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Lev - CEP - 4 - San Martino

Capitolo 4: San martino
Sapphire uscì fuori dall’ospedale. Aveva bisogno di una boccata d’aria. Aria pura. Trovò soltanto polvere. Aria pesante e satura, difficile da respirare, difficile da mandar giù.
Erano le prime ore della sera, il cielo cominciava a prendere una fievole tinta rossastra, il sole a nascondersi dietro l’angolo dell’orizzonte. Il mare era calmo, i Wingull erano tornati a stridere. La zona transennata era stata riaperta, almeno nei primi tratti. Operai a cavallo di macchine ed escavatrici avevano iniziato a lavorare sulle macerie. Appena fuori dal centro erano state allestite alcune piccole tendopoli per i pochi rimasti senza dimora. Ormai non vi era più bisogno di soccorso urgente, la situazione si stava stabilizzando. Gli aiuti arrivavano dalla buona volontà delle persone e dalla solidarietà delle altre regioni.
‒ Come stai? ‒ le domandò Blue comparendole alle spalle.
La ragazza sembrò quasi colta alla sprovvista.
‒ Momento di riflessione? ‒ provò ad indovinare la donna di Kanto.
‒ Figurati ‒ ribatté Sapphire infastidita.
‒ Non ricordavo fosse tanto brutto ‒ commentò Blue mentre guardava il panorama di distruzione.
‒ Cosa? Il disastro?
‒ No, il senso di impotenza.
Sapphire prese tempo.
‒ È qualcosa a cui devi abituarti, facciamo combattere i nostri Pokémon e diventiamo famosi, ma non siamo niente in confronto a tutto questo… basta tanto così e neanche sappiamo reggerci in piedi sulle nostre gambe.
‒ Che filosofa… ‒ commentò Blue alzando le sopracciglia. ‒ Non avrei mai sentito dire certe cose alla vecchia Sapphire.
‒ Quale vecchia Sapphire?
‒ Quella che diceva quello che pensava senza tergiversare troppo attorno al nocciolo del discorso.
Sapphire la guardo storta.
‒ A cosa pensi? ‒ le chiese infine Blue.
‒ Penso dobbiamo capire cosa sta succedendo qui. Ruby si tiene i suoi segreti per sé e intanto la gente muore. Voglio arrivare al fondo di questa vicenda.
‒ Troppo facile, non siamo mica in un videogioco…
‒ Lo so ‒ Sapphire non riusciva a staccare gli occhi dalle macerie informi che si erano riversate sul terreno.
‒ Sembra di essere tornati indietro, vero?
‒ Sì, è tutto come prima.
‒ Qual è il tuo piano, allora?
Sapphire si morse il labbro. ‒ Non… non ne ho idea…
‒ Sapphire, ti prego, tu sei l’unica a conoscere abbastanza bene Ruby da poterlo convincere a spiegarci che cosa sta succedendo.
‒ No, io non lo conosco più.
Blue sembrò quasi intenzionata a schiaffeggiarla.
‒ Per favore, ragazza! Dacci una mano e smettila di comportarti come se tutto il male del mondo fosse stato riversato su di te! ‒ girò i tacchi e se ne andò via scalciando un qualche pezzo di metallo rimasto a terra.
Sapphire non ebbe la forza di reagire. Non si aspettava quella violenta reazione, non certo da Blue.
Si voltò a guardarla mentre affondava furiosamente i passi lontano da lei. Era sotto stress e parecchio stremata, la capiva. Decise di seguirla.
Red uscì fuori dall’ufficio del primario. Aveva gli occhi sbarrati e stringeva in mano una cartella di colore giallastro. Si appoggiò con le spalle al muro, sentiva che le gambe avrebbero ceduto da un momento all’altro. Trasse un lungo respiro. Niente, i polmoni sembravano rifiutarsi di accumulare anche solo lo stretto necessario di ossigeno di cui il suo corpo aveva bisogno. Aveva la gola secca e i muscoli privi di ogni energia. Non aveva alcuno dei suoi Pokémon con sé, e ringraziò il cielo, altrimenti la loro ansia e il loro nervosismo avrebbe messo ancora più alla prova la sua psiche.
Solamente quando l’ultimo brivido fu passato lungo la sua spina dorsale il suo cervello tornò a ragionare. Mise la cartella del responso nella borsa, la nascose bene. Cercò il bagno più vicino.
Quando entrò il pungente tanfo sovrastato da un ancor più acre odore di disinfettante gli penetrò nelle narici. Il Campione di Kanto impiegò numerosi lunghi istanti per capire se dovesse svuotarsi o no la vescica. Optò per il no. Passò le mani sotto uno dei rubinetti e questo attivandosi le irrigò con un forte getto d’acqua. Si buttò qualche manata di gelo liquido sul volto.
Si guardò allo specchio con il volto ancora fradicio e gli occhi vuoti che non riuscivano ad uscire da quell’oblio in cui erano caduti.
“Sii forte” disse una voce nella sua testa.
Senza rendersene conto un singhiozzo era fuggiascamente uscito dalla sua gola. Red si spaventò, non avrebbe dovuto piangere. Tuttavia, quando la pressione cominciò a salirgli lungo le guance fino a giungere ai suoi occhi, non poté trattenere una smorfia di disgusto.
La sua bocca si aprì e le sue corde vocali cominciarono a vibrare. Sputò fuori dai polmoni tutta l’aria che essi contenevano.
Gridò. Non curandosi di chi avrebbe potuto sentirlo. Gridò.
Cinque minuti dopo era fuori dal bagno. La camicia era a posto, i pantaloni sistemati e si era persino pettinato i capelli con le mani. Il suo volto era quello del Red del giorno prima. Sorridente, calmo, maturo. In fin dei conti era pur sempre il Campione di Kanto.
Tornò nella sala d’attesa dove tutto il suo gruppo lo stava aspettando. Vide una Blue imbronciata e a braccia conserte che era seduta con la schiena appoggiata alla spalla di Green. Silver dal canto suo sembrava essere la sua fotocopia, stessa posizione, stesso sguardo. Crystal poco lontano da lui sedeva con tutti i muscoli tesi mentre fissava con odio viscerale la copertina di una rivista, i suoi occhi sembravano doverla perforare da un momento all’altro. E no, non vi era nessun Ruby in prima pagina, ma probabilmente quel giornalino era la prima cosa che il suo sguardo aveva trovato oltre il vuoto. Gold era lontano che conversava con Platinum nella maniera più sobria che gli avesse mai visto fare. Sapphire non c’era.
‒ Amore ‒ Yellow aprì le braccia andandogli incontro. ‒ È tutto ok?
Red la guardò dritta negli occhi. Pensò a quanto fosse bella e a quanto fosse bello baciare le sue labbra. Desiderò di urlare ancora.
‒ Sì, tutto ok ‒ rispose.
La gente scorreva attorno a loro: pazienti, medici, infermieri, visitatori. Red sentiva solo il sangue pulsargli sulle tempie e il cuore battergli talmente forte da dargli l’idea di star per colpire Yellow. I due si staccarono. Appena in tempo perché Red intravedesse tra la folla, appena oltre la sua ragazza, una faccia conosciuta.
‒ Guarda chi è venuta a trovarci ‒ sussurrò a Yellow.
 Quella voltandosi individuò subito la faccia di Misty tra la folla. Fece una smorfia che il ragazzo non poté vedere.
‒ Red! ‒ esclamò la Capopalestra di Celestopoli individuandolo.
Corse dal ragazzo e gli saltò tra le braccia. Yellow prese vistosamente le distanze.
‒ Stai bene, state tutti bene ‒ trasse un sospiro di sollievo mandando lo sguardo anche a Green e gli altri.
Yellow non intervenne perché capiva sia che Misty poteva non sapere ciò che era sbocciato tra lei e Red negli ultimi tempi sia che la ragazza fosse rimasta troppo tempo in ansia per un ragazzo di cui era sempre stata cotta. Tuttavia, non poteva negare che la sua espansività nei confronti del moro le desse non poco fastidio.
‒ Sì, grazie per essere venuta, noi siamo a posto ‒ le rispose Red.
Il volto della giovane si illuminò di un sorriso radioso che affondò nell’abbracciò dell’amico. Poi quella luce sparì per un’istante.
‒ Mi dispiace per Emerald…
‒ Lo so.
E Misty fu soltanto la prima di un interminabile processione di Capipalestra e amici dei Dexholder che si presentarono dentro quell’ospedale per dar loro un abbraccio, salutarli, accertarsi che stessero bene o solamente dirgli grazie. Pian piano la zona cominciò a riempirsi di parole e di traffico di visitatori.
Nel frattempo, Sapphire era ancora fuori dall’ospedale. Camminava, sentiva ogni singolo pezzo di cemento che passava sotto le sue sneakers, cercava di far scendere l’aria nei polmoni. L’ultima volta che la sua psiche era stata sottoposta ad un trauma tanto forte lei aveva perso il quasi totale utilizzo delle corde vocali. Ricordava bene quei giorni, la settimana in cui avevano avuto a che fare con la pioggia di meteoriti. Lei e Ruby avevano superato anche quello, insieme.
‒ Che coraggio hai avuto ‒ esclamò una voce alle sue spalle.
Era Alice, Capopalestra di Forestopoli e un tempo sua istruttrice.
‒ Ciao, maestra ‒ la salutò Sapphire con un barlume di sorriso in volto.
Quella scosse la testa.
‒ Niente maestra, mi hai superata ormai da anni.
‒ Grazie.
Le due si strinsero in un maturo abbraccio. Sapphire era sinceramente felice di vederla.
‒ Ho saputo di Emerald…
Quella fievole serenità che era comparsa nell’animo della ragazza fu smorzata all’istante.
‒ Scusa… io… ‒ Alice se ne rese conto.
‒ Niente, va tutto bene, mi dispiace solamente che il suo sacrificio sia stato vano.
Alice fece una smorfia di disappunto: ‒ Che cosa intendi dire?
‒ Ecco… Ruby…
‒ Ruby sta bene, l’ho visto uscire dall’ospedale proprio pochi minuti fa, sembrava di fretta.
Sapphire cambiò espressione: ‒ Ruby se ne sta andando?
‒ Sì, lui…
‒ Perdonami, Alice, ma ho un impegno importante ‒ Sapphire le voltò le spalle.
Alice fece appena in tempo ad abbozzare una sorta di sorriso.
‒ Va bene, dolcezza, volevo dirti che sono contenta che tu stia bene. Hai avuto un gran fegato lassù.
‒ Grazie, davvero ‒ la ringraziò toccata.
Sapphire cominciò a correre. Avrebbe dovuto intercettare Ruby, era la priorità che quel ragazzo rimanesse rintracciabile. Allo stato attuale vi era per lui la situazione più comoda per andarsene, con le telecamere ancora impegnate con i servizi sulla catastrofe e poco dirette verso le star come loro.
‒ Tropius!
Il Pokémon Frutto spalancò le ali permettendole di salire a cavalcioni sulla sua schiena. In quel momento ricordò il motivo per cui era debitrice alla sua insegnante: le tecniche di volo che aveva imparato da lei. Il rettile salì di quota dando a Sapphire una panoramica sulla situazione circostante. Ai suoi occhi balzò per prima la vista del gigantesco squarcio lasciato dal colpo di Rayquaza. Sembrava proprio una cicatrice che spezzava l’armonia di una città come Vivalet. Poi però tornò a concentrarsi. Vivere in mezzo alla natura le aveva fatto sviluppare dei sensi acutissimi, infatti individuò il Flygon di Ruby con in groppa il proprio Allenatore quasi immediatamente nonostante avesse raggiunto la quota di settecento metri da terra.
Sussurrò un ordine all’orecchio di Pilo e quest’ultimo ritirò le ali per scendere in picchiata. Ruby si trovava poco lontano dall’ospedale, volava verso il quartiere d’élite, dove probabilmente era l’hotel nel quale aveva alloggiato durante i giorni del torneo. Decise a che punto intercettarlo: appena sopra un vicoletto che sembrava abbastanza isolato da permetterle di strillare contro quel ragazzo senza problemi. Comunicò il piano d’azione al suo Pokémon e questo aggiustò la rotta.
L’aria le scompigliava i capelli e la costringeva a tenere gli occhi socchiusi, calcolò la distanza che intercorreva tra Ruby e il terreno, il sibilo del vento la stava quasi assordando. Precisione millimetrica. Sapphire scese dal suo Tropius senza alcuna paura, mise un piede su Flygon, afferrò Ruby per la collottola e lo tirò giù con sé verso il terreno. Certamente non era miss Delicatezza di Hoenn, lei. Il ragazzo finì a terra, strappandosi i pantaloni, lacerandosi la maglia e spaccandosi entrambe le lenti degli occhiali. Sapphire, atterrando con equilibrio da manuale, credette di vederlo perdere qualche goccia di sangue.
‒ Che cazzo ti salta in… ‒ provò a dire Ruby.
‒ Stammi a sentire, stronzo! ‒ Sapphire lo tirò su solo per gettarlo addosso al muro del vicolo. ‒ Dove credi di andare?
‒ Sapphire, tu sei fuori di testa…
‒ Esattamente, sono fuori di testa e ti conviene non farmi arrabbiare!
‒ Mi hai rovinato tutti i…
‒ Non me ne frega un cazzo! ‒ e gli assestò un ceffone che probabilmente era stato udito da tutto il quartiere.
Ruby tacque. Aveva il lato destro del volto completamente rosso e guardava la sua ex amica con odio.
‒ Mettiamola così, la colpa è tua per tutto, per la morte di tutti quegli innocenti, per la morte di Emerald e per la morte di Rayquaza, mi capisci? ‒ e lo spinse una seconda volta contro il muro. ‒ Ma dato che sapevi tutto questo prima che accadesse allora io pretendo il tuo aiuto che è il minimo che tu possa darmi dopo quello che hai combinato, ok? ‒ e lo prese ancora per la maglia cercando di essere più minacciosa possibile.
Ruby girò di novanta gradi, e Sapphire con lui, giusto per non avere più le spalle al muro.
‒ Dopo che avremo risolto questa faccenda per me puoi anche andare a farti fottere.
Ruby sembrò accusare la cosa: ‒ Cerchiamo di darci una calmata… ‒ mormorò provando a togliersi di dosso le mani della ragazza.
‒ Ah! ‒ esclamò quella scaraventandolo via da sé. Il suo tocco era stato rovente.
Ruby inciampò su uno scatolone che era a terra e fini addosso ad una recinzione. La sua schiena affondò in un groviglio di filo spinato arrugginito e, cacciando un urlo, il ragazzo si contorse e finì a terra in mezzo ad una pozza formata dal suo sangue misto al lerciume che c’era a terra.
‒ Oh cazzo! ‒ esclamò Sapphire rendendosi finalmente conto di aver a che fare con un essere umano fatto di carne.
‒ Sapphire, porca miseria ‒ Ruby sbatté un pugno a terra. Era ancora vivo e cosciente.
La ragazza provò ad andargli incontro per fare qualcosa, ma di nuovo, toccandolo, ottenne solo di scottarsi la mano come se l’avesse posata su un vassoio appena uscito da un forno. Si ritirò emettendo un gemito.
E quasi si rifiutò di credere a ciò che si manifestò davanti a lei. La sofferenza scomparve sostituita dallo stupore.
Dalla schiena di Ruby si levò un lieve odore di carne bruciata. La sua pelle emise lo sfrigolio di un pezzo di metallo rovente immerso nell’acqua. Del vapore avvolse la sua figura dolorante e ansimante a terra.
Ruby tremava e sembrava star soffrendo parecchio.
Poi, davanti agli occhi esterrefatti di Sapphire, le sue ferite si cauterizzarono all’istante e il suo sangue smise di uscire. Tutti i graffi e i tagli che Ruby aveva sul suo corpo si chiusero. Al loro posto, complessi disegni formati da linee rosse e blu si aprirono un solco nella sua schiena.
Quando il processo terminò, Ruby smise di respirare a fatica, e si rialzò davanti ad una quasi terrorizzata Sapphire.
‒ Che diavolo è appena successo? ‒ domandò lei.
Ruby testò alcuni movimenti per saggiare che tutto fosse a posto.
‒ Questo è Groudon ‒ rispose solo. ‒ le Gemme hanno diversi effetti sul mio corpo, tra cui la possibilità di sistemarmi le ferite con il fuoco.
‒ Stai scherzando? ‒ fece incredula Sapphire.
‒ Che cosa hai appena visto?
La ragazza non rispose.
Ruby annuì: ‒ Ora che ti sei calmata… la risposta è no.
Sapphire fece un rewind mentale per tornare alla rabbia di istanti prima. Evitò stavolta di mettere le mani addosso al ragazzo, ma gli urlò comunque in faccia: ‒ Vuoi prendermi in giro? Ruby, sono morte delle persone!
‒ E né io né tu possiamo resuscitarle! ‒ rispose lui.
Ruby tolse la maglia ridotta a brandelli. Sapphire ebbe appena il tempo di vedere tutto il corpo snello di Ruby coperto centimetro per centimetro da linee e disegni rossi e blu prima che questo prendesse dalla borsa che era rimasta sul suo Pokémon una maglietta nuova. La ragazza fece finta di niente, doveva fissarsi in testa che Ruby non fosse una vittima della situazione.
‒ Senti, mi dispiace e sì, lo sento il bruciante senso di colpa se proprio vuoi saperlo ‒ proseguì il ragazzo. ‒ Ma ora non possiamo fare più niente e peggioreremo solo la situazione se io non mi affretto ad andarmene ‒ fece per tornare su Flygon.
Sapphire tornò definitivamente in sé. ‒ Non posso lasciartelo fare ‒ mormorò. ‒ Ruby, ti prego.
Il ragazzo mise il paio d’occhiali di riserva che teneva nello zaino. Questi avevano una montatura meno alla moda e delle lenti più spesse. ‒ No.
E Flygon spiccò il volo in una frazione di secondo, tanto veloce da dare quasi alla ragazza l’impressione averlo visto scomparire.
‒ Stronzo! ‒ esclamò lei stridula.
Il suo Tropius era apparso dietro di lei qualche istante prima. Pure lei fu rapida a tornare in volo. Non vide alcun Flygon nei dintorni. Guardò meglio.
‒ Eccoti… ‒ mormorò individuando un supersonico Latios che volava come una freccia fendendo le nuvole al suo passaggio. La ragazza sapeva bene che se era presente Latios, nei dintorni avrebbe trovato pure sua sorella. ‒ Latias! Latias, dove sei? ‒ esclamò a voce altissima.
Timidamente, si mostrò a lei una figura rossa e bianca. La dragonessa aveva gli occhi lucidi.
‒ Riesci a stare dietro a tuo fratello? ‒ chiese saltandole in groppa e facendo rientrare Pilo.
Quella fece una smorfia. Era restia, non voleva muoversi.
‒ Ti è stato detto di non ascoltarmi… non è vero?
Quella abbassò il capo.
‒ Per favore, Ruby te lo ha detto per non farsi seguire, io invece voglio solo trovare colui che ha ucciso Rald ‒ alla pronuncia del suo nome, lo sguardo di Latias si rinvigorì. ‒ Per favore…
Il Pokémon Eone prese la sua decisione, si mise in posizione per dare il tempo a Sapphire di assicurarsi al suo corpo. E in meno di un millesimo di secondo aveva raggiunto una velocità tale da far tornare Ruby visibile agli occhi della ragazza.
‒ Eccolo! ‒ esclamò Sapphire. ‒ Dobbiamo prenderlo!
Latias spinse di più. La sua forma aerodinamica passava attraverso l’aria con estrema facilità, l’Allenatrice che la guidava si era posizionata più aderente possibile a lei in modo tale da non opporre resistenza. “Trovare chi ha ucciso Rald”. Quello stava pensando, quel pensiero la alimentava.
E in un blitz temporale si ritrovò a pari merito con suo fratello Latios che in groppa stava portando Ruby.
‒ Ruby devi fermarti! ‒ esclamò Sapphire.
Il ragazzo si mostrò infastidito dalla sua veemenza.
‒ Te lo sto chiedendo come vecchia amica, per favore!
‒ Un po’ difficile chiamare vecchia amica una che fino a poco fa mi ha gettato giù dal mio Pokémon per picchiarmi! ‒ ribatté lui.
‒ Andiamo, da quando sono io quella che si è comportata di merda tra noi due?!
Lui non rispose.
Allora parlò Latias, che emise il suo acuto verso nell’intento di comunicare con suo fratello. Disse qualcosa. Sapphire comprese che gli stava comunicando le sue intenzioni, allora la esortò a continuare. La ragazza vide Latios aprire gli occhi, ragionare. La sua espressione era quasi confusa. Ma il buon senso e la fiducia ebbero la meglio, il dragone rallentò. Ruby si trovò immobile a mezz’aria di fronte a Sapphire.
‒ Digli di scendere ‒ intimò lei a Latias.
Quella provvide. Pochi secondi e tutti e due gli Allenatori di Hoenn erano sul tetto di una casa circondati dai mansueti fratelli Eone.
‒ Ruby, per favore, se non vuoi ascoltare me almeno ascolta tutti gli altri: Green, Yellow, Crystal… abbiamo tutti bisogno di sapere che cosa sta succedendo.
‒ Sapphire, devo mantenere il silenzio per la sicurezza di tutti!
‒ Nessuno saprà che ci hai rivelato queste cose.
‒ Sì, sono sicuro che saranno proprio le persone sbagliate quelle che verranno a saperlo.
‒ Ruby, ti prego ‒ Sapphire parlava col vento sulla pelle e la luce del tramonto riflessa sui suoi capelli. ‒ Non posso chiedertelo da amica, voglio chiedertelo come pagamento per avermi fatto passare i due anni più brutti della mia vita ‒ il suo sguardo era duro, i suoi occhi umidi.
Ruby trasse un lungo e profondo respiro. Si mise le mani tra i capelli e chiuse gli occhi. ‒ Va bene… ‒ lo disse quasi senza voce.


Ruby tacque e si sedette sul bordo del tetto, i piedi nel vuoto e le mani sulle tegole. Di fronte a lui solo la città tinta dall’arancione del tramonto e ancora più lontano la linea in cui il cielo si gettava nel mare. Sapphire lo imitò sedendosi accanto a lui.
‒ Ti sto per dare delle informazioni molto importanti ‒ puntualizzò il ragazzo.
‒ Lo capisco ‒ assicurò Sapphire.
Ruby prese ancora fiato. ‒ È stato un uomo che tu conosci bene ad organizzare questo attacco: Zachary Edward Roland… ‒ il ragazzo scandì ogni singola parola.
‒ Zero, il Campione di Holon, avrebbe organizzato una strage nella sua capitale?
‒ No, cioè… sì. Lui è fuori di testa, non so per quale motivo lo abbia fatto ma so che non ha scrupoli, ricordi quel Zero che hai incontrato alla Terrazza?
Sapphire annuì.
‒ Quello non è Zero, lui è senza pietà e non si fa problemi davanti a nulla. Ho saputo di Rayquaza perché ho avuto una soffiata da una persona molto vicina a Zero, diceva che uno dei suoi Superquattro, partito alla ricerca della Gemma Verde, era riuscito nella sua impresa. Nel momento immediatamente successivo a questo ritrovamento, Zero ha fatto richiesta alla Federazione per organizzare una prossima edizione del Torneo Internazionale qui ad Holon. Ha fatto costruire l’Holon World Stadium per l’occasione, non ha badato a spese. Non poteva essere una coincidenza.
Sapphire non parlava, si limitava ad ascoltare con la bocca semiaperta e gli occhi fissi sul volto contrito di Ruby che invece preferiva guardare il tramonto.
‒ Quando l’ho saputo, ho deciso di ritrovare le altre due gemme per contrastare il potere di Rayquaza dandone a te una per tenermi al sicuro fino a quel momento.
‒ Aspetta, Ruby, a proposito di questa soffiata venuta da una persona molto vicina a Zero… stai parlando di Rocco, vero?
Ruby annuì desolato.
‒ Siete ancora in buoni rapporti? Dopo quello che gli hai…
‒ Io non gli ho fatto niente! ‒ Ruby non poté trattenersi. ‒ Ha deciso lui di andarsene, io non l’ho mai cacciato via. È stato come la prima volta, con Adriano.
‒ Rocco credeva in quella Lega, e la Lega credeva in lui. Era sicuramente il miglior Campione che Hoenn avesse mai avuto.
‒ Credi che mi faccia piacere sentirti dire queste cose?
‒ Credi che mi faccia piacere vedere il ragazzo… il mio vecchio miglior amico che prende in mano la mia casa e la trasforma in una trasmissione televisiva?
‒ Senti, sai che ti dico, lascia stare, ti ho detto quello che volevi sapere e adesso posso andarmene ‒ il ragazzo scattò in piedi.
‒ Sì, vattene, vattene ancora una volta!
Il ragazzo fingeva di non sentirla, prese la Poké Ball di Flygon e si preparò a tornare in volo.
‒ Pensavo che sarebbe cambiato qualcosa se ti avessi spinto a parlare, pensavo che avresti finalmente chiarito il perché di questi due anni in cui per me non sei rimasto altro che un posto vuoto!
Ruby ebbe un sussulto. Le parole di Sapphire sembravano averlo colpito dritto nello stomaco trafiggendolo a morte. Per qualche istante gli mancò il respiro.
‒ Beh, forse ti sbagliavi…
‒ Certo che mi sbagliavo. Ma grazie, comunque, avevo proprio bisogno di togliermi questo dubbio, sai, mi impediva di dimenticarti… ‒ Sapphire fu truce.
Ruby sembrò avere un mancamento. I suoi muscoli si ammorbidirono e il suo respiro affannoso si fece inesistente. Non riuscì a far uscire Flygon e per poco non fece cadere anche la Ball a terra.
‒ Non avevo altra scelta ‒ mormorò con un filo di voce.
‒ In che senso? ‒ domandò Sapphire.
‒ Dovevo farlo per forza ‒ continuò.
‒ Si ha sempre una scelta, chi ti ha obbligato?
Ruby si voltò. Il suo volto era contratto in una smorfia di dolore e dava l’idea di dover scoppiare a piangere da un momento all’altro. ‒ Io detesto quello che sto facendo, io odio la Hoenn che mi hanno costretto a creare, ma era l’unica speranza per tenere vivi tutti voi…
La rabbia di Sapphire sembrò sciogliersi appena.
‒ Qualcuno che non posso sconfiggere ‒ e, chiamato Flygon, gli saltò in groppa e volò via.
Sapphire rimase lì, immobile, per dei secondi interminabili. Nella sua testa molti fili si ricollegarono, alcune vicende presero un'altra forma. Le venne in mente il temerario pensiero di inseguirlo in groppa ad un Pokémon Eone, ma la ragione ebbe la meglio e decise di lasciarlo da solo. Lo fissò sparire nel cielo volando via alla massima velocità, chino sul proprio Pokémon.
‒ Buonanotte, ragazzi… ‒ salutò Platinum.
Quasi tutto il gruppo le rispose, lei se ne andò con la stessa espressione sconsolata di tutti sul volto.
Tutti i Dexholder erano ancora nella sala dell’ospedale. Stavano aspettando i responsi delle analisi degli ultimi due di loro e avevano perso un po’ di tempo per parlare con quei due giornalisti che si erano avvicinati attratti dal gruppetto di persone che si era formato con l’affluire dei visitatori.
‒ Penso che anche io e Yellow ce ne andremo ‒ mormorò Red.
‒ Io ho bisogno di bere ‒ fece poi Crystal alzandosi.
‒ Ti faccio compagnia ‒ si propose Blue.
I quattro designati lasciarono la situazione.
Per qualche istante, esclusi i bip delle macchine e lo scalpiccio dei mocassini degli infermieri sul pavimento lucido, regnò il silenzio.
Poi dopo poco giunsero in una busta pure i fogli destinati a Silver, questo saggiò quello che era sicuro essere un responso rassicurante, prese e se ne andò.
‒ Green, ho bisogno del tuo aiuto ‒ mormorò Gold dopo un po’.
‒ Ah, è per questo che sei rimasto.
‒ Ho una pista.
Il Capopalestra di Smeraldopoli fece capire con lo sguardo di essere interessato.
‒ Platinum Berlitz mi ha rivelato che in un laboratorio di Hoenn, precisamente quello in cui Rayquaza era contenuto tanti anni fa, un team di scienziati finanziati dalla sua famiglia ha creato la Gemma Verde, una pietra capace di controllare approssimativamente quel leggendario. Il terrorista potrebbe avere utilizzato quella per attaccare Vivalet. Se noi potessimo tornare lì e riattivare quei macchinari c’è la possibilità che riusciamo ad ottenere più informazioni, o nel migliore dei casi a tracciarla ‒ spiegò il ragazzo.
Green non lo aveva mai visto così serio. Lo trovava inquietante, a dire il vero.
‒ Va bene, e perché ti servirebbe il mio aiuto?
Gold indicò la sua cintura. ‒ Porygon-Z, il laboratorio ora è un rudere, sia che ritroviamo lì un computer che possa esserci utile, sia che dobbiamo cercarlo per conto nostro, allora avremo bisogno dei suoi poteri.
Green diede cenno di aver capito.
‒ Partiamo domani, all’alba, lasceremo un messaggio agli altri.
‒ Perché tutta questa fretta?
Gold non rispose e si limito ad assecondare il suo sguardo.
Green in un certo senso lo capiva. Tutti erano rimasti sconvolti, in particolar modo lui, Sapphire e Crystal. La ragazza di Hoenn era scomparsa da quel pomeriggio, Crystal si stava ubriacando con qualche alcolico di bassa lega da qualche parte lì attorno e Gold aveva deciso di condividere con lui uno dei suoi folli piani solitari. Non lo aveva mai visto così scosso e così poco… Gold.
‒ Va bene, vado a preparare i bagagli ‒ il Capopalestra si alzò in piedi e si avviò per la sua strada. Un medico lo intercettò in mezzo alla gente per dargli i risultati delle sue analisi. Per fortuna, lui se n’era dimenticato. Evidentemente il piano di Gold aveva conquistato un piano di rilievo nella sua tabella dei pensieri. Chissà se era un bene o un male.
E, alla fine, pure Gold si decise ad andarsene.
Sapphire trasse un lungo sospiro di desolazione.
Dopo esser tornata all’ospedale, non riuscendo a trovare nessuno, si era messa a cercare i suoi amici. Era venuto fuori, dalla testimonianza di Green che era stato l’unico che si fosse degnato di risponderle al PokéNav, che erano già andati tutti via da parecchio. E l’uomo le aveva detto che mentre Yellow, Red, lui, Silver e Gold erano tornati in stanza, Crystal e Blue si trovavano sicuramente nel bar più vicino.
E sì, le aveva trovate. In una bettola dal tanfo disumano ancora aperta per chissà quale grazia divina. Crystal era stravolta su un tavolino, ubriaca lercia, Blue sedeva accanto a lei con i capelli ridotti ad un disastro e numerosi graffi sulle guance e sulle braccia.
Sapphire entrò nel locale.
‒ Ehi, è la serata delle star, questa ‒ commentò il barman vedendo entrare la terza celebrità nell’arco di poco meno di un’ora. ‒ Signorina Birch, si lasci offrire un brandy ‒ era un uomo di mezza età con un sorriso che si apriva la strada a colpi di zappa in mezzo alla sua faccia rugosa e ispida.
‒ Non sono qui per bere, ma per riprendere loro ‒ disse serissima guardando quei due cadaveri che sembravano le sue amiche.
‒ Mh, lei ha iniziato tracannando whiskey e non si è più fermata ‒ indicava Crystal. ‒ poi quando un ragazzo ha cercato di portarla con sé in bagno, la sua amica che era ancora lucida ha fatto di tutto per impedirle di seguirlo. Ed è stato così che si è ridotta ad un cencio. La scena si è ripetuta un paio di volte e lei continuava a dirle di rimanere a bere finché tutte e due non hanno iniziato a fare talmente tanto schifo da risultare repellenti pure per Gregory ‒ e con lo sguardo si rivolse ad un ometto dal pancione prominente che, seduto al bancone proprio lì accanto, scrutava il suo triplo rum vacuamente, sembrava dover vomitare da un momento all’altro.
‒ Che schifo… ‒ commentò Sapphire esterrefatta. ‒ Le porto via, quanto ti devo? ‒ chiese mettendo mano al suo portafogli.
‒ Figurati, ragazza, se non fosse per voi tutta Vivalet non sarebbe qui ‒ rispose quello lucidando un bicchiere.
Sapphire annuì e sorrise, grata.
A sentire quelle parole, Gregory sembrò svegliarsi da quel coma profondo. Il beone le rivolse lo sguardo confuso e cercò di mettere a fuoco il suo volto.
‒ Ma tu eri lì quando quel mostro è stato fermato ‒ singhiozzò con la sua voce gracchiante.
Sapphire accennò un sì.
Quello cominciò gradualmente a ridere. ‒ Ah, abbiamo un’eroina stasera a bere qui con noi! ‒ esclamò facendo sussultare tutto il bar.
Sapphire era a disagio.
‒ Dai, ragazzi, guardatela, è proprio qui… cioè, è proprio lei!
Pian piano, tutti i bevitori che quella sera si erano rifugiati in quel locale disgustoso, cominciarono ad alzare la testa dal tavolo e dai loro bicchieri. E Sapphire dedusse che all’entrata delle sue due amiche tutti dovevano essere molto distratti, perché qualcuno cominciò pure ad additare Blue e Crystal come se le vedesse per la prima volta. Tra la folla si levavano cose come “ma sono proprio loro”, “guardale, da quanto sono qui?”, o “dici che quella con gli occhi azzurri si lascia offrire da bere?”. E tutti i clienti cominciarono a riconoscerle e ad alzare le voci nei loro confronti.
Poi, accadde l’inaspettato: da un angolo nascosto del bar partì un cadenzato battito di mani. Risuonarono da soli i primi timidi clap, ma ben presto tutti seguirono la corrente e un copioso applauso si riversò sulle tre Dexholder, due delle quali erano troppo sfatte per rendersene conto. Qualcuno alzò delle grida, alcuni fischiarono. Quando la loro identità era saltata all’occhio di tutti, subito la gratitudine del popolo era esplosa dalla folla.
‒ È per te? ‒ chiese Blue ad una Sapphire che si rese conto in quel momento che la sua amica era sveglia.
‒ No ‒ rispose Sapphire. ‒ è per noi.
La vide sorridere, anche se annebbiata dai fumi dell’alcool. ‒ Dobbiamo tornare?
‒ Se riesci a camminare…
‒ Certo che ci riesco, ma portare Crystal sarà compito tuo.
‒ Va bene ‒ rispose lei guardando quello straccio penoso che era la sua amica. Da quello che il barman aveva raccontato, quella non era stata una delle sue serate migliori.
‒ Oh, Sapphire ‒ proseguì Blue. ‒ Non ho permesso a nessuno di toccarla ‒ disse indicando l’amica di Johto.
La ragazza cercò di dare una ricomposta a Crystal, nel farlo passò una mano sui suoi leggins trovandoli tutti lacerati e strappati in corrispondenza dell’inguine. Impiegò un po’ per decidere se essere crudele o delicata con Blue ‒ Sei stata brava ‒ le rispose poi. Delicata.
E le tre ragazze tornarono all’hotel, Sapphire si caricò per tutto il percorso il corpo annichilito di Crystal mentre Blue la seguiva barcollando e inciampando ad ogni marciapiede. In qualche modo, la Dexholder di Hoenn trovò la via per rimetterle entrambe a letto e, verso un orario che non si concedeva neanche durante il resto dell’anno, andò a dormire.
“Knock-knock”
‒ Silver!
“Knock-knock”
Il fulvo aprì gli occhi lentamente. Scosse la testa che gli sembrava essere avvolta in una fitta nebbia. In mano aveva ancora la bottiglia di Jack Daniel’s vuotata la sera prima. La sua stanza era meno ordinata del solito, lui aveva addosso un paio di boxer e una maglia bisunta. Si alzò dal letto, aveva dormito veramente poco.
‒ Silver! ‒ chiamò ancora la voce da fuori la porta.
E subito il ragazzo ricordò come mai fosse sveglio. Gettò la bottiglia nel cestino, nascose quei pochi panni sporchi che aveva lasciato sulla poltrona, mise un paio di bermuda decenti. Fuori dalla porta della sua stanza trovò una preoccupatissima Yellow.
‒ Che diavolo succede? ‒ domandò scazzato.
‒ Green e Gold sono spariti! ‒ espose quella frenetica.
Silver guardò l’orario: le otto e ventidue. ‒ E questa novità valeva la levataccia? ‒ chiese sarcastico tentando di chiuderle la porta in faccia.
‒ Ascoltami! ‒ lo bloccò lei. ‒ Sil, che diavolo avranno in mente quei due?
Il fulvo la guardò. Era ancora scossa, probabilmente non riusciva a capirla perché per lui l’alcool aveva certamente contribuito a digerire la situazione. Per lei no, a quanto ne sapesse. Fece un esame di coscienza e chiese: ‒ Red?
‒ È in stanza, lo chiamo?
Silver annuì: ‒ chiama tutti.
Cinque minuti dopo, Yellow aveva già riunito l’intera squadra dei Dexholder rimasti attorno al tavolino nella terrazza dell’ultimo piano. In qualche modo aveva lanciato giù dal letto pure Crystal e Blue che all’inizio non volevano saperne nemmeno di aprire gli occhi.
‒ Come vi ho detto, Green e Gold sono spariti stamattina, dobbiamo cercare di capire che cosa potrebbero avere in mente ‒ esordì la bionda che sedeva accanto al suo ragazzo.
Blue si stropicciava gli occhi e Crystal aveva la faccia spiaccicata contro il tavolo, Silver sgranocchiava del pane tostato e Sapphire controllava il PokéNav. Attirò l’attenzione di tutti quando incontrò un messaggio che reputò importante.
‒ È di Green ‒ disse. ‒ “io e Gold stiamo cercando una roba, speriamo di riuscire a portare a termine qualcosa di utile, siamo a Hoenn” ‒ citò.
Tutti tacquero.
‒ Tutto qui? ‒ domandò Yellow.
Ognuno dei presenti aprì il proprio terminale. Ovviamente ognuno dei presenti aveva ricevuto lo stesso messaggio.
‒ Direi niente panico, quindi? ‒ propose Sapphire.
Ci fu un debole e viziato consenso generale. Qualcuno guardò male Yellow per essersi preoccupata per un nonnulla.
‒ Io invece devo parlarvi di una cosa importante ‒ prese in mano il discorso la castana di Hoenn. ‒ Ieri ho parlato con Ruby.
Crystal ebbe un sussulto, Blue smise di dondolarsi sulla sedia e Silver rischiò di strozzarsi.
‒ Sei seria? Ci sei riuscita? ‒ domandò Red con un filo di voce.
‒ Sì, e mi ha spiegato delle cose importanti.
Ci fu un parlottare diffuso.
‒ Non so se qui è il luogo adatto a parlarne… ma comunque. La causa dell’incidente è Zero.
La dichiarazione evocò lo stupore e il parlottare generale.
Di tutto il marasma intervenne solo Silver: ‒ Sapphire, mi stai dicendo che quel ragazzo avrebbe organizzato una specie di attentato terroristico nella sua stessa città. Oltretutto con un Pokémon leggendario?
‒ Ruby sapeva quando e come sarebbe arrivato Rayquaza, non ci piace ma è sicuramente una fonte attendibile.
Morì sul nascere ogni possibile contestazione venuta in mente ai presenti.
‒ Ha mandato uno dei suoi Superquattro a cercare la Gemma Verde, il gioiello che dona un approssimativo controllo su Rayquaza, l’intuito mi dice che questo Superquattro sia Murdoch, essendo specializzato nel tipo Drago ‒ entrò nella precisazione la ragazza.
‒ E il motivo di questo folle gesto? ‒ volle domandare Red.
‒ Non lo sa nemmeno lui. Lo so che è poco su cui lavorare, ma…
‒ È niente su cui lavorare ‒ intervenne con voce frustrata Crystal. Le sue occhiaie erano vistose e si capiva dal suo sguardo che i postumi della sbronza la tenevano ancora stretta tra le loro scomode braccia. ‒ cosa dovremmo fare? Entrare alla sede della Lega e gridare senza alcuna prova o sicurezza che il colpevole di una catastrofe di dimensioni epiche è il Campione in carica, peraltro l’Allenatore più forte vivente, e che ad agire per suo conto sia stato un suo sottoposto? ‒ chiese retorica e velenosa.
‒ Abbiamo la soffiata che Rocco ha mandato a Ruby.
‒ Non basterebbe comunque, è poco più che un’indiscrezione… ‒ Blue difese la teoria di Crystal.
‒ Andiamo a parlare con Rocco ‒ propose Yellow, logica.
Silenzio generale, ognuno valutò l’opzione.
‒ Non è una cattiva idea ‒ mormorò Sapphire per prima.
Crystal annuì vitrea, Blue la imitò, e Red acconsentì tacendo.
‒ Un attimo ‒ intervenne Silver. ‒ come facciamo con Gold e Green?
‒ Chiamiamoli, informiamo anche loro ‒ aggiunse diplomatica Yellow.
Silver annuì prendendo il suo PokéGear. Scelse il contatto di Gold. Attese alcuni secondi. Nessuna risposta. Mormorò un “idiota”. Ritentò con Green. Attese ancora. Niente. Stavolta tacque.
‒ Manda loro un messaggio, potrebbero aver preso l’aereo e non avere segnale ‒ quel giorno Yellow si sentiva ponderata e riflessiva.
Silver scrisse per una ventina di secondi muovendo le dita velocemente sullo schermo del piccolo dispositivo da polso.
‒ Fatto ‒ annunciò una volta finito.
‒ Bene, vogliamo partire subito verso… la città di cui Rocco è Capopalestra? ‒ riprese l’unica bionda del gruppo.
‒ Altelia, e comunque proporrei di partire appena pranzo, qualcuno ha bisogno di dormire un altro po’ ‒ intervenne Sapphire mandando un’occhiata di rimprovero a Crystal e Blue.
Tutti furono d’accordo, anche perché magari in quel modo sarebbe arrivata in tempo un’eventuale risposta da parte di Gold e Green. Conclusa la discussione, Yellow, Red e Silver scesero al piano di sotto per mangiare, mentre sopra rimasero solo Blue, Crystal e Sapphire.
‒ Hai notato quanto è cupo Red? ‒ domandò la ragazza di Hoenn quella di Kanto.
‒ Sì ‒ sussurrò quella.
‒ Non avrei mai detto che uno come lui potesse rimanere così male per un evento del genere, per quanto triste...
‒ E infatti, non è per Emerald, né per l’accaduto in generale.
‒ Che cosa intendi ‒ Sapphire la guardò strano.
‒ Intendo che il nostro Campione di Kanto nasconde qualcosa che lo turba.
Sapphire titubò. ‒ Tu lo conosci da più tempo di tutti noi, in effetti, ha mai fatto così altre volte?
‒ No ‒ rispose Blue. ‒ ed è per questo motivo che dev’essere qualcosa di veramente orribile ‒ spiegò, tetra.
Sapphire rimase male, lì per lì. ‒ Senti, vai a riposare, ora… ‒ le consigliò. ‒ dopo forse gli chiederemo qualcosa.
‒ Se ci fosse una qualche cosa che lo preoccupa, anche la più terribile del mondo, non vorrebbe darci pensieri.
‒ Come Ruby… ‒ pensò Sapphire lasciando uscire un filo di voce.
‒ Eh? ‒ chiese Blue.
‒ Niente.
Blue la guardò titubante. ‒ Mh… va bene, io vado a dormire, poi ho una vasca idromassaggio al piano di sotto che mi aspetta ‒ si congedò Blue.
‒ A dopo.
A ragazza ancheggiò verso la sua stanza, lasciando sola sulla terrazza Sapphire assieme ad un’invisibile Crystal.
‒ Come Ruby? ‒ domandò la Dexholder di Johto cogliendo quasi di sorpresa l’amica.
Sapphire non rispose. Aveva percepito tutta l’ostilità nella voce di lei e, guardandola in faccia, altro non riusciva a vedere che disprezzo e odio per se stessa e per la situazione in cui era finita.
‒ Che cos’ha quel ragazzo che non va che lo ha portato ad ammazzare in questo modo barbaro Emerald e altre centinaia di persone?
‒ Lo so, Crystal, è terribile…
‒ No, Sapphire, tu l’hai lasciato andare via. Ti ostini a non capire quanto noi abbiamo perso per colpa sua.
Sapphire non poteva fare a meno di pensare alle ultime cosa che Ruby le aveva detto. La situazione non era delle più comode, né per lei, né, da come aveva capito, per il ragazzo.
‒ Non possiamo procurarci un altro nemico, ora come ora.
‒ Lui è già nostro nemico, non riesci a capirlo?
‒ No, lui ha combattuto dalla nostra parte.
‒ No, noi abbiamo combattuto dalla sua perché abbiamo avuto il buon senso di non lasciarlo morire da solo contro quel mostro! ‒ esclamò la Catcher. ‒ …che col senno di poi, sarebbe stata la cosa giusta da fare ‒ sibilò lasciando Sapphire da sola sulla terrazza e rientrando nella sua stanza.
‒ Dice che Sapphire è riuscita a parlare con Ruby ed è uscito fuori da una soffiata di Rocco che il colpevole dell’incidente è Murdoch, Superquattro di Holon, che agiva per conto del Campione, Zero. Intenti sconosciuti. Inoltre andranno a parlare con Rocco proprio oggi ‒ lesse Gold tenendo con una mano il PokéGear e con l’altra la valigia.
‒ Quindi, che facciamo? ‒ domandò Green.
I due si erano imbarcati sul primo volo diretto a Hoenn rimasto con due posti vuoti, riuscendo ad evitare la epocale fila per il check-in. Stavano facendo scalo all’aeroporto di Fiordoropoli quando Gold aveva acceso il suo PokéGear per leggere i messaggi arrivati.
‒ Ormai stiamo per imbarcarci per Hoenn, no? ‒ fece il ragazzo di Johto con leggerezza.
‒ Sì, per cercare qualcosa che sappiamo già dove si trova…
‒ No, a questo punto le ricerche in quel laboratorio potrebbero aiutarci a capire come fermare quel folle.
‒ Rayquaza è morto, non c’è poi molto da fermare.
Gold sbuffò. ‒ I culi delle ragazze di Hoenn sono un buon motivo per rimanere…
‒ Vaffanculo, Gold ‒ mormorò il Capopalestra.
‒ Ah già, tu sbavi ancora dietro a lei ‒ lo sfotté maligno.
‒ Senti, io torno a Holon, magari là troverò qualcosa di davvero utile da fare ‒ girò i tacchi Green.
‒ Aspetta, credo di avere un’idea ‒ si illuminò Gold.
‒ Vai, spiegamela ‒ lo esortò Green.
Quello sorrise, malintenzionato.



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