Capitolo
4: San
martino
Sapphire
uscì
fuori dall’ospedale. Aveva bisogno di una boccata d’aria. Aria pura.
Trovò
soltanto polvere. Aria pesante e satura, difficile da respirare,
difficile da
mandar giù.
Erano
le
prime ore della sera, il cielo cominciava a prendere una fievole tinta
rossastra, il sole a nascondersi dietro l’angolo dell’orizzonte. Il mare
era
calmo, i Wingull erano tornati a stridere. La zona transennata era stata
riaperta, almeno nei primi tratti. Operai a cavallo di macchine ed
escavatrici
avevano iniziato a lavorare sulle macerie. Appena fuori dal centro erano
state
allestite alcune piccole tendopoli per i pochi rimasti senza dimora.
Ormai non
vi era più bisogno di soccorso urgente, la situazione si stava
stabilizzando.
Gli aiuti arrivavano dalla buona volontà delle persone e dalla
solidarietà
delle altre regioni.
‒
Come stai? ‒ le domandò Blue comparendole alle spalle.
La
ragazza
sembrò quasi colta alla sprovvista.
‒
Momento di riflessione? ‒ provò ad indovinare la donna di Kanto.
‒
Figurati ‒ ribatté Sapphire infastidita.
‒
Non ricordavo fosse tanto brutto ‒ commentò Blue mentre guardava il
panorama di
distruzione.
‒
Cosa? Il disastro?
‒
No, il senso di impotenza.
Sapphire
prese
tempo.
‒
È qualcosa a cui devi abituarti, facciamo combattere i nostri Pokémon e
diventiamo famosi, ma non siamo niente in confronto a tutto questo…
basta tanto
così e neanche sappiamo reggerci in piedi sulle nostre gambe.
‒
Che filosofa… ‒ commentò Blue alzando le sopracciglia. ‒ Non avrei mai
sentito
dire certe cose alla vecchia Sapphire.
‒
Quale vecchia Sapphire?
‒
Quella che diceva quello che pensava senza tergiversare troppo attorno
al
nocciolo del discorso.
Sapphire
la
guardo storta.
‒
A cosa pensi? ‒ le chiese infine Blue.
‒
Penso dobbiamo capire cosa sta succedendo qui. Ruby si tiene i suoi
segreti per
sé e intanto la gente muore. Voglio arrivare al fondo di questa vicenda.
‒
Troppo facile, non siamo mica in un videogioco…
‒
Lo so ‒ Sapphire non riusciva a staccare gli occhi dalle macerie informi
che si
erano riversate sul terreno.
‒
Sembra di essere tornati indietro, vero?
‒
Sì, è tutto come prima.
‒
Qual è il tuo piano, allora?
Sapphire
si
morse il labbro. ‒ Non… non ne ho idea…
‒
Sapphire, ti prego, tu sei l’unica a conoscere abbastanza bene Ruby da
poterlo
convincere a spiegarci che cosa sta succedendo.
‒
No, io non lo conosco più.
Blue
sembrò
quasi intenzionata a schiaffeggiarla.
‒
Per favore, ragazza! Dacci una mano e smettila di comportarti come se
tutto il
male del mondo fosse stato riversato su di te! ‒ girò i tacchi e se ne
andò via
scalciando un qualche pezzo di metallo rimasto a terra.
Sapphire
non
ebbe la forza di reagire. Non si aspettava quella violenta reazione, non
certo da Blue.
Si
voltò
a guardarla mentre affondava furiosamente i passi lontano da lei. Era
sotto stress e parecchio stremata, la capiva. Decise di seguirla.
Red
uscì
fuori dall’ufficio del primario. Aveva gli occhi sbarrati e stringeva in
mano una cartella di colore giallastro. Si appoggiò con le spalle al
muro,
sentiva che le gambe avrebbero ceduto da un momento all’altro. Trasse un
lungo
respiro. Niente, i polmoni sembravano rifiutarsi di accumulare anche
solo lo
stretto necessario di ossigeno di cui il suo corpo aveva bisogno. Aveva
la gola
secca e i muscoli privi di ogni energia. Non aveva alcuno dei suoi
Pokémon con
sé, e ringraziò il cielo, altrimenti la loro ansia e il loro nervosismo
avrebbe
messo ancora più alla prova la sua psiche.
Solamente
quando
l’ultimo brivido fu passato lungo la sua spina dorsale il suo cervello
tornò a ragionare. Mise la cartella del responso nella borsa, la nascose
bene.
Cercò il bagno più vicino.
Quando
entrò
il pungente tanfo sovrastato da un ancor più acre odore di disinfettante
gli penetrò nelle narici. Il Campione di Kanto impiegò numerosi lunghi
istanti
per capire se dovesse svuotarsi o no la vescica. Optò per il no. Passò
le mani
sotto uno dei rubinetti e questo attivandosi le irrigò con un forte
getto
d’acqua. Si buttò qualche manata di gelo liquido sul volto.
Si
guardò
allo specchio con il volto ancora fradicio e gli occhi vuoti che non
riuscivano ad uscire da quell’oblio in cui erano caduti.
“Sii
forte”
disse una voce nella sua testa.
Senza
rendersene
conto un singhiozzo era fuggiascamente uscito dalla sua gola. Red si
spaventò, non avrebbe dovuto piangere. Tuttavia, quando la pressione
cominciò a
salirgli lungo le guance fino a giungere ai suoi occhi, non poté
trattenere una
smorfia di disgusto.
La
sua
bocca si aprì e le sue corde vocali cominciarono a vibrare. Sputò fuori
dai
polmoni tutta l’aria che essi contenevano.
Gridò.
Non
curandosi di chi avrebbe potuto sentirlo. Gridò.
Cinque
minuti
dopo era fuori dal bagno. La camicia era a posto, i pantaloni sistemati
e si era persino pettinato i capelli con le mani. Il suo volto era
quello del
Red del giorno prima. Sorridente, calmo, maturo. In fin dei conti era
pur
sempre il Campione di Kanto.
Tornò
nella
sala d’attesa dove tutto il suo gruppo lo stava aspettando. Vide una
Blue
imbronciata e a braccia conserte che era seduta con la schiena
appoggiata alla
spalla di Green. Silver dal canto suo sembrava essere la sua fotocopia,
stessa
posizione, stesso sguardo. Crystal poco lontano da lui sedeva con tutti
i
muscoli tesi mentre fissava con odio viscerale la copertina di una
rivista, i
suoi occhi sembravano doverla perforare da un momento all’altro. E no,
non vi
era nessun Ruby in prima pagina, ma probabilmente quel giornalino era la
prima
cosa che il suo sguardo aveva trovato oltre il vuoto. Gold era lontano
che
conversava con Platinum nella maniera più sobria che gli avesse mai
visto fare.
Sapphire non c’era.
‒
Amore ‒ Yellow aprì le braccia andandogli incontro. ‒ È tutto ok?
Red
la
guardò dritta negli occhi. Pensò a quanto fosse bella e a quanto fosse
bello
baciare le sue labbra. Desiderò di urlare ancora.
‒
Sì, tutto ok ‒ rispose.
La
gente
scorreva attorno a loro: pazienti, medici, infermieri, visitatori. Red
sentiva solo il sangue pulsargli sulle tempie e il cuore battergli
talmente
forte da dargli l’idea di star per colpire Yellow. I due si staccarono.
Appena
in tempo perché Red intravedesse tra la folla, appena oltre la sua
ragazza, una
faccia conosciuta.
‒
Guarda chi è venuta a trovarci ‒ sussurrò a Yellow.
Quella voltandosi individuò
subito la faccia
di Misty tra la folla. Fece una smorfia che il ragazzo non poté vedere.
‒
Red! ‒ esclamò la Capopalestra di Celestopoli individuandolo.
Corse
dal
ragazzo e gli saltò tra le braccia. Yellow prese vistosamente le
distanze.
‒
Stai bene, state tutti bene ‒ trasse un sospiro di sollievo mandando lo
sguardo
anche a Green e gli altri.
Yellow
non
intervenne perché capiva sia che Misty poteva non sapere ciò che era
sbocciato tra lei e Red negli ultimi tempi sia che la ragazza fosse
rimasta
troppo tempo in ansia per un ragazzo di cui era sempre stata cotta.
Tuttavia,
non poteva negare che la sua espansività nei confronti del moro le desse
non
poco fastidio.
‒
Sì, grazie per essere venuta, noi siamo a posto ‒ le rispose Red.
Il
volto
della giovane si illuminò di un sorriso radioso che affondò
nell’abbracciò dell’amico. Poi quella luce sparì per un’istante.
‒
Mi dispiace per Emerald…
‒
Lo so.
E
Misty fu soltanto la prima di un interminabile processione di
Capipalestra e
amici dei Dexholder che si presentarono dentro quell’ospedale per dar
loro un
abbraccio, salutarli, accertarsi che stessero bene o solamente dirgli
grazie.
Pian piano la zona cominciò a riempirsi di parole e di traffico di
visitatori.
Nel
frattempo,
Sapphire era ancora fuori dall’ospedale. Camminava, sentiva ogni
singolo pezzo di cemento che passava sotto le sue sneakers, cercava di
far
scendere l’aria nei polmoni. L’ultima volta che la sua psiche era stata
sottoposta ad un trauma tanto forte lei aveva perso il quasi totale
utilizzo
delle corde vocali. Ricordava bene quei giorni, la settimana in cui
avevano
avuto a che fare con la pioggia di meteoriti. Lei e Ruby avevano
superato anche
quello, insieme.
‒
Che coraggio hai avuto ‒ esclamò una voce alle sue spalle.
Era
Alice,
Capopalestra di Forestopoli e un tempo sua istruttrice.
‒
Ciao, maestra ‒ la salutò Sapphire con un barlume di sorriso in volto.
Quella
scosse
la testa.
‒
Niente maestra, mi hai superata ormai da anni.
‒
Grazie.
Le
due
si strinsero in un maturo abbraccio. Sapphire era sinceramente felice di
vederla.
‒
Ho saputo di Emerald…
Quella
fievole
serenità che era comparsa nell’animo della ragazza fu smorzata
all’istante.
‒
Scusa… io… ‒ Alice se ne rese conto.
‒
Niente, va tutto bene, mi dispiace solamente che il suo sacrificio sia
stato
vano.
Alice
fece
una smorfia di disappunto: ‒ Che cosa intendi dire?
‒
Ecco… Ruby…
‒
Ruby sta bene, l’ho visto uscire dall’ospedale proprio pochi minuti fa,
sembrava di fretta.
Sapphire
cambiò
espressione: ‒ Ruby se ne sta andando?
‒
Sì, lui…
‒
Perdonami, Alice, ma ho un impegno importante ‒ Sapphire le voltò le
spalle.
Alice
fece
appena in tempo ad abbozzare una sorta di sorriso.
‒
Va bene, dolcezza, volevo dirti che sono contenta che tu stia bene. Hai
avuto
un gran fegato lassù.
‒
Grazie, davvero ‒ la ringraziò toccata.
Sapphire
cominciò
a correre. Avrebbe dovuto intercettare Ruby, era la priorità che quel
ragazzo rimanesse rintracciabile. Allo stato attuale vi era per lui la
situazione più comoda per andarsene, con le telecamere ancora impegnate
con i
servizi sulla catastrofe e poco dirette verso le star come loro.
‒
Tropius!
Il
Pokémon
Frutto spalancò le ali permettendole di salire a cavalcioni sulla sua
schiena. In quel momento ricordò il motivo per cui era debitrice alla
sua
insegnante: le tecniche di volo che aveva imparato da lei. Il rettile
salì di
quota dando a Sapphire una panoramica sulla situazione circostante. Ai
suoi
occhi balzò per prima la vista del gigantesco squarcio lasciato dal
colpo di
Rayquaza. Sembrava proprio una cicatrice che spezzava l’armonia di una
città
come Vivalet. Poi però tornò a concentrarsi. Vivere in mezzo alla natura
le
aveva fatto sviluppare dei sensi acutissimi, infatti individuò il Flygon
di
Ruby con in groppa il proprio Allenatore quasi immediatamente nonostante
avesse
raggiunto la quota di settecento metri da terra.
Sussurrò
un
ordine all’orecchio di Pilo e quest’ultimo ritirò le ali per scendere in
picchiata. Ruby si trovava poco lontano dall’ospedale, volava verso il
quartiere d’élite, dove probabilmente era l’hotel nel quale aveva
alloggiato
durante i giorni del torneo. Decise a che punto intercettarlo: appena
sopra un
vicoletto che sembrava abbastanza isolato da permetterle di strillare
contro
quel ragazzo senza problemi. Comunicò il piano d’azione al suo Pokémon e
questo
aggiustò la rotta.
L’aria
le
scompigliava i capelli e la costringeva a tenere gli occhi socchiusi,
calcolò la distanza che intercorreva tra Ruby e il terreno, il sibilo
del vento
la stava quasi assordando. Precisione millimetrica. Sapphire scese dal
suo
Tropius senza alcuna paura, mise un piede su Flygon, afferrò Ruby per la
collottola e lo tirò giù con sé verso il terreno. Certamente non era
miss
Delicatezza di Hoenn, lei. Il ragazzo finì a terra, strappandosi i
pantaloni,
lacerandosi la maglia e spaccandosi entrambe le lenti degli occhiali.
Sapphire,
atterrando con equilibrio da manuale, credette di vederlo perdere
qualche
goccia di sangue.
‒
Che cazzo ti salta in… ‒ provò a dire Ruby.
‒
Stammi a sentire, stronzo! ‒ Sapphire lo tirò su solo per gettarlo
addosso al
muro del vicolo. ‒ Dove credi di andare?
‒
Sapphire, tu sei fuori di testa…
‒
Esattamente, sono fuori di testa e ti conviene non farmi arrabbiare!
‒
Mi hai rovinato tutti i…
‒
Non me ne frega un cazzo! ‒ e gli assestò un ceffone che probabilmente
era
stato udito da tutto il quartiere.
Ruby
tacque.
Aveva il lato destro del volto completamente rosso e guardava la sua ex
amica con odio.
‒
Mettiamola così, la colpa è tua per tutto, per la morte di tutti quegli
innocenti, per la morte di Emerald e per la morte di Rayquaza, mi
capisci? ‒ e
lo spinse una seconda volta contro il muro. ‒ Ma dato che sapevi tutto
questo
prima che accadesse allora io pretendo il tuo aiuto che è il minimo che
tu
possa darmi dopo quello che hai combinato, ok? ‒ e lo prese ancora per
la
maglia cercando di essere più minacciosa possibile.
Ruby
girò
di novanta gradi, e Sapphire con lui, giusto per non avere più le spalle
al muro.
‒
Dopo che avremo risolto questa faccenda per me puoi anche andare a farti
fottere.
Ruby
sembrò
accusare la cosa: ‒ Cerchiamo di darci una calmata… ‒ mormorò provando a
togliersi di dosso le mani della ragazza.
‒
Ah! ‒ esclamò quella scaraventandolo via da sé. Il suo tocco era stato
rovente.
Ruby
inciampò
su uno scatolone che era a terra e fini addosso ad una recinzione. La
sua schiena affondò in un groviglio di filo spinato arrugginito e,
cacciando un
urlo, il ragazzo si contorse e finì a terra in mezzo ad una pozza
formata dal
suo sangue misto al lerciume che c’era a terra.
‒
Oh cazzo! ‒ esclamò Sapphire rendendosi finalmente conto di aver a che
fare con
un essere umano fatto di carne.
‒
Sapphire, porca miseria ‒ Ruby sbatté un pugno a terra. Era ancora vivo
e
cosciente.
La
ragazza
provò ad andargli incontro per fare qualcosa, ma di nuovo, toccandolo,
ottenne solo di scottarsi la mano come se l’avesse posata su un vassoio
appena
uscito da un forno. Si ritirò emettendo un gemito.
E
quasi si rifiutò di credere a ciò che si manifestò davanti a lei. La
sofferenza
scomparve sostituita dallo stupore.
Dalla
schiena
di Ruby si levò un lieve odore di carne bruciata. La sua pelle emise lo
sfrigolio di un pezzo di metallo rovente immerso nell’acqua. Del vapore
avvolse
la sua figura dolorante e ansimante a terra.
Ruby
tremava
e sembrava star soffrendo parecchio.
Poi,
davanti
agli occhi esterrefatti di Sapphire, le sue ferite si cauterizzarono
all’istante e il suo sangue smise di uscire. Tutti i graffi e i tagli
che Ruby
aveva sul suo corpo si chiusero. Al loro posto, complessi disegni
formati da
linee rosse e blu si aprirono un solco nella sua schiena.
Quando
il
processo terminò, Ruby smise di respirare a fatica, e si rialzò davanti
ad
una quasi terrorizzata Sapphire.
‒
Che diavolo è appena successo? ‒ domandò lei.
Ruby
testò
alcuni movimenti per saggiare che tutto fosse a posto.
‒
Questo è Groudon ‒ rispose solo. ‒ le Gemme hanno diversi effetti sul
mio
corpo, tra cui la possibilità di sistemarmi le ferite con il fuoco.
‒
Stai scherzando? ‒ fece incredula Sapphire.
‒
Che cosa hai appena visto?
La
ragazza
non rispose.
Ruby
annuì:
‒ Ora che ti sei calmata… la risposta è no.
Sapphire
fece
un rewind mentale per tornare alla rabbia di istanti prima. Evitò
stavolta
di mettere le mani addosso al ragazzo, ma gli urlò comunque in faccia: ‒
Vuoi
prendermi in giro? Ruby, sono morte delle persone!
‒
E né io né tu possiamo resuscitarle! ‒ rispose lui.
Ruby
tolse
la maglia ridotta a brandelli. Sapphire ebbe appena il tempo di vedere
tutto il corpo snello di Ruby coperto centimetro per centimetro da linee
e
disegni rossi e blu prima che questo prendesse dalla borsa che era
rimasta sul suo
Pokémon una maglietta nuova. La ragazza fece finta di niente, doveva
fissarsi
in testa che Ruby non fosse una vittima della situazione.
‒
Senti, mi dispiace e sì, lo sento il bruciante senso di colpa se proprio
vuoi
saperlo ‒ proseguì il ragazzo. ‒ Ma ora non possiamo fare più niente e
peggioreremo solo la situazione se io non mi affretto ad andarmene ‒
fece per
tornare su Flygon.
Sapphire
tornò
definitivamente in sé. ‒ Non posso lasciartelo fare ‒ mormorò. ‒ Ruby,
ti
prego.
Il
ragazzo
mise il paio d’occhiali di riserva che teneva nello zaino. Questi
avevano una montatura meno alla moda e delle lenti più spesse. ‒ No.
E
Flygon spiccò il volo in una frazione di secondo, tanto veloce da dare
quasi
alla ragazza l’impressione averlo visto scomparire.
‒
Stronzo! ‒ esclamò lei stridula.
Il
suo
Tropius era apparso dietro di lei qualche istante prima. Pure lei fu
rapida
a tornare in volo. Non vide alcun Flygon nei dintorni. Guardò meglio.
‒
Eccoti… ‒ mormorò individuando un supersonico Latios che volava come una
freccia fendendo le nuvole al suo passaggio. La ragazza sapeva bene che
se era
presente Latios, nei dintorni avrebbe trovato pure sua sorella. ‒
Latias!
Latias, dove sei? ‒ esclamò a voce altissima.
Timidamente,
si
mostrò a lei una figura rossa e bianca. La dragonessa aveva gli occhi
lucidi.
‒
Riesci a stare dietro a tuo fratello? ‒ chiese saltandole in groppa e
facendo
rientrare Pilo.
Quella
fece
una smorfia. Era restia, non voleva muoversi.
‒
Ti è stato detto di non ascoltarmi… non è vero?
Quella
abbassò
il capo.
‒
Per favore, Ruby te lo ha detto per non farsi seguire, io invece voglio
solo
trovare colui che ha ucciso Rald ‒ alla pronuncia del suo nome, lo
sguardo di
Latias si rinvigorì. ‒ Per favore…
Il
Pokémon
Eone prese la sua decisione, si mise in posizione per dare il tempo a
Sapphire di assicurarsi al suo corpo. E in meno di un millesimo di
secondo
aveva raggiunto una velocità tale da far tornare Ruby visibile agli
occhi della
ragazza.
‒
Eccolo! ‒ esclamò Sapphire. ‒ Dobbiamo prenderlo!
Latias
spinse
di più. La sua forma aerodinamica passava attraverso l’aria con estrema
facilità, l’Allenatrice che la guidava si era posizionata più aderente
possibile a lei in modo tale da non opporre resistenza. “Trovare chi ha ucciso Rald”. Quello stava pensando, quel pensiero
la alimentava.
E
in un blitz temporale si ritrovò a pari merito con suo fratello Latios
che in
groppa stava portando Ruby.
‒
Ruby devi fermarti! ‒ esclamò Sapphire.
Il
ragazzo
si mostrò infastidito dalla sua veemenza.
‒
Te lo sto chiedendo come vecchia amica, per favore!
‒
Un po’ difficile chiamare vecchia amica una che fino a poco fa mi ha
gettato
giù dal mio Pokémon per picchiarmi! ‒ ribatté lui.
‒
Andiamo, da quando sono io quella che si è comportata di merda tra noi
due?!
Lui
non
rispose.
Allora
parlò
Latias, che emise il suo acuto verso nell’intento di comunicare con suo
fratello. Disse qualcosa. Sapphire comprese che gli stava comunicando le
sue
intenzioni, allora la esortò a continuare. La ragazza vide Latios aprire
gli
occhi, ragionare. La sua espressione era quasi confusa. Ma il buon senso
e la
fiducia ebbero la meglio, il dragone rallentò. Ruby si trovò immobile a
mezz’aria di fronte a Sapphire.
‒
Digli di scendere ‒ intimò lei a Latias.
Quella
provvide.
Pochi secondi e tutti e due gli Allenatori di Hoenn erano sul tetto
di una casa circondati dai mansueti fratelli Eone.
‒
Ruby, per favore, se non vuoi ascoltare me almeno ascolta tutti gli
altri:
Green, Yellow, Crystal… abbiamo tutti bisogno di sapere che cosa sta
succedendo.
‒
Sapphire, devo mantenere il silenzio per la sicurezza di tutti!
‒
Nessuno saprà che ci hai rivelato queste cose.
‒
Sì, sono sicuro che saranno proprio le persone sbagliate quelle che
verranno a
saperlo.
‒
Ruby, ti prego ‒ Sapphire parlava col vento sulla pelle e la luce del
tramonto
riflessa sui suoi capelli. ‒ Non posso chiedertelo da amica, voglio
chiedertelo
come pagamento per avermi fatto passare i due anni più brutti della mia
vita ‒
il suo sguardo era duro, i suoi occhi umidi.
Ruby
trasse
un lungo e profondo respiro. Si mise le mani tra i capelli e chiuse gli
occhi. ‒ Va bene… ‒ lo disse quasi senza voce.
Ruby
tacque
e si sedette sul bordo del tetto, i piedi nel vuoto e le mani sulle
tegole. Di fronte a lui solo la città tinta dall’arancione del tramonto
e
ancora più lontano la linea in cui il cielo si gettava nel mare.
Sapphire lo
imitò sedendosi accanto a lui.
‒
Ti sto per dare delle informazioni molto importanti ‒ puntualizzò il
ragazzo.
‒
Lo capisco ‒ assicurò Sapphire.
Ruby
prese
ancora fiato. ‒ È stato un uomo che tu conosci bene ad organizzare
questo
attacco: Zachary Edward Roland… ‒ il ragazzo scandì ogni singola parola.
‒
Zero, il Campione di Holon, avrebbe organizzato una strage nella sua
capitale?
‒
No, cioè… sì. Lui è fuori di testa, non so per quale motivo lo abbia
fatto ma
so che non ha scrupoli, ricordi quel Zero che hai incontrato alla
Terrazza?
Sapphire
annuì.
‒
Quello non è Zero, lui è senza pietà e non si fa problemi davanti a
nulla. Ho
saputo di Rayquaza perché ho avuto una soffiata da una persona molto
vicina a
Zero, diceva che uno dei suoi Superquattro, partito alla ricerca della
Gemma
Verde, era riuscito nella sua impresa. Nel momento immediatamente
successivo a
questo ritrovamento, Zero ha fatto richiesta alla Federazione per
organizzare
una prossima edizione del Torneo Internazionale qui ad Holon. Ha fatto
costruire l’Holon World Stadium per l’occasione, non ha badato a spese.
Non
poteva essere una coincidenza.
Sapphire
non
parlava, si limitava ad ascoltare con la bocca semiaperta e gli occhi
fissi
sul volto contrito di Ruby che invece preferiva guardare il tramonto.
‒
Quando l’ho saputo, ho deciso di ritrovare le altre due gemme per
contrastare
il potere di Rayquaza dandone a te una per tenermi al sicuro fino a quel
momento.
‒
Aspetta, Ruby, a proposito di questa
soffiata
venuta da una persona molto vicina
a Zero…
stai parlando di Rocco, vero?
Ruby
annuì
desolato.
‒
Siete ancora in buoni rapporti? Dopo quello che gli hai…
‒
Io non gli ho fatto niente! ‒ Ruby non poté trattenersi. ‒ Ha deciso lui
di
andarsene, io non l’ho mai cacciato via. È stato come la prima volta,
con
Adriano.
‒
Rocco credeva in quella Lega, e la Lega credeva in lui. Era sicuramente
il
miglior Campione che Hoenn avesse mai avuto.
‒
Credi che mi faccia piacere sentirti dire queste cose?
‒
Credi che mi faccia piacere vedere il ragazzo… il mio vecchio miglior
amico che
prende in mano la mia casa e la trasforma in una trasmissione
televisiva?
‒
Senti, sai che ti dico, lascia stare, ti ho detto quello che volevi
sapere e
adesso posso andarmene ‒ il ragazzo scattò in piedi.
‒
Sì, vattene, vattene ancora una volta!
Il
ragazzo
fingeva di non sentirla, prese la Poké Ball di Flygon e si preparò a
tornare in volo.
‒
Pensavo che sarebbe cambiato qualcosa se ti avessi spinto a parlare,
pensavo
che avresti finalmente chiarito il perché di questi due anni in cui per
me non
sei rimasto altro che un posto vuoto!
Ruby
ebbe
un sussulto. Le parole di Sapphire sembravano averlo colpito dritto
nello
stomaco trafiggendolo a morte. Per qualche istante gli mancò il respiro.
‒
Beh, forse ti sbagliavi…
‒
Certo che mi sbagliavo. Ma grazie, comunque, avevo proprio bisogno di
togliermi
questo dubbio, sai, mi impediva di dimenticarti… ‒ Sapphire fu truce.
Ruby
sembrò
avere un mancamento. I suoi muscoli si ammorbidirono e il suo respiro
affannoso si fece inesistente. Non riuscì a far uscire Flygon e per poco
non
fece cadere anche la Ball a terra.
‒
Non avevo altra scelta ‒ mormorò con un filo di voce.
‒
In che senso? ‒ domandò Sapphire.
‒
Dovevo farlo per forza ‒ continuò.
‒
Si ha sempre una scelta, chi ti ha obbligato?
Ruby
si
voltò. Il suo volto era contratto in una smorfia di dolore e dava l’idea
di
dover scoppiare a piangere da un momento all’altro. ‒ Io detesto quello
che sto
facendo, io odio la Hoenn che mi hanno costretto a creare, ma era
l’unica
speranza per tenere vivi tutti voi…
La
rabbia
di Sapphire sembrò sciogliersi appena.
‒
Qualcuno che non posso sconfiggere ‒ e, chiamato Flygon, gli saltò in
groppa e
volò via.
Sapphire
rimase
lì, immobile, per dei secondi interminabili. Nella sua testa molti fili
si ricollegarono, alcune vicende presero un'altra forma. Le venne in
mente il
temerario pensiero di inseguirlo in groppa ad un Pokémon Eone, ma la
ragione
ebbe la meglio e decise di lasciarlo da solo. Lo fissò sparire nel cielo
volando via alla massima velocità, chino sul proprio Pokémon.
‒
Buonanotte, ragazzi… ‒ salutò Platinum.
Quasi
tutto
il gruppo le rispose, lei se ne andò con la stessa espressione
sconsolata
di tutti sul volto.
Tutti
i
Dexholder erano ancora nella sala dell’ospedale. Stavano aspettando i
responsi delle analisi degli ultimi due di loro e avevano perso un po’
di tempo
per parlare con quei due giornalisti che si erano avvicinati attratti
dal
gruppetto di persone che si era formato con l’affluire dei visitatori.
‒
Penso che anche io e Yellow ce ne andremo ‒ mormorò Red.
‒
Io ho bisogno di bere ‒ fece poi Crystal alzandosi.
‒
Ti faccio compagnia ‒ si propose Blue.
I
quattro designati lasciarono la situazione.
Per
qualche
istante, esclusi i bip delle macchine e lo scalpiccio dei mocassini
degli infermieri sul pavimento lucido, regnò il silenzio.
Poi
dopo
poco giunsero in una busta pure i fogli destinati a Silver, questo
saggiò quello
che era sicuro essere un responso rassicurante, prese e se ne andò.
‒
Green, ho bisogno del tuo aiuto ‒ mormorò Gold dopo un po’.
‒
Ah, è per questo che sei rimasto.
‒
Ho una pista.
Il
Capopalestra
di Smeraldopoli fece capire con lo sguardo di essere interessato.
‒
Platinum Berlitz mi ha rivelato che in un laboratorio di Hoenn,
precisamente
quello in cui Rayquaza era contenuto tanti anni fa, un team di
scienziati
finanziati dalla sua famiglia ha creato la Gemma Verde, una pietra
capace di
controllare approssimativamente quel leggendario. Il terrorista potrebbe
avere
utilizzato quella per attaccare Vivalet. Se noi potessimo tornare lì e
riattivare quei macchinari c’è la possibilità che riusciamo ad ottenere
più
informazioni, o nel migliore dei casi a tracciarla ‒ spiegò il ragazzo.
Green
non
lo aveva mai visto così serio. Lo trovava inquietante, a dire il vero.
‒
Va bene, e perché ti servirebbe il mio aiuto?
Gold
indicò
la sua cintura. ‒ Porygon-Z, il laboratorio ora è un rudere, sia che
ritroviamo lì un computer che possa esserci utile, sia che dobbiamo
cercarlo
per conto nostro, allora avremo bisogno dei suoi poteri.
Green
diede
cenno di aver capito.
‒
Partiamo domani, all’alba, lasceremo un messaggio agli altri.
‒
Perché tutta questa fretta?
Gold
non
rispose e si limito ad assecondare il suo sguardo.
Green
in
un certo senso lo capiva. Tutti erano rimasti sconvolti, in particolar
modo
lui, Sapphire e Crystal. La ragazza di Hoenn era scomparsa da quel
pomeriggio,
Crystal si stava ubriacando con qualche alcolico di bassa lega da
qualche parte
lì attorno e Gold aveva deciso di condividere con lui uno dei suoi folli
piani
solitari. Non lo aveva mai visto così scosso e così poco… Gold.
‒
Va bene, vado a preparare i bagagli ‒ il Capopalestra si alzò in piedi e
si
avviò per la sua strada. Un medico lo intercettò in mezzo alla gente per
dargli
i risultati delle sue analisi. Per fortuna, lui se n’era dimenticato.
Evidentemente il piano di Gold aveva conquistato un piano di rilievo
nella sua
tabella dei pensieri. Chissà se era un bene o un male.
E,
alla
fine, pure Gold si decise ad andarsene.
Sapphire
trasse
un lungo sospiro di desolazione.
Dopo
esser
tornata all’ospedale, non riuscendo a trovare nessuno, si era messa a
cercare i suoi amici. Era venuto fuori, dalla testimonianza di Green che
era
stato l’unico che si fosse degnato di risponderle al PokéNav, che erano
già
andati tutti via da parecchio. E l’uomo le aveva detto che mentre
Yellow, Red,
lui, Silver e Gold erano tornati in stanza, Crystal e Blue si trovavano
sicuramente nel bar più vicino.
E
sì, le aveva trovate. In una bettola dal tanfo disumano ancora aperta
per
chissà quale grazia divina. Crystal era stravolta su un tavolino,
ubriaca
lercia, Blue sedeva accanto a lei con i capelli ridotti ad un disastro e
numerosi graffi sulle guance e sulle braccia.
Sapphire
entrò
nel locale.
‒
Ehi, è la serata delle star, questa ‒ commentò il barman vedendo entrare
la
terza celebrità nell’arco di poco meno di un’ora. ‒ Signorina Birch, si
lasci
offrire un brandy ‒ era un uomo di mezza età con un sorriso che si
apriva la
strada a colpi di zappa in mezzo alla sua faccia rugosa e ispida.
‒
Non sono qui per bere, ma per riprendere loro ‒ disse serissima
guardando quei
due cadaveri che sembravano le sue amiche.
‒
Mh, lei ha iniziato tracannando whiskey e non si è più fermata ‒
indicava
Crystal. ‒ poi quando un ragazzo ha cercato di portarla con sé in bagno,
la sua
amica che era ancora lucida ha fatto di tutto per impedirle di seguirlo.
Ed è stato
così che si è ridotta ad un cencio. La scena si è ripetuta un paio di
volte e
lei continuava a dirle di rimanere a bere finché tutte e due non hanno
iniziato
a fare talmente tanto schifo da risultare repellenti pure per Gregory ‒
e con
lo sguardo si rivolse ad un ometto dal pancione prominente che, seduto
al
bancone proprio lì accanto, scrutava il suo triplo rum vacuamente,
sembrava
dover vomitare da un momento all’altro.
‒
Che schifo… ‒ commentò Sapphire esterrefatta. ‒ Le porto via, quanto ti
devo? ‒
chiese mettendo mano al suo portafogli.
‒
Figurati, ragazza, se non fosse per voi tutta Vivalet non sarebbe qui ‒
rispose
quello lucidando un bicchiere.
Sapphire
annuì
e sorrise, grata.
A
sentire quelle parole, Gregory sembrò svegliarsi da quel coma profondo.
Il
beone le rivolse lo sguardo confuso e cercò di mettere a fuoco il suo
volto.
‒
Ma tu eri lì quando quel mostro è stato fermato ‒ singhiozzò con la sua
voce
gracchiante.
Sapphire
accennò
un sì.
Quello
cominciò
gradualmente a ridere. ‒ Ah, abbiamo un’eroina stasera a bere qui con
noi! ‒ esclamò facendo sussultare tutto il bar.
Sapphire
era
a disagio.
‒
Dai, ragazzi, guardatela, è proprio qui… cioè, è proprio lei!
Pian
piano,
tutti i bevitori che quella sera si erano rifugiati in quel locale
disgustoso, cominciarono ad alzare la testa dal tavolo e dai loro
bicchieri. E
Sapphire dedusse che all’entrata delle sue due amiche tutti dovevano
essere
molto distratti, perché qualcuno cominciò pure ad additare Blue e
Crystal come
se le vedesse per la prima volta. Tra la folla si levavano cose come “ma sono proprio loro”, “guardale,
da quanto
sono qui?”, o “dici che
quella con
gli occhi azzurri si lascia offrire da bere?”. E tutti i clienti
cominciarono a riconoscerle e ad alzare le voci nei loro confronti.
Poi,
accadde
l’inaspettato: da un angolo nascosto del bar partì un cadenzato battito
di mani. Risuonarono da soli i primi timidi clap,
ma ben presto tutti seguirono la corrente e un copioso applauso si
riversò
sulle tre Dexholder, due delle quali erano troppo sfatte per rendersene
conto.
Qualcuno alzò delle grida, alcuni fischiarono. Quando la loro identità
era
saltata all’occhio di tutti, subito la gratitudine del popolo era
esplosa dalla
folla.
‒
È per te? ‒ chiese Blue ad una Sapphire che si rese conto in quel
momento che
la sua amica era sveglia.
‒
No ‒ rispose Sapphire. ‒ è per noi.
La
vide
sorridere, anche se annebbiata dai fumi dell’alcool. ‒ Dobbiamo tornare?
‒
Se riesci a camminare…
‒
Certo che ci riesco, ma portare Crystal sarà compito tuo.
‒
Va bene ‒ rispose lei guardando quello straccio penoso che era la sua
amica. Da
quello che il barman aveva raccontato, quella non era stata una delle
sue
serate migliori.
‒
Oh, Sapphire ‒ proseguì Blue. ‒ Non ho permesso a nessuno di toccarla ‒
disse
indicando l’amica di Johto.
La
ragazza
cercò di dare una ricomposta a Crystal, nel farlo passò una mano sui
suoi leggins trovandoli tutti lacerati e strappati in corrispondenza
dell’inguine. Impiegò un po’ per decidere se essere crudele o delicata
con Blue
‒ Sei stata brava ‒ le rispose poi. Delicata.
E
le tre ragazze tornarono all’hotel, Sapphire si caricò per tutto il
percorso il
corpo annichilito di Crystal mentre Blue la seguiva barcollando e
inciampando
ad ogni marciapiede. In qualche modo, la Dexholder di Hoenn trovò la via
per
rimetterle entrambe a letto e, verso un orario che non si concedeva
neanche
durante il resto dell’anno, andò a dormire.
“Knock-knock”
‒ Silver!
“Knock-knock”
Il
fulvo
aprì gli occhi lentamente. Scosse la testa che gli sembrava essere
avvolta
in una fitta nebbia. In mano aveva ancora la bottiglia di Jack Daniel’s
vuotata
la sera prima. La sua stanza era meno ordinata del solito, lui aveva
addosso un
paio di boxer e una maglia bisunta. Si alzò dal letto, aveva dormito
veramente
poco.
‒
Silver! ‒ chiamò ancora la voce da fuori la porta.
E
subito il ragazzo ricordò come mai fosse sveglio. Gettò la bottiglia nel
cestino, nascose quei pochi panni sporchi che aveva lasciato sulla
poltrona,
mise un paio di bermuda decenti. Fuori dalla porta della sua stanza
trovò una
preoccupatissima Yellow.
‒
Che diavolo succede? ‒ domandò scazzato.
‒
Green e Gold sono spariti! ‒ espose quella frenetica.
Silver
guardò
l’orario: le otto e ventidue. ‒ E questa novità valeva la levataccia? ‒
chiese sarcastico tentando di chiuderle la porta in faccia.
‒
Ascoltami! ‒ lo bloccò lei. ‒ Sil, che diavolo avranno in mente quei
due?
Il
fulvo
la guardò. Era ancora scossa, probabilmente non riusciva a capirla
perché
per lui l’alcool aveva certamente contribuito a digerire la situazione.
Per lei
no, a quanto ne sapesse. Fece un esame di coscienza e chiese: ‒ Red?
‒
È in stanza, lo chiamo?
Silver
annuì:
‒ chiama tutti.
Cinque
minuti
dopo, Yellow aveva già riunito l’intera squadra dei Dexholder rimasti
attorno al tavolino nella terrazza dell’ultimo piano. In qualche modo
aveva
lanciato giù dal letto pure Crystal e Blue che all’inizio non volevano
saperne
nemmeno di aprire gli occhi.
‒
Come vi ho detto, Green e Gold sono spariti stamattina, dobbiamo cercare
di
capire che cosa potrebbero avere in mente ‒ esordì la bionda che sedeva
accanto
al suo ragazzo.
Blue
si
stropicciava gli occhi e Crystal aveva la faccia spiaccicata contro il
tavolo, Silver sgranocchiava del pane tostato e Sapphire controllava il
PokéNav. Attirò l’attenzione di tutti quando incontrò un messaggio che
reputò
importante.
‒
È di Green ‒ disse. ‒ “io e Gold
stiamo
cercando una roba, speriamo di riuscire a portare a termine qualcosa
di utile,
siamo a Hoenn” ‒ citò.
Tutti
tacquero.
‒
Tutto qui? ‒ domandò Yellow.
Ognuno
dei
presenti aprì il proprio terminale. Ovviamente ognuno dei presenti aveva
ricevuto lo stesso messaggio.
‒
Direi niente panico, quindi? ‒ propose Sapphire.
Ci
fu
un debole e viziato consenso generale. Qualcuno guardò male Yellow per
essersi preoccupata per un nonnulla.
‒
Io invece devo parlarvi di una cosa importante ‒ prese in mano il
discorso la
castana di Hoenn. ‒ Ieri ho parlato con Ruby.
Crystal
ebbe
un sussulto, Blue smise di dondolarsi sulla sedia e Silver rischiò di
strozzarsi.
‒
Sei seria? Ci sei riuscita? ‒ domandò Red con un filo di voce.
‒
Sì, e mi ha spiegato delle cose importanti.
Ci
fu
un parlottare diffuso.
‒
Non so se qui è il luogo adatto a parlarne… ma comunque. La causa
dell’incidente è Zero.
La
dichiarazione
evocò lo stupore e il parlottare generale.
Di
tutto
il marasma intervenne solo Silver: ‒ Sapphire, mi stai dicendo che quel
ragazzo avrebbe organizzato una specie di attentato terroristico nella
sua stessa
città. Oltretutto con un Pokémon leggendario?
‒
Ruby sapeva quando e come sarebbe arrivato Rayquaza, non ci piace ma è
sicuramente una fonte attendibile.
Morì
sul
nascere ogni possibile contestazione venuta in mente ai presenti.
‒
Ha mandato uno dei suoi Superquattro a cercare la Gemma Verde, il
gioiello che
dona un approssimativo controllo su Rayquaza, l’intuito mi dice che
questo
Superquattro sia Murdoch, essendo specializzato nel tipo Drago ‒ entrò
nella
precisazione la ragazza.
‒
E il motivo di questo folle gesto? ‒ volle domandare Red.
‒
Non lo sa nemmeno lui. Lo so che è poco su cui lavorare, ma…
‒
È niente su cui lavorare ‒ intervenne con voce frustrata Crystal. Le sue
occhiaie erano vistose e si capiva dal suo sguardo che i postumi della
sbronza
la tenevano ancora stretta tra le loro scomode braccia. ‒ cosa dovremmo
fare?
Entrare alla sede della Lega e gridare senza alcuna prova o sicurezza
che il
colpevole di una catastrofe di dimensioni epiche è il Campione in
carica,
peraltro l’Allenatore più forte vivente, e che ad agire per suo conto
sia stato
un suo sottoposto? ‒ chiese retorica e velenosa.
‒
Abbiamo la soffiata che Rocco ha mandato a Ruby.
‒
Non basterebbe comunque, è poco più che un’indiscrezione… ‒ Blue difese
la
teoria di Crystal.
‒
Andiamo a parlare con Rocco ‒ propose Yellow, logica.
Silenzio
generale,
ognuno valutò l’opzione.
‒
Non è una cattiva idea ‒ mormorò Sapphire per prima.
Crystal
annuì
vitrea, Blue la imitò, e Red acconsentì tacendo.
‒
Un attimo ‒ intervenne Silver. ‒ come facciamo con Gold e Green?
‒
Chiamiamoli, informiamo anche loro ‒ aggiunse diplomatica Yellow.
Silver
annuì
prendendo il suo PokéGear. Scelse il contatto di Gold. Attese alcuni
secondi. Nessuna risposta. Mormorò un “idiota”.
Ritentò con Green. Attese ancora. Niente. Stavolta tacque.
‒
Manda loro un messaggio, potrebbero aver preso l’aereo e non avere
segnale ‒
quel giorno Yellow si sentiva ponderata e riflessiva.
Silver
scrisse
per una ventina di secondi muovendo le dita velocemente sullo schermo
del piccolo dispositivo da polso.
‒
Fatto ‒ annunciò una volta finito.
‒
Bene, vogliamo partire subito verso… la città di cui Rocco è
Capopalestra? ‒
riprese l’unica bionda del gruppo.
‒
Altelia, e comunque proporrei di partire appena pranzo, qualcuno ha
bisogno di
dormire un altro po’ ‒ intervenne Sapphire mandando un’occhiata di
rimprovero a
Crystal e Blue.
Tutti
furono
d’accordo, anche perché magari in quel modo sarebbe arrivata in tempo
un’eventuale risposta da parte di Gold e Green. Conclusa la discussione,
Yellow, Red e Silver scesero al piano di sotto per mangiare, mentre
sopra
rimasero solo Blue, Crystal e Sapphire.
‒
Hai notato quanto è cupo Red? ‒ domandò la ragazza di Hoenn quella di
Kanto.
‒
Sì ‒ sussurrò quella.
‒
Non avrei mai detto che uno come lui potesse rimanere così male per un
evento
del genere, per quanto triste...
‒
E infatti, non è per Emerald, né per l’accaduto in generale.
‒
Che cosa intendi ‒ Sapphire la guardò strano.
‒
Intendo che il nostro Campione di Kanto nasconde qualcosa che lo turba.
Sapphire
titubò.
‒ Tu lo conosci da più tempo di tutti noi, in effetti, ha mai fatto
così altre volte?
‒
No ‒ rispose Blue. ‒ ed è per questo motivo che dev’essere qualcosa di
veramente orribile ‒ spiegò, tetra.
Sapphire
rimase
male, lì per lì. ‒ Senti, vai a riposare, ora… ‒ le consigliò. ‒ dopo
forse gli chiederemo qualcosa.
‒
Se ci fosse una qualche cosa che lo preoccupa, anche la più terribile
del
mondo, non vorrebbe darci pensieri.
‒
Come Ruby… ‒ pensò Sapphire lasciando uscire un filo di voce.
‒
Eh? ‒ chiese Blue.
‒
Niente.
Blue
la
guardò titubante. ‒ Mh… va bene, io vado a dormire, poi ho una vasca
idromassaggio al piano di sotto che mi aspetta ‒ si congedò Blue.
‒
A dopo.
A
ragazza ancheggiò verso la sua stanza, lasciando sola sulla terrazza
Sapphire
assieme ad un’invisibile Crystal.
‒
Come Ruby? ‒ domandò la Dexholder di Johto cogliendo quasi di sorpresa
l’amica.
Sapphire
non
rispose. Aveva percepito tutta l’ostilità nella voce di lei e,
guardandola
in faccia, altro non riusciva a vedere che disprezzo e odio per se
stessa e per
la situazione in cui era finita.
‒
Che cos’ha quel ragazzo che non va che lo ha portato ad ammazzare in
questo
modo barbaro Emerald e altre centinaia di persone?
‒
Lo so, Crystal, è terribile…
‒
No, Sapphire, tu l’hai lasciato andare via. Ti ostini a non capire
quanto noi
abbiamo perso per colpa sua.
Sapphire
non
poteva fare a meno di pensare alle ultime cosa che Ruby le aveva detto.
La
situazione non era delle più comode, né per lei, né, da come aveva
capito, per
il ragazzo.
‒
Non possiamo procurarci un altro nemico, ora come ora.
‒
Lui è già nostro nemico, non riesci a capirlo?
‒
No, lui ha combattuto dalla nostra parte.
‒
No, noi abbiamo combattuto dalla sua perché abbiamo avuto il buon senso
di non
lasciarlo morire da solo contro quel mostro! ‒ esclamò la Catcher. ‒
…che col
senno di poi, sarebbe stata la cosa giusta da fare ‒ sibilò lasciando
Sapphire
da sola sulla terrazza e rientrando nella sua stanza.
‒
Dice che Sapphire è riuscita a parlare con Ruby ed è uscito fuori da una
soffiata di Rocco che il colpevole dell’incidente è Murdoch,
Superquattro di
Holon, che agiva per conto del Campione, Zero. Intenti sconosciuti.
Inoltre
andranno a parlare con Rocco proprio oggi ‒ lesse Gold tenendo con una
mano il
PokéGear e con l’altra la valigia.
‒
Quindi, che facciamo? ‒ domandò Green.
I
due si erano imbarcati sul primo volo diretto a Hoenn rimasto con due
posti
vuoti, riuscendo ad evitare la epocale fila per il check-in. Stavano
facendo
scalo all’aeroporto di Fiordoropoli quando Gold aveva acceso il suo
PokéGear
per leggere i messaggi arrivati.
‒
Ormai stiamo per imbarcarci per Hoenn, no? ‒ fece il ragazzo di Johto
con
leggerezza.
‒
Sì, per cercare qualcosa che sappiamo già dove si trova…
‒
No, a questo punto le ricerche in quel laboratorio potrebbero aiutarci a
capire
come fermare quel folle.
‒
Rayquaza è morto, non c’è poi molto da fermare.
Gold
sbuffò.
‒ I culi delle ragazze di Hoenn sono un buon motivo per rimanere…
‒
Vaffanculo, Gold ‒ mormorò il Capopalestra.
‒
Ah già, tu sbavi ancora dietro a lei ‒ lo sfotté maligno.
‒
Senti, io torno a Holon, magari là troverò qualcosa di davvero utile da
fare ‒
girò i tacchi Green.
‒
Aspetta, credo di avere un’idea ‒ si illuminò Gold.
‒
Vai, spiegamela ‒ lo esortò Green.
Quello
sorrise,
malintenzionato.
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