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17. Tessere del Mosaico pt. 6
- Johto, Rovine D’Alfa, Sala 1 –
“Corrado!” esclamò Red, vedendo il corpo dell’uomo per terra. S’inginocchiò rapidamente al suo cospetto, vedendo un rivolo di sangue rubino fuoriuscirgli dalla bocca.
Gli occhi dell’uomo erano chiusi e mai s’erano aperti. Red alzò lo sguardo, angosciato e pieno d’ansia. Si rimise in piedi ed avanzò rapido, sperando fosse ancora vivo.
Troppo trambusto. Non riusciva a concentrarsi.
In cuor suo temeva di fare la fine dell’uomo; il suo Luxray era rimasto ferito su di un fianco a pochi metri da lui mentre la puzza del sangue saturava la zona.
La sfera di Poli era stretta nella mano destra.
Quella sinistra era a proteggere il volto dall’enorme nuvola di fumo che una corrente aveva trasportato da lui. I suoi occhi rossi si strinsero, sentendo un fastidio pungente costringerlo a serrare le palpebre.
Tossì, pensò a Yellow e poi ritrovò la forza.
Ferma tutto. Fermali si ripeteva, cercando nei suoi pensieri la forza per poter reagire, nonostante tutto attorno a lui specificasse chiaramente che dovesse abbandonare quella nave come il peggiore dei codardi.
Almeno avrebbe salvato la pelle, avrebbe rivisto Yellow ed avrebbe provato a vivere una vita normale senza il peso costante d’esser perseguitato dall’importanza del suo nome, delle gesta che lo avevano visto protagonista.
Poi pensò che non se lo sarebbe mai perdonato e che il peso di quella scelta lo avrebbe macerato lentamente, fino a quando non sarebbero rimaste soltanto pelle ed ossa.
Decise di sfondare la barriera di fumo con coraggio ed andare oltre, e ciò che vide lo terrorizzò: una carneficina. Una paio di scagnozzi erano stati messi fuori combattimento e giacevano supini, stesi sui detriti e sul proprio sangue ma davanti a loro c’erano tutti i Pokémon dei Capipalestra rimasti feriti e senza vita.
Alla fine di quell’orrida passerella vi era quell’ombra che filtrava attraverso il fumo e le fiamme.
“Fermati!” le urlò Red, ripetendo le sue parole nuovamente, fino a quando l’interlocutore non si bloccò, voltandosi.
“Poli, vai!”.
Le fiamme attorno ai suoi piedi continuavano a divampare e intanto il Pokémon dell’Ex Campione di Kanto avanzava deciso davanti al suo Allenatore, come per porsi tra lui ed ogni eventuale minaccia.
“Mi senti?!” urlò Red all’ombra. “Chi diamine sei?! Mostrati!”.
Ascoltò poi qualcuno ridere debolmente, nonostante il crepitio delle fiamme e dei respiri sempre più pesanti di alcuni di quei Pokémon ancora vivi.
“Tu vuoi sapere chi diamine sono?” sentì quindi Red. La voce era di donna.
Lui sapeva a chi appartenesse.
“Sei Jasmine? Abbi il coraggio di farti vedere” disse a denti stretti.
“Esattamente” rispose quella, camminando lentamente verso l’interlocutore. Il Dexholder fu in grado di scrutare i suoi occhi color nocciola che tanto risaltavano nel buio di quella notte.
Spostò la lunga treccia dalla spalla muovendo soltanto la testa, velocemente. Da sorridente che era, quasi divertita, finì per diventare serissima; le sue labbra divennero fili candidi e sottili.
Indossava un gilet di piumino bianco, sporcato di cenere, sangue e terreno. Sotto aveva un maglioncino di filo assai aderente, che mostrava il corpo snello, quasi acerbo.
In tutto e per tutto somigliante alla sua controparte, quella che aspettava i soccorsi fuori da quella sala, Red si chiedeva come avesse fatto una donna così piccola a creare un problema grosso come quello.
Sulla spalla manteneva un grosso sacco; pareva molto pesante.
“Quelle sono le tessere del mosaico! Lasciale subito!” esclamò lui.
“Queste servono a me. Non ti vedevo da tempo, Red”.
“Io non ti ho mai vista” ribatté schifato il Dexholder. “La Jasmine che conosco è una brava persona”.
L’altra sorrise, scendendo l’ultimo dei gradini dell’altare dove i mosaici erano posti in precedenza. Red vedeva come efelidi sul viso candido della donna; non sapeva che in realtà quelle fossero schizzi del sangue delle vittime di quel giorno.
“Non esistono brave persone. Esistono soltanto buone e cattive azioni. Se tu oggi fossi costretto a faresti una cosa sbagliata per una giusta causa. Delle volte siamo costretti ad agire in modi che non ci piacciono”.
“Non sei stata costretta ad uccidere Raffaello! L’hai voluto tu!”.
“E Corrado. Ho ucciso anche Corrado, Red. Sei molto differente da come ti ricordavo”.
Avanzò ancora, trovandosi esattamente sotto la grande apertura nel soffitto. Osservò Red modificare la propria espressione, fino ad indossare una maschera che univa malessere e disprezzo, con un pizzico di rabbia.
“Hai ammazzato degli uomini per le tessere d’un mosaico...” sussurrò quello, quasi parlando con se stesso.
“Noto che adesso possiedi dell’etica”.
“Ho sempre posseduto etica. Ho sempre saputo distinguere tra bene e male”.
“Da dove vengo io non è così”.
Gli occhi dell’uomo si spalancarono, buoni ed ingenui quali erano. Il suo silenzio diede spazio alle parole di Jasmine.
“Da dove vengo io sei scappato alla prima occasione. Lì ognuno di voi è differente, Red... e non vedo l’ora di ritornarci”.
“Quello non ero io. Non scapperei mai”.
La donna sorrise, giocando con le punte ordinate dei capelli al di sotto della treccia. Alzò gli occhi verso il cielo quando una debole goccia di pioggia le bagnò una guancia.
Allargò il sorriso e chiuse gli occhi.
“Ero nel faro, quando il Team Rocket attaccò Olivinopoli. Fu un’azione magistrale, repentina. Militarizzati al massimo, le Reclute si sparsero tra le strade e le case della mia gente con velocità e precisione. Chiunque non aderisse alla loro causa veniva giustiziato. Pochi di noi riuscirono a nascondersi, nelle fogne. Fu lì che creammo la Classe Sociale Degenerativa, quella sorta di resistenza di cui Johto aveva bisogno. Molti di noi erano formidabili Allenatori, altri solamente pieni di voglia di fare. Furono i primi a morire, durante le battaglie”.
“Il Team Rocket non è mai riuscito a conquistare Johto”.
“Da me sì. Il mio universo è differente dal tuo, te l’ho detto. In ogni modo è straordinario il modo in cui fui coinvolta nella faccenda...”.
“Quale?”.
“La notte del quindici dicembre Giovanni stazionava all’Hotel Bellariva, sul lungomare ad ovest della città. Pianificavano l’attacco a Fiorlisopoli, dovevano necessariamente dirigere le manovre d’attacco via mare e via aria ma Furio era già stato allertato ed aveva predisposto un embargo civile e commerciale all’isola. Aveva utilizzato il tempo a disposizione per impostare un sistema di trappole al centro del mare ed in prossimità dei suoi porti, oltre ad aver organizzato linee difensive di mare e di terra. Ecco perché Giovanni non aveva ripiegato rapidamente verso sud ma era stato costretto a fermarsi per un paio di mesi ad Olivinopoli. Beh, quella notte organizzammo il suo omicidio. C’intrufolammo nell’hotel e rapidamente siamo riusciti a penetrare nelle sue stanze. Lo uccisi col mio Ampharos, scaricandogli milioni di Ampere nel corpo. Fu lì che partì una controffensiva micidiale per liberare l’intera Johto...”.
“Hai ucciso Giovanni?” domandò Red, stupito.
“Sì ma ero mossa dai motivi giusti. Con l’aiuto di Furio risalimmo velocemente a nord ed avemmo una grossa battaglia contro i Rocket ad Amarantopoli. Vincemmo, mi sentivo benissimo. Ero l’autrice di quella che era la più grande organizzazione paramilitare di tutta la nazione; noi eravamo la resistenza. Poi però...”.
“Poi?”.
“Il potere è un bicchiere dal quale non puoi bere una sola volta. Cominciato come piano di liberazione, Johto è diventato il mio regno...”.
“Ed io... io sarei fuggito?” domandò confuso il ragazzo, vedendo la pelle di Poli diventare lucida sotto la pioggia che cominciava a battere con maggior vigore.
“Una volta saputo che Violapoli fosse sotto attacco Gold e gli altri Dexholder hanno attuato un piano per fermare la controconquista. Addirittura, hanno fatto fronte comune con i pochi Rocket fedeli rimasti...”.
“Figuriamoci...” sorrise Red, amaramente.
“Tutti mercenari. Tu eri tra i Dexholder che sconfiggemmo a Borgo Foglianova. Scappasti poco prima del verdetto finale, condannando il tuo amico Green alla sconfitta ed alla successiva morte”.
“Hai ucciso Green?!”.
“Nessuno si mette contro di me. E sai cosa stai facendo, adesso?” chiese, con quel sorriso dolce sulle labbra in contrasto più che netto con la ruggine tra le sue parole. Portò la mano alla cintura, afferrando una Pokéball.
“Mi sto mettendo contro di te...” strinse i denti Red, basso sulle gambe. “Attento, Poli!” richiamò all’ordine il suo primo compagno di viaggio.
“Vai, Steelix!” urlò quella. “Sappi che non sono abituata a perdere. E ciò significa che vinco sempre, anche quando non dovrei”. Il grosso esemplare di Pokémon Ferroserpe si presentò a Red con aria minacciosa.
“Stavolta non andrà così! Poli, usiamo Idropompa!”.
Jasmine sorrise, vedendo l’enorme Pokèmon costretto a fuoriuscire dall’apertura nel soffitto per via della sua altezza. La potente scarica d’acqua colpì direttamente i segmenti d’acciaio del suo corpo, che si curvò in direzione della spinta.
La donna sorrise ancora ed applaudì. “Mi sa che con queste mosse potrai solo spegnere l’incendio che ho provocato. Steelix, facciamo un po’ di spazio” ribatté, divertita.
Il Pokémon non sembrò curarsi dell’avversario ed ascoltò gli ordini della sua Allenatrice, spingendo il corpo duro e lucido contro la parte restante del soffitto.
Soffitto che collassò, cadendo interamente al suolo.
Cadendo interamente addosso a Red.
- Johto, Rovine D’Alfa, Cortile Esterno –
“Abbiamo chiamato i soccorsi, Chiara, saranno a momenti qui! Stai tranquilla!” urlava Jasmine, con le lacrime agli occhi e totalmente spaesata.
La donna era praticamente inginocchiata sulla Capopalestra di Fiordoropoli, che manteneva con sempre maggior difficoltà il contatto visivo.
“Jas... aiutami...” sussurrava tra i denti. Il dolore era divenuto così forte da non permetterle di provare nessun’altra sensazione. La guardava con occhi esausti mentre sentiva deboli gocce di sangue che colavano dall’addome lungo i fianchi, finendo per inzaccherare l’erba bagnata.
Da qualche secondo la pioggia aveva cominciato a scendere, colpendo i loro corpi senza forze con freddi spilli di ghiaccio.
“Red ce la farà!” disse poi Jasmine, continuando a piangere. “Ci aiuterà a chiudere questa situazione!”.
Quindi un enorme Steelix fuoriuscì dalla voragine nel tetto provocata dalla grande esplosione nella sala da cui erano usciti qualche minuto prima.
“Stanno lottando” tuonò Valerio, qualche metro dietro di loro, camminando freneticamente senza pace.
“Spero che Corrado non sia rimasto ferito...” sussurrò a se stessa quella di Olivinopoli.
“Già”.
Poi suonò il Pokégear; quello lo portò all’orecchio e rispose. “Qui Valerio. Angelo?”.
Chiara voltò, non senza sforzo, la testa verso l’uomo, con le mani immerse nell’erba. “Che... succede?” domandò con un filo di voce. Soltanto Jasmine poté sentirla.
“Non lo so”.
“Furio...” sussurrò invece Valerio, abbassando il capo, sconfitto. “Esci rapidamente di lì: Chiara ha bisogno di noi”.
- Johto, Rovine D’Alfa, Sala 1 –
“Oh, dannatissimo Steelix!” urlava Red, cercando di valutare rapidamente la situazione. Afferrò poi Poli per il braccio e lo tirò sotto di sé, prendendo infine la sfera di Lax, il suo Snorlax, e quella di Vee.
Poi lasciò che il loro istinto facesse il resto.
Si sentì avvolto.
Protetto.
Inizialmente riusciva a vedere solo polvere, alzata dopo l’enorme crollo; tutt’intorno, almeno dove Red aveva la possibilità di guardare, vi erano soltanto grossi pezzi di marmo.
Alcuni di quelli erano affilati come rasoi; ripensò a Chiara prima di fare mente locale e rendersi conto dell’effettiva situazione: Poli era inginocchiato davanti a lui, e spingeva Red indietro con il corpo. Lax, invece, era su di loro a proteggerli, avvolgendoli totalmente con braccia ed addome.
Sarebbe finito sotto le macerie anche lui se Vee non avesse creato un campo di forza sulla sua testa, a proteggere tutto l’apparato.
I suoi Pokémon c’erano.
“Grazie amici...” sussurrò, alzando la testa e vedendo Steelix accanto alla piccola Jasmine.
“Che bella scena” sorrise ancora. “Ma non basterà. Con me non è mai bastato nulla”.
Il campo di battaglia era interamente disseminato da quegli enormi blocchi di marmo.
Red decise di salire sopra uno di essi e Poli lo seguì subito.
“Geloraggio!”.
Jasmine inclinò la testa e ribatté veloce. “Creati uno scudo col marmo, Steelix!”.
Red fece rientrare nella sfera Lax e Vee, dov’erano più sicuri, prima di vedere il grosso Pokémon avversario alzare un lastrone di marmo con un colpo di coda, che andò ad intercettare l’attacco potentissimo del suo Poliwrath.
Quando il marmo ricadde, congelato com’era, si frantumò in tanti piccoli pezzi.
“Riproviamoci!”.
“Non ho intenzione di giocare così” disse invece quella Jasmine. “Steelix! Fossa!”.
“Odio queste cose. Preparati!” esclamò l’uomo.
“Già, preparati a morire. Ora!”.
“Attenzione!” ribatté rapido lui.
Fu terrificante: Steelix aveva scavato in profondità sottoterra per poi fuoriuscire qualche metro accanto a lui. Dislocato.
Red si aspettava di essere attaccato alle spalle, oppure proprio sotto i piedi. Invece il serpentone d’acciaio sbucò a pochi passi da dov’era entrato, balzando in aria e ruotando rapidamente il corpo, in modo da far partire un pesante colpo con la coda che colpì Poli in pieno.
A momenti anche Red sarebbe stato coinvolto in quel tremendo scontro.
“Poli!” urlò.
“Non c’è molto che Poli possa fare”.
“Zitta!”.
Il Pokémon Girino s’era schiantato su di un cumulo di marmo, impattando violentemente.
“La questione è proprio questa, Red: siete piccoli. Siete troppo piccoli per me” disse la donna, ormai fradicia sotto l’immensa pioggia che si era scatenata sulle loro teste.
Red si stava mordendo il labbro inferiore; anche lui era totalmente bagnato ma intanto guardava inerme Poli, sperando che si rimettesse in piedi.
“Un colpo… è bastato davvero soltanto un colpo per poterti mettere in difficoltà, grande campione?” disse la donna.
“Non è così che faccio io”.
“Beh, neppure io” sorrise quella. Portò le mani al braccialetto che aveva al polso e premette un tasto. Steelix, già enorme e possente, finì per illuminarsi.
“Non posso crederci…” sussurrò a se stesso Red, con gli occhi spalancati e le labbra schiuse. Ebbe il tempo di far rientrare Poli nella propria sfera, prima di vedere Steelix trasformarsi, allargare il capo ed allungare gli spunzoni che fuoriuscivano dal corpo.
“Io le cose le faccio così! Ammazziamolo!” rideva Jasmine, senza il minimo buon senso.
Il grosso Pokémon finì per alzare la pesante coda e schiantarla contro Red, che fece giusto in tempo a saltare verso sinistra, rotolando verso ciò che rimaneva del muro di delimitazione dell’antica sala, ormai distrutta.
“Così non va! Gyarados!” urlò quello, mandando a sua volta in campo il grosso leviatano. “Questo gioco possiamo farlo in due, Jasmine”.
- Johto, Rovine D’Alfa, Sala 7 –
“Ci attacca!” urlò Yellow, facendo un passo indietro. Sua madre vedeva quel grosso Dratini che aveva di fronte, così irritato, concentrato nella sua missione.
Sparava dalla bocca incandescenti raggi rossi, che finivano per bruciare l’erba bagnata del Bosco Smeraldo.
“Stai attenta, Yellow!” diceva Diana, allarmata.
“Certo. Ma prima tu. Non farti colpire”.
La madre indietreggiò, vedendo negli occhi della bionda viva preoccupazione ma anche quella scintilla di determinazione che caratterizzava lo sguardo di suo padre.
“Dovete aiutarmi voi, Pokémon del bosco! Non ho le Pokéball con me!” urlò poi, vedendo frapporsi tra lei e quel Dratini decine di Caterpie, Weedle ed un Pidgey, assieme a dei Rattata.
“Non fatevi del male...” sussurrò corrucciata, quasi a se stessa, mentre vedeva un paio di Caterpie non riuscire a fronteggiare con il proprio Millebave il Pokémon Drago di suo padre.
“Pidgey e Rattata, almeno voi state attenti. E Weedle, non avvelenatelo”.
“Ma ci sta attaccando, Yellow! Dobbiamo in qualche modo ricambiare, altrimenti ci farà a pezzi!” esclamava Diana.
Sua figlia, quella grande, si voltò giusto un secondo per guardarla negli occhi e poi fece cenno di no con la testa.
“Io non ho mai fatto del male a nessuno, mamma. I Pokémon malvagi non esistono. Sono solo fedeli a persone cattive”.
Un forte soffio di vento le spostò una ciocca sul naso, poco prima che quel Dratini usasse la coda per spazzare il terreno davanti a sé: l’ultimo Caterpie ed i Weedle, assieme ai Rattata, furono sbalzati in aria, al contrario del Pidgey che lo schivò agilmente alzandosi in volo.
Lo colpì, poi, con un forte attacco Beccata, facendolo indietreggiare di qualche passo.
“No!” esclamò Yellow. “Non fargli del male. Usa piuttosto un Turbosabbia”.
Quello eseguì rapido ed alzò con le piccole zampe una nube polverosa che andò a finire negli occhi del Pokémon.
“Dobbiamo andare!” esclamava Diana.
“No, risolviamo questa situazione, prima”.
Il grande Dratini soffiò sul Pidgey un attacco Dragospiro, che lo colpì in pieno sul petto, segnandolo con una scottatura dolorosissima.
Yellow inorridì nel vedere le piume del Pokémon bruciate; malcelavano una profonda ferita sanguinante.
“No!” esclamò, quando una grande ombra precedette un grido.
Diana alzò gli occhi, stringendo la neonata tra le braccia, e si accorse del grande Pidgeot che s’abbatteva in picchiata.
“Stai giù!” urlò, tirando a sé Yellow. Entrambe s’inginocchiarono quando il volatile più forte del Bosco Smeraldo allargò le ali per rallentare, a pochi metri da loro.
Si piazzò davanti al Dratini, che lo attaccò rapidamente con Botta. Schivato agilmente.
“Lo dico anche a te, Pidgeot! Non fare del male a questo Pokémon! Permettici solo di andare via di qui!”.
Il pennuto girò il viso per un secondo, prima di schivare un altro attacco e poi un altro ancora.
Colpì con un Attacco D’ala piuttosto delicato l’avversario, atto più ad allontanarlo dalle due donne che a recargli danno, e infine decise d’alzarsi in volo per effettuare una nuova picchiata,
allargando però gli artigli prima di toccare terra.
Dratini rimase basito quando le zampe del Pidgeot afferrarono la sua coda e si diedero poi lo slancio per rimettersi in volo.
Yellow spalancò gli occhi, felice, prima che i due Pokémon sparissero oltre il tetto di foglie che copriva le loro teste.
“Ce l’abbiamo fatta!” sorrise Diana.
“Dobbiamo avanzare velocemente”.
“Lasciale stare!” urlò Green, ed appena le sue parole terminarono Arcanine e Charizard aprirono il fuoco contro quel Raikou, totalmente nero e dagli occhi rossi.
Proprio come il suo Allenatore.
A quello bastò ruggire per creare uno scudo elettrico. Green pensò che la potenza di quel Pokémon fosse eccezionale.
“Non voglio fare loro del male, Oak. Sto solo guardando ciò che... sognano” rispose Xavier Solomon, senza neppure guardarlo. Continuava a dare attenzione a ciò che veniva trasmesso sul palmare.
“Sognano?! Che t’interessa?! Lasciale perdere!”.
“È importante, Oak. Rimani al tuo posto”.
E Green, che al suo posto non era mai rimasto, sentì il sangue ribollire fino al punto che raggiunse la sommità del cranio.
“Lasciale perdere, ho detto!” urlò, un’ultima e rumorosa volta, prima di gettarsi contro Xavier.
Quello fu colto di sorpresa, afferrato per il colletto della lunga giacca di pelle e strattonato con forza; gli occhi dei due si scontrarono in un braccio di ferro colmo d’arroganza e violenza.
Green sbatté Xavier con le spalle al muro, più e più volte.
“Qui hai superato il confine! Dei Pokémon non importa più nulla! Dei fottutissimi cristalli non importa più niente! Hai toccato Blue! E Blue non si tocca neppure con un dito!” disse, con parole che stridevano come gesso sulla lavagna.
Xavier ebbe il tempo d’abbassare gli occhi e vedere il Dratini del Bosco Smeraldo che veniva portato via, dall’aggeggio che aveva nella mano destra. Con un’occhiata rapida guardò Raikou che velocemente attaccò in direzione di Green con un Attacco Rapido.
Fu veloce, così tanto che Green ebbe solo il tempo di accorgersi d’essere il pericolo, ma Arcanine ed il suo Extrarapido lo furono di più ed intercettarono il Pokémon Tuono.
Quello contrattaccò con una zampata sul muso dell’avversario, facendolo indietreggiare di qualche passo e dando lo spazio perfetto a Charizard per utilizzare un potentissimo Lanciafiamme, che andò a colpire Raikou in pieno viso.
I mugolii del Pokémon leggendario non si fecero attendere, dato l’enorme calore, che costrinsero peraltro Green e Xavier a spostarsi di slancio sulla destra, dove Xavier colse l’occasione di sgambettare il Capopalestra di Smeraldopoli e spingerlo per terra.
“Fermati!” gli urlò il Dexholder, mentre Xavier gli si metteva a cavalcioni.
“Non permetterti mai più di mettermi una mano addosso! Mai più!” urlò l’uomo dagli occhi rossi, colpendo l’altro con un forte pugno sul volto.
Ne scagliò un secondo ed un terzo, che ruppero in definitiva il naso a Green.
Quando partì il quarto gli occhi di Green si spalancarono, mostrando un minimo di lucidità che aveva conservato nonostante i colpi alla testa, muovendo il collo e vedendo il pugno colpire il marmo sul quale era steso.
Xavier urlò, con la mano rotta. Green ebbe l’occasione quindi per dargli una manata al collo, con cui lo disarcionò. S’alzò in piedi, interamente sporco di sangue, e lo stesse fece l’altro.
Raccolse il palmare e sorrise.
“Green Oak... la pagherai...” sussurrò, prima di mettere una mano su Raikou e sparire nel vuoto.
Le ragazze si svegliarono qualche secondo dopo.
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