessa gente. Le pene erano molto severe, e per un semplice furto di una mela si poteva venire giustiziati, in quanto non adatti alla prospettiva di vita della parte sana della popolazione.

Siamo un cancro per loro. Un fottuto virus da eliminare, senza però dimenticarsi di assoggettarlo e sfruttarlo fino all’ultimo. Fatti i loro comodi ci faranno fuori, ne sono sicuro. Prima o poi, la rivolta esploderà, ed io voglio avere la pistola carica in quel momento. Ed anche una confezione di cioccolato, ucciderei per averne qualche chilo…
Al momento è meglio placare gli animi, quindi vediamo cosa hanno da dirmi i testa a punta.


Cole, immerso com’era nei suoi pensieri, non si accorse di essere arrivato all’interno della Grande Piazza, il luogo in cui veniva riunita tutta la popolazione del Quartiere 16 in caso di annunci pubblici.
Una folla di uomini e donne di colore si era riversata in quel luogo, non appena i Sacerdoti avevano fatto il loro ingresso, con le loro uniformi bianche, candide e senza la minima macchia. Il gruppo trasportava un arsenale degno di una guerriglia, scortati da un branco di Ninetales ed, a capo di essi, un Delphox dall’aria altezzosa.
Il piccolo raggruppamento di milizia sembrava una briciola di meringa sopra una torta fondente, con tanto di granella colorata che fungeva da perimetro.
Chiunque, in quell’istante, inveiva con le parole ed i gesti contro i Sacerdoti, maledicendoli per la loro stessa esistenza ed invocando una futura vendetta che li avrebbe ridotti in cenere. Nonostante tutto ciò, il piccolo gruppo bianco continuava la propria marcia verso il centro della Piazza, fermandosi solo di rado per scaraventare via qualche coraggioso che tentava di ostruire il loro tragitto.
Non appena sul posto, la formazione si divise in due. Cole li guardava incuriosito.
- Chissà che merda sputeranno su di noi, stavolta.
- Per ordine di sua altezza, Sua Santità, sono qui oggi per porre fine al lavoro scorretto eseguito da Christopher Coltrane. Si faccia avanti il diretto interessato immediatamente, e non sarà usata la forza.

Lo sapevo, bella merda quella in cui mi trovo ora.

Cole avanzò lentamente, intorno a lui la folla si apriva per favorirne il passaggio, lanciandogli occhiate interrogative ed invadenti, cercando di scoprire il perché dell’intervento dei militari.
- Eccomi, qui per servivi- disse lui, cercando di sorridere il più possibile e facendo un profondo inchino.
- Christopher Coltrane, lei è accusato di disobbedienza dei diretti ordini di un Sacerdote suo superiore. Nel giorno tredicesimo del mese di Ottobre anno 2041 lei, in veste di poliziotto, ha deliberatamente deciso di non recuperare la merce rubata dal camion contenete le razioni indirizzate al centro di Astoria. A causa di ciò è costretto a restituire distintivo e Poké Ball contenenti le seguenti specie: Arcanine, Luxray, Sceptile, Staraptor e Blastoise. Pena per il rifiuto: morte immediata. A lei la scelta.
- Ehi ma guarda che carino, un Umpa Lumpa che sa parlare! Merda, non ne avevo mai visto uno. Oh, per rispondere alla tua accusa, io ho lasciato fuggire quel ladro da quattro soldi per salvare il suo ostaggio.
- Ed è andato contro un ordine ufficiale. Le era stato ordinato di recuperare il carico, non di salvare una vita.
- Era una bambina! Penso sia più importante di una fottuta partita di razioni, no?
- No, un banale impuro non è superiore a nulla. La tua priorità era il tuo ordine. Ed adesso ne hai uno nuovo: consegna distintivo e Poké Ball o morirai.
- Tieni pure, lurido pezzo di merda; ma ricorda, gnomo da giardino, Cole non ti uccide ora solo perché a casa sua non si versa sangue. Spera di non rivedermi fuori da queste palazzine, altrimenti ti stacco il cappello a imbuto e te lo infilo lì dove non batte il sole.
- Belle parole, davvero. Solo uno sporco impuro come te poteva utilizzare un tale linguaggio.
- Senti, non è buona cosa offendere un nero in compagnia di altre centinaia di neri. Soprattutto per la diversità della pelle o di religione. Un consiglio da amico, prendi queste cose e va’ a farti fottere da un unicorno nel tuo magico mondo mistico.
- Come osi! Tu, lurida…
- Taci, opossum, prima che mi arrabbi sul serio. Mi dispiace solo per voi amici, che dovete tornare da certa gente. Prometto che tornerò a prendervi- disse Cole, posando le Poké Ball con estrema cura sul pavimento, per poi lanciare, con tutto il suo sdegno, il suo distintivo ai piedi dell’uomo in bianco.
Immediatamente, al Quartiere 16, furono tagliati i viveri.

Due settimane dopo, Cole si aggirava con i ragazzi fra i vari palazzi, in cerca di rifornimenti da mettere in comune.
- Cole, qui è tutto finito, è inutile che tu ti affanni così tanto, non c’è niente.
- DEVE esserci qualcosa, Daisy, altrimenti siamo nella merda. I ragazzini non mangiano da giorni.
- Lo so amore, purtroppo è tutto finito. Ormai siamo arrivati alla fine, nessuno ci aiuterà. Ci hanno chiuso i cancelli d’ingresso in faccia. Siamo isolati dal mondo.
- Devo fare assolutamente qualcosa, non possiamo starcene con le mani in mano, mentre centinaia di nostri compagni muoiono ogni giorno!
- Lo so! Cazzo Cole lo so, sono la prima a cercare di fare qualcosa ma non abbiamo più nulla ormai. Senza un aiuto siamo bloccati qui.
- Che grande presa per il culo. Abbiamo fatto ciò che volevano e alla fine ci lasciano morire come dei topi in trappola nelle loro stesse tane.
- Forse non tutto è perduto, ragazzo mio- gracchiò una voce da dietro una porta.
Cole girò il suo campo visivo di centottanta gradi, per poi mettere a fuoco la sagoma di un uomo molto deperito, a malapena in grado di reggersi in piedi, i cui vestiti erano molto più simili a stracci che ad indumenti.
- Cosa intendi, vecchio?
- Dico soltanto che un uomo di esperienza come me si accorge quando c’è qualche cambiamento nelle persone che lo circondano. E fidati, la tensione è alle stelle, tutti non aspettano altro che un minima possibilità per farsi sentire.
- E con ciò?- chiese Cole.
- Con ciò sto solamente dicendo che hanno bisogno di una piccola spinta, e di cibo. Senza quello non si può fare nulla. Ecco di cosa necessita ora la nostra gente, cibo e qualcuno che gli indichi la via da percorrere.
- So dove vuoi portare il discorso, ma senza armi non si può fare nulla.
- Oh sì che si può, oggigiorno un’arma è necessariamente una pistola. Non è così, pensaci figliolo, pensaci- disse l’anziano, ritirandosi all’interno della sua abitazione.
- Aspetta vecchio! Ah maledizione, al diavolo…

Poche ore dopo, Cole si trovava disteso sulla sua brandina, fissando il soffitto.
Continuava incessantemente a rigirarsi, senza riuscire a riposare. La sua mente era troppo occupata a riflettere. Negli ultimi giorni aveva visto sempre più persone allo stremo delle forze, vagare senza meta in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Le risate dei bambini, una volta incessanti, erano scomparse del tutto, così come il cantare delle donne durante le ore in cui cucinavano; era tutto muto e silenzioso, come se la morte abbia ricoperto quel posto, prima felice nonostante tutte le difficoltà e le oppressioni, con il suo velo nero, oscurando la città sino a spegnere ogni scintilla umana.
Tutto questo lo stava lentamente distruggendo. Le persone con cui aveva passato la sua intera vita erano al loro limite. Ovunque provasse a girarsi, vedeva solo morte e nessun futuro.
Si tirò su, massaggiandosi le tempie; sbuffò quando il mal di testa si fece più prepotente.
Il suo sguardo stava vagando in ogni direzione, in cerca di qualcosa che lo aiutasse a prendere una decisione. Stava pensando a Daisy, a Kyle, i ragazzini del Quartiere e tutti coloro che si erano stabiliti lì, unendo le loro radici alle sue, cercando di farsi forza l’uno con l’altro in quell’arido terriccio.
Pensava ai loro visi, che lo guardavano incuriositi. Gli ponevano silenziose richieste.
Pensava alle parole del vecchio, e alla necessità di fuoriuscire da quel posto.
Pensava agli imponenti muri neri con tanto di torri da osservazione che obbligavano tutti a restare in quel luogo.
Pensava alla vigilanza armata, ed alle decine e decine di Pokémon che avrebbero distrutto chiunque avesse provato a fuggire da lì. Anche il cielo era una via di fuga negativa, a causa dei Dragonite che lo popolavano.
Pensava al fatto che lui era lì, dalla parte del suo popolo, ed era l’unico ad avere un’arma. Una vera.
Balzò giù dalla sua brandina, incamminandosi verso il gruppo di armadietti. Non c’era un solo lucchetto, dato che lì tutti condividevano tutto e rispettavano gli altri; in effetti nei suoi lunghi anni di carriera, Cole, non aveva mai partecipato all’arresto di una persona nel suo Quartiere, la loro furia si riversava all’esterno, soprattutto sui Sacerdoti.
Si avvicinò a quello la cui targhetta indicava -Christopher Coltrane COLE- opera di Kyle. Quel bambino venerava Cole, e non sopportava di vedere o sentire qualcuno chiamarlo in altro modo se non Cole, per lui era come insultare il suo mito.
Al ricordo del giorno in cui aveva scoperto la correzione fatta dal bambino, iniziò a ridere. Davanti ai suoi occhi stava rivivendo il momento in cui Kyle, impaurito dal modo in cui Cole aveva pronunciato il suo nome, con un sorriso enorme sulla faccia e le dita delle mani che schioccarono quando le spinse le une contro le altre, fuggì urlando, diretto verso la protezione delle lenzuola del suo letto.
Aprì l’armadietto, facendo cigolare i cardini arrugginiti che lo mantenevano a stento. La ruggine aveva fatto il suo corso, aprendo diversi forellini sul corpo di metallo scadente e poco igienico.
Iniziò dal cassetto più basso, prendendo una camicia pulita ed il migliore paio di pantaloni che avesse, un paio color cachi, prese inoltre le scarpe d’ordinanza dei poliziotti. Rovistò poi fra i vari piccoli scompartimenti, trovando ciò che gli serviva.
Infine alzò lo sguardo, imbattendosi nella sua Poké Ball. Era sempre stata di sua proprietà, e per tutti quegli anni era riuscito a tenerla nascosta all’Ordine.
- Tutto questo tempo passato a nasconderti… erano poche le volte in cui potevamo goderci una passeggiata assieme… ora c’è un lavoretto da fare, fratello mio. Sei pronto? È arrivato il momento di essere un’arma, io e te, assieme. Portiamo un po’ di armonia qui dentro- disse il ragazzo, prendendo fra le mani la Poké Ball. Emanava delle pulsazioni vitali forti e chiare, in fase con diversi raggi di luce che venivano irradiate dalla superficie tonda e perfettamente liscia della Ball.
- È tempo che Christopher Coltrane faccia vedere cosa significa fare la cosa giusta - prese il suo compagno e lo inserì nella tasca posteriore destra dei pantaloni, incamminandosi verso l’uscita.


Il colossale Pokémon Trapano si avvicinò alla porta blindata del Caveau, mettendo in moto il suo corno. Era pronto alla trivellazione.
- Avanti mio caro Rhyperior! Non c’è metallo che ti possa resistere! Sventra quella puttanella! - urlò Cole, indossando il suo passamontagna appena lavato.
- Mh, profuma di cannella questo coso, che spreco. Allora Ryp, quando sei pronto, batti un colpo, io e la mia bambina ti copriamo- disse, indicando la sua mitragliatrice leggera.
Pochi attimi dopo arrivò il cenno da Rhyperior, che iniziò a trapanare la cassaforte.
- Via alle danze, ragazzi, è tempo di far festa! Oh guarda Ryp, arrivano gli invitati, li senti? La polizia è arrivata. Diamole il benvenuto degno di noi due, ti va?
Rypherior ruggì feroce, trapanando ancor più velocemente. Si era arpionato con le immense zampe al terreno ed al cemento che si trovava ai lati della cassaforte, per esercitare più pressione.
L’allarme era appena scattato, un rumore fastidioso si unì al rombo del corno del Pokémon che cozzava contro l’acciaio, deformandolo secondo dopo secondo. Stava creando una breccia sempre più grande nel ventre d’acciaio del deposito.
- Oh- oh, è arrivata la cavalleria! Guarda Ryp, ora ti faccio vedere cosa significa fare il culo pelo e contropelo a qualcuno, come mi diverto! Erano anni che volevo dirlo: venite a prendervi la vostra dose di supposta di piombo, puttanelle!

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